La nuova mappa dei social network più popolari per nazione presenta un consolidamento delle posizioni acquisite da alcuni player negli ultimi anni. Il mondo è diviso in tre grandi blocchi: l’oriente, i territori dell’ex Unione Sovietica e il resto del mondo.
Dopo 13 anni dalla prima mappa ho deciso di modificare la metodologia e di considerare non solo i social media più utilizzati da desktop, ma anche quelli da app. Una decisione presa a seguito dei suggerimenti ricevuti da lettori cinesi, che mi hanno fatto capire che lì l’utilizzo web è residuale, per cui la posizione di vantaggio che attribuivo a Qzone era poco rappresentativa.
Facebook è il social network preferito154 dei 167 paesi analizzati, pari al 92% di copertura del globo terrestre.Negli ultimi dodici mesi, nonostante le difficoltà di percezione e la cattiva stampa,ha continuato a crescere superando i 2,7 miliardi di utenti mensili, di cui 1,8 miliardi connessi almeno una volta al giorno. La regione più importante per la rete sociale di Zuckerberg è l’Asia che rappresenta circa la metà della popolazione attiva del social (circa 1,2 miliardi sono gli utenti attivi mensili) e che non sembra ancora arrivata ad un plateau. Invecel’Europa ha raggiunto la saturazione (413 milioni di utenti attivi al mese) e non cresce più, mentre Stati Uniti e Canada (255 milioni di utenti attivi mensili), hanno anche perso due milioni di utenti giornalieri (ora 196 milioni). L’impero di Zuckerberg riesce a trovare uno spazio anche in Iran, dove è Instagram a prevalere.
I territori dell’ex Unione Sovietica sono stati conquistati completamente daV Kontakte, dopo una lunga lotta contro Odnoklassniki, altro storico social nato in Russia. Negli ultimi dodici mesi sono capitolati Armenia, Kirghizistan, Moldavia, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan. VK, lanciato da Pavel Durov, attuale fondatore e CEO di Telegram, dichiara di avere 400 milioni di utenti registrati, ma quelli attivi mensilmente sarebberocirca 100 milioni.Resiste non soltanto perché ha radici russe, ma anche perché permette gradi di libertà che un social occidentale non potrebbe permettersi. Qui è possibile scambiare contenuti illegali (software, video, musica, libri) ed esercitare una libertà di espressione senza grandi controlli (a meno di non prendersela con Putin).
In Cina il social preferito è WeChat che ha oltre1,2 miliardidi utenti attivi al mese.Fa parte del portafoglio del colosso Tencent, proprietario di numerose società digitali che si occupano di tutto: musica, video, e-commerce, finanza,giochi. WeChat è un’applicazione atipica e originale, una super app che include i più disparati servizi, quelli di messaggistica, di social networking, i giochi e la possibilità di acquistare prodotti e servizi, anche dalla pubblica amministrazione. Nei fatti è l’app di Stato fortemente controllata dal governo, ma è anche un punto di riferimento per l’evoluzione dei servizi occidentali diInstant Messaginge diSocial Media(qui una panoramica dell’uso di internet in Cina). Un’altra mosca bianca in oriente è il Giappone, dove Twitter viene preferito a Facebook, anche se durante l’ultimo anno Instagram ha iniziato ad appassionare molti giovani.
C’è da chiedersi se questa divisione in blocchi non preluda ad una rete sempre più frammentata ovvero a diverse internet, corrispondenti a logiche geo-politiche più che a reali esigenze di servizio (quella che gli anglosassoni hanno battezzato “Splinternet”).
L’esperienza di consumo è ormai frammentata e caotica. Può partire da un qualunque punto fuori e dentro la rete, ma difficilmente può prescindere da uno scambio sociale (di opinioni, di approfondimento, di verifica). Tale scambio avviene in parte in ambienti chiusi e privati e in parte in ambienti aperti e pubblici. Entrambi stanno diventando anche luoghi di transazioni commerciali.
Iluoghi privati della rete stanno riconquistando la rilevanza perdutadopo il periodo di diffusione dei social network, che avevano promosso l’idea di una condivisione pubblica continua. Da qualche anno siamo testimoni di una corrente di risacca, il ritorno alle conversazioni ristrette e private, che possono scaturire in ambienti semi pubblici o privati. Esempi del primo caso sono quelle incoraggiate dalla diffusione dei gruppi di Facebook, la nuova versione dei vecchi forum di discussione, usati da oltre 1,4 miliardi di persone. Qui si sviluppa un senso di appartenenza e di esclusività, si condividono informazioni e si scambiano suggerimenti in nome di una passione o di un obiettivo comune.
