Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Alcune aziende hanno un marchio così forte da essere entrate nella vita di molte persone, che diventano testimonial più o meno consapevoli del loro brand.Non è una fortuna che capiti a molte, ma se vi chiamate Coca Cola, Nike, Marlboro, Harley Davidson o BMW, ad esempio, molti consumatori saranno entusiasti di possedere gadget con il vostro brand, al punto da esibirli con orgoglio a parenti e amici.Questa influenza del marketing riguarda un po’ tutti: anch’io qualche tempo fa, mentre stavo entrando in sala a vedere un film, mi sono fatto convincere a prendere la confezione maxi di popcorn (che ho strapagato e non sono riuscito a finire) solo per avere in regalo una maglietta rossa con la scritta Coca Cola. Del resto la multinazionale di Atlanta l’anno scorso è stata premiata da Interbrand come il marchio più importante del 2005 e per questo mi sento in parte giustificato.Evidentemente non sono l’unico ad apprezzare gadget di questo tipo perché ho recentemente scoperto, non senza un certo stupore, che esiste un sito dedicato esclusivamente alla compravendita di prodotto marchiati Coca Cola.Il sito si chiama Coca Cola Corner e non è legato in alcun modo all’azienda, ma nelle sue pagine sono offerti, spesso a prezzi sorprendenti, oggetti brandizzati: dall’arredo alle stoviglie, è possibile trovare praticamente di tutto.La cosa interessante è relativa a quanto molti siano disposti a spendere per aggiudicarsi oggetti promozionali di un’azienda, dimostrando un notevole attaccamento al marchio, che è riuscito ad entrare a far parte del loro stile di vita. In questo caso si può veramente parlare di fidelizzazione: clienti come questi sono entusiasti consumatori e testimonial viventi del successo di un brand.
La gestione di un punto vendita è onerosa e sempre più aziende scelgono di affiancare al tradizionale negozio i canali elettronici, che garantiscono una buona copertura del territorio e costi decisamente inferiori.Anche un leader di mercato come Blockbuster, che ha fatto la propria fortuna anche grazie alla capillare presenza di punti vendita accoglienti e facilmente riconoscibili, comincia a interessarsi in maniera crescente a internet come canale distributivo.Una delle caratteristiche di molti negozi Blockbuster, che li differenzia dagli altri videonoleggi, è però la nutrita presenza di prodotti, alimentari in prima fila, che sono venduti come possibile abbinamento al film. Popcorn da microonde, pizze surgelate, ettolitri di Coca Cola e gelati Häagen-Dazs sono infatti solo la punta dell’iceberg dei prodotti che è possibile trovare, proposti a prezzo non certo da supermercato. In aggiunta ai ricavi derivanti dal noleggio la vendita di questi prodotti costituisce un utile integrazione, ma non tale evidentemente da rendere il punto vendita insostituibile.
