Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Vi segnalo una notizia interessante riportata proprio in queste ore da alcune fonti come Businessweek e CNN, secondo cui Ebay starebbe per acquistare la nota società Skype, leader nel settore del VoIP, per una cifra che si aggirerebbe tra i 2 ed i 3 miliardi di dollari. Non stupisce poi troppo a pensarci, dal momento che già altri big player hanno rivolto la loro attenzione al settore della telefonia via internet protocol, basti pensare al nuovo Google Talk, a Yahoo che ha acquisito Dialpad o a Microsoft con Teleo, giusto per citarne alcuni. C'e' da rilevare che comunque Ebay tramite quest'acquisizione andrebbe di fatto a ricoprire un ruolo di primissimo piano nel panorama del VoIP, dato che attualmente gli utilizzatori di Skype nel mondo ammontano ad oltre 50 milioni. Non ci rimane che aspettare e vedere l'evolversi di queste voci, che, come è ovvio, attualmente non vengono commentate dalle 2 parti interessate.
Navigando un pò su internet mi sono
imbattuto in questo articolo. Google alla lunga con la sua iperattività e
onnipresenza rischia di diventare antipatico???
http://www.repubblica.it/2005/g/sezioni/scienza_e_tecnologia/affin3/google/google.html
Tutti a caccia di Google. Dopo un
agosto a dir poco movimentato, ora è lui il ricercato numero uno, un paradosso
per il motore di ricerca più usato del Web. E digitandovi la stessa parola
"google", in una frazione di secondo compaiono 244 milioni di risultati. Ma non
basta per rispondere alla domanda su cui tutti gli analisti si arrovellano da
settimane: quali sono i piani dell'imprevedibile società di Mountain View,
California? L'estate non sembrava iniziata bene. Giungeva prima di Ferragosto
l'annuncio della sospensione di Google Print, la progettata biblioteca
universale on line, che tanto aveva fatto parlare di sé nei mesi passati,
rivelando la megalomania della società californiana. Troppe diffidenze da parte
dell'industria editoriale. Poi arriva d'un baleno il 18 agosto: Google mette in
vendita un'altra mole di azioni, per un totale di 14.159.265, al prezzo di
chiusura del giorno prima, 285,10 dollari ciascuna. Calcolatrice alla mano,
significa un incasso di oltre 4 miliardi di dollari, da sommare ai 3 miliardi
cash già disponibili alla fine di giugno. Non male: certo, Microsoft di dollari
cash ne ha 37,7 miliardi, ma Yahoo 3,4. Intanto il valore di mercato di Google
arriva a più del doppio di quello di General Motors. È lunedì 22 agosto quando viene presentato Google
Desktop 2, la versione aggiornata dell'applicazione che personalizza la
fruizione dei dati immagazzinati nel computer, rendendoli meglio accessibili e
aprendo una serie di finestre che permettono l'aggiornamento in tempo reale
delle informazioni desiderate (come news, meteo o nuovi messaggi di posta). Ma è
il 24 agosto che Google sembra dare credito alle illazioni più allettanti: viene
infatti lanciato il prodotto Google Talk che segna l'ingresso della società nel
mondo dello instant-messaging, o IM, cioè il sistema di comunicazione integrata,
sempre più diffuso tra i giovani, che fonde le caratteristiche della e-mail con
quelle della chat, forte pure di una prerogativa fondamentale: la viva voce
attraverso il VoIP, ovvero il Voice over Internet Protocol (basta avere un
microfono con altoparlante collegato al computer). La torta di questo enorme
business è già saldamente spartita tra America On Line, Microsoft e
Yahoo. Per il momento Google Talk è il vaso di coccio tra vasi di ferro. Ma
quel che conta in prospettiva è il senso dell'operazione: Google si configura sempre più come un sistema operativo ombra,
genio totalizzante del nostro monitor, che plasma e coordina tanto le funzioni
di archiviazione e ricerca delle informazioni quanto quelle di comunicazione col
mondo esterno, via voce o via testo. Non è poco: la "svolta telefonica"
ne sarebbe la chiave di volta. La telefonia posiziona Google anche lungo la scia
di società leader nell'ambito Voice over Internet, come Vonage o Skype. Ma non
riesce difficile, a questo punto, dare credito ai rumors sull'acquisto di miglia
e miglia di fibra ottica, in vista di una propria rete wi-fi, che alcuni hanno
già battezzato "the GoogleNet".
