Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Pubblico questo articolo apparso sul blog di Roberto Venturini. Mi sembra sia un tema di grande attualità, che stimola numerosi confronti tra appassionati di marketing e media.
Nuove tecnologie in arrivo e c’è qualcuno che ci crede davvero. Ma i consumatori adotteranno la TV sul cellulare? E chi ci metterà i soldi per farla?Ad essere sarcastico, c'è da domandarsi se domani qualcuno userà ancora il cellulare per parlare. Ovvero se il traffico voce sarà ancora la colonna portante del business degli operatori di telefonia mobile.E' peraltro chiaro che il mondo della telefonia cellulare sembra essere alla vigilia di un periodo di nuova, forte innovazione.La lezione degli SMS è ben presente nella mente delle compagnie telefoniche; nati come puro strumento di servizio per gli operatori, sono esplosi nelle mani degli utenti, arrivando a rappresentare una percentuale molto importante delle revenue. Ed il boom di fatturati creato da servizi come loghi e suonerie ha reso manifesto quanto l'utente telefonico sia disposto ad investire sul proprio cellulare.Di cosa si vivrà, domani?La voce rischia dunque un giorno di trasformarsi in una commodity, soggetta a forti dinamiche di concorrenza sui prezzi - ed è tutto da capire cosa potrà comportare la diffusione della telefonia VoIP anche su questa piattaforma.Logico quindi che si stia guardando con attenzione a tutti quei servizi che possano essere fatturati al cliente e che, essendo meno "basici", presentino opportunità tariffarie migliori. Di qui MMS, contenuti premium, videotelefonia, e, prossimamente sui nostri (piccoli) schermi, la televisione.Se oggi già sono disponibili serial televisivi (“Mobisodes”) appositamente riprodotti per il cellulare (di cui ho già scritto in passato), l’obiettivo di fondo è convertire il cellulare in un vero e proprio ricevitore televisivo. Di passare dai contenuti da scaricare o da vedere in streaming all’utilizzo “in diretta”. In parole povere, rielaborare sia il telefono che l'infrastruttura di telecomunicazione per rendere il cellulare capace di fare, ad occhio e croce, quello che un qualsiasi televisorino portatile (disponibile sul mercato da anni) sa già fare benissimo e a costo di connessione pari a zero.Si metterà la mano al portafoglio?Se dunque mi viene proposto di pagare per un servizio che potrei avere gratis, il business non andrà molto lontano - motivo per il quale occorre trovare una differenziazione che permetta di far pagare per questo contenuto. Questa necessità potrà dunque costringere a ripensare non solo terminali e network telefonici, ma anche il sistema radiotelevisivo. Potenzialmente affiancando, alle numerose piattaforme televisive esistenti, nuovi "canali" fruibili (solo?) attraverso il telefono.Balza immediatamente alla mente l'immagine di 50 milioni di Italiani che si guardano le partire di calcio mondiali sul cellulare, in ufficio, facendo finta di essere impegnati in una cruciale videotelefonata di lavoro. E sorge spontanea la domanda: ma lo useranno negli altri 3 anni, 11 mesi e rotti, quando il mondiale non c’è? E se l’Italia, il cielo non voglia, non si qualificasse ai Mondiali, che speranza di vita avrebbe questo modello di business tele-telefonico?Un modello meno complesso è invece quello adottato, e con successo, in Corea, dove milioni di utenti già hanno l'accesso alla TV satellitare via telefono. In questo caso il modello sarebbe più semplice: pagare per pagare, si può anche spendere per vedere i programmi sul telefono, quando il megaschermo LCD del salotto non è a portata di telecomando. Sempre che la popolazione si sia già massicciamente adattata a sborsare per la TV “normale”…Non è insomma assolutamente chiaro se il consumer sarà disposto a dare soldi in cambio di questi servizi. E ancora meno quale possa essere (a breve e a lungo termine) il modello di pricing corretto.Dagli Stati Uniti arrivano ricerche che dimostrerebbero una sostanziale resistenza o disinteresse dei potenziali utenti verso questo tipo di servizio a pagamento. Servizio