In questi giorni si è tornati a parlare diFacebook At Work, la piattaforma sviluppata dal noto social network dedicata al settore businesse alla comunicazione aziendale. Il servizio dovrebbe essere pronto al lancio, secondo quantoriportato da Techcrunch, dal mese prossimo dopo un periodo di incubazione durato circa due anni.
Il prodotto fornirà alle imprese e ai loro dipendenti i classici strumenti di messaggistica assieme alla possibilità di chiamate e videochiamate, condivisione file e feed su notizie ed aggiornamenti di stato. I profili dei collaboratori potranno essere gestiti singolarmente dall’azienda ed abilitati all’accesso ai vari gruppi in base al settore di appartenenza.L’ambiente ricorderà da vicino Facebook in versione classica in modo da facilitarne l’utilizzo e favorire una più rapida diffusione, permettendo ad esempio di postare foto e video e di creare eventi social, manon implicherà il collegamento tra le due piattaforme lasciando di fatto separati vita privata e lavoro.
L’utilizzo di Facebook At Work prevede un costo per singolo utente, dovuto in sostanza all’assenza di pubblicità, non ancora specificato ma che di certo sarà allineato a quello proposto da altri servizi affini come Slack o Microsoft Yammer. Facebook At Work sarà disponibile per web-browser e per sistemi Android ed iOS con un’app dedicata già presente sui rispettivi store.
Il 75% dei baby boomers e dei consumatori maturi si dichiara preparato a un'interazione su più canali con i brand, una percentuale vicina a quella dei Millennials (85%). A dirlo, lo studioDigital or Die: The Choice for Luxury Brandspubblicato da The Boston Consulting Group e condotto su oltre 10 mila consumatori in 10 Paesi, Italia inclusa.
«Il digitale è una delle migliori notizie per le aziende del lusso in un momento in cui non ci sono più tanti negozi da aprire e tanti consumatori da conquistare. È un amplificatore molto forte», assicuraNicolaPianon, Senior Partner e Managing Director di Bcg, coautore dello studio.
Questo fenomeno, tuttavia, non comporta esclusivamente una migrazione dei consumatori dall'acquisto in negozio a quello online (se il 41% dei luxury shoppers cerca beni e servizi online e li acquista online, il 9% fa il percorso inverso), riguarda invece la creazione di un ecosistema piuttosto articolato. Il 31% dei consumatori, per esempio, desidera un servizio di delivery integrato, il 24% vorrebbe invece uguali promozioni su tutti i canali. L'e-commerce vale oggi il 7% del mercato globale del lusso, quota che entro il 2020 dovrebbe toccare il 12%.
E in questo contesto è centrale il ruolo del fashion che, come dimostra una ricerca dell'Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano, in Italia vale oltre € 1,8 miliardi, con una crescita del 25% rispetto al 2015. Non solo: l’e-commerce di moda vale il 10% di tutto l'e-commerce, con un tasso di crescita medio annuo dell’abbigliamento online pari al 30% circa, il doppio rispetto a quello dell’e-commerce nel suo complesso.
Sappiamo anche che l’instant marketing nasce attorno a eventi di interesse globale, che trascendono nazionalità, barriere linguistiche e differenze geografiche e che catalizzano l’attenzione di tutti per un periodo relativamente breve, durante il quale però la conversazione intorno a questo argomento è estremamente vivace e, soprattutto, univoca. Non ci si può sbagliare: quando si parla diquella cosasi sta proprio parlando diquella cosa lì, senza possibilità di dubbio né margini di errore.
Così, quando un paio di giorni fa sul web è diventata virale questa foto, nessuno ha dovuto spendere più di un secondo per capire di cosa si stesse parlando:
Si tratta di una promozione lanciata daNorwegian Air, compagnia aerea low cost norvegese che, all’indomani della “notizia-bomba” deldivorzio tra Angelina Jolie e Brad Pitt, ha pensato bene di comprare un’inserzione su diversi quotidiani, al grido di “Brad Pitt è tornato single”, per lanciare l’offerta sulle proprie tratte verso Los Angeles.
L’inserzione, pubblicata originariamente sul tabloid norvegese VG e poi replicata anche sui tabloid britannici con l’offerta in sterline, ha letteralmente “spaccato l’Internet” diventando un caso da manuale: il creativo di Norwegian ha saputo sfruttare l’improvviso interesse per la coppia vip in crisi matrimoniale e con sapienza l’ha tradotta in una campagna pubblicitaria comprensibile a tutti, che strizza l’occhio al pubblico femminile ma che non può non essere ben recepita anche da quello maschile.
