Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
I problemi finanziari del nostro paese sono sempre stati un ostacolo difficile da scavalcare per investire sulle infrastrutture pubbliche, comprese quelle per aggiornare le reti dei sistemi di comunicazione e purtroppo c’è ancora tanto da lavorare: per fortuna però, la maggior parte dei consumatori non utilizzano più l’insoddisfacente connessione a rete fissa, ma si basano soprattutto sulle connessioni veloci dei dispositivi mobili.
È quanto emerge da una ricerca di Ofcom, l’“International Communications Market Report 2015” e riportata da eMarketer, che quale fotografia il mercato della comunicazione mondiale prendendo in esame nove paesi: oltre l’Italia, l’Australia, il Giappone, la Svezia, gli Stati Uniti, la Francia, la Germania, la Spagna e il Regno Unito.
Nella zona europea, l’Italia offre il caso più evidente, spiega e-marketer, di come i dispositivi mobili stanno “facendo tramontore le connessioni più tradizionali” e questo è dovuto alla progressiva perdita di importanza delle infrastrutture fisse per l’accesso ad Internet, ma non è tutto. Nel mese di ottobre 2015, solo il 68% degli utenti web in Italia ha fatto uso settimanale della connessione fissa a banda larga per andare online, contro il 79% nel Regno Unito e l’84% in Francia. Allo stesso modo, in Italia solo 6 utenti su 10 hanno fatto telefonate settimanalmente con un telefono di rete fissa in casa, rispetto al 70% in Spagna e 78% in Germania.
Nel complesso, sempre secondo la ricerca di Ofcom, l’89% degli utenti web in Italia ha utilizzato uno smartphone o un device mobile per accedere a Internet ogni settimana durante il mese di ottobre; solo la Spagna ha registrato una maggiore incidenza sull’uso del mobile in quel mese, fissando la propria percentuale di accesso al 91%.
E ancora, l’Italia è stata è stata l’unica nazione europea in cui più della metà (51%) degli adulti online ha utilizzato uno smartphone almeno una volta a settimana per accedere al web; la Spagna ha quasi eguagliato il risultato con il 49%. Quello che impressiona di più è il divario con gli altri paesi: in Francia, Germania, Svezia e Regno Unito, la quota di coloro che accedono online con un lo smartphone almeno una volta a settimana non supera più del 33%.
Una delle cause di questi risultati potrebbe essere la penetrazione degli smartphone in Italia: secondo Cisco, gli smartphone rappresenteranno il 68% di tutta la fonte di traffico dei dati in Italia entro il 2019, mentre la quota di traffico che passa attraverso laptop e desktop si ridurrà del 5%.
Via Tech Economy
Istat ha rilasciato il Rapporto Cittadini, imprese e ICT che ha fotografato usi e limiti nell’adozione della rete e dell’ICT in Italia da parte di cittadini e imprese. Quello che emerge, similmente a quanto già evidenziato dal Rapporto Censis, è un quadro in chiaroscuro. Se da una parte cresce la disponibilità di banda larga per le famiglie dall’altra, rispetto all’Europa, l’Italia è tra gli ultimi sei paesi nella graduatoria sulla diffusione della banda larga. Non bene neppure il fronte delle competenze: solo il 29,5% degli utenti di Internet ha competenze digitali elevate, la maggioranza degli utenti ha invece competenze di base (36,6%) o basse (31,4%). Inoltre vi è una nicchia di internauti che non hanno alcuna competenza digitale (2,5%, pari a 741mila).
E, ancora, se da una parte crescono le imprese che vendono via web (7,9% contro 6,3% del 2014) , è pur vero che soltanto il 12,8% delle imprese permette di effettuare online ordinazioni o prenotazioni dei propri prodotti (11,5 nel 2014) e solo il 10% ha venduto online i propri prodotti nel corso dell’anno precedente. Insomma, c’è ancora molta strada da fare.