Oggi si festeggia il 7° compleanno di Google, ma, come ho scritto nel mio blog, sembra che Larry e Sergey se ne siano totalmente dimenticati. Aspettiamo le prossime ore per vedere se magari un logo ad hoc lo realizzano. Sveglia! E nel frattempo...AUGURI Google!
In
questi giorni sto leggendo Cogito Ergo Brand, di Thomas Braun, che recita in
copertina “Da Eraclito a Popper: breve storia filosofica del branding”.
Si tratta di un agile volumetto (meno di 200 pagine) dove le tematiche di brand
management sono accostate in modo inedito alla filosofia occidentale.
Nel tempo libero mi piace leggere libri che affrontino tematiche di marketing,
sia che lo facciano in maniera tradizionale sia che, come questo, approccino
gli argomenti da un punto di vista meno convenzionale. A dire il vero mi aspettavo
una lettura meno impegnativa, ma tra una pagina e l’altra si nascondono
piacevoli sorprese.
Nelle ultima parte trova spazio un breve indice dei filosofi in pillole, dove
aspetti legato al branding sono interpretati alla luce del pensiero filosofico
di grandi pensatori del passato. Mi piaciuto in particolare quanto scritto in
relazione a Kant, che cito testualmente (nome me ne voglia la Etas, sono solo
poche righe e si tratta di pubblicità gratuita):
“Non
impazzite pensando di dover conoscere tutto dei vostri consumatori, mercati
e brand. Vedrete, ascolterete e odorerete soltanto ciò che la vostra
attrezzatura vi consentirà. State piuttosto sistemando le cose in modo
che vi comunichino che cosa volete conoscere?
Ricordate che le “categorie” attraverso le quali percepite il mondo
hanno più a che fare con i modelli mentali che non con la realtà
in se stessa. Spesso i più straordinari cambiamenti avvengono dopo una
modifica della percezione delle “categorie” (ad esempio segmentare
un mercato)”
L’idea
di sistemare le cose in modo che siano queste ultime a comunicare con noi ha
un suo fascino, specialmente quando, come a volte capita, sembra facile perdersi
una marea di dati su mercati, prodotti, abitudini di consumo e quant’altro
nel tentativo di raggiungere un’onniscenza che, nonostante tutto, continua
a sfuggirci. Ma forse se la raggiungessimo davvero non sarebbe più divertente
fare questo lavoro, o no?
Sempre
in tema di pubblicità gratuita tra i tanti posti dove comprare questo
libro vi segnalo questo.
E’ un po’ che non se ne sentiva piu’ parlare, ma sembrerebbe che il progetto Google Wallet, il sistema di pagamenti che il colosso di Mountan View sta sviluppando, si trovi in una piuttosto avanzata, a giudicare almeno dall’annuncio apparso su Yahoo Hotjobs, secondo il quale Google sta cercando un Fraud Operations Director. Chissà che qualche novità non sia dietro l’angolo…
Voci di corridoio (tutte da verificare) parlano di un ennesimo colpo di scena da parte di Google: un nuovo sistema operativo, che si avvia tramite memoria USB.
Il sito dove è apparsa la notizia è digi.it.sohu.com (http://digi.it.sohu.com/20050904/n240337911.shtml). Come riportato anche da un quotidiano inglese il nuovo sistema operativo sarebbe basato su Linux. Il tutto funziona tramite chiavetta USB, e una volta avviato il sistema è possibile collegarsi ai server di Google, dove sono installate le applicazioni messe a disposizione dell’utente.
Sulla
scia del fruttuoso tentativo fatto nel 2004 dalla Seagram, che ha pagato artisti
di fama internazionale per citare il proprio gin
in alcune delle loro canzoni, anche il colosso dei fast food McDonald’s
scalpita per scalare le classifiche d’oltreoceano.
Alla base di questa strategia c’è
ovviamente un’attenta valutazione dell’influenza esercitata da un
certo tipo di musica sui teenager americani, da sempre cari al marketing dell’azienda.