E infatti la campagna si è inserita perfettamente nel discorso sul divorzio di “Brangelina”per poi costruirsi una conversazione tutta sua: in capo a poche ore, dopo che molti utenti hanno semplicemente twittato le foto dell’inserzione, mezzo web europeo stava parlando della geniale campagna di Norwegian Air,che senza manco usare direttamente i sociale facendo fare tutto il lavoro sporco agli utenti, ha tirato in piedi il viralone del mese guadagnandosi una bella fetta di visibilità e probabilmente anche qualche cliente in più (non necessariamente sulle proprie tratte per Los Angeles).
Fino a qui tutto bene. Grandi applausi a Norwegian da parte di tutto il mondo.
Ma a qualche ora di distanza succede qualche cosa:Alitaliarisponde. E lo fa con un’immagine pubblicata sulle proprie pagine social, questa:
A voler vedere, la “risposta” di Alitalia non viene nemmeno recepita tanto male, almeno a giudicare dai commenti che sono iniziati a piovere sulla pagina Facebook della compagnia aerea:
Ma, dietro la facciata innegabilmente sagace, a uno sguardo più approfondito la risposta Alitalia nasconde un paio di questioni che vale la pena di approfondire.
La prima è che in realtàAlitalia non offre nessuna reale promozione: la differenza tra la campagna di Norwegian e quella di Alitalia è che la prima prende pubblicamente parola per dire che i propri voli verso Los Angeles sono a un prezzo stracciato, la seconda invece si limita ad aggiungere un genericoacquistate su Alitalia.com. E infatti non manca chi lo fa notare:
Il fatto è che quando s’innesca un botta e risposta con un altro brand sui social media, solitamente lo si fa con l’obiettivo di risultare i più competitivi sul mercato, quelli che offrono il servizio più piacevole, insomma: si vuole dimostrare di essere i migliori. Ma con la sua risposta Alitalia “si mette in mezzo” senza offrire nulla per convincere gli eventuali clienti a volare con Alitalia e non con un’altra compagnia.
Si potrebbe obiettare che nemmeno Oreo, quando invitò tutti gli spettatori del Super Bowl a “inzuppare i biscotti al buio” perché per colpa di un blackout nello stadio il match si era interrotto per più di mezz’ora, aveva lanciato un’offerta speciale sul proprio prodotto. Ma la differenza sta nel fatto che Oreo – come Norwegian – è stata la prima a conquistarsi il proscenio dell’attenzione di migliaia di persone, in un luogo e un momento preciso. E a quel puntochi arriva prima detta le regole: quelli che seguono possono solo tentare di giocare al rialzo e cercare di fare meglio dei primi non soltanto in termini di viralità, ma anche di una reale offerta sui propri servizi.Sui social non si dovrebbe parlare se non si ha nulla da dire. Soprattutto se sei una compagnia aerea nota per le sue tariffe non esattamente a buon mercato.
Il secondo “inghippo” della risposta di Alitalia a Norwegian sta nel fatto che la foto è stata twittata sull’account ufficiale della compagnia aereataggando le principali testate giornalistiche italianee perfino ad Aftenposten, il più diffuso quotidiano norvegese:
Anche questo aspetto, da un punto di vista strettamente comunicativo, risulta piuttosto stridente e quasi fastidioso: la campagna di Norwegian è diventata virale online partendo da un contesto completamente offline – tanto è vero che l’ormai famoso “Brad is single” ha trovato pochissimo spazio sulle pagine social della compagnia norvegese. Alitalia invece ha scelto di gestire la faccenda con l’equivalente social del comunicato stampacon preghiera di cortese diffusione: e cioè taggando “gente importante” per fare in modo che la risposta a Norwegian venisse notata e ripresa subito dal web italiano.
Inutile dire chei meccanismi della viralità sono ben diversie che taggare i giornali per mostrare le proprie prodezze invece che puntare su un genuino apprezzamento e coinvolgimento da parte degli utenti suona un po’ gigione. La risposta di Alitalia sarebbe diventata virale anche senza quei tag? Probabilmente sì. Ma bisogna anche riconoscere che un “Mi Piace” implica un impegno decisamente minore rispetto al fotografare una pagina di giornale e twittarla sul proprio account personale.