CITTADINI
Sul fronte della banda larga tra il 2010 e il 2015 è aumentata la quota di famiglie che dispone di un accesso a Internet da casa, da 52,4 % a 66,2%. Tale trend di crescita si registra anche nell’ultimo anno (+ 2,2 punti percentuali ). E sono aumentate – da 41,0% a 64,4% – anche le famiglie con una connessione a banda larga. Il contributo più rilevante arriva dalle tecnologie mobili: crescono le quote di famiglie con solo banda larga mobile – da 6,6% a 18,6% – o che dispongono di entrambe le modalità di accesso – da 1,4% a 11,5%. La notizia,come detto, di per sè fa ben sperare ma va ricordato che i dati, se paragonati all’Europa e alle richieste Ue in termini di diffusione e prestazioni della rete per il 2020, pongono l’Italia tra gli ultimi 6 paesi nella graduatoria per diffusione della banda larga5 con un valore pari al 74%. Non bene neppure il fronte delle competenze digitali: la maggior parte delle famiglie che non hanno accesso ad Internet da casa indica la mancanza di competenze come principale motivo del non utilizzo della Rete (56,3%) e quasi un quarto (24,5%) non considera Internet uno strumento utile e interessante. Seguono motivazioni di ordine economico legate all’alto costo di collegamenti o strumenti necessari (14,4%) mentre l’8,2% non naviga in Rete da casa perché accede ad Internet da un altro luogo. Residuale è invece la quota di famiglie che indicano tra le motivazioni l’insicurezza rispetto alla tutela della propria privacy (2,3%) e la mancanza di disponibilità di una connessione a banda larga (1,7%).
Cosa si fa in rete
Il 71% delle persone che hanno navigato in Internet negli ultimi 3 mesi lo ha fatto per scopi culturali: il 52,5% ha navigato per leggere giornali, informazioni, riviste online e il 32,7% ha guardato video in streaming. Un italiano su quattro si è connesso ad Internet per guardare film in streaming (25,1%), ascoltare la radio (23,0%), guardare programmi televisivi (22,5%). I maggiori fruitori sono i 15-24enni, con l’eccezione della lettura di giornali, informazioni o riviste per la quale si verifica il contrario. Quasi un terzo degli utenti (32,1%) pubblica sul web contenuti di propria creazione (come testi, fotografie, musica, video, software, ecc.) ma la quota sfiora il 50% fra i giovani di 18-24 anni. Il web si rivela anche un importante strumento per l’interazione sociale. Più della metà degli internauti (56,1%) lo ha usato per creare un profilo utente, inviare messaggi o altro su Facebook o Twitter; oltre l’80% dei 15-24enni utilizza un social network e, fra questi, sette su 10 vi partecipano quotidianamente (contro il 56,6% della media). Nel 2015, circa un terzo degli utenti di 15 anni e più (29,2%, circa 8 milioni 844mila di internauti, in aumento rispetto al 2014 quando raggiungeva il 26,7%) ha fatto ricorso ai servizi cloud per salvare documenti, immagini o altri file. Tali servizi sono utilizzati soprattutto dai giovani, in particolare tra i 20-24 anni (40,3%).
IMPRESE
Nel 2015, il 94,4% delle imprese con almeno 10 addetti utilizza connessioni in banda larga fissa o mobile (91,8% connesse in banda fissa, 63,3% in banda mobile). Considerando le imprese per tipologia di connessione utilizzata, oltre sei su 10 (60,7%) ricorrono sia a connessioni fisse che mobili: tale quota varia dal 93,4% delle imprese con almeno 250 addetti al 57,9% di quelle con 10-49 addetti. Tra queste ultime, quattro imprese su 10 non utilizzano ancora connessioni mobili per l’attività lavorativa. Il 5,6% delle mprese dichiara di non utilizzare connessioni in banda larga. Si conferma la crescita della connessione mobile in banda larga, da 60,0% del 2014 a 63,3%.
Nel complesso comunque l’adozione dell’ICT resta basso tra le imprese. L’87,6% delle imprese con almeno 10 addetti si colloca ad un livello ‘basso’ o ‘molto basso’ di adozione dell’ICT, non essendo coinvolte in più di 6 attività tra quelle considerate (la media europea è del 78%); il restante 12,4%si posiziona su livelli ‘alti’ o ‘molto alti’ di digitalizzazione. Secondo i ricercatori: “questo quadro è in parte riconducibile a fattori strutturali; la bassa dimensione media delle imprese può incentivare il ricorso a servizi ICT esterni all’impresa, che non vengono colti dagli indicatori descritti ma producono effetti positivi sulla competitività delle imprese.”
Per quanto riguarda la presenza online il 70,7% delle imprese con almeno 10 addetti dispone di un sito web (69% nel 2014); una impresa su quattro ha sul sito un link al proprio profilo social mentre il 37,3% utilizza un social media (32% nel 2014), soprattutto per finalità di marketing (29,6%). Ma se è vero che sette piccole imprese su dieci hanno un sito web e tre utilizzano un social media. Emergono forti differenze per classe dimensionale. In particolare il divario è consistente proprio nell’adozione di strumenti che rispondono meglio a esigenze di maggiore complessità aziendale quali l’utilizzo di software per la condivisione interna delle informazioni (Enterprise resource planning , 32,2% per le piccole contro 78,6% per le grandi), l’adozione di sistemi elettronici per lo scambio di informazioni con clienti e fornitori sulla gestione della catena distributiva (Supply Chain Management, 11,3% contro 36,5%) e di applicazioni informatiche per la gestione e l’analisi dei dati raccolti sulla clientela (Customer Relationship Management, 28,6% contro 52,4%). Il divario relativo più grande tra piccole e grandi imprese si registra per la velocità di download pari ad almeno 30 Mbit/s (11,2% contro 39,6%).