Ad una conferenza di analisti di Citigroup a Phoenix, John Antioco, amministratore delegato della catena di videonoleggio, ha annunciato che per il mercato americano le maggiori aspettative di sviluppo sono proprio legate al canale elettronico, mentre il numero di negozi verrà progressivamente ridotto.Il cliente che noleggia via internet è evidentemente più redditizio per l’azienda, che punta ad una forte riduzione delle spese generali e amministrative, tanto da essere al centro delle future strategie di espansione. Gli utenti di Blockbuster Online sono comunque poco più di un milione, mentre il concorrente Netflix negli ultimi diciotto mesi ha incrementato sensibilmente il numero di utenti iscritti al servizio, che adesso oscillano attorno ai 4 milioni.Il servizio Online di Blockbuster consente di scegliere da un catalogo di oltre 40.000 titoli e spazia dalle ultime novità ai classici. Il funzionamento è piuttosto semplice e simile a quanto avviene per altri videonoleggi on-line: i film selezionati vengono inviati direttamente presso il proprio domicilio nel giro di tre giorni lavorativi al massimo. All’interno del pacco sono anche presenti buste prepagate da utilizzare per restituire i DVD, sempre tramite posta.Ma quali possono essere, oltre ai già citati costi gestionali inferiori, i motivi determinano il successo del videonoleggio sul canale elettronico? Da una parte probabilmente la maggiore comodità per gli utenti, che ricevono i film selezionati direttamente a casa, senza fare code e soprattutto senza la necessità di dover poi tornare in negozio per restituire il DVD. Un secondo motivo è legato ai costi inferiori di questa soluzione: parte del risparmio del noleggiatore, che non deve più pagare tutti i costi legati del punto vendita, viene ribaltato sul prezzo del servizio, che diventa più competitivo. Del resto basta pensare a come tutti i video-noleggi stiano progressivamente diventando self-service, con tariffe sempre più economiche rispetto al negozio tradizionale.Il terzo deriva dalla maggiore disponibilità di titoli tra i quali scegliere: difficilmente un negozio per quanto grande può vantare un catalogo di 40.000 titoli.Vedremo quindi se questa strategia di puntare in misura crescente su internet darà i frutti sperati, e riuscirà a garantire una maggiore redditività all’azienda. Del resto questo potrebbe anche solo essere il primo passo di una strategia di più ampio respiro: con la crescente diffusione di collegamenti veloci al web e la presenza in molte case di media center e pc con monitor in grado di rivaleggiare con la televisione, un domani la fornitura di film potrebbe essere fatta addirittura in streaming, cancellando anche l’unica seccatura del noleggio on-line così come è concepito attualmente, cioè l’attesa del recapito dei film via posta.
Molte compagnie telefoniche puntano in maniera crescente a differenziare le fonti di reddito, affiancando ai tradizionali ricavi derivanti dal traffico vocale nuovi prodotti e servizi.
Se loghi e suonerie in questo settore fanno la parte del leone cominciano ad affacciarsi sul mercato anche altre iniziative, legate all’affermarsi della telefonia di terza generazione.
Vodafone Group, la più grande compagnia di telefonia mobile al mondo in termini di fatturato, ha annunciato ieri un accordo con Sony NetServices per il lancio di un nuovo servizio di canali radio personalizzati, che potranno essere ascoltati tramite in streaming tramite i nuovi telefoni 3G.
I due metteranno a disposizione degli appassionati centinaia di migliaia di brani, provenienti sia da major che da etichette indipendenti, offrendo quindi una vasta possibilità di scelta.
Uno degli aspetti più interessanti dell’iniziativa, denominata Vodafone My Radio, è la personalizzazione che dovrebbe essere possibile: per ogni brano che si ascolta potrà essere associato un indice di gradimento tramite la semplice pressione di un tasto. Le preferenze dell’utente saranno memorizzate ed elaborate in base ad aspetti quali l’armonia e il genere, consentendo quindi di proporre in maniera proattiva canali radio che trasmettono musica con caratteristiche simili ai pezzi che l’utente ha dimostrato di gradire.
Oltre ai programmi personalizzati sarà possibile ascoltare canali predefiniti in base al genere ma anche collezioni di brani musicali appositamente realizzate e aggiornate con le ultime hit del momento.
Tutti i brani potranno ovviamente essere acquistati oltre che via telefono anche tramite PC, con la possibilità anche in questo caso di memorizzare le preferenze dell’utente.
Il binomio telefonia e musica, secondo solo a quello che vede internet del ruolo di co-protagonista, sembra quindi assumere una rilevanza sempre maggiore. Se da un lato 3 punta in maniera decisa al download di singoli brani ma anche di interi album e compilation anche il mondo della radio è in fermento, ed è ipotizzabile che questa convergenza debba ulteriormente rafforzarsi nel prossimo futuro.