La risposta di Alitalia a Norwegian si deve quindi considerare un “EpicFail”? Non necessariamente. Ma non è neanche un “EpicWin”: perché se da una parte non si può negare che la trovata sia stata ben accolta dagli utenti, dall’altra non ha nemmeno prodotto un reale valore per il brand. Alitalia, infatti, non ha saputo (o potuto, o voluto) mettere veramente in mostra la competitività della compagnia aerea, non offrendo niente che incentivasse l’utente a pensare che Alitalia abbia voli particolarmente competitivi. Norwegian ha dato a tutti una buona ragione – seppur ipotetica – per usufruire del proprio servizio: un volo intercontinentale a un prezzo stracciato e l’idea che anche le altre tratte coperte dalla compagnia potessero essere a un costo interessante. Ma con la sua risposta Alitalia non ha offerto, nemmeno implicitamente, non solo nessun buon motivo per essere presa in considerazione per un viaggio aereo, ma neanche per dare un’occhiata al sito a caccia di promozioni come, ad esempio, uno sconto del 20% sulle destinazioni nazionali per chi prenota entro il 26 settembre:
Certo, se ne sarebbe potuto fare un accenno nella risposta a Norwegian. Ma siccome questi sconti non ci azzeccano nulla con Los Angeles e #BradIsSingle, parlarne rovinato il calembour o quantomeno si sarebbe dovuto studiare una risposta più elaborata, quindi tanti cari saluti e vai con la battuta sulle ragazze che corrono in massa da Brad Pitt.
E così, mentre nel giro di 24 ore Norwegian si è costruita l’immagine di una compagnia aerea particolarmente conveniente, per Alitalia tutto finisce con una risata e un effimero bottino di “Mi Piace” che, come prima o poi accade a tutti, verranno presto dimenticati alla prossima polemica su un volo in ritardo o dopo una campagna social finita male.
Lesson Learned:Non cercare la viralità a tutti i costi se sotto sotto non hai niente da dire o da offrire. Nella migliore delle ipotesi avrai fatto sì parlare di te, ma sprecando un’occasione di far conoscere concretamente il tuo brand al tuo pubblico di riferimento.
Secondo gli analisti Gartner,i clienti si aspettano di ricevere un elevato livello di attenzione e personalizzazione nel digitale, così come lo richiedevano offline.Quest’affermazione vale ancora di più per i clienti nel settore lusso, alla ricerca di un’esperienza unica e personalizzata così come di prodotti di altissima qualità. Quando si tratta di acquisti online, questa aspettativa raggiunge l’apice per un paio di motivi: da un lato, i consumatori spendono cifre elevate per acquistare prodotti di questi marchi di lusso esi aspettano di percepire durante l’intera esperienza questa sensazione di lusso; dall’altro, i marchi devono garantire il forte senso di storia, tradizione ed esclusività per poter affermare il loro status di marchi di lusso.
I ricercatori di Contactlab rivelano che in generale i brand utilizzano le best practice durante il consumer journeymeno della metà delle voltee che si comportano meglio nei punti di contatto digitali che in quelli fisici. Nel complesso il panel ha mostrato buoni risultati nelle categorie di Servizio Clienti online, Ordini e Consegna, mentre c’è ampio margine di miglioramento per quanto riguarda il Confezionamento esterno, il Carrello Abbandonato, i Documenti all’interno della confezione e le Comunicazioni relative all’acquisto.
Contactlab ha analizzatoi punti di contatto fisici e digitali della customer experiencenegli acquisti di lusso online prendendo in considerazione36 brand del lusso globalmente riconosciuti, tra cui 4 importanti grandi magazzini americani e l’e-tailer Net-A-Porter. I punti di ingaggio digitali riguardano il processo di ordinazione, i carrelli abbandonati, le comunicazioni di acquisto e reso e il servizio clienti online, mentre i punti di ingaggio fisici riguardano l’engagement diretto del cliente con il prodotto, come le opzioni e l’efficienza nella consegna, il confezionamento esterno e interno e la relativa documentazione e le politiche di reso.
Ilpotenziale del cross-channelè ancora scarsamente sfruttato nel processo di Acquisto Online: ad esempio, quasila metà del panel non offre la possibilità di effettuare resi e cambi in negozioe solo in un caso su tre nell’email di benvenuto è inserito un link all’opzione “Trova negozi”. L’attenzione all’ambienteè ancora molto bassa: solo pochissimi marchi offrono informazioni sulla sostenibilità dei loro packaging (Balenciaga, Tiffany, Coach e brand del gruppo Yoox-Net-A-Porter o YNAP) o su programmi diresponsabilità sociale(Gucci).