E-COMMERCE
Il 70,7% delle imprese ha quindi un proprio sito web, ma poco più di un terzo lo usa per offrire servizi più avanzati come quelli legati alla tracciabilità delle ordinazioni online o alla personalizzazione di contenuti e prodotti. Solo il 12,8% delle imprese permette ai visitatori del sito di effettuare online ordinazioni o prenotazioni dei propri prodotti (11,5 nel 2014); tale percentuale sale fino a coinvolgere una impresa su quattro fra quelle di maggiore dimensione. Nel corso del 2014 solo il 10% di imprese con almeno 10 addetti ha venduto online i propri prodotti nel corso dell’anno precedente (8,2% nel 2014); la quota sale al 29,6% nel caso di imprese con almeno 250 addetti, mentre scende al 6,7% considerando solo quelle imprese che hanno effettuato vendite online per un valore almeno pari all’1% del proprio fatturato totale.
Tuttavia nel complesso crescono le imprese che vendono via web (7,9% contro 6,3% del 2014) e tale canale di vendita continua a essere preferito rispetto ad altri canali online. Predominano quelle che hanno come compratori i consumatori privati (78,9%) rispetto ad imprese e amministrazioni pubbliche (58,7%). Il fatturato online cresce e si attesta al 9,2% del fatturato totale (7,1% nell’anno precedente): la quota è al 2,6% per le imprese con 10-49 addetti, al 10,7% per quelle con almeno 250 addetti ed è massima per quelle con 100-249 addetti che registrano un fatturato online del 18%. Continua a crescere la presenza sul mercato online delle imprese attive nell’editoria (da 67,0 dell’anno precedente a 82,6%) e nei servizi di alloggio (da 61,0 a 62,6%).
Via Tech Economy
Siamo a fine anno, è tempo di bilanci, e anche Facebook ha fatto il suo: con il rapporto Year 2015 in a Review, il social network piu' popolare del mondo va a riassumere quelli che sono stati gli argomenti più popolari e più discussi sulla piattaforma durante il 2015, sia a livello italiano che nel mondo. Allo stesso tempo, Facebook ha attivato la pagina MY Year in Review personalizzata per utente, vale a dire la pagina a cui ogni utente registrato al social network puo' accedere per ricordare i bei momenti passati nel corso del 2015 che va chiudersi.
La pagina MY Year in Review 2015 (www.facebook.com/yearinreview) raccoglie molte delle foto che avete postato su Facebook in tutto il 2015, e vi offre un tour visivo del vostro anno trascorso sul social network. Piu' attivi siete stati su Facebook quest'anno, piu' contenuti vengono visualizzati, in alternativa la pagina è vuota. Per evitare di mostrare brutti momenti come avvenuto in situazioni simili nei mesi precedenti, come lo strumento 'Accadde oggi', Facebook ha detto di aver migliorato l'algoritmo che automaticamente va a creare la pagina personalizzata per ciascun utente, ottimizzato per eliminare le foto e i post associati ad eventi dolorosi, come la morte di qualcuno. Se non vi piace cio' che Facebook vi mostra in automatico, potete modificare le foto per aggiungerne di particolari o rimuovere quelli che non volete rivedere. È possibile selezionare un massimo di 10 foto.
IL 2015 SU FACEBOOK. Messe tutte insieme, le Top 10 di Facebook raccontano di cosa si è parlato di più nel 2015 su Facebook - dalla politica agli eventi sportivi, dalla musica ai luoghi nel mondo fino ad arrivare ad alcune delle sfide più difficili ed attuali che il mondo sta affrontando.
Expo 2015 è al primo posto tra gli argomenti di cui si è parlato di più in Italia nel 2015, seguito dalle Elezioni Regionali 2015 e la Juventus in finale di Champions League 2014/2015. A livello mondiale, si è parlato molto di Election Day USA 2014, seguito dagli attentati a Parigi del 13 novembre di quest'anno, la Guerra civile in Siria e la crisi dei rifugiati, I terremoti in Nepal e la crisi economica in Grecia.
Expo 2015 risulta anche al primo posto nella classifica dei primi 10 luoghi del 2015 piu' discussi.
Barack Obama risulta anche quest'anno il politico di cui si è parlato di più nel 2015, seguito da Donald Trump. Matteo Renzi è invece stato il leader politico di cui si è parlato di più in Italia.