Anche Yahoo ultimamente sembra in preda all’iperattività che da sempre caratterizza Google, e nello spazio di pochi giorni ha annunciato tre diverse e interessanti iniziative.La prima riguarda l’accesso gratuito a internet in alcuni alberghi Sheraton, la diffusa catena di proprietà di Starwood Hotels & Resorts Worldwide. Il progetto, per ora pilota, prevede l’accesso gratuito a internet e a molti dei servizi di Yahoo, comprese la posta, il meteo e tutta una serie di indicazioni di carattere locale come negozi e ristoranti localizzati.Sarà possibile utilizzare i servizi dalle camere, mediante tecnologia Wi-Fi, ma alcuni alberghi offriranno postazioni di lavoro collocate direttamente nella hall. I costi dell’operazione saranno equamente divisi tra Sheraton, che avrà la possibilità di offrire un servizio in più ai propri clienti, e Yahoo, che potrà dimostrare l’efficacia dei propri servizi ad un target ben identificato, in cerca di informazioni turistiche e quindi bersaglio ideale di un advertising geolocalizzato.La seconda fatica di Yahoo è l’acquisizione di Webjay, un sito-community tramite il quale gli utenti possono creare delle playlist multimediali e condividerle tramite web con altri utenti. Anche in questo caso si aprono spazi interessanti per promozioni e pubblicità rivolte ad un pubblico giovane e appassionato di musica e video.La terza novità riguarda lo sviluppo di una serie di servizi web dedicati a cellulari, PC e TV presentati con il marchio Yahoo Go Mobile, TV e Desktop. Scopo di questa iniziativa è quello di promuovere l’utilizzo parte dei propri classici servizi web anche su diversi media, puntando in particolare all’integrazione con la telefonia mobile, che vanta tassi di diffusione particolarmente elevati. Tramite un apposito software, scaricabile nel portale Yahoo Go, sarà possibile a detta dell’amministratore delegato Terry Semel utilizzare diversi media in maniera complementare, ad esempio scattando una foto con il cellulare per poi rivederla immediatamente sul proprio televisore. Il progetto nasce dalla constatazione che c’è un forte interesse da parte di molti consumatori, soprattutto giovani, a poter accedere ad informazioni personalizzate dovunque si trovino, con la possibilità di personalizzare i contenuti. Sembra infatti che molti scommettano nella tendenza del prossimo futuro ad una convergenza tra i vari media, che dovranno offrire un rapido ed efficace accesso a informazioni personalizzate indipendentemente dalla localizzazione dell’utente e dallo strumento di utilizzo. Il che, come al solito, rappresenta una sfida ma anche un’opportunità per le aziende che per prime sapranno comunicare sfruttando in maniera integrata questi molteplici canali.
Da più parti si legge che i marketer ed i pubblicitari devono decidere le campagne di promozione non più in base al costo-contatto ma al contatto-qualità; questo perchè il costo contatto quantifica l'utente singolo che compie un'azione ma non contempla l'affiliazione dello stesso verso il prodotto.
Oggi alle aziende interessa sapere di poter contare su di un numero quasi stabile di utenti/fruitori per considerare gli stessi il fondamento del proprio market field.
Le vecchie politiche di marketing rivolte al semplice hic et nunc, qui ed ora, in base al lancio di un determinato prodotto vengono soppiantate in favore di politiche di brand awarness che consentano un'affiliazione prodotto/utente che perduri nel tempo.
Noto è l'esempio di RedBull che legandosi a manifestazioni ed eventi concernenti gli sport estremi o i contest più particolari sparsi per il mondo ha creato un core target di consumatori che, vivendo la vita nello stile RedBull, possono considerarsi RedBull addicted.
La marca, in questo caso, ha creato uno stile di vita e non il contrario. Sulla scia di queste considerazioni, il maggiore portale statunitense dedicato agli ispanici Unvision Online ha commissionato a Revenue Science uno studio per analizzare le capacità comportamentali del proprio target.
In questo modo i pubblicitari di Univision potranno targettizzare gli utenti in base a diversi "segmenti di comportamento".