È quasi banale ormai ricordare che i millennial si aspettano dalle aziende un forte approccio omnicanale al customer engagement. Nello shopping di lusso online questo vuol dire concentrarsi sull’intero percorso di acquistoe offrirevalore aggiuntoa ogni fase per soddisfare completamente le aspettative dei consumatori. Analizzandoquanto i brand si prendono cura dei loro acquirenti online di lusso, lo studio rivela che le cose non vanno per il verso giusto: alcuni principali monomarcanon rispondono alle richieste di assistenza dei clientie due su tre richiedono direcarsi alle posteper la restituzione un prodotto. Solo 5 brand utilizzano una formula di salutodifferenziata in base al generenelle loro email e solo Armani e Nordstrom personalizzano i contenuti e le immagini a seconda del sesso del cliente. Solo 2 brand (Givenchy e Net-a-Porter) inviano un’Indagine sulla Soddisfazionedel cliente a seguito della restituzione di prodotti o di richieste di assistenza.
ContactLab ha rappresentato i suoi risultati con la mappa “Online Purchasing Experience Ranking Matrix – SS16 NYC” che misura i punti di contatto fisici su un asse e quelli digitali sull’altro. Nel complesso, Balenciaga e Fendi guidano la classifica NYC 2016, seguiti da Saint Laurent, Chanel e Coach. I Grandi Magazzini americani si comportano discretamente nei punti di contatto digitali, male in quelli fisici. I brand del gruppo YNAP sono sparsi nella matrice, alcuni eccellono nei punti di contatto digitali, e Balenciaga anche in quelli fisici.
Marco Pozzi, autore della ricerca e Senior Advisor per Contactlab, commenta: “Ai marchi di lusso resta ancora un ampio margine di miglioramento per soddisfare le aspettative dei clienti quando acquistano beni di lusso online. Alcuni brand sono migliorati rispetto allo studio passato realizzato a Milano ma sono ancora troppii brand che non prestano attenzione a quei piccoli dettagli che fanno la differenza. Prendersi cura del cliente vuol dire personalizzare davvero la relazione con il consumatore ed essere coerenti in tutti gli 80 punti di contatto analizzati. I brand di lusso devono dotarsi di strumenti digitali che permettano di capitalizzare le risorse esistenti sui dati dei clienti e sulle loro preferenze. È l’unico modo per interagire con i loro clienti potenziali ed esistenti, aumentando la fedeltà d’acquisto e, di conseguenza, la redditività dei clienti”.
“Una sfida affascinante”. CosìFederlegnoArredodefinisce lagenerazione dei Millennialso “generazione Y”, intesa come la generazione di giovani nati tra il 1980 e la metà degli anni ’90, che in Italia rappresenta una platea superiore agli11 milioni di abitantie non può più essere trascurata per il sistema economico. I valori che muovono questa generazione sono però differenti, spesso in contrasto con quelle precedenti. A tal proposito la federazione di rappresentanza delle imprese del mobile e dell’arredamento ha commissionato a Pambianco Strategia di Impresa una ricerca qualitativa che possa fornire alle aziende del settoreuna chiave di lettura sugli stili vita e i comportamenti d’acquistodi questa generazione per aprire con essa un canale di comunicazione e di vendita.
I VALORI DELLA GENERAZIONE Y. Secondo i risultati dell’indagine, intitolataMillennials e il mercato italiano del mobile, la generazione dei Millennials può essere rappresentata secondo alcuni valori di riferimento: effettuano scelte di acquisto in maniera condivisa con il partner, hanno un ruolo attivo nell’acquisto dei prodotti, amano sperimentare, vivono più intensamente il presente delle precedenti generazioni perché ritengono che ricchezza e posto fisso possano venire meno, sono più sensibili alla social responsability e alla green economy, il concetto di “lusso” è più legato a “esperienza e autenticità” che al costo elevato.