Con l’aiuto dell’agenzia pubblicitaria
Maven Strategies , la stessa che
ha supportato anche la Seagram, McDonald’s selezionerà un certo
numero di artisti rap ai quali verrà proposto di inserire le parole “Big
Mac” nei loro testi. Nel caso in cui il pezzo diventi una hit e passi
per radio ciascun artista riceverà un “bonus” che oscilla
da 1 e 5 dollari per ogni volta che la canzone viene trasmessa.
Ovviamente, per evitare pericolosi boomerang,
il testo nel quale sarà citato il famoso panino deve preventivamente
essere approvato dal marketing di McDonald’s, che verificherà la
congruenza dei messaggi in esso contenuti.
Da un certo punto di vista questa strada, già
collaudata, è creativa e con rischi limitati, in quanto l’artista
è pagato in funzione del livello di promozione che riesce concretamente
ad effettuare. D’altro canto però cosa potrebbe succedere se uno
degli artisti supportati (come talvolta succede nel mondo del rap ma non solo)
dovesse avere problemi di immagine e/o con la giustizia?
Il passaggio del pezzo in radio in questo caso
non sarebbe più molto gradito al re degli hamburger, che potrebbe vedere
la propria immagine, già ciclicamente messa in discussione per aspetti
legati alla saltuarietà dei cibo offerti, associata a personaggi diventati
nel frattempo scomodi o poco edificanti.
A prescindere però dai rischi evidenziati
mi sembra che si tratti di un tentativo per certi versi coraggioso di battere
nuove strade, per raggiungere il consumatore utilizzando uno strumento di forte
impatto come la musica in un modo sicuramente nuovo e direi in questo caso “subliminale”.
A
mio parere infatti è ora che le strategie di marketing, specialmente
quando portate avanti da grandi player, provino nuove strade, integrando tra
loro i diversi media e proponendo alle stanche orecchie del consumatore una
“musica” nuova.
Il
marchio per la maggior parte delle aziende rappresenta un asset intangibile ma
fondamentale, sinonimo di qualità, innovazione e servizio al Cliente. Per
questo motivo deve essere supportato da un'adeguata strategia di comunicazione,
che ne accresca valore e notorietà.
Come rilevato da Interbrand
, società leader nell'ambito della Brand Consultancy, nel corso dell'annuale
ricerca svolta per BusinessWeek, le aziende di maggiore successo sono quelle
che hanno saputo costruire delle vere e proprie comunità attorno ai propri
brand, andando oltre gli angusti limiti del mass advertising.
Tra tutte la più abile è stata
sicuramente la Apple che, sfruttando l'eccezionale
fedeltà della Clientela ma anche le elevate vendite del più richiesto
gadget tecnologico, l'ormai famosissimo iIPOD, è l'azienda che ha ottenuto
il maggiore incremento, con un guadagno del 23,7% in termini di valore del brand.
Nello stesso tempo brand altamente consolidati,
quali Coca Cola, Microsoft, Disney e Ford hanno invece evidenziato un trend
negativo, tanto da riconoscere "la necessità di coltivare legami
più stretti con i propri consumatori".
Questa la top ten 2005:
1. Coca-Cola - $67.5bn (US)
2. Microsoft - $59.9bn (US)
3. IBM - $53.4bn (US)
4. General Electric - $50bn (US)
5. Intel - $35.6bn (US)
6. Nokia - $26.5bn (Finland)
7. Disney - $26.4bn (US)
8. McDonald's - $26bn (US)
9. Toyota - $24.8bn (Japan)
10.Marlboro - $21.1bn (US)
Quali sono invece le strategie che utilizzano
le aziende di casa nostra per promuovere il proprio brand? Tradizionalmente
in Italia la maggior parte degli investimenti pubblicitari delle grandi aziende
è da sempre riservata al canale televisivo.
Una ricerca effettuata da Nielsen
Media Research sulla ripartizione degli investimenti pubblicitari in Italia
nel 2004 in
relazione al media utilizzati ha evidenziato come in un mercato complessivo
da 8 milioni di Euro le quote siano state:
56,03% Televisione
21,17% Quotidiani
14,39% Periodici
4,93% Radio
2,27% Affissioni
1,11% Cinema.
In un momento di particolare sovraesposizione
mediatica, quando ormai la pubblicità televisiva è onnipresente
e spesso scarsamente indifferenziata la ricerca di canali alternativi in grado
di creare un maggiore coinvolgimento sembra invece la via più proficua
da percorrere.