Grazie a questo studio, assicurano da Univision, le campagne pubblicitarie potranno essere maggiormente mirate verso un target altamente profilato.
Per Revenue Science questo accordo rappresenta una grande vittoria sotto più punti di vista: primo fra tutti il fatto che Univision rappresenta una realtà con 196 milioni di utenti unici nel solo 2005, inoltre è la prima volta che si compie una targettizzazione dei comportamenti degli utenti di un sito di lingua diversa dall'inglese.
di Andrea Signori
E' arrivato il giorno della presentazione dell'attesissima Playstation 3. Approfittando di un evento come il CES di Las Vegas, Sony ha ben pensato di mettere in mostra la sua ultima creazione solo per quel che riguarda il suo design. Nessuna dimostrazione quindi e tanta delusione per tutti coloro che si aspettavano qualcosa in più della semplice presentazione in stile "mostra di gioielli". Forse perchè la casa giapponese non vuole ancora mostrare il frutto dei lunghi sudi effettuati? Fonti giapponesi, ma vicine alla rivale Nintendo, vociferano invece che la Ps3 non sia ancora sul mercato e non sia stata ancora collaudata in pubblico per via di alcuni difetti ai quali stanno lavorando grandi esperti. Sembra comunque che il lancio definitivo sia previsto per Maggio, mentre ad Aprile verrà reso disponibile solo un quantitativo limitato di Playstation, forse per creare quell'effetto soldout che venne programmato da Microsoft anche per il lancio della Xbox 360 .
Anche se non ufficiali, le specifiche tecniche sono ormai diffuse in rete e sui migliaia di forum e blog dedicati al mondo delle console si parla, si critica ed in qualche modo si creano le prime immagini e reputazioni dei nuovi prodotti. La battaglia si disputerà su tanti fronti come quello della qualità, delle performace, del prezzo, dell'immagine e del momento del lancio.E' difficile dire chi stia lavorando meglio ma per gli analisti, la Sony potrebbe incrementare il proprio fatturato pur perdendo parte della quota di mercato che attualmente possiede(70%), visto che il mercato stesso è ancora in crescita e che verranno vendute più console rispetto agli anni precedenti. Un mercato quindi con più clienti e con alcuni soggetti che sarebbero disposti ad acquistare contemporaneamente Playstation 3, Xbox 360 e Nintendo Revolution.
Un sito web, in effetti, può essere definito un grande contenitore d’informazioni di vario formato (immagine, testo, multimedia) governato da una logica detta ipertestuale, ossia quella dei link che permettono di muoversi da una pagina all’altra costruendo un proprio percorso.
In queste tre righe ci sono molti elementi che spiegano perché i contenuti sono fondamentali per rendere un sito competitivo ed efficace, anche per un’azienda, di qualunque tipo e settore.Il web è infatti un “grande contenitore d’informazioni”, dunque è impensabile che una pagina web non abbia dei contenuti validi, sarebbe come mettere in libreria un volume con tutte le pagine bianche.
Non basta però mettere dei testi generici o, peggio, presi da altri media (tipicamente le brochure cartacee): ho scritto infatti che il web segue una logica ipertestuale, dunque i testi non devono essere troppo lunghi, devono essere impaginati in un certo modo e devono sfruttare i link per collegare le pagine ed i vari contenuti. Insomma i contenuti devono essere fatti apposta per il web.
Ancora, la struttura del sito deve essere logica, semplice e chiara, lo scopo deve essere quello di favorire l’utente, non di metterlo in difficoltà, anche in questo dunque ci vuole una costruzione delle pagine e dell’insieme che rispetti le peculiarità del web.
Tutto questo che cosa vuol dire? Vuol dire semplicemente che i contenuti di un sito devono essere progettati con criterio e con l’aiuto, spesso necessario, di un professionista specializzato, il cosiddetto content manager (nome usato anche in altre sfumature in verità, ma non facciamo confusione…).