Ed Sheeran è l’artista più popolare su Facebook nel 2015, seguito da Taylor Swift, Kanye West, Nicky Jam, e Wiz Khalifa.
Game of Thrones ha dominato la classifica delle serie TV piu' discusse nel mondo, seguita da The Walking Dead. Il film più seguito e discusso è Star Wars: Il Risveglio della Forza seguito da Furious 7 e da Jurassic World.
Floyd Mayweather, Jr. e Manny Pacquiao sono stati gli atleti di cui si è parlato di più, mentre i videogame piu' discussi sono FIFA 2015, Fallout Shelter & Fallout 4 e Call of Duty: Black Ops 3.
Facebook: il 2015 in breve
Argomenti (Global)
1. Elezioni presidenziali negli Stati Uniti 2. 13 novembre, attacchi a Parigi 3. Guerra civile in Siria e crisi dei rifugiati 4. Terremoti in Nepal 5. Crisi economica in Grecia 6. Matrimonio tra persone dello stesso sesso 7. Lotta contro l’ISIS 8. Attantato a Charlie Hebdo 9. Scontri di Baltimora 10. Sparatoria a Charleston Shooting e dibattito sulla bandiera Argomenti (Italia)
1. Expo 2015 2. Elezioni Regionali 2015 3. Juventus – Champions League 4. Festival di Sanremo 5. Crisi economica Grecia 6. Matteo Renzi 7. Papa Francesco 8. Vasco Rossi 9. 13 Novembre Attacchi a Parigi 10. Crisi rifugiati Luoghi (Italia)
1. Expo Milano 2015 2. Colosseo 3. Gardaland 4. Musei Vaticani 5. Stadio San Siro 6. Arena di Verona 7. Basilica di San Pietro 8. Acquario di Genova 9. Duomo di Milano 10. Piazza di Spagna Nuovi Adesivi (Italia)
1. Biscottino innamorato 2. Minions 3. Snoopy & Friends - Il film dei Peanuts 4. Bigli & Migli 5. The GaMERCaT 6. Si balla! 7. Dolci cucciolotti 8. Inside Out 9. Boo e Buddy 10. The Dam Keeper Persone dello Spettacolo (Global)
1. Ed Sheeran 2. Taylor Swift 3. Kanye West 4. Nicky Jam 5. Wiz Khalifa 6. Drake 7. Pitbull 8. Caitlyn Jenner 9. The Weeknd 10. Shakira TV Show (Global)
1. Game of Thrones 2. The Walking Dead 3. The Daily Show 4. Saturday Night Live 5. WWE Raw 6. The Simpsons 7. 19 Kids and Counting 8. Grey’s Anatomy 9. Last Week Tonight with John Oliver 10. Orange is the New Black Film (Global)
1. Star Wars: The Force Awakens 2. Furious 7 3. Jurassic World 4. Avengers: Age of Ultron 5. American Sniper 6. Straight Outta Compton 7. Fifty Shades of Grey 8. Mad Max: Fury Road 9. Magic Mike XXL 10. Pitch Perfect 2 Sportivi (Global)
1. Floyd Mayweather, Jr. 2. Manny Pacquiao 3. Ronda Rousey 4. Lionel Messi 5. Cristiano Ronaldo 6. Tom Brady 7. Stephen Curry 8. LeBron James 9. Serena Williams 10. Carlos Tevez Politici (Global)
1. Barack Obama 2. Donald Trump 3. Dilma Rousseff 4. Hillary Clinton 5. Bernie Sanders 6. Luiz Inácio Lula da Silva 7. Recep Tayyip Erdoðan 8. Muhammadu Buhari 9. Narendra Modi 10. Benjamin Netanyahu Luoghi (Global)
1. Disney Properties 2. Universal Studios Properties 3. Times Square, New York City 4. Tour Eiffel 5. Cascate del Niagara 6. Siam Paragon 7. Grand Canyon National Park 8. Yosemite National Park 9. Museo del Louvre 10. Central Park 11. Beto Carrero World 12. Warner Bros. Studio Tour London 13. Gardens by the Bay 14. Marina Bay Sands 15. Ibirapuera Park 16. Hollywood Walk of Fame 17. Madison Square Garden 18. Molo di Santa Monica 19. Camp Nou 20. Expo Milano 2015 Nuovi videogame (Global)
1. FIFA 15 2. Fallout Shelter & Fallout 4 3. Call of Duty: Black Ops 3 4. Mortal Kombat X 5. Batman: Arkham Knight 6. The Witcher 3: Wild Hunt 7. Metal Gear Solid V: The Phantom Pain 8. Dying Light 9. Star Wars: Battlefront 10. Halo 5: Guardians Nuovi Adesivi (Global)
1. Biscuit in Love 2. Minions 3. Bigli Migli 4. Dance Party 5. Hello Brown 6. MiM on the Move 7. Rilakkuma 8. The GaMERCaT 9. The Peanuts Movie 10. Inside Out
Via PianetaCellulare
La moda e il lusso corrono su Instagram. Lo dicono i numeri del social network, condivisi in esclusiva con Pambianco Magazine, relativi alla classifica dei brand che meglio hanno performato nel 2015. Tra i primi posti della lista globale dei marchi, gli unici account extrasettore sono quelli di Instagram stesso, di squadre sportive (Fc Barcellona, Manchester United, Nba), di media (National Geographic, 9gag, Vogue) e, a sopresa, della Nasa. Per il resto, a farla da padrone sono marchi di abbigliamento e accessori, con un buon alternarsi tra firme del lusso ed etichette del fast fashion. Questo tema verrà approfondito nel prossimo numero di Pambianco Magazine, in uscita ai primi di gennaio.