Non bisogna inoltre trascurare l'affermarsi
di canali televisivi tematici legati alle nuove tecnologie, che si stanno rapidamente
diffondendo grazie anche alla diffusione di collegamenti a banda larga e decoder
digitali. Questo determina una progressiva erosione del potere della televisione
generalista.
La stessa sorte ha colpito anche l'editoria
generica, che perde quote di mercato a favore di pubblicazioni più specifiche
mirate a gruppi di lettori meno numerosi ma con specifici interessi in comune.
Questo spiega perché in America un brand come Amazon sia riuscito ad
affermarsi al numero 66 (+22%) affidandosi ben poco al tradizionale advertising.
Il settore della comunicazione è infatti
caratterizzato da una grande frammentazione, e se da un lato questo può
rendere più complessa la stesura del budget di comunicazione dall'altro
offre nuove possibilità di reale contatto con il consumatore tramite
l'utilizzo di diversi canali che possono essere tra loro complementari offrendo
un'esperienza a 360 gradi.
Nello stesso tempo questi queste nuove modalità
di comunicazione rivelano un'importanza crescente, soprattutto in un'ottica
di integrazione ecomplementarietà delle strategie di comunicazione: internet,
sms, mms si affiancano a più tradizionali eventi speciali e attività
sul punto vendita, che restano spesso centrali nelle decisioni di acquisto.
Un loro sapiente mix consente allora di coinvolgere i propri Clienti più
volte al giorno in contesti diversi, creando un nuovo senso di familiarità
con il brand e di appartenenza.
I brand di maggiore successo infatti dispongono
di un arsenale di marketing in grado di gestire molteplici campagne per diversi
consumatori utilizzando sinergicamente tutti i media a disposizione, sfumando
i tradizionali confini tra advertising e entertainment. Sono in grado poi scegliere
agenzie così brillanti da rendere i messaggi di promozione del brand
divertenti al punto tale da essere visti come una forma di intrattenimento invece
di un'intrusione.
Queste nuove strategie di promozione del brand,
che esulano dal tradizionale mass advertising, oltreoceano sono già una
realtà, ma c'è da scommettere che sono destinate ad affermarsi
anche da noi. Il nuovo obiettivo di comunicazione non sarà più
misurato in termini di portata (quanti potenziali consumatori vedono il mio
ad) o frequenza (quante volte al giorno appare), ma diventerà quello
di trovare forme sempre nuove per spingere i consumatori a vivere quotidianamente
il proprio brand.
The
Board of Cadbury Schweppes plc today announces its intention to sell its Europe
Beverages business. Cadbury Schweppes expects to commence the sale process in
the near future.
Following
a strategic review of Europe Beverages, the Board has decided to focus the Group's
financial and management resources on its confectionery and other beverage businesses
which have greater potential for higher growth and returns. Proceeds from the
sale will initially be used to reduce the Group's net debt which at June 2005
was £4.3 billion.
Todd
Stitzer, CEO of Cadbury Schweppes said, "Europe Beverages has a great portfolio
of brands, a talented management team and strong routes to market. I'm proud
of the commitment and dedication of its workforce. However, the potential for
growth and value creation is greater in the Group's other operations, and therefore
we believe it is in the best interests of our shareowners to investigate a sale
of the business."
Overview of Europe Beverages
In
2004, on an IFRS basis, Europe Beverages' revenue was £653 million and
underlying profit from operations was £116 million, representing 10% and
11% of the Group's revenue and underlying profit from operations respectively.
Its sales volume of 1.7 billion litres makes it the third largest player in
the European carbonated soft drinks market.
Europe
Beverages' principal products are carbonated soft drinks, mineral waters and
still drinks. Its main brands are Schweppes, Orangina, TriNa, Oasis and La Casera
which account for around 75% of sales. Other brands include Apollinaris, Pampryl,
Gini and Vida. Products are sold across Continental Europe, with some sales
in the UK, parts of North and West Africa and the Middle East. Sales are concentrated
in three countries, France, Spain and Germany, which account for around 85%
of total sales.
The
business has wholly owned bottling operations in Germany, Spain, Portugal and
Belgium and a production arrangement with San Benedetto in France. In other
countries, the business operates through licence agreements with third party
manufacturers and distributors. The business has around 3,000 employees.