Non si tratta però solo di organizzazione delle informazioni per rendere facile da leggere il sito aziendale: i contenuti, infatti, hanno anche una funzione di fidelizzazione dell’utente e di promozione dell’impresa, insomma in una parola di marketing.
Due gli aspetti cruciali in tal senso, il primo è che la possibilità di trovare notizie sempre aggiornate, approfondimenti, link verso altre risorse utili legate all’argomento collegato all’attività dell’azienda (settore industriale, prodotto etc.) fa sì che l’utente venga spesso sulle nostre pagine a cercare informazioni. Questo genera da un lato una fidelizzazione e dall’altro una buona reputazione dell’azienda che in un secondo momento possono essere decisive nella decisione d’acquisto.
Il secondo punto è che i contenuti attinenti al nostro business contengono molte parole chiave importanti che i nostri possibili acquirenti andranno a digitare in un motore di ricerca per trovare un’azienda che faccia al caso suo per soddisfare il proprio bisogno.Ecco che il fatto di avere tanti contenuti comporta anche quello d’essere più facilmente indicizzati (ossia inclusi nell’elenco dei risultati per una determinata ricerca) e dunque di essere trovati più facilmente di un concorrente.Quest’ultimo punto è rafforzato anche dal fatto che se si hanno molti contenuti interessanti saranno anche più numerosi i siti che metteranno un link al nostro, favorendo di nuovo la nostra reperibilità nel grande mare delle rete.
Che cosa dire ancora, se non che tutto questo lavoro di studio e realizzazione descritto ha dei costi realmente irrisori in relazione ai benefici?
Gianluigi Zarantonello
Le varie comunità gay sono da tempo al centro delle attenzioni di molti uomini di marketing, grazie alla maggiore propensione alla spesa e ad una disponibilità economica mediamente superiore rispetto al resto della popolazione.
Anche alla Sony devono essere convinti di questo, vista la notizia pubblicata da Reuters.
Sony Music ha annunciato ieri il lancio della prima importante etichetta musicale dedicata ad artisti gay, lesbiche, transessuali e transgendered.
L'etichetta, Music with a Twist, è una joint venture con Wilderness Media & Entertainment, la compagnia guidata da Matt Farber, che ha fondato il nuovo canale per gay e lesbiche LOGO di MTV Networks di Viacom Inc, che raggiunge secondo le stime 20 milioni di case.
L'etichetta arriva mentre Wilderness Media progetta il lancio questo fine settimana di uno show radiofonico nazionale intitolato Twist che si rivolgerà ai gay e alle comunità "vicine ai gay", debutto previsto sulle stazioni FM e sul web.
l futuro delle imprese italiane passa, oggi più che mai, attraverso la valorizzazione del fattore umano. La società in cui viviamo, figlia della civiltà industriale e post-industriale, è la società dei servizi caratterizzata da una forte cultura umanistica in cui l'elemento chiave dell'eccellenza e della competitività è il capitale intellettuale. L'eccellenza organizzativa di un'azienda parte, dunque, dall'innovazione comportamentale, dal rispetto e dalla valorizzazione di quel "sapere interno" che non può essere delegato all'estero ma che va rispettato e messo in risalto quotidianamente. Come sostiene l'economista americano Richard Florida, ciò che decide le sorti di un Paese nella sfida della competitività è la disponibilità di "valore immateriale" ossia di capitale umano, di idee, di capacità innovative, cioè di persone istruite, preparate, volitive. Quattro le parole il cui intreccio virtuoso racchiude la formula del comportamento di successo degli individui e delle organizzazioni: talento, know how, passione e creatività.
Ma che cos'è la creatività? Sembra assomigliare all'araba fenice: tutti la invocano e nessuno sa dov'è! Insieme al lemma innovazione è il vocabolo più usato ed abusato nel lessico del management, del marketing e della comunicazione.
