Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Va ormai di moda su tutte le maggiori pubblicazioni internazionali (economiche e non) tracciare delle analisi piuttosto nefaste sul futuro dell'industria discografica. Non quella musicale, attenzione, ma proprio quella "discografica", cioè quella che ha sempre concentrato il suo core business sul disco (vinile, cd, audiocassetta), sulla musica registrata. Internet e l'esplosione della musica digitale non hanno affatto svalutato la musica, ma hanno di certo dato una significativa spallata al valore commerciale della musica registrata. L'ultimo articolo in ordine di tempo è stato pubblicato ieri dall'Economist. Si intitola From major to minor e lo potete leggere qui . La parte più significativa mi sembrano l'aneddoto d'apertura e la malinconica vignetta che lo accompagna:
"Nel 2006 la Emi, la quarta maggiore casa discografica del mondo, invitò alcuni teenager nel suo quartier generale di Londra, perchè parlassero con i top manager dell'etichetta a proposito delle loro abitudini musicali. Alla fine dell'incontro, i boss della Emi li ringraziarono e dissero di servirsi liberamente da un tavolo pieno di cd. Ma nessuno dei teenager prese alcun cd, nonostante fossero gratis. "In quel momento abbiamo capito che era finita", dice una persona che era lì.
Non è che per i cd sia proprio finita. Si vendono e si venderanno ancora. Persino quelli che sono stati prima distribuiti più o meno gratis su Internet (ogni riferimento ai Radiohead primi in classifica negli Usa e in Gran Bretagna è puramente voluto). Ci sarà sempre qualcuno che preferirà avere tra le mani un supporto fisico. Ma sembra ormai evidente che quello non sarà più il metodo di fruizione principale della musica, sarà solo più una nicchia della "lunga coda". Fino a pochi anni fa il cd era la musica. Adesso, soprattutto tra i giovani, il cd è solo una fastidiosa e inutile gabbia. La musica è sull'iPod, sui computer, sul telefonino. E se proprio devono pensare a un supporto fisico, tanto vale che sia una chiavetta USB. Ci sono ormai milioni di giovani appassionati che trascorrono le loro giornate ad ascoltare musica e non hanno mai tenuto in mano un cd (e non hanno alcuna intenzione di iniziare a farlo). Per le vecchie generazioni sarà anche un trauma incredibile: sia da un punto di vista sentimentale, che ideologico, che economico. Per le nuove non è affatto un problema. A loro interessa la musica.
Via LASTAMPA.it
Viviamo in un mondo fatto di reti. Oggi non è possibile sottrarsi al fatto che è necessario sempre più interagire con una rete di connessioni vasta, non sempre sviluppata solo nei luoghi che ci sono più vicini e fortemente caratterizzata dalla tecnologia.
I media infatti hanno contratto spazio e tempo, creando nuovi modi di relazione e gli strumenti di cui disponiamo attualmente ci permettono di interagire in modo ricco e multimediale con delle persone che si trovano a migliaia di chilometri da noi come se ci stessero davanti, con costi che si approssimano sempre di più allo zero.
In questa situazione sta ritornando evidente qualcosa che gli antichi avevano capito già qualche tempo fa, ossia che “l’uomo è un animale sociale. Le persone non sono fatte per vivere da sole” (Seneca).
In tempi un po’ più recenti poi altri si sono pronunciati per evidenziare in modo forte ed esplicito quanto siano importanti per noi le relazioni.
Ad esempio il teologo Raimon Panikkar scrive:”Si può anzi dire che il grado e il valore dell’esistenza di un uomo sono tanto maggiori quanto più numerose sono le relazioni che egli instaura con gli altri e il mondo circostante. L’identità delle persone non si rafforza, ma s’indebolisce o addirittura viene annientata se si riducono o si eliminano le relazioni con l’alterità in generale. La relazione non è accidentale rispetto all’identità: come i nodi di una rete non esisterebbero senza i fili che li collegano, così nessun essere umano potrebbe esistere o sarebbe tale senza le relazioni con l’altro”.