In cima alla classifica del settore (e al terzo posto globale), con i suoi oltre 28 milioni di seguaci, c’è Nike: il colosso americano dell’outerwear, nel 2015, ha più che raddoppiato i propri fan, guadagnandone quasi 20 milioni soltanto quest’anno. Segue a ruota, con 25 milioni, il marchio di lingerie sempre statunitense Victoria’s Secret che quest’anno ha accresciuto del 71% gli utenti che seguono il suo profilo. Al terzo posto del comparto, e nono a livello complessivo, c’è il fast fashion di H&M che segue i primi due a una distanza non indifferente, con i suoi ‘soli’ 10 milioni e mezzo di fan (+64 per cento). Man mano che si scende di posizione, la classifica testimonia come moda e lusso si sappiano ben muovere nel digitale, e quanto siano in grado di ‘fidelizzare’ i propri fan anche sul web: tutti i marchi della moda nel 2015 hanno fatto registrare una crescita a due cifre, e spesso sopra il 50%, dei propri follower su Instagram. Sotto al podio si trovano i nomi di Chanel, Zara, Adidas, Victoria Beckham, Dior. E proseguendo, la situazione non cambia: gli ‘igers’ di tutto il mondo dimostrano di avere un debole per moda e lusso.
Via PambiancoNews
Secondo Gartner nei mercati maturi entro il 2018 una persona su due pagherà con i dispositivi mobile e i wearable. I portafogli elettronici legati a specifici brand tuttavia non avranno fortuna, a vantaggio dei servizi cloud based universali
Secondo Gartner, il 50 percento dei consumatori nei mercati maturi userà smartphone e dispositivi wearable per i pagamenti in mobilità. Questa la previsione per il 2018 che riguarda Giappone, Nord America e altri Paesi dell’Europa Occidentale. Amanda Sabi, analista presso Gartner va oltre: “L’innovazione portata dalle app e i servizi di telefonia mobile stanno rivoluzionando i modelli di business e il modo in cui le persone usano la tecnologia per produttività e piacere”. Torna il tema della centralità del cliente che deve essere ‘conosciuto’ non solo come “record” di un database, altrimenti si rischia di fallire.
Gartner tenta una classificazione dei pagamenti mobile: pagamenti con smartphone e indossabili, portafogli mobile offerti già oggi dai retailer (ma non in Italia), come Starbucks, e infine sistemi di pagamento mobile offerti da banche o dagli istituti di carte di credito tramite servizi specifici.
Gartner – I pagamenti con smartphone e wearable sono trend ineluttabile, ma vinceranno i modelli di servizio cloud-based non legati ai brand dei device Secondo Gartner i sistemi di pagamento mobile tramite la tecnologia NFC non avranno un futuro brillante nel breve/medio termine per mancanza di partnership realmente globali tra i retailer e le organizzazioni finanziarie, e anche per sfiducia da parte dei clienti. Secondo Annette Jump, research director di Gartner, infatti: “Qualsiasi sistema di pagamento mobile legato a uno specifico device avrà un’adozione limitata, e possibilità di fare bene solo di fronte a una base di market share veramente dominante, invece una soluzione cloud-based avrà migliori chance perché intrinsecamente la base di utilizzatori è più estesa, se non universale, sia per quanto riguarda le possibilità di utilizzo da parte dei clienti, sia per chi vende”. Gartner rileva inoltre che in ogni caso i sistemi di pagamento mobile e l’adozione di portafogli mobile richiedono Paese per Paese un impegno ad investire in accordi e infrastrutture.