NUOVE MODALITÀ D’ACQUISTO. Nuovi valori significano innanzitutto nuove modalità di acquisto: per un millennial, infatti, internet (e l’e-commerce) è la fonte principale di informazione sui prodotti, eInstagramè il social media più usato per conoscere le ultime tendenze; il passaparola è fondamentale per la formazione delle loro opinioni, insieme ai redazionali delle riviste di settore che offrono spunti su accostamenti e progettazione degli spazi; gli showroom orientano in misura importante la scelta; architetti e interior designer non sono considerati da questi consumatori tre le prime fonti di orientamento. Se per un “adult” l’acquisto di arredamento è spesso considerato “per sempre”, per un millennial prevale l’esigenza di un “mix & match” tra elementi costosi e occasioni, magari da cambiare in un secondo momento. Nella scelta di unprodotto la personalizzazione ha un ruolo fondamentale; il design è parte integrante della vita quotidiana di un millennial, e per questo è unvisitatore stabile del Salone del Mobiledi Milano. La ricerca evidenzia infine una duplice caratteristica del millennial: elevatasensibilità ai prodotti eco-friendlye fortespinta a soluzioni hi-tech. Nella ricerca di un prodotto da acquistare, un giovane consumatore valuta con grande attenzione i materiali utilizzati e i processi produttivi, così come considera ormai una frontiera necessaria la realizzazione di una “casa intelligente”, dove domotica e internet delle cose sono ormai un’esigenza.
Di Altri Autori (del 22/09/2016 @ 07:41:44, in Mobile, linkato 1719 volte)
L’audience deimedia digitaliè in crescita anche grazie all’utilizzo di dispositivi mobile e altri device che permettono un accesso rapido e istantaneo alla rete secondo quanto riportato nel Report “US Mobile App Report 2016”, che raccoglie i dati delle piattaforme Media Metrix Multi-Platform, Mobile Metrix e Mobilens.
Il tempo speso sui media digitali è sempre più mobile. L’utilizzo comodo e intuitivo dei device e delleMobile Appinfatti ha portato gli utenti a trascorrervi moltissimo tempo. Secondo la ricerca nel 2013 il tempo di utilizzo dei media digitali è stato guidato, con un +53%, dalleMobile Appe in misura minore dal Mobile Web Browsing. Questa crescita sta cominciando a rallentare riscontrando nell’ultimo anno tassi positivi ma più deboli (+11% per ilMobile App, +5% per il Mobile Web), mentre il tempo di utilizzo del desktop è diminuito dell’11%.
Analizzando il comportamento delle diverse fasce demografiche emerge come la propensione al maggiore utilizzo delle app sia inversamente propozionale al crescere dell’età dei consumatori, con la fascia 18-24 che registra addirittura il 70% del tempo speso sulle app. Schermi più grandi, desktop e tablet invece riscuotono più successo tra le fasce d’età dei “più maturi”.
Quando accedono via app, gli utenti restano connessi per un tempo medio complessivo quasi 20 volte superiore a quello trascorso sui browser mobile: leMobile App creano più engagement rispetto al Mobile Web App. Il successo si ottiene quando si attrae audience attraverso la navigazione in browsing e si fidelizza successivamente grazie alle app scaricate dall’utente. Risulta molto difficile cercare di posizionarsi nel contesto delle app utilizzate visto che il 50% degli utenti smartphone non scarica nessuna nuova app in un mese e la frequenza di utilizzo è altamente influenzata dalla presenza sull’home screen del cellulare. Il 45% del tempo complessivo speso nel Mobile App è concentrato sulla app più utilizzata.
Gli App Store rimangono ancora lo strumento più importante (scelto dal 21% dei possessori di smartphone negli Stati Uniti) anche se un numero sempre maggiore di utenti sta scoprendo le App dai siti web (dal 9% all’11%), pubblicità online (dall’8% al 9%) e sui media tradizionali (dal 6% al 9%). Il marketing, pertanto, risulta fondamentale per l’acquisizione di clienti/utenti.
Parlando in termini di engagement delle App Facebook supera di gran lunga tutte le altre con una media di utilizzo per persona di 13 ore al mese e livello di penetrazione sia nella popolazione totale (150 millioni di utenti unici) sia tra i Millennials (88%).
Snapchatregistra una crescita nelle diverse varie fasce di età: da un lato vanta una penetrazione elevata tra i Millennial, dall’altra sta irrompendo anche nel target mainstream. L’audience principale di Snapchat di 18-24enni è in via di saturazione (raggiunto il 70% di penetrazione), e in futuro, gran parte della crescita dovrebbe provenire dai Millennials (al 41%). In termini di tempo speso, Snapchat si posiziona tra le tre applicazioni più utilizzate per il 25% dei suoi utenti, e ancora di più se si considerano solo quelli tra i 18 e i 24 anni (37%).
