Alla fine, Paul Otellini, con nuvoletta da deus ex machina e scafandro da esploratore del futuro, è salito sul palco ed ha consegnato a Steve Jobs il simbolo della transizione. Compiuta. Per Apple, a trent'anni esatti dalla sua creazione, nasce una nuova era. Per Intel (Otellini ne è l'amministratore delegato), anche.
Con un semestre di anticipo sugli annunci ma rispettando le previsioni che hanno riempito i siti di rumours nelle ultime settimane, la Apple ha compiuto la sua transizione storica, il passaggio al processore che per decenni è stato il simbolo del campo opposto.
Ma Apple non ha perso l'occasione per lanciare una frecciata al mondo dei Pc. «Per anni Intel è stato prigioniero dentro un Pc a fare cose noiose. Oggi Intel è libero dentro un Mac per fare cose splendide» recita lo spot di presentazione del nuovo corso, in perfetto stile Apple.
Prima però di riflettere sugli esiti di questa vera e propria rivoluzione, due parole sugli annunci fatti dal capo di Apple durante il discorso di apertura del MacWorld Expo di San Francisco. Intanto le nuove macchine. Il primo computer a transitare sul nuovo processore è l'iMac, già conosciuto come iMac G5, dal nome del processore precedente. L'iMac-Intel è dotato di un processore Core Duo, un nuovo chip che monta sull stessa struttura due processori. Le versioni montate sugli iMac “girano” rispettivamente a 1,83 e 2 gigahertz fornendo prestazioni, a dire dello stesso Jobs, sbalorditive rispetto alle versione dotate dei processori della vecchia generazione (prodotti, per la cronaca, da Motorola e Ibm): tre, quattro volte superiori a quelle precedenti. Che erano comunque già abbastanza ragguardevoli.
Il secondo pezzo presentato a San Francisco (e in contemporanea a Londra, per alcune centinaia di ospiti selezionati e giornalisti) è rappresentato dal nuovo portatile professionale della casa californiana. Perde il nome precedente (PowerBook, non essendoci più il processore PowerPc che lo caratterizzava) e oggi si chiama MacBook Pro. Con Intel, naturalmente, sempre il Core Duo. Presentando il nuovo portatile, che innova la versione con schermo a 15 pollici, quella di maggior successo, Jobs ha di fatto spiegato perché alla fine la Apple è passata ad Intel. I vecchi processori non erano più in grado di aumentare le prestazioni mantenendo basso il consumo. Che in un portatile è essenziale. Secondo Jobs, rispetto ad un'efficienza di 0.23 del precedente chip, il nuovo si attesta su 1.04.
Ma al di là dell'hardware, sarà da ragionare su cosa significhi questa transizione in termini di prospettive. Quando la Apple, sei mesi fa circa, annunciò il passaggio alla Intel, mezzo mondo Mac gridò al tradimento. Un altro mezzo mondo, questa volta Pc, ghignò. Il Mac aveva ceduto, forse anche perso.
Né gli uni, né gli altri hanno ragione. Per una volta nessuno perde, nessuno vince. Diciamo che cambiano alcune cose. Nessuno perde e nessuno vince perché lo scontro-confronto tra i due mondi si è sempre fatto sul sistema operativo: Windows contro MacOS. Steve Jobs per oltre un'ora ha fatto la sua dimostrazione dal palco di San Francisco usando due iMac con il processore Intel e nessuno se ne è accorto. Tutti, fino a quando lo stesso Jobs non l'ha spiegato al gran mondo, eravamo tranquillamente convinti che quelli fossero i “vecchi” Mac con il “vecchio” sistema operativo.
Perché, se effettivamente cambia il processore, quello che ci sta sopra, la parte che l'utente vede e usa, insomma quella che si chiama l'interfaccia utente, resta quella di sempre, quella del Mac.
E poi Intel da tempo ha perso l'esclusiva del mercato dei processori per Pc. Oggi Intel Inside si legge in meno della metà dei Pc sul mercato. L'altra metà monta chip prodotte dalla Amd e da altri costruttori. Dunque molto cambia. Nulla cambia?
di Toni De Marchi