E ancora, in relazione ad un discorso più strettamente economico, cito un pensiero del 2005 di Jeremy Rifkin, Presidente di The Foundation on Economic Trends di Washington D.C.: "Il reale valore nel terzo millennio delle aziende e dei manager che le dirigono, non sarà il fatturato che essi producono, bensì il numero e la qualità delle relazioni da essi instaurati con i propri target interlocutori e di riferimento interni ed esterni“.
Questo valore insito nelle relazioni è stato poi moltiplicato all’ennesima potenza dalle nuove tecnologie. Infatti a livello di scambio d’informazioni una recente ricerca britannica ha calcolato che un abitante di un paese occidentale in un giorno medio viene a contatto con un numero di nozioni e di notizie superiore a quelle che un contadino inglese del medioevo acquisiva nel corso di un’intera vita.
Non mi sembra difficile pensare che qualcosa di simile si possa ipotizzare anche per il numero delle relazioni con altri soggetti, più o meno vicini geograficamente, che esso intraprende.
Dunque che ci piaccia o meno siamo all’interno di una grande rete di scambi di merci e d’informazioni, di relazioni, di azioni e reazioni, una vera e propria ragnatela nella quale, per riprendere la felice metafora di Alberto De Toni e Luca Comello , possiamo essere prede o ragni, ossia protagonisti o vittime.
Proprio l’inevitabilità dell’essere nella rete è una delle principali fonti di disagio dell’impresa, specialmente quella medio-piccola, che in tal modo avverte il suo mercato come caotico e incontrollabile dal momento che non si relaziona in modo efficace con tutti i possibili interlocutori di riferimento ma ne subisce comunque in modo più o meno diretto le influenze. Ma ciò si può superare, gestendo le relazioni.
La nostra rete è fatta di tanti nodi, ciascuno dei quali, per rimanere nell’ambito aziendale, può essere metafora di un’azienda, collegata a diversi altri punti che rappresentano altrettanti soggetti.
I flussi che viaggiano nella ragnatela creano delle forze che toccano tutti i nodi, con due elementi prevalenti, ossia vantaggi e pressioni. Essere in rete infatti è un insieme di costi (pressioni) ed opportunità (vantaggi) e in nessun punto della rete uno di questi due elementi è pienamente assente, tuttavia possiamo dire che i vantaggi aumentano andando vero il centro della rete e le pressioni invece aumentano andando verso l’esterno.
Dunque i nodi più centrali (più relazioni, direttamente gestite) presentano un prevalere dei vantaggi sulle pressioni in quanto di fatto essi hanno una gestione più ampia e controllata dei rapporti con gli altri soggetti, a differenza di chi si trova in posizione più periferica e dunque subisce in modo più passivo le azioni e reazioni interne alla ragnatela.
Questa semplice e schematica rappresentazione ci permette di capire che la gestione della relazione ed il suo valore sta diventando il terreno della nuova competizione globale, in cui anche i correnti in determinati contesti di collaborazione di massa (cfr. ad es. il libro Wikinomics) si scambiano informazioni e interagiscono in quanto ciò crea una logica in cui entrambi sono vincitori e nessuno sconfitto.
In tale approccio relazionale ovviamente è incluso un passaggio culturale da fare, quello dell’evoluzione da una cultura del possesso ad una del presidio.
Collaborare con i proprio concorrenti, accettare i feedback del proprio cliente attraverso le tecnologie del web 2.0, aprire la propria ricerca e sviluppo a un ecosistema esterno di tecnici, scienziati e semplici cittadini attraverso uno strumento di collaborazione di massa vuol dire cedere una parte del proprio potere.