E' come il barbiere di Siviglia: tutti la cercano, tutti la vogliono ...Creatività è la massima espressione del pensiero umano. E' quel quid che distingue l'uomo normale dall'uomo geniale. E l'uomo di genio sa che la sola creatività non è sufficiente. Per sostenere le proprie idee, talvolta avverse ai più e non condivise dalla comunità, forse perchè troppo innovative, non figlie dei tempi correnti, ma precocemente all'avanguardia, è necessario avere il consenso e la fiducia degli altri. La condivisione del sapere ed il riconoscimento delle proprie opinioni si ottiene sia con il tempo, sia con la perseveranza, sia con il confronto, sia dando l'esempio, afrontando i contrasti in modo creativo. Ma soprattutto si ottiene generando relazioni interpersonali, sociali, pubbliche, esterne, interne che ci permettano di getire meglio il contrasto, il conflitto , il "diverso". Diventa indispensabile allacciare nuove relazioni che si possano definire relazioni creative: utili e piacevoli, nelle quali i nostri interlocutori ( colleghi, clienti, fornitori, consumatori, amici etc...) si riconoscano e si sentano riconosciuti, che attestino la loro appartenenza ad un gruppo privilegiato, nel quale si condividano passioni e valori, idee e pensieri, azioni ed iniziative.
Una relazione a due vie, basata sulla reciprocità ed il dialogo, in cui si apprenda e si insegni, si parli e si ascolti. Una relazione insomma, bidirezionale, nella quale è possibile interagire ed affermare le proprie individualità, conoscere e farsi conoscere, vendere e comprare, costruire rapporti, occasioni ed opportunità, stimolare la fantasia, accumulare esperienza, implementare la redditività, evolvere crescere e migliorare. Una relazione dal mix più creativo e ragionevole, che permetta di conversare(i mercati sono conversazioni recitava il Cluetrain Manifesto) per raggiungere le aspettative proprie ed altrui, soddisfare i desideri bisogni, interpretare i bisogni ed ottenere risultati ottimali con consapevolezza e con visione d'insieme in modo sia tradizionale sia alternativo e non convenzionale.
Seneca nella “La tranquillità dell'animo” sosteneva che: "Bisogna concedere una distensione allo spirito: una volta riposato, si riprenderà migliore e rinfrancato. Come non si deve pretendere troppo da un campo fertile, così non si deve spezzare, con la tensione incessante, lo slancio dell'animo". E così noi tutti, dopo la pausa natalizia, distesi nello spirito, riposati nel corpo e rinfrancati nell'animo possiamo far seguire le azioni alle idee. L'importante e necessario è, per lo meno, averle.
La creatività, le relazioni e l'innovavazione sono i temi del momento: tutti ne parlano, spesso anche in modo strumentale e a sproposito, molti teorizzano e danno ricette infallibili, ma in pochi si danno alla pratica. Dominano a parole ma sono impalpabili nei fatti, travolte da diatribe ed inerzie. E intanto la competitività dell'Italia, inesorabilmente, cala. E dunque non comportiamoci come i disertori in tempo di guerra che furbescamente asserivano: "Armiamoci e partite!". Armiamoci davvero della acclamata genialità nazionale, del proverbiale spirito innovativo tricolore e del bagaglio di relazioni personali e professionali che da sempre è un tratto caratteristico della personalità dell'italiano, per far risorgere l'Italia dal limbo economico nel quale è scivolata e risollevandola da quel vergognoso 47° posto al pari del Botswana, nella classifica mondiale del tasso di investibilità delle nazioni del Globo.
PENSARE (con creatività) ed AGIRE (con entusiasmo) per ESSERE e DIVENIRE è il modus operandi al quale tutti dovremmo tendere.
Alla fine, Paul Otellini, con nuvoletta da deus ex machina e scafandro da esploratore del futuro, è salito sul palco ed ha consegnato a Steve Jobs il simbolo della transizione. Compiuta. Per Apple, a trent'anni esatti dalla sua creazione, nasce una nuova era. Per Intel (Otellini ne è l'amministratore delegato), anche.
