Di Max Da Via' (del 28/03/2019 @ 07:30:16, in Mercati, linkato 2148 volte)
Il nuovo centro di ricercaFeminilityè nato per indagare vita e ruolo delle donne italiane a 360 gradi. Dai primi dati dell'osservatorio emerge come queste ultime influiscano sul 60% degli acquisti di una famiglia e che, quando si tratta di brand, ci sono 4 dimensioni per loro prioritarie.
Salute, Accessibilità, Ecosostenibilità e Innovazione: sono queste le macro-aree che guidano empatia e conversazioni attorno a un marchio, ma anche la sua capacità di porsi come riferimento all'interno della quotidianità femminile. Non solo.Oltre il 90% delle donne sarebbe disposto a pagare di piùper prodotti che rispecchino questi valori.
I marchi di riferimentoper le donne grazie a questi elementi secondo l'indagine sono (in ordine di importanza) Ikea, Yves Rocher, L'Angelica, Lierac, Bioderma, Adidas, L'Oreal, Acqua e Sapone, Coop e Nivea. Il principale social è Facebook per l'85% del panel, seguito da Youtube e da Instagram, ma il 2,1% delle intervistate ammette anche di usare Tinder.
Altre curiosità.Secondo l'osservatorio solo il 9% del campione non ha mai fatto acquisti online. Viceversa, il 70% lo fa regolarmente, soprattutto per quanto riguarda l'abbigliamento. Il 39% ha utilizzato nell'ultimo anno almeno un'app per ordinare cibo a domicilio e il 56% delle donne si occupa personalmente della manutenzione e ristrutturazione della propria abitazione.
Di Max Da Via' (del 12/03/2019 @ 07:38:47, in Retail, linkato 2300 volte)
Appuntamento con il reportAuthenticity Gap Italia, che analizza la discrepanza tra aspettative ed esperienze dei consumatori in 9 settori produttivi e 81 brand. A realizzarla ogni anno è Omnicom Pr Group.
I settori più e meno virtuosi Nel complesso, il retail si posiziona nella parte alta della classifica di gradimento in Italia, quarto dopo automotive, moda e tecnologia e seguito da alimentare e design. In coda, invece, insurance & banking, farmaceutico, energia e utilities.
Punti deboli e punti forti del retail Il customer care emerge come il fattore prioritario per la reputazione nell’industria retail, tema dove sono attualmente disattese le aspettative dei segmenti avanzati di consumatori multicanale (-9%). La customizzazione dei servizi post-vendita, elemento fondamentale e decisivo di soddisfazione nella customer experience, diventa quindi l’obiettivo da raggiungere e rappresenta un importante ambito di sviluppo e di crescita per il settore.
L’offerta di prodotti e servizi a maggior valore è la seconda priorità.Bisogni e desideri, materiali e immateriali, dei consumatori esperti, mutano al cambiare degli stili di vita e il retail, per poter colmare il gap di soddisfazione attuale (-2,8%), deve incrementare il passo e la velocità di adattamento al cambiamento sociale e al relativo valore simbolico dei beni e servizi di consumo.
Rispetto alletematiche legate all’ambiente, terzo elemento in ordine di priorità, dove le esperienze sono solo leggermente al di sotto delle aspettative (-0,6%), la vera sfida per il retail è quella di non perdere il terreno acquisito e di rispondere in modo sempre più efficace e all’avanguardia alle esigenze del consumatore.
Esperienze al di sopra delle aspettative sono registrate invece su innovazione (+0,4%), performance finanziarie e operative stabili (+4,9%), attenzione nei confronti dei dipendenti (+3,5%) e impatto sociale (+2,0%). Questo accade, come si legge nel report, perché, "se da una parte il retail è tra i settori che più sta innovando grazie alla digital transformation - combinando i vantaggi dello smart shopping (online) con l’attrazione emozionale degli spazi fisici - dall’altra ha capito molto bene che il capitale umano rappresenta la vera differenza nel servizio".
La pratica di comprare follower, visualizzazioni, like e commenti non è più solo un innocuo belletto per migliorare le apparenze social, ma è una vera e propria frode quando usata per catturare l’attenzione delle aziende. Generalmente chi fa attività di influencer marketing si fida delle “vanity metric” esposte sui profili. Coinvolge l’influencer e poi gli chiede loscreenshotdei suoiinsightper verificare i risultati raggiunti. Peccato che molto spesso l’immagine venga falsificata.
Per ovviare a ciòBuzzoole(di cui sono direttore marketing) ha ideato una metodologia data-driven basata sull’accesso ai cosiddetti “first party data” (i dati direttamente forniti dai social grazie al social login degli iscritti), che permette di capire lo “stato di salute” di ogni iscritto in piattaforma (performance e genuinità).
Tra gli indicatori alla base dell’Health Score:
Reach/Follower:è il rapporto tra numero di persone che ha visto i post e il numero dei follower accumulati. Se particolarmente basso indica una scarsa capacità di raggiungere il proprio pubblico e potrebbe essere spia di acquisti “illegali” di follower;
Engagement/Reach:se le interazioni risultano di molto superiori al numero delle persone raggiunte realmente (visto che l’utente ragionevolmente lascia solo qualche like e commento su un post) vuol dire che è stata messa in atto un’attività fraudolenta di generazione automatizzata dell’engagement;
Suspicious Follower:le informazioni sul paese di provenienza dell’audience di un influencer sono estremamente utili per avere indizi su eventuali attività poco chiare. Ad esempio, se un profilo italiano mostra un’audience proveniente prevalentemente o in larga parte da paesi non in linea con la nazione di origine o in cui operano “server farm” di fake, l’algoritmo lo segnala come sospetto, restituendo la percentuale di “suspicious audience”.
Inoltre la tecnologia di Buzzoole è in grado di considerare anche altre informazioni come: la pubblicazione di contenuti inappropriati, il rapporto tra i follower online e i follower complessivi, il rapporto tra visualizzazioni del profilo e crescita dei follower.
Il consiglio per le aziende che vogliono intraprendere azioni di influencer marketing è di affidarsi ad intermediari in grado di garantire creator genuini e di misurare i risultati ottenuti scientificamente, al di là delle “metriche della vanità”.