Quando si parla inoltre di tecnologie ‘personali’ ecco due trend che le cifre raccontano molto bene.
Nel 2018 il 75 percento del contenuto TV-Style sarà guardato attraverso servizi basati su applicazioni nei mercati maturi, con uno shifting dal modello di pay-tv alle sottoscrizioni di Video On Demand – cioè servizi come Netflix e Hulu Plus – in cui è l’utente a configurarsi completamente il palinsesto. In Italia vediamo bene in atto questa trasformazione anche da parte di Sky, che è già riuscita a predisporre questa modalità per alcuni canali (i film, per esempio). Gartner conferma che è questa la strada giusta, per gli operatori delle Pay-TV per fronteggiare l’invasione delle App. Entro il 2019, il 20 percento degli utenti nei mercati maturi sottoscriverà esclusivamente piani dati e intenderà servirsene indipendentemente dal device utilizzato e da dove viene utilizzato, pretendendo o aspettandosi un’esperienza di connettività continua anche fuori dal proprio ufficio e dalle mura domestiche, quindi con la connettività offerta dal provider anche in strada. Vi sono però disparità significative nel consumo di banda larga nei mercati emergenti e in quelli maturi. nei mercati emergenti la connettività alle reti cellulari è decisamente tendenza più marcata, rispetto ai mercati maturi.
Via TechWEEKeurope
Uno dei tanti problemi che affliggono le aziende e i dipendenti minando la produttività, è la distrazione: i social network site, se non usati in modo professionale, sono uno degli elementi principali di disattenzione per i dipendenti e per i professionisti. Facebook ha però pronta una soluzione a pagamento per risolvere il problema: “Facebook at Work”, la versione professionale di Facebook che è stata definitivamente annunciata e verrà lanciata tra qualche mese.
Dopo circa un anno di test, Facebook ha dichiarato che il servizio è ormai pronto per essere raccolto da tutte le aziende interessate: sarà completamente orientato alla collaborazione sul luogo di lavoro ma si presenta, nella sua struttura, in modo praticamente identico al classico Facebook, con un newsfeed, i tasti di condivisione, i like e un proprio servizio di messaggistica.
“Direi che il 95 per cento di quello che abbiamo sviluppato per Facebook è adottato anche per Facebook at Work,” ha dichiarato Julien Codorniou a Reuters, attualmente coordinatore delle partnership a livello mondiale di Facebook. La differenza fondamentale è che gli utenti di Facebook at Work avranno profili speciali distinti dai loro profili Facebook già esistenti. La società sta inoltre sviluppando prodotti esclusivi per Facebook at Work, tra cui strumenti e sistemi di sicurezza appositamente dedicati, ha aggiunto Codorniou.
Come è possibile leggere direttamente sul sito di Facebook, “con un account Facebook at Work, puoi usare gli strumenti di Facebook per interagire con i colleghi” e inoltre “i contenuti che condividi usando il tuo account di lavoro saranno visibili solo alle altre persone della tua azienda”. Si tratta, in sostanza, di un modo per comunicare all’interno delle organizzazioni sfruttando la piattaforma consolidata, impedendo forme di distrazione e ottimizzando la comunicazione.
Facebook ha iniziato i test del servizio a gennaio e ha mantenuto l’accesso alla piattaforma solo su invito, ma a breve sarà aperta a tutte le aziende con un pagamento di “un paio di dollari al mese per utente” per alcuni servizi premium, come la dashboard degli analytics o gli strumenti dedicati al CRM. Un modello che sembra convincente dato che già più di 300 aziende, tra cui Heineken, Royal Bank of Scotland e la gioielleria Stella and Dot, utilizzano il nuovo sistema.
Codorniou ha dichiarato che in sostanza, si tratta della versione normale di Facebook tranne che per alcune eccezioni o limitazioni, ad esempio, conclude “non si potrà giocare a Candy Crush”.
Via Tech Economy
Lo spunto per questo contributo viene dall’interessante evento Digital Analytics Day cui ho avuto modo di partecipare qualche tempo fa dove, non a caso, la questione delle reportistiche per una logica data driven è stata toccata in molti interventi.
Tra gli altri cito quello di David McCandless, da cui ho tratto l’immagine sotto e che qui racconta appunto che cosa serve per una buona data visualization.
Il valore della data visualization
Il punto di partenza è semplice, abbiamo montagne di dati e, posto di gestirli già in modo corretto, non è facile renderli leggibili e interessanti. Ecco che la visualizzazione diventa un mezzo potente ed efficace per comunicare ma anche per mostrare in maniera intuitiva le correlazioni più o meno nascoste.