Tra le App con i più alti trend di crescita troviamoWaze(+195% di utenti rispetto a giugno 2014),Uber(+828%),Lyft(+494%),Tinder(+220%),Fitbit(+1524%),Bitmoji(+2371%). InfinePokémon Go(lanciato a luglio 2016) “cattura” fino ad oggi 20 milioni di utenti al giorno.
Di Altri Autori (del 21/09/2016 @ 07:16:02, in Media, linkato 1791 volte)
Il panorama dell’informazione è in continuo mutamento e giornalisti, testate e blogger devono essere a conoscenza di dove e come pubblicare le notizie. Una recente indagine del Pew Research Center individua le modalità attraverso le quali gli americani si informano: in testa c’è la televisione con una percentuale del 57%, seguita, con il 38%, dai portali on line mentre la carta stampata si colloca all’ultimo posto con solo il 20%.
Le notizie digitali in maggior parte vengono cercate e lette tramite dispositivi mobili con una percentuale del 56% rispetto al 42% del computer. I dispositivi mobili (tra cui smartphone e tablet) risultano utilizzati dal 72% degli americani. Per quanto riguarda le notifiche, relative alle notizie che interessano, solo il 55% degli americani li riceve sui propri smartphone, con un 47% che cliccherebbe sull’alert accedendo alla notizia rispetto al 52% che invece ignorerebbe la notifica. Il 62% ricerca notizie sui social media (con una preferenza di Facebook rispetto a Twitter). Gli utenti trovano le notizie in rete mentre sono su Facebook (62%) su YouTube (58%) e Instagram (63%) anche se sono restii a dire che le stavano cercando sui social.
Pochi americani comunque sono fiduciosi del fatto che i social media possano diventare una nuova fonte di notizie. 2 americani su 10 si fidano delle informazioni che ricevono da organi di informazione locali e nazionali (sia online che offline). Pochi, solo il 4%, afferma di fidarsi delle informazioni che trovano sui social media. Solo un quarto degli americani (26%) interagisce con le notizie cliccandoci sopra, il 16% mette il proprio “like” sulla notizia e solo l’8% la commenta.
Il ruolo di amici e conoscenti nella ricerca di notizie è importante, soprattutto nel caso di notizie elettorali. Per ricevere informazioni sulle elezioni 3 americani su 10 cercano sui media digitali. Le notizie relative alle campagne presidenziali di Hillary Clinton e Donald Trump, per esempio, vengono cercate tramite post sui social network dei candidati (24%), tramite le mail inviate (9%) e sui loro siti web (10%).
Secondo la stessa ricerca, la lunghezza delle notizie influenzerebbe la successiva lettura da parte degli utenti. Pur avendo lo stesso numero di lettori il tempo che questi dedicano alle notizie lunghe sarebbe di 123 secondi rispetto ai 57 dedicati a quelle più corte e effettuerebbero interazioni quasi uguali (con un rapporto 1530 di quelle lunghe a 1576 rispetto a quelle corte).
Ryan Mcready, content editor della piattaformaVennagage, ha svolto un’analisisu oltre 137.000tweetin una settimana. Tra itweetanalizzati da Ryansolo il 35% provenivano da account verificati. Il57%di questi provenivano da account “discutibili” con un elevato numero di seguaci e strane attività di condivisione; il7%di questi tweet risultavano di account cosiddetti “zerospam” presenti su twitter da meno di otto mesi, che non seguono nessuno, con meno di 10 seguaci e con più di 17.000 condivisioni/retweet.
La ricerca mette in evidenza comel’utilizzo deglihashtag, secondo Mcready, possa rivelarsiinutile e addirittura dannosaper le campagne di marketing nel momento in cui questi vengono utilizzati in modo inopportuno dagli spammer. Nell’infograficatutti i dati della ricerca.
Di Altri Autori (del 19/09/2016 @ 07:16:02, in Mobile, linkato 1587 volte)
Il Mobile negli Stati Uniti oggi rappresenta i due terzi dei minuti spesi sui media digitali, con le Mobile App (utilizzate soprattutto tramite smartphone) vicine al 60% del tempo totale; a Facebook si aggiungono nuovi casi di successo che hanno sfruttato un target specifico (Snapchat), il cambiamento dei comportamenti di consumo già esistenti nel mondo fisico (Waze, Uber, Tinder) o fenomeni di massa (Pokémon GO).