Eppure la visione del manager (e della persona) che ha capito il nuovo scenario competitivo gli permette di essere colui che presidia e governa queste relazioni, ricavandone un vantaggio assolutamente premiante, in quanto la fiducia e la relazione si costruiscono nel tempo e sono un patrimonio che ci si porta dietro indipendentemente dal luogo dove si lavora e si vive.
Naturalmente ciascuno a seconda il ruolo che ricopre e anche la propria natura può essere pronto ad una più o meno ampia apertura, ciò che è importante però è percepire il valore culturale che c’è in questo nuovo paradigma.
Può sembrare complicato ma in realtà, come in tutte le novità, all’interno di questo nuovo modo di competere ci sono delle grandissime opportunità, anche perché, come ci insegnano la teoria della complessità, dall’interazione di due elementi nasce un risultato che è maggiore della mera somma delle parti.
Infine tutto questo, al di là degli aspetti economici, ci può insegnare qualcosa di molto importante, cioè che davanti al caos la certezza delle strutture e dei meccanismi non è più così salda e ciò che ci permette davvero di mantenere l’equilibrio fra ordine e disordine sono le persone e perciò sono esse che vanno messe al centro dell’attenzione.
Come dovrebbe essere da sempre.
Segnaliamo due Corsi in Area Commercio Estero di potenziale interesse per il lettori del blog
Pagamenti Internazionali
Coordinatore e relatore della giornata Prof. Antonio Di Meo
28-29 gennaio 2008 dalle ore 9.30 alle ore 17.30
presso Adico - Via Cornalia, 19 - Milano
tutti i dettagli >>
Marketing Internazionale e Strategie di Internazionalizzazione
Coordinatore e docente della giornata Giorgio Gabellini
Giovedì 13 Marzo 2008 Giovedì 27 Marzo 2008 dalle ore 9.30 alle ore 18.00
presso Adico - Via Cornalia, 19 - Milano
tutti i dettagli >>
L'altro giorno parlavo con un executive di una casa musicale che, con la solita condizione di non essere citato, mi diceva che la sua / loro impressione è che la battaglia per vendere i dischi sia cosa persa.
E che quindi stiano facendo di tutto per individuare altre fonti di revenue, altri modi per far rendere i loro asset (gli artisti e la musica derivante), nuove strategie di marketing per nuovi tipi di prodotti o di versioning dei prodotti esistenti.
In effetti i segnali che arrivano dagli USA vanno, almeno in parte, in quella direzione. Le vendite di dischi sono infatti scese di quasi un altro 10 - 15% nel 2007 rispetto al 2006.
Il che non è un bel risultato. Anche perchè non è stato compensato da un aumento del 45% (!) delle vendite (!) di brani musicali online (su iTunes si sono già passati da tempo i 3 miliardi di brani venduti dal lancio....).
Secondo i dati Nielsen, sono stati venduti online più di 800 milioni di brani nel 2007, arrivando ad un 10% circa delle vendite totali.
A questi vanno poi in un qualche modo sommati i servizi che permettono di ascoltare o di scaricare gratuitamente e legalmente la musica (Pandora, last.fm, downlovers, we7, le mille stazioni radio di iTunes e non...)
I soldi le majors se le fanno allora vendendo la musica in altri formati - per esempio come suonerie (220 milioni vendute negli USA), come DVD (quelli si vendono un po' meglio, pare, anche perchè sono più lunghi da scaricare, specialmente se non hai la banda...), coi concerti etc.
Nel frattempo si parla sempre di più di un ritorno dei tradizionali dischi di vinile, come prodotto di nicchia per audiofili.
Curioso ciclo storico sarebbe: da prodotto detronizzato dai CD, che nessuno voleva più nemmeno se li regalavi, a prodotti premium priced rispetto al dischetto scintillante.
Ci sarebbe poi da riflettere come il fosco futuro del mercato della musica su supporto fisico possa rallentare l'investimento in ricerca e sviluppo della prossima generazione di supporti musicali, del prossimo CD... del resto, se non lo compreranno, se il supporto sembra solo servire per archiviare musica ottenuta (legalmente o meno) online, perchè sbattersi per trovare una soluzione migliore?
Qui ci sarebbe da fare il discorso degli audiofili che sostengono che i CD non hanno la qualità ottimale, anzi che il digitale non è la soluzione giusta per una perfetta musica... ma basta guardare il numero di persone con le cuffiette digitali nelle orecchie per capire che ormai quella della qualità musicale è una battaglia di retroguardia.
Nel sesto bimestre 2007 la radio sfonda quota 39 milioni nel giorno medio e cresce dell’1,8% rispetto al quinto bimestre. Radio Uno Rai guida con 7,2 milioni la classifica generale, migliora molto Isoradio (+10,5%), ma tra i dati più ‘sensibili’ c’è quello di DeeJay (+8,6%) che risorpassa Rtl 102,5 e, a quota 5,8 milioni, riconquista la testa tra le commerciali. Radio 24 (+9,8%) sfonda il muro dei due milioni, mentre Kiss Kiss (+7,8%) quello dei due e mezzo. Bene le altre radio Manzoni (Capital +4%, m2o +4,8%), appare in lieve crescita Radio Due (+1,1%) mentre sono stabili R101 e Rismi. Se risultano in lieve flessione (-1,9%) Radio 3 e Rete105, calano più sensibilmente RMC (-6%) e Rds (-5,8%).
Rtl 102,5 (-2,2%) perde la leadership nel giorno medio ma mantiene quella nei sette giorni superando i 15 milioni e precedendo, in questa graduatoria, Dee Jay e Radio Uno Rai. Il sesto ciclo 2007 di Audiradio chiude il primo anno di rilevazioni effettuate con il nuovo metodo dei sei cicli confrontati secchi uno sull’altro, senza le vecchie medie mobili, più stabili. Ecco i commenti di alcuni editori radiofonici sui propri risultati. Da Rtl 102.5 fanno notare come l’emittente superi, per la prima volta, i 15 milioni di ascoltatori nei 7 giorni (+3,2% sul quinto bimestre), mantenendo il primato in questa classifica (dove però Radio Deejay, seconda, si avvicina). Nel giorno medio, però, Rtl cala del 2,2%, tornando nuovamente terza sotto Radio Deejay. Radio Kiss Kiss, che cresce nel giorno medio arrivando a 2,5 milioni (+7,8%) sottolinea però anche la crescita del 19,9% registrata confrontando il secondo bimestre 2007 (dato risultante dalla media degli ultmi tre bimestri) con l’omologo periodo dell’anno precedente. Mette in evidenza la crescita del 17,1% fra il secondo semestre 2007 e lo stesso semestre del 2006 anche Mario Volanti, presidente di Radio Italia, che nel giorno medio è restata stabile (-0,1%) guadagnando però una posizione per il calo di R105. “E’ sempre più vicino il traguardo dei 4 milioni”, aggiunge Volanti. Massimo Soleri, direttore commerciale di Radio e Reti, concessionaria sia di Kiss Kiss che di Radio Italia, dichiara: “Ottima e costante per tutto l’anno la crescita per le nostre reti nazionali, Radio Italia solomusicaitaliana e Radio Kiss Kiss, e clamoroso risultato di Radio Subasio: una grande radio areale che supera Rmc e Radio 24, tallonando da vicino Radio 101”.
Radio 24 festeggia invece il suo record storico dei due milioni di ascoltatori (+9,8%), che le permette di posizionarsi al decimo posto nella classifica. Rds invece perde il 5,8%, pur restando al quarto posto in classifica. Il suo presidente Eduardo Montefusco preferisce però parlare da presidente dell’associazione di editori radiofonici Rna: “Il 40% dei 39 milioni di ascoltatori è saldamente in mano alle prime tre radio commerciali del nostro Paese. La leadership nelle rilevazioni, invece, rimarrà almeno per qualche tempo ancora una sorta di scommessa da giocarsi ad ogni bimestre a seconda anche degli investimenti effettuati sul brand”. Infine Carlo Mandelli, ad di Monradio Mondadori, si dichiara soddisfatto dei risultati di R101, ormai stabile sui 2 milioni di ascoltatori. “Abbiamo registrato la miglior crescita, +40%, fra il 2006 e il 2007”.
Via Pubblicità Italia
Capita che L'Oreal apra dei negozi per sole 5 settimane in zone di villeggiatura alla moda. Che un punto vendita di Target apra per un mese e mezzo nel Rockfeller Center per poi chiudere e rispuntare su un battello nel bel mezzo del fiume Hudson (a NY). O ancora che Nike apra dei negozi in giro per Tokio che durino solo un paio di mesi.
Stiamo parlando dei temporary shop ovvero "negozi temporanei", che occupano per un periodo di tempo predeterminato e limitato (si va da qualche mese a pochi giorni) uno spazio in zone altamente rappresentative. L'obiettivo dichiarato è quello di creare "l'evento" e di giocare sulla curiosità indotta dalla limitatezza. Lo spazio, naturalmente, riveste un ruolo fondamentale nel successo del negozio a tempo, deve essere altamente caratteristico, perché rappresenta il packaging e lo stesso negozio è il prodotto. Così i temporary shop vengono aperti in gallerie d'arte, spazi abbandonati, in centri commerciali fortemente caratterizzati. Dopo la prima esperienza italiana del gruppo L'Oreal, arriva il negozio di Lancôme, che resta aperto per 2 settimane nel febbraio 2005 nell'esclusivissima via Sant'Andrea a Milano. A seguire questa iniziativa di marketing non convenzionale fu Levi's che dal 31 dicembre 2005, per pochi giorni e soprattutto all'improvviso, in corso Vittorio Emanuele, a Milano, dedica 250 mq all'innovativo Store. Una distribuzione di questo tipo consente al tempo stesso di testare i nuovi concept di prodotto e di trasmettere esperienze emozionali legate al brand. Una sequenza di iniziative ibride, un cocktail di eventi, promozioni e servizi offerti gratuitamente ai visitatori con conseguenze strepitose in termini di marketing convenzionale (prova prodotto, prenotazione e vendita). L’esperienza più significativa in questo ambito è sicuramente lo Store di Nivea aperto il 13 aprile e chiuso il 13 maggio 2007 con risultati eccellenti in termini di fatturato e visibilità.
Tra le più recenti esperienze va menzionata la Fuel For Life Factory lanciata da Diesel a ridosso delle feste natalizie, in cui, grazie alle 150.000 combinazioni disponibili, si aveva la possibilità di creare un vero e proprio pezzo unico, un’esemplare esclusivo e anche un’idea originale per i regali. Quale occasione migliore per entrare nella Diesel Community? La Fuel For Life Factory è una esperienza di customizzazione a 360°: si parte scegliendo il colore del pouch in pelle per decidere poi qual è il logo preferito, senza lasciare al caso nessun dettaglio.
Naturalmente ai temporary shop cominciano ad aggiungersi anche le sottocategorizzazioni: i pop-up shop. Quelli aperti all'improvviso senza annunciare nulla a nessuno e che contano solo sul tam tam sotterraneo opportunamente innescato.
Via BIweb.it
Social networking, riscoperta dei contenuti, aggregatori: vediamo insieme cosa ci proporrà la rete di particolarmente interessante nel 2008.
Nel mondo Facebook. Forse l'esempio più in auge di social network. In breve, è un sito che consente di mantenere i contatti con la propria rete di amicizie. In realtà, Facebook più che un sito monolitico è un insieme di funzionalità, fornite anche da società terze parti, con una struttura modulare. Ciascun utente ha una propria pagina, ove può aggiungere delle applicazioni: dalle lavagne multimediali per scambiare film e immagini con i propri amici, ai giochino, alle sfide. Bello, ma richiede un certo tempo e una certa dedizione.
LinkedIn. Ancora un sito di social networking, ma questa volta più finalizzato al business. Per mantenere i contatti con ex colleghi, compagni di studi e, in genere, persone che conosciamo e che ci interessano da un punto di vista professionale. Molto utile se lo visitiamo con regolarità, teniamo aggiornata la nostra pagina personale con il curriculum e, ovviamente, se lavoriamo in un ambito dove Internet è diffuso ed utilizzato.
Slashdot. Non certo nuovissimo, ma ancora valido, è un sito con una struttura simile a quella dei blog, contenente notizie aggiornate sul mondo dei media, dell'information technology e dell'open source, attento anche a tematiche scientifiche, di privacy e di curiosità hi-tech. E' il capostipite di molti siti simili, che hanno cercato di imitarlo e di scalzarlo, senza riuscirci, anche grazie alla grandissima rete di utenti "attivi" e di informatori, costantemente impegnati a setacciare la Rete a caccia di notizie.
Techcrunch. E' un blog di informazione sul web 2.0, aggiornato, informato e giustamente scettico su un fenomeno a volte sopravvalutato. Ottima risorsa per scoprire cosa si muove di nuovo sulla Rete, soprattutto nell'ambito del social networking e degli "user generated contents" (contenuti generati dagli utenti).
Siti di condivisione video. Tutto iniziò con YouTube, ora non c'è grande portale che non abbia il suo sito con migliaia di video degli utenti. Probabilmente, anche qui il 2008 annovererà le prime vittime: resteranno i contenitori più grandi (sicuramente, oltre a YouTube, quello di Microsoft), mentre gli altri vivacchieranno o moriranno.
Siti di condivisione foto. In questo segmento il dominatore quasi incontrastato è Flickr. Nel 2008 vedremo se altri concorrenti (Fotki?) avranno la possibilità di contrastare il dominio del colosso dell'image sharing, che fa parte di Yahoo.
In Italia Blogbabel Italia. Aggregatore di blog. La sua parte più interessante è questa, con la classifica costantemente aggiornata dei blog nostrani che vanno per la maggiore. Oltre ad essere oggettivamente utile per sapere chi sale, chi scende, chi nasce e chi muore nella blogosfera, diventa uno strumento quasi indispensabile se si frequentano quelle comunità un po' ristrette e un po' snob che parlano 20 ore al giorno di Web 2.0. Pronostichiamo che nel 2008 un'occhiata a Blogbabel la daranno anche i frequentatori dei salotti: «Sai cara, ho visto su Blogbabel che nell'ultima settimana è nato un blog troooooppo informato sulla vita sessuale dei canguri, ed è gia 459esimo nella classifica generale!»
Beppegrillo.it. Il blog del comico-polemista genovese (oltre ad essere di gran lunga quello più visto nella blogosfera italiana) nel corso del 2007 è assurto spesso agli onori della cronaca, e i post del brizzolato Beppe sono stati spesso ripresi dalle agenzie di stampa e dai giornali, senza contare il fenomeno del Vaff. Day. Che ci combinerà nel 2008 Grillo?
di Franco Sarcina su Il Sole 24ORE.com
Negli ultimi mesi il concetto di Web 2.0 è diventato ormai noto anche ai non addetti al settore e viene usato, più o meno a sproposito, dai media quasi tutti i giorni.
Questa evoluzione tecnologica e sociale del web, reso più accessibile e facile da usare a tutti gli utenti, ne ha causato anche un aumento della sua complessità, già latente, per chi ne fa un uso professionale.
Infatti si stanno facendo sempre più largo le attività e i contenuti generati dagli utenti e il mezzo, già di suo interattivo, vede sfumare sempre di più la differenza tra editore professionale e semplice appassionato, con tutti i pro e i contro del caso.
Per questo recentemente mentre leggevo il libro “Viaggio nella complessità” di De Toni e Comello, ho provato ad applicare alle nuove tendenze di Internet i 7 principi della complessità ed ho visto che questi ultimi possono descrivere molto bene il fenomeno del web 2.0.
Si tratta, a mio avviso, di un esercizio interessante perché evidenzia come il web si sia evoluto verso un sempre maggiore grado di complessità, in linea con la società, l’economia e la scienza moderna.
Vediamo dunque il parallelo con i diversi principi.
1) Auto-organizzazione: il principio postula la comparsa spontanea di ordine in sistemi con un’organizzazione chiusa ma aperti comunque verso l’esterno.
L’esempio classico è uno stormo di uccelli che vola in formazione, sul web invece possiamo applicare il principio ai motori di ricerca “umani” come Wikipedia o Yahoo Answer dove gli utenti, all’interno di un sito chiuso, sulla base di semplici regole si danno un’organizzazione che crea qualcosa di molto articolato sebbene di fatto spontaneo.
2) Orlo del caos: tutti i sistemi viventi evolvono quando si trovano in uno stato di confine tra il caos e l’ordine, troppo caos provoca la disintegrazione, troppo ordine la fossilizzazione.
Per il web 2.0 il ragionamento non può essere diverso: se un sito o una tecnologia non consente nessuna variazione e sperimentazione agli utenti presto muore, così come un sistema senza nessun tipo di regola è destinato a disintegrarsi.
Per questo ad esempio esistono le API o i codici sorgenti dell’open source, che consentono di spingersi sempre più avanti ma che sono gestiti da gruppi più o meno ampi quando devono essere messe a disposizione di tutti in modo da applicare solo quelle novità che portano un reale beneficio e da indirizzare il lavoro verso le soluzioni davvero utili.
3) Principio ologrammatico: il tutto è in una parte, la parte è nel tutto. Ciò è quanto mai vero nei social network e nei siti che consentono di condividere informazioni o file, dove il contributo individuale (ad es. una voce in Wikipedia) acquista piena importanza solo all’interno della community e dove allo stesso tempo il sito contenitore ha senso e funziona solo grazie a tutte le piccole parti che lo compongono e che appaiono all’esterno come un insieme unico.
4) Impossibilità della previsione: sembra anche qui chiaro che in un contesto dove sono gli utenti a creare la maggior parte dei contenuti e del valore aggiunto è di fatto impossibile prevedere tutti gli usi del servizio che si va erogando.
Per fare un esempio concreto, nel progettare un social network si possono prevedere una serie di funzioni ma poi bisogna essere pronti a capire e gestire tutti gli usi imprevisti dello strumento che gli utenti adottano e che possono diventare poi la killer application dell’intero sistema, imprevedibile finché le persone non iniziano a interagire fra loro.
5) Potere delle connessioni: il tutto è maggiore della somma delle sue parti. Nel Web 2.0 questo è particolarmente vero dato che le relazioni e gli interscambi che le persone attuano fra loro portano ad un risultato finale superiore ad un’addizione dei singoli contributi.
Una cosa vera per tutte le relazioni ma che sul web, grazie all’enorme bacino disponibile e all’aiuto della tecnologia, porta ad un’accelerazione notevole del fenomeno.
6) Causalità circolare: nei sistemi complessi la causa genera l’effetto che retroagisce di nuovo sulla causa in modo circolare.
Per quanto riguarda il web possiamo individuare questa situazione in qualsiasi nuovo servizio a carattere relazionale dove la tecnologia genera degli usi sociale del mezzo comportando delle modifiche della tecnologia che di nuovo agiscono sui modi d’uso in processo circolare.
7) Apprendimento try&learn: in un contesto complesso l’unico modo di apprendere è quello che procede per tentativi. In un mondo dinamico come quello dell’online moderno gli stessi professionisti del settore si trovano continuamente davanti a sfide e comportamenti che impongono un modo di procedere fatto di prove, che in combinazione con gli altri principi portano alla continua e veloce evoluzione di Internet.
Questa, in estrema sintesi, può essere la lettura del nuovo web 2.0 alla luce della teoria della complessità, il discorso naturalmente potrebbe essere approfondito moltissimo ma questo vuole essere solo un breve spunto di riflessione.
A mio modo di vedere in ogni caso questa modalità sociale, interconnessa ed emergente di vivere Internet valorizza ancora un volta la complessità del reale, confermandoci che le leggi deterministiche, pur nel loro valore, non sono sufficienti a spiegare compiutamente tutti i fenomeni.
In più tutto ciò è l’ennesima conferma del fatto che sono le relazioni a creare e far evolvere la società umana, i mass media classici, dove lo spazio di relazione e interazione era minimo, non possono minimamente competere in velocità con un mezzo dove l’innovazione avviene dal basso attraverso milioni di piccoli contributi.
Che la pubblicità "User Generated" sia una moda in crescita, l'abbiamo gia' detto. Io continuo a pensare che si tratti piu' di una moda, di un pretesto che di un reale coinvolgimento della clientela nel marketing aziendale.
Il che non vuol dire che non ci si arrivera' - ma per ora siamo ad usare i soliti canoni del concorsino, immagino inventato sin dagli anni '30 o prima...
Nello specifico, P&G UK aveva lanciato l'usuale concorso per Pringle (quello snack che sembra una patatina ma che è composto da un miscuglio di ingredenti*...) negli UK.
L'idea era di far creare un nuovo jingle. Ma poi un tizo in Scozia si è fatto prendere la mano e ha fatto l'intero spot (3 giorni di lavoro e 600 dollari di investimento). E a quelli di P&G dev'essere piaciuto (lo spot? O l'idea di risparmiare soldi e fare uno spot che essendo user-generated poteva far piu' rumore di uno fatto dall'agenzia?).
Insomma, a Natale in prime time andrà in onda questo spot" fatto a mano". E gia' da un po' se ne sta parlando, con una copertura mediatica che vale dei bei soldi ma ottenuta con un investimento minimo.
Questo simpatico spot è gia' sin d'ora visibile sul sito di Pringle.
Non intendo pronunciarmi sul fatto che si tratti di un'opera d'arte, di un prodotto di comunicazione che abbia un qualche senso o una bieca operazione di PR / Publicity sfruttando il lavoro dello scozzese (che si e' beccato un bel 2.000 sterline di ricompensa, un centesimo* di quello che si sarebbe beccata un agenzia+casa di produzione per fare uno spot "serio"...) ----------- * cito dal sito di Pringles: "Dehydrated potatoes, vegetable oil, vegetable fat, corn flour, wheat starch, maltodextrin, emulsifier: E 471, salt, rice flour, dextrose"
** per modo di dire. Certo che normalmente (per una grande azienda) e' durissima fare un bello spot con meno di...mah, diciamo 75.000 euro? considerando il fee dell'agenzia piu' quello della casa di produzione, piu' i costi vivi...
Per l’occasione è online una pagina dedicata al brand, con informazioni di prodotto e contenuti esclusivi. Collegandosi alla pagina co-brand http://m-ms.it.msn.com, Wink Tool creator permette di caricare la propria foto, sostituendola ai corpi dei 'testimonial' dello spot M&M’s, vederla in anteprima per controllare il risultato e poi caricarla istantaneamente su Windows Live Messenger, già pronta per essere utilizzata. Le possibilità sono virtualmente infinite e l’effetto virale è garantito. A supporto della campagna è previsto l’utilizzo di una serie di strumenti di advertising online che genereranno awareness grazie a Leaderboard, Text Link e una Dem: Mindshare ha pianificato l’esposizione di tali strumenti in maniera coerente con il target comunicativo del brand, facendo leva sulla carica di simpatia che i personaggi M&M’s hanno tra i teenager e giovani.
Via Pubblicità Italia
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