L’obiettivo diventa quindi di raccontare storie ricche di senso e per essere di facile lettura, la presentazione deve essere creata da chi capisce i valori del business di riferimento e diventa quindi più complessa la skill per la preparazione dello storytelling.
Sicuramente questo si innesta anche nel grande trend della prevalenza del modo visivo di fruire le informazioni, testimoniato dalla diffusione delle infografiche ma anche di molti social largamente visivi come Instagram o Pinterest.
L’imperativo di rendere i dati azionabili e utili
Ecco quindi perché la visualizzazione assume sempre maggiore importanza: i dati ormai sono percepiti come centrali in molti ambiti aziendali, nel marketing come nell’HR management, e quindi il tema diventa sempre più quello di avere i dati corretti nel momento corretto, piuttosto che un grande volume che risulta invece non azionabile.
Come salta all’occhio dal grafico qui sopra, tratto da un report di Econsultancy, decresce infatti la percentuale di aziende che dicono che l’analisi dei dati produce sicuramente raccomandazioni attuabili che fanno la differenza per la propria organizzazione: solo il 23% degli intervistati, rispetto al 40% dello scorso anno, un pesante calo del 43%. Quindi il bisogno di capire meglio i propri dati urge, decisamente.
Citando un recente documento di SAS, ecco che la data visualization viene in aiuto dato che “levisualizzazioni aiutano la gente a vedere cose che non erano loro evidenti prima. Anche quando i volumi di dati sono molto grandi, i modelli possono essere individuati rapidamente e facilmente. Effetti grafici trasmettono le informazioni in modo universale e rendono semplice condividere idee con gli altri. Consentono alle persone di chiedere ad altri: vedete quello che vedo io?”.
La cultura del dato, a che punto siamo?
Riprendo infine su questa domanda quanto scrissi quasi un anno fa, parlando dei risultati dell’Osservatorio Big Data e Business Intelligence del Politecnico di Milano, in attesa a fine mese del nuovo rapporto. All’epoca solo il 17% delle aziende lamentava infatti carenze di software adeguati, mentre nel convegno e nella ricerca si parlava molto di Data scientist e Chief Data Officer, che perònon erano previsti nemmeno nel futuro dal 73% delle organizzazioni e hanno invece un ruolo formalizzato nel 2% (è presente in qualche modo in altro 11%).
Vedremo se quest’anno le cose cambieranno, almeno dei numeri. E nel mentre, speriamo che un nuovo modo di vivere e presentare il dato possa aiutare l’adozione di una nuova cultura data driven, che usi creatività e scienza in modo dinamico e combinato.
Gianluigi Zarantonello via Internetmanagerblog.com
Audiweb distribuisce il nastro di pianificazione, Audiweb Database, con i dati dell’audience totale di internet (total digital audience) del mese di ottobre 2015.
Il nastro di pianificazione, distribuito alle software house e fruibile attraverso i tool di pianificazione, offre il dettaglio dei dati della navigazione quotidiana sui siti degli editori iscritti al servizio, organizzati per device, PC e Mobile (smartphone e tablet al netto delle sovrapposizioni).
I nuovi dati sull’audience totale di internet e sulla fruizione dell’online da desktop e da device mobili sono disponibili anche sulla piattaforma Audiweb View per la consultazione dei dati mensili su tutto il mercato online.
Sintesi dei dati dell’audience totale di internet – Audiweb Database, ottobre 2015
L’audience totale di internet nel mese di ottobre risulta pari a 29.5 milioni di utenti unici, il 53,4% degli italiani dai 2 anni in su.
Nel giorno medio erano online da tutti i device rilevati (PC, smartphone e tablet) 22.3 milioni di utenti, collegati in media per quasi 2 ore per persona.
Più in dettaglio, in base ai dati sui device da cui si accede a internet, risultano 18.2 milioni gli utenti unici online da device mobili (smartphone e tablet), il 41,2% degli italiani tra i 18 e i 74 anni, e 12.6 milioni da PC, il 22,8% degli italiani dai 2 anni in su.
Per quanto riguarda il profilo dei navigatori nel giorno medio, risultano online il 41% degli uomini (11.3 milioni di uomini dai 2 anni in su), il 40% delle donne (11.1 milioni) e il 66,3% dei giovani tra i 18 e i 24 anni (2.8 milioni), 3 giovani su 5.
È online il 57,6% dei principali responsabili d’acquisto (10.8 milioni di italiani tra i 35 e i 54 anni) e, sebbene per il segmento 55-74 anni l’accesso a internet nel giorno medio sia ancora limitato al 24,8%, si registra un incremento del 32% in un anno degli utenti di questa fascia online da mobile.