che, va detto, potrebbe incontrare però un interesse del tutto diverso in un paese tanto più cellulardipendente come il nostro. E’ lecito poi riflettere sul fatto che questo tipo di servizi rischiano di non essere facili da testare significativamente attraverso ricerche sui consumatori e che l’effetto imitativo (ce l’hanno tutti, lo fanno tutti, ergo devo farlo anch’io) potrebbe introdurre un fattore moda impossibile da prevedere a priori – fattore che spesso ha giocato un ruolo importante nel mondo della telefonia mobile.C’è spazio per la pubblicità?Ancora meno chiaro è il ruolo che la pubblicità potrebbe avere su questa nuova forma di diffusione televisiva. Sono quasi certo che sarebbe impossibile l'introduzione dei nostri tradizionali spot, sia per le limitazioni del terminale, sia perchè, in un contesto pay per view, l'intrusione della pubblicità potrebbe causare reazioni molto negative da parte del pubblico e potrebbe arrivare addirittura a mettere in pericolo il successo stesso di questa forma di comunicazione. E poi, diciamocelo, che fine farebbe la magia della prima presentazione dello spot al cliente, da parte dell’agenzia, se invece di uno schermo da 50 pollici la facessimo su uno schermo da 5’?Con ciò non voglio ipotizzare che advertising e television-telefono non possano convivere; ad esempio con modelli legati a promozioni fidelizzanti in cui l'accesso gratuito a specifici programmi sia offerto ai clienti che abbiano completato un certo numero di acquisti, o mettendo in palio periodi di connessione attraverso concorsi a premio (per intenderci, in maniera analoga a quanto ha fatto, sul fronte della musica digitale, Pepsi Cola in partnership con iTunes di Apple).Un problema di bandaE' comunque chiaro che la tecnologia odierna non sarebbe assolutamente adatta ad un’introduzione seria della televisione sul cellulare. I terminali attuali, per dirne una, esaurirebbero la batteria in meno di un’ora di microgodimento televisivo.Quel che è peggio è che la banda usata per guardare la TV sarebbe concorrente con quella usata per la voce. Gli analisti sostengono che, in caso di successo del consumo di televisione sul cellulare, potremmo finire per non riuscire più ad usarlo per parlare. Costringendo gli operatori ad upgrade costosi o addirittura impossibili.Si richiedono quindi tecnologie e soprattutto concetti nuovi. Sta, infatti, proprio ora emergendo un concetto radicalmente innovatore: niente video on-demand, niente streaming, ti guardi quello che emette la stazione quando lo emette – esattamente quello che faccio a casa con il mio sano, tradizionalissimo tubo catodico. O con il mio televisorino a pile. Che però fa molto meno trendy di un telefono che fa ti fa vedere la CNN.Più che un passo in avanti, due in indietro (o forse in ogni caso in avanti, se il telefono lo guardiamo passeggiando).La solita guerra degli standard?Già si sono formate cordate che propongono potenziali standard concorrenti, focalizzati sull'offrirci a breve l’accesso a 10 o 15 canali televisivi su misura.Forse è presto per dirlo, ma è probabile che la sigla DVB-H possa presto diventarci familiare, come sinonimo di uno standard su cui stanno lavorando Nokia, Texas Instruments, altri produttori di microelettronica, operatori del mondo delle teletrasmissioni ed altri partner di peso. Anche se non si può escludere che a spuntarla possa essere lo standard concorrente Flo o lo standard proprietario che si stanno sviluppando in casa i giapponesi.Tutta gente in ogni modo dalle casseforti molto ben guarnite, se si pensa che per mettere in piedi negli USA un network operativo in grado di trasmettere la TV sui cellulari si dovrebbero investire tra i 4 e i 10 miliardi di dollari.I primi trial televisivi veri dovrebbero iniziare nel 2006 / 2007, quindi da aspettare non ci sarà molto - anche se poi la strada dal trial al successo potrebbe essere lunga e lenta. O il consumatore potrebbe ancora una volta sorprenderci ed adottare massicciamente, immediatamente la novità.Un bel pasticcio per quelli che devono pianificare il business ma, come dicono quelli della TV, è il bello della diretta…