Strategic Rationale for Sale
Cadbury
Schweppes adopted its Managing for Value philosophy in 1997 and remains committed
to utilising its assets to exploit growth opportunities and drive value creation.
The Group has five goals which support Managing for Value. The overriding goal
is to consistently deliver superior shareholder returns. This is supported by
two commercial goals which are to profitably and significantly increase global
confectionery share and profitably secure and grow regional beverages' share.
Following
the acquisition of the Adams confectionery business in 2003 and subsequent organic
growth, Cadbury Schweppes has become the leading company in the global confectionery
market. It has the broadest category participation and geographic footprint
in the global confectionery industry. Investments in marketing, innovation,
science & technology and sales & distribution have accelerated the Group's
confectionery sales growth: in 2004, confectionery sales grew by 6% compared
with average annual growth of 3% in the previous 3 years; in the first half
of 2005, the Group's confectionery sales grew by 7%.
In
beverages in the Americas, the combination of the three North American businesses
- Dr Pepper/SevenUp, Mott's and Snapple - into a single cohesive unit is enabling
the Group to leverage fully the powerful brand portfolio of flavoured carbonated
soft drinks (including Dr Pepper, 7 UP, Sunkist and A&W) and non-carbonated
soft drinks (including Snapple and Mott's). With almost 18% of the US carbonated
soft drinks market, the largest market in the world, the business generates
high returns and cashflow. Together, the US beverage and confectionery businesses
make the Group the 10th largest food company supplying the grocery trade in
the US. Similarly in Australia, the combination of confectionery and full system
beverage businesses has created the fourth largest supplier to the grocery trade.
The
Board believes growth and returns can be increased through continued focus and
investment on the Group's advantaged global confectionery business and regional
beverage operations in the Americas and Australia. Therefore, following a strategic
review of Europe Beverages, the Board has decided it would be in the best interests
of shareholders to investigate a sale of the business.
Il
permission marketing è definito dal suo ideatore, Seth Godin, una strategia
di marketing che ha l'obiettivo di ottenere dal consumatore il permesso di comunicare
con lui. Avere il suo permesso garantisce che il consumatore presti maggiore attenzione
al nostro messaggio.
Ma a cosa è
dovuto il suo notevole successo?
I principi del
permission marketing sono molto semplici e partono da un'incontestabile verità:
la risorsa scarsa per eccellenza (il tempo). In una società sempre più
frenetica, dove siamo continuamente sottoposti a stimoli e bombardamenti di
informazioni, la gestione del tempo assume una valenza sempre più strategica.
Le iniziative pubblicitarie, così come le promozioni e gli sconti e tentano
di attirare l'attenzione dei potenziali consumatori, tuttavia la frequenza dei
messaggi è tale che per autodifesa molti consumatori non prestano più
attenzione a queste iniziative.
Secondo Godin "il
permesso del consumatore va ottenuto in modo graduale e nella maniera meno intrusiva
possibile". Ad esempio, una tecnica efficace è quella di spedire
un campione di prodotto in omaggio ad un certo numero di persone, facenti parte
di un target selezionato. In questo modo, si stabilisce un primo contatto con
la clientela potenziale senza utilizzare forme di pubblicità troppo intrusive.
In seguito, gli
operatori di marketing pianificano un'azione di telemarketing per ottenere un
feed-back riguardo al grado di apprezzamento del campione gratuito. Attraverso
questo processo graduale, l'azienda viene percepita non più come "estranea",
che vuole invadere la privacy dei consumatori, ma come "amica", che
se ne vuole guadagnare il consenso.
Ecco, quindi, che la clientela potenziale diventa molto più disposta
a prestare attenzione ai messaggi promozionali e ad effettuare il primo acquisto.
È da premettere che attuare una politica di permission marketing richiede
un'investimento iniziale molto maggiore dell'interruption marketing. Tuttavia,
ciò permette di fidelizzare il consumatore, di conquistarne la fiducia
ad una ben precisa marca.
Con
il marketing tradizionale, invece, si ottengono solo risultati a breve termine
(se il mercato non è già completamente saturo): il cosidetto "mordi
e fuggi", per cui l'acquirente può comprare occasionalmente un prodotto,
ma non viene fidelizzato.
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