Dai dati sulla provenienza geografica, risultano online nel giorno medio il 39,4% degli abitanti dell’area Nord Ovest (4.5 milioni), il 38,8% del Nord Est (2.9 milioni), il 35,6% del Centro (2.4 milioni) e il 33% dell’area Sud e Isole (5.8 milioni). Gli italiani online dedicano alla navigazione circa 45 ore e 53 minuti complessivi nel mese, quasi due interi giorni per persona.
Tra i raggruppamenti di siti più visitati nel mese, si confermano le sotto-categorie di siti e applicazioni di ricerca “Search” (il 92% degli utenti online, 27 milioni), i portali generalisti “General Interest Portals & Communities” (il 90,2%, 26.6 milioni di utenti unici), i social network “Member Communities” (l’87,4%, 25.8 milioni di utenti unici) e, per i siti di intrattenimento e informazione, le sotto-categorie “Videos / Movies” (l’81,3%, 23.9 milioni di utenti) e “Current Event e Global News” (il 68,8%, 20.3 milioni di utenti che visitano siti di news).
Rilevanti anche i valori delle sotto-categorie di siti dedicati alle attività più pratiche e quotidiane, quali: gli acquisti online, con 21.7 milioni di italiani online che visitano siti di e-commerce, (sotto-categoria “Mass Merchandiser”), la gestione della posta elettronica, con 22.4 milioni di utenti (sotto-categoria “Email”), la consultazione di strumenti utili per la ricerca e l’approfondimento con 17.8 milioni di utenti ( sotto-categoria “Research Tools”) o di mappe e informazioni utili per viaggiare, con 17.8 milioni di utenti (sotto-categoria “Maps/Travel Info).
Via Spot and Web
A stilare la classifica è The Gunn Report. Presente anche un’agenzia italiana: la milanese RSCG MCM Le migliori pubblicità dei primi anni del 21esimo secolo: è la singolare classifica stilata da The Gunn report, sulla base dei voti espressi da un panel di 1.754 persone. A ognuno degli intervistati è stato chiesto di scegliere i più bei 10 spot all’interno di una rosa preselezionata di 30. Le pubblicità opzionabili erano state mandate in onda tra il 2000 e il 2015. “Siamo stati molto contenti che l’adesione alle votazioni sia stata alta”, ha commentato Donald Gunn, fondatore di The Gunn Report: “Queste pubblicità non solo durano nel tempo, ma hanno anche influenzato il mondo della comunicazione di marca”.
LA CREATIVITÀ PARLA INGLESE
A dominare sono però soprattutto le agenzie creative inglesi: sei dei 20 spot sono stati realizzati nel Regno Unito. In particolare Fallon London e Wieden & Kennedy appaiono per ben due volte: la prima ha creato la pubblicità "gorilla" del 2007 per Cadbury's Dairy Milk e “Balls” per il televisore Lcd di Sony, mentre la seconda ha realizzato gli spot di Honda “The Cog” e “Grr”. Le altre realtà “british” sono Leo Burnett London e Abbott Mead Vickers BBDO. In classifica svetta anche un’italiana: la milanese RSCG MCM con la pubblicità per Peugeot 206 “Lo scultore”. Ecco, nella playlist qui di seguito, le migliori 20 pubblicità:
Buenos Aires - 2) Budweiser "wassup/true" di DDB, Chicago - 3) Cadbury's Dairy Milk "gorilla" di Fallon, Londra - 4) Canal+ "closet" di BETC Euro RSCG, Parigi - 5) Canal+ "the bear" di BETC Euro RSCG, Parigi - 6) Chipotle "back to the start" di Creative Artists Agency, Los Angeles - 7) Dove Self Esteem Fund "evolution" di Ogilvy & Mather, Toronto - 8) Guinness "noitulove" di Abbott, Mead Vickers BBDO, Londra - 9) Happy Dent Teeth Whitening Gum "happy dent palace" di McCann Erickson, Mumbai - 10) Honda "cog" di Wieden & Kennedy, Londra - 11) Honda "grrr" di Wieden & Kennedy, Londra - 12) John West Salmon "bear" di Leo Burnett Londra - 13) Metro Trains "dumb ways to die" di McCann, Melbourne - 14) Nike "tag" by Wieden & Kennedy, Portland - 15) Nike "write the future" di Wieden & Kennedy, Amsterdam - 16) Old Spice "the man your man could smell like" di Wieden & Kennedy, Portland - 17) Peugeot 206 "the sculptor" di Euro RSCG MCM, Milano - 18) Sony Bravia LCD TV "balls" di Fallon, Londra - 19) Volkswagen Golf DSG "kids on steps" di DDB, Berlino - 20) Volvo Trucks "epic split" di Forsman & Bodenfors, Göteborg.
Via Business People
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