Questi sono alcuni dei dati che emergono dalloUS Mobile App Report 2016pubblicato ieri da comScore, che grazie ai dati rilevati a giugno 2016 dalle piattaforme Media Metrix Multi-Platform, Mobile Metrix e Mobilens, ha fotografato lo stato dell’arte e i principali trend del panorama Mobile oltreoceano.
L’Audience dei media digitali è sempre più mobile
Negli Stati Uniti il tempo di utilizzo dei media digitali è esploso dal 2013, con un +53% guidato soprattutto dalle Mobile App e, in misura minore, dal Mobile Web Browsing, anche se la crescita inizia a rallentare su tutte le piattaforme.
L’ultimo anno ha infatti visto per la navigazione mobile tassi di crescita positivi ma più deboli (+11% per il Mobile App, +5% per il Mobile Web), mentre il tempo di utilizzo del desktop è diminuito dell’11%.
La comodità nell’utilizzo di smartphone e tablet, e il processo di innovazione relativo alle Mobile App hanno quindi completamente modificato il panorama di fruizione dei media digitali.
Analizzando il comportamento delle diverse fasce demografiche emerge in maniera chiara come la propensione al maggiore utilizzo delle app sia inversamente propozionale al crescere dell’età dei consumatori, con la fascia 18-24 che registra addirittura il 70% del tempo speso sulle app. Probabilmente a causa di una maggiore familiarità e di schermi più grandi, desktop e tablet registrano un maggiore engagement al crescere dell’età dell’utente.
Il Mobile Web Browsing per estendere le audience, le Mobile App per fidelizzarle
Negli ultimi due anni, la dimensione media dell’audience complessiva delle principali 1000 Property digitali statunitensi è aumentata del 36% grazie all’audience Mobile (+81%), a fronte di un calo del 4% su desktop.
Tale crescita del numero di utenti unici è determinata dal Mobile Web Browsing più che dalle Mobile App. Nonostante il dominio di queste ultime nel tempo speso, l’audience che accede tramite i browser mobile è quasi il triplo nelle dimensioni e cresce a velocità doppia rispetto all’audience delle applicazioni.
Il rovescio della medaglia è che l’audience, quando accede a Internet via browser dal proprio device, pur essendo estesa, tende a essere scarsamente e progressivamente sempre meno ingaggiata. Quando invece accedono via app, gli utenti sono più “fedeli”, in quanto restano connessi per un tempo medio complessivo quasi 20 volte superiore a quello trascorso sui browser mobile.
Editori e player digitali si trovano quindi di fronte ad una sfida difficile: da un lato devono continuare ad attrarre audience prevalentemente attraverso la navigazione in browsing per poi riuscire a fidelizzarla facendole scaricare e mantenere attiva le proprie app.
L’ecosistestema delle App: un mondo altamente contentrato e competitivo.
Il 45% del tempo complessivamente speso in app è concentrato sulla app più utilizzata mentre le prime 3 app ammontano a ben il 75%. Se consideriamo che il 50% degli utenti smartphone non scarica nessuna nuova app in un mese e che la frequenza di utilizzo è altamente influenzata dalla presenza sull’home screen del cellulare (spazio ovviamente limitato), si evince in maniera molto chiara come sia difficile costruirsi un posizionamento forte in questo contesto.
Il processo di installazione di un’app si sta muovendo da una logica “pull” a una logica “push”. Gli App Store rimangono ancora lo strumento più importante (scelto dal 21% dei possessori di smartphone negli Stati Uniti), ma non stanno più crescendo in termini di rilevanza.
Nel frattempo, un numero sempre maggiore di utenti sta scoprendo le App dai siti web (dal 9% all’11%), pubblicità online (dall’8% al 9%) e sui media tradizionali (dal 6% al 9%), evidenziando la crescente importanza del ruolo del marketing per l’acquisizione di utenti.
I trend emergenti e le Mobile App di successo negli Stati Uniti.
Facebook supera tutte le altre App in termini di engagement (in media una persona trascorre 13 ore al mese sulla App) e di penetrazione, sia nella popolazione totale (150 millioni di utenti unici) sia tra i Millennial (88% di penetrazione).
Snapchat registra una crescita nelle diverse varie fasce di età: da un lato vanta una penetrazione elevata tra i Millennial, dall’altro sta irrompendo anche nel target mainstream. L’audience principale di Snapchat di 18-24enni è in via di saturazione (raggiunto il 70% di penetrazione), e in futuro, gran parte della crescita dovrebbe provenire dai Millennials tra i 25 e i 34 anni (al 41%), che rappresentano ancora una grande opportunità.