Roberto Venturini
In una recente ricerca effettuata dalla rivista Psychology of Women Quarterly, il professore universitario Peter Glick ha studiato come viene considerata una donna manager molto attenta ad apparire “provocante” sul posto di lavoro. Risultato dello studio? Almeno negli States, la tipologia di donna appena descritta dovrà impegnarsi a migliorare una reputazione che sembra compromessa fin dall’inizio, infondendo ai colleghi poche sensazioni positive riguardo competenza, serietà ed intelligenza. Culturalmente sembrano pregiudizi più vicini al nostro modo di pensare ma evidentemente è proprio la mente umana che tende a giudicare negativamente chi si perde in eccessive attenzioni sull’estetica, creando un sorta di relazione inversamente proporzionale tra questa ricerca di apparire sexy e serietà, tra ciò che è apparenza e ciò che invece è essenza. Filosofia a parte, questo esperimento sembra aver studiato alcuni casi reali ed un’altra sorprendente conclusione è stata che mentre una donna manager particolarmente sexy potrebbe incontrare i suddetti problemi, lo stesso discorso non vale per un altro tipo di lavoratrici, le segretarie.Per loro la psiche umana( o solo quella maschile?) è più tollerante e concede loro piena libertà nella scelta del look senza che da esso ne scaturiscano differenti considerazioni personali.
Un recente studio pubblicato da Jupiter Research prevede che entro il 2009 il il fatturato legato al download di musica raggiungerà a livello globale gli 8 miliardi di euro. Di questi, circa il 45% deriverà dalle suonerie, mentre il ricavato dal download di interi brani passerà dagli attuali 15 milioni di euro agli oltre 1,4 miliardi previsti.
L'evoluzione della tecnologia, che consente collegamenti wireless sempre più rapidi, unita alla passione tutta italiana per il cellulare, determineranno una rapida crescita del settore anche dalle nostre parti, tanto che il Politecnico di Milano ha stimato che il giro d'affari per i contenuti di telefonia mobile in Italia, pari nel 2004 a 615 milioni di euro, sia destinato a raddoppiare entro la fine del 2005.
Le aziende discografiche, messe a dura prova dai continui cali nelle vendite dei supporti cosiddetti "tradizionali"come i Compact Disk, cominciano a guardare con interesse a questa nuova forma di distribuzione. Il mercato italiano per esempio, nel primo semestre dell'anno ha visto un calo nelle vendite nel segmento tradizionale del 12% in termini di fatturato e del 10 % in termini di pezzi venduti. È così che anche la vetrina di San Remo, che non è generalmente nota come una delle manifestazioni musicali più innovative, si organizza di conseguenza e, a partire dall'edizione dell'anno prossimo, offrirà a tutti i telespettatori la possibilità di scaricare le canzoni del Festival tramite internet e il proprio cellulare immediatamente dopo l'esibizione canora dell'artista.
L'annuncio, che rappresenta sicuramente un grosso cambiamento rispetto alle edizioni precedenti, è stato dato da Enzo Mazza, Presidente della Federazione Industria Musicale Italiana, nel corso di un intervento allo SMAU: "Sino a ora i dischi con le canzoni di Sanremo venivano messi in vendita dopo il Festival. Con la prossima edizione invece sarà possibile acquistare legalmente il brano preferito, nella versione discografica, subito dopo la sua trasmissione, scaricandolo dal telefonino o da Internet".
"La possibilità di scaricare brani da telefonini o da Internet sarà la rivoluzionaria tecnologia protagonista del prossimo Festival" ha aggiunto Mazza, sottolineando che le tecnologie digitali faranno la parte del leone nella distribuzione della musica e che "per il mercato discografico questo rappresenterà una svolta più che positiva".
Tutti felici, insomma: minori costi di distribuzione per le case discografiche, tempestività di immissione sul mercato (in barba alla pirateria), comodità di acquisto per gli utenti e ricchi margini per gli operatori di telecomunicazioni coinvolti nel progetto.