I gruppi si formano anche grazie a specifici software, come Discord usato dai più giovani, o all’interno delle applicazioni di Instant Messaging, che costituiscono la spina dorsale delle conversazioni private tra singoli. Le chat nate per svolgere un’unica semplice funzione di comunicazione testuale, si sono arricchite di capacità multimediali, ma soprattutto stanno per diventare una scorciatoia per gli acquisti.
Lo dimostrano gli ultimi annunci di WhatsApp, l’infrastruttura più usata per la messaggistica (oltre 2 miliardi di utenti mensili) , che ha introdotto una serie di funzioni per venire incontro alle esigenze di vendita, soprattutto, dei piccoli negozianti. Tra questi, la possibilità di creare un catalogo di prodotti (con foto e prezzi) e di gestire un carrello (che permette all’utente di inviare un ordine contenente più articoli). Presto verranno aggiunti i pagamenti ed altri servizi per le aziende (es. hosting, opzioni di promozione). Non mi soffermo su Facebook Messenger perché il suo futuro si confonderà con quello di WhatsApp se Zuckerberg dovesse riuscire nel suo intento di unificare i sistemi di messaggistica.
Telegram, che si appresta a raggiungere il traguardo di 500 milioni di utenti attivi, inizia ad avere problemi finanziari. Se vuole rimanere indipendente, dovrà iniziare a generare ricavi.Durovha annunciato che le funzioni attuali rimarranno gratuite, mentre ne verranno introdotte altre per le aziende e gli utenti premium. Nel 2021 verrà rilasciata una piattaforma pubblicitaria, che non servirà ad infilare pubblicità nelle conversazioni uno a uno e nei gruppi, ma solo nei canali uno a molti.
I canali sono pubblici e, di fatto, trasformano Telegram in un social media come Twitter. Infatti i messaggi dell’autore del canale sono anche commentabili. In termini di monetizzazione, il business model potrebbe essere quello di far pagare un account sulla base del numero di messaggi push che vuole inviare ai propri follower/abbonati.
Durov è tenace ed ha tante idee, ma ha bisogno di rendere Telegram un ruolo più ospitale per le aziende e quindi di ripulirlo dalla pirateria e dal porno. Inoltre la sua strategia di monetizzazione necessita, per aver successo, di un’adeguata struttura commerciale.
La via cinese all’Instant Messaging
Per Messenger, WhatsApp e Telegram, il modello di riferimento della loro evoluzione è quello di WeChat, un’applicazione a cavallo tra instant messenger e social medium. Con essa le aziende, ad esempio, possono:
comprare account speciali(service o subscription). In particolare i “service account” permettono di inviare 4 messaggi push al mese (composti da più link) ad alta visibilità (l’account appare come se fosse un contatto personale) e anche targettizzando un gruppo specifico di persone;
fare pubblicitàattraverso due modalità distinte:
Moments Advertising è un formato simile alla pubblicità nel feed di Facebook. L’inserzionista può scegliere diverse opzioni di targettizzazione;
Banner Advertising consiste in banner con CTA che può essere fatto apparire alla fine di un articolo pubblicato da un account
abilitare i pagamenti in app, usando WeChat Pay
usare le API di WeChatper sfruttare alcune sue funzioni all’interno di proprie applicazioni (es. l’invio dei messaggi)
creare Mini-Programsossia piccole applicazioni richiamabili senza lasciare WeChat, per mostrare informazioni sul brand o abilitare funzioni (Tesla ne ha creato uno per individuare le stazioni di ricarica e prenotare un test drive).
Gli Instant Messenger, già utili in fase di pre e post vendita, lo saranno anche per agevolare le vendite? Sicuramente si, quando dalla conversazione e dal passaparola si passa ad un acquisto. In tutti gli altri casi non saranno così efficaci perché difettano di un meccanismo didiscoverability, cioè è necessario che l’utente abbia il contatto del negoziante prima di poter iniziare un processo di acquisto. Per ovviare a questo inconveniente, Zuckerberg ha deciso di perseguire la strada dell’integrazione, che permette alle persone di scoprire le aziende su Facebook o Instagram e proseguire la conversazione su Messenger o WhatsApp. Una posizione di vantaggio competitivo che darà i suoi frutti, se non interverranno mannaie regolamentari.