È interessante notare come il segmento “over 35” stia raggiungendo una massa critica di utenti avvicinandosi a una penetrazione del 15%.
In termini di tempo speso, Snapchat è diventato una vera ossessione per molti dei suoi utenti: si posiziona tra le tre applicazioni più utilizzate per il 25% dei suoi utenti, e ancora di più se si considerano solo quelli tra i 18 e i 24 anni (37%).
Molte delle app in rapida ascesa rappresentano servizi che facilitano comportamenti già esistenti nel mondo fisico, come chiamare un taxi, fare esercizio fisico o uscire con qualcuno.
Waze (+195% di utenti rispetto a giugno 2014) aiuta a muoversi attraverso il traffico in modo più efficiente. Uber (+828%) e Lyft (+494%) migliorano la prenotazione di un passaggio. Tinder (+220%) rende più facile chiedere appuntamenti. Fitbit (+1524%) permette di monitorare i propri parametri di fitness. Bitmoji (+2371% rispetto a febbraio 2015), d’altra parte, fa leva su un comportamento digitale più recente, consentendo agli utenti di creare avatar animati di se stessi per una comunicazione più espressiva.
Nel mese di luglio, infine, ha debuttato nel mercato l’app Pokémon GO, gioco in realtà aumentata basato sulla geolocalizzazione e ultimo fenomeno tra le Mobile App.
Lanciato il 6 luglio negli Stati Uniti in pochi giorni è stato in grado di catturare costantemente più di 20 milioni di utenti al giorno. Per tutto il resto del mese, Pokémon GO non è mai sceso sotto tale soglia, e il 13 luglio ha raggiunto il picco con 28,5 milioni di utenti giornalieri.
Insight evoluti in arrivo anche in Italia.
“Stiamo assistendo ad una radicale e rapida trasformazione nell’utilizzo di Internet che impone a tutti gli attori del settore il ripensamento dei propri modelli di business”, commenta Fabrizio Angelini di comScore Italia. “Proprio per questo abbiamo deciso di accelerare il processo di innovazione e sviluppo dei nuovi prodotti in Italia. Già nelle prossime settimane rilasceremo i primi dati del panel Smartphone italiano che, anche grazie all’integrazione con le nostre rilevazioni censuarie sui device mobili, consentiranno analisi approfondite sulle audience digitali e sulla effettiva adozione dei nuovi trend anche nel nostro Paese”.
Di Altri Autori (del 16/09/2016 @ 07:15:01, in Mobile, linkato 1595 volte)
Che le aziende di tutto il mondo non potessero più ignorare il mobile commerce come canale di vendita era abbastanza ovvio, ma un’analisi di Criteo aggiornata ai primi sei mesi del 2016 indica che in Italia già oggi i top retailer generano quasi la metà delle loro vendite su mobile, con una crescita del 29 percento anno su anno. Estendendo l’analisi a tutti i retailer questa percentuale di crescita non è più così marcata, attestandosi comunque al 9 percento anno su anno.
Criteo pubblica il suo State of Mobile Commerce Report a cadenza semestrale per mettere in evidenza le principali tendenze relative al mobile commerce. Le cifre dell’ultima edizione indicano che in Italia gli smartphone sono i dispositivi di acquisto privilegiati: il 66 percento delle transazioni via mobile è avvenuta tramite smartphone. Le transazioni da device Android e iOS crescono in maniera quasi analoga (25 percento anno su anno) ma la base utenti di Android è di molto superiore, con l’80 percento del mercato.
Tra i settori di mercato, quello che registra il maggior tasso di acquisti in mobile commerce è il comparto Health & Beauty, seguito dal settore Fashion & Luxury e poi da quello sportivo, che ha visto la crescita maggiore anno su anno.
Italia a parte, le rilevazioni del report Criteo indicano che a livello mondiale la tecnologia sta favorendo lo sviluppo del mobile commerce sotto molti aspetti. Lato hardware grazie a funzioni come il riconoscimento delle impronte digitali per effettuare le transazioni, ma anche lato software perché le app specifiche dei retailer generano più acquisti rispetto ad altri canali di vendita digitali, convertendo tre volte di più rispetto al mobile web e con ordini superiori. E le app che si dimostrano più efficaci sono anche quelle più avanzate, con funzioni che rendono l’esperienza di mobile shopping più ricca e allo stesso tempo semplice.