Con un semestre di anticipo sugli annunci ma rispettando le previsioni che hanno riempito i siti di rumours nelle ultime settimane, la Apple ha compiuto la sua transizione storica, il passaggio al processore che per decenni è stato il simbolo del campo opposto.
Ma Apple non ha perso l'occasione per lanciare una frecciata al mondo dei Pc. «Per anni Intel è stato prigioniero dentro un Pc a fare cose noiose. Oggi Intel è libero dentro un Mac per fare cose splendide» recita lo spot di presentazione del nuovo corso, in perfetto stile Apple.
Prima però di riflettere sugli esiti di questa vera e propria rivoluzione, due parole sugli annunci fatti dal capo di Apple durante il discorso di apertura del MacWorld Expo di San Francisco. Intanto le nuove macchine. Il primo computer a transitare sul nuovo processore è l'iMac, già conosciuto come iMac G5, dal nome del processore precedente. L'iMac-Intel è dotato di un processore Core Duo, un nuovo chip che monta sull stessa struttura due processori. Le versioni montate sugli iMac “girano” rispettivamente a 1,83 e 2 gigahertz fornendo prestazioni, a dire dello stesso Jobs, sbalorditive rispetto alle versione dotate dei processori della vecchia generazione (prodotti, per la cronaca, da Motorola e Ibm): tre, quattro volte superiori a quelle precedenti. Che erano comunque già abbastanza ragguardevoli.
Il secondo pezzo presentato a San Francisco (e in contemporanea a Londra, per alcune centinaia di ospiti selezionati e giornalisti) è rappresentato dal nuovo portatile professionale della casa californiana. Perde il nome precedente (PowerBook, non essendoci più il processore PowerPc che lo caratterizzava) e oggi si chiama MacBook Pro. Con Intel, naturalmente, sempre il Core Duo. Presentando il nuovo portatile, che innova la versione con schermo a 15 pollici, quella di maggior successo, Jobs ha di fatto spiegato perché alla fine la Apple è passata ad Intel. I vecchi processori non erano più in grado di aumentare le prestazioni mantenendo basso il consumo. Che in un portatile è essenziale. Secondo Jobs, rispetto ad un'efficienza di 0.23 del precedente chip, il nuovo si attesta su 1.04.
Ma al di là dell'hardware, sarà da ragionare su cosa significhi questa transizione in termini di prospettive. Quando la Apple, sei mesi fa circa, annunciò il passaggio alla Intel, mezzo mondo Mac gridò al tradimento. Un altro mezzo mondo, questa volta Pc, ghignò. Il Mac aveva ceduto, forse anche perso.
Né gli uni, né gli altri hanno ragione. Per una volta nessuno perde, nessuno vince. Diciamo che cambiano alcune cose. Nessuno perde e nessuno vince perché lo scontro-confronto tra i due mondi si è sempre fatto sul sistema operativo: Windows contro MacOS. Steve Jobs per oltre un'ora ha fatto la sua dimostrazione dal palco di San Francisco usando due iMac con il processore Intel e nessuno se ne è accorto. Tutti, fino a quando lo stesso Jobs non l'ha spiegato al gran mondo, eravamo tranquillamente convinti che quelli fossero i “vecchi” Mac con il “vecchio” sistema operativo.
Perché, se effettivamente cambia il processore, quello che ci sta sopra, la parte che l'utente vede e usa, insomma quella che si chiama l'interfaccia utente, resta quella di sempre, quella del Mac.
E poi Intel da tempo ha perso l'esclusiva del mercato dei processori per Pc. Oggi Intel Inside si legge in meno della metà dei Pc sul mercato. L'altra metà monta chip prodotte dalla Amd e da altri costruttori. Dunque molto cambia. Nulla cambia?
di Toni De Marchi
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