Che il futuro della distribuzione di contenuti multimediali passi da web e wireless sembra sempre più probabile. Ciò che adesso avviene per la musica potrà avvenire tra breve, grazie anche al rapido sviluppo delle tecnologie di comunicazione e alla disponibilità sempre maggiore di contenuti, per software e soprattutto film. Non a caso assistiamo in questi giorni ai primi tentativi di integrazione una serie televisiva di successo e lettori video portatili o telefoni cellulari.
Dopo aver stupito tutti con l’acquisto di MySpace, che nelle intenzioni del magnate australiano dovrebbe essere la punta di diamante della sua strategia su internet il buon Murdoch ha recentemente annunciato il lancio, a partire dal prossimo 15 novembre, di MySKY, un nuovo servizio di personal video recorder.In Italia rappresenta una novità, ma questa tecnologia è già presente in America e Inghilterra da diversi anni, e consente l’archiviazione elettronica dei programmi preferiti senza dover utilizzare supporti come DVD o videocassette.Uno dei punti di forza di questa soluzione è la semplicità: un telecomando di soli sei tasti consente di effettuare tutte le operazioni comprese le più avanzate come l’“Instant replay”, la registrazione automatica degli episodi in serie (il “Series link”) e l’accesso a “My Channel” un canale completamente personalizzabile nel quale inserire programmi preferiti, registrati o che si intendono memorizzare. Grazie ad un hard disk particolarmente capiente (ben 160 GB) gli utenti potranno salvare i propri programmi preferiti nella memoria del decoder rivedendoli a piacimento.La TV generalista sembra sempre più in difficoltà, stretta da un lato dalla concorrenza dei canali tematici e dall’altro dall’evoluzione della tecnologia, che abilita nuovi dispositivi ad accedere a contenuti video (lettori portatili ma anche cellulari) e da apparecchi come quello descritto, che consentono agli utenti di crearsi un palinsesto personalizzato.Si prospetta quindi un futuro più dinamico, dove gli utenti sceglieranno liberamente non solo il momento ma anche il dispositivo per fruire del loro programma preferito, e alle aziende non rimarrà che prenderne atto, individuando nuove e più interattive forme di advertising.
Nelle nuove tecnologie il successo rispetto al consumo viene determinato sempre più spesso dai contenuti offerti.
Per il consumatore finale infatti è inutile avere bande larghissime, schermi ad altissima definizione e decine di formati multimediali se poi non può disporre di nessun contenuto adeguato tale da giustificare il costo del passaggio al nuovo standard.
Sembra una cosa banale ma spesso viene dimenticata clamorosamente. Un esempio? Il WAP.
Dunque come già ho scritto in passato (cfr.ad esempio I-mode, digitale terrestre, nuove tecnologie: la sfida dei contenuti ) il mercato dei contenuti si configura come una delle sfide più significative per gli operatori della telefonia mobile, del digitale terrestre e degli altri nuovi media, senza escludere il Web.
In più l'interattività e la possibilità concreta per gli utenti di creare e condividere materiali è un'altra delle caratteristiche che si sono rivelate vincenti per la Rete prima e per i nuovi media poi.
Gli sviluppi della tecnica hanno reso sempre più accessibile la pubblicazione e la gestione di contenuti anche da parte di utenti non esperti di tecnica, come testimonia ad esempio il fenomeno dei blog.
Perché allora non combinare le due situazioni e far sì che siano gli stessi consumatori a produrre, almeno in parte, i contenuti che verranno offerti dal gestore della tecnologia?
Questi personaggi sono stati già identificati dagli esperti con un nome, “prosumer”, che ne riassume la natura ibrida, un po' consumatori e un po' produttori.
C'è già chi ha intuito il business e si appresta a sfruttarlo.
Ad esempio i molti concorsi che oggi vengono dedicati ai micrometraggi altro non fanno che ricercare talenti, e contenuti, che potranno fornire video per i nuovi telefoni Umts e/o I-Mode.
Ancora più esplicito è poi il progetto di H3G che ha studiato InVideo, una piattaforma che darà agli utenti dell'operatore la possibilità di caricare su un di un apposito sito dei mini video (1- 3 minuti) realizzati con i cellulari Umts.
Questi video avranno un prezzo per il download e sarà riconosciuta una percentuale agli autori, stimabile in alcuni centesimi per volta, il che può voler dire ben più di 1000 euro al mese se tale contenuto fosse scaricato da un migliaio di persone al giorno (cifra non certo impossibile sul web).
Quasi uno stipendio insomma per i migliori, creato solo grazie alle proprie capacità.
Quelle citate sono due applicazioni già realizzate ma i nuovi strumenti di comunicazione ed il buon “vecchio” (!) web permettono possibilità infinite a tutti coloro che vogliono trasformarsi in editori di se stessi.
Un modo interessante per creare nuovi contenuti di cui si sentirà di certo ancora parlare.
GIANLUIGI ZARANTONELLO
Visto che stiamo parlando di nuovi canali per la televisione vi anticipo che su Vodafone Live! in Inghilterra dovrebbe arrivare a breve la prima versione per cellulare di “24: Conspiracy”, ispirato al telefilm cult “24” interpretato da Kiefer Sutherland.
Si tratterà di micro episodi appositamente ideati, della durata di un minuto ciascuno, per un totale di due a settimana. La novità è rappresentata dal fatto che si tratta di un prodotto ideato appositamente per una visione tramite cellulare, cercando allo stesso tempo di riprodurre fedelmente il format della serie tv originale della Fox. L’offerta di servizi sarà ovviamente integrata da mms, sfondi, screensaver suonerie ecc.Nei commenti all’articolo precedente si è parlato di programmi ideati specificatamente per dispositivi mobili. Lo stato attuale della tecnologia e le caratteristiche degli schermi dei cellulari rendono infatti necessari alcuni adattamenti a programmi pensati per altri media, in modo che siano più facilmente fruibili. Il continuo aumentare dell’offerta di contenuti da parte dei vari operatori indica che evidentemente ci sono grosse aspettative in questo senso.Il costo generalmente salato di questi servizi unito al merchandising disponibile all’interno del portale (loghi, wallpaper…) rendono queste operazioni estremamente redditizie, facendo leva sia sul grande successo in termini di pubblico di queste serie televisive che sull’interesse che destano i nuovi telefonini multimediali. Quali possono essere le forme di advertising legate a questo nuovo modo di vedere la televisione? La pubblicità, localizzata e targhettizzata potrebbe contribuire a rendere l’accesso a questi servizi da parte dell’utente più economico o addirittura gratuito?
Diamo ormai per acquisito che negli ultimi tempi la musica abbia nel web uno dei principali canali di distribuzione. Costo competitivi, vasta scelta, comodità nell’acquisto e la diffusione dei lettori imp3 hanno infatti decretato il successo di molti siti di musica on-line.
Ma anche per quanto riguarda il video qualcosa sta cambiando. Ne è una prova il recentissimo agreement tra Walt Disney e Apple. Grazie a questa collaborazione iTunes offrirà il download digitale delle principali serie televisive targate Walt Disney in onda sul canale ABC alla modica cifra di 1,99 dollari a episodio.
Ma ancora più illuminanti sono state le parole del neoamministratore delegato Dinsey, Robert Iger, che ha indicato questa iniziativa come “il primo grande passo per rendere disponibili i contenuti a più persone in più posti”, alludendo a futuri passi che la sua azienda farà con la Apple. Per non creare poco utili scontri di interesse con la ABC i nuovi episodi saranno disponibili su iTunes il giorno successivo delle messa in onda televisiva, mentre quelli delle passate stagioni saranno immediatamente accessibili.
Il progetto comincerà con il download gratuito di alcuni episodi promozionali di “Lost” e “Desperate Housewives”, ma a seguire numerose serie saranno messe a disposizione.Per la Apple l’accordo è anche un’ottima occasione per focalizzare l’attenzione sull’ultimo accessorio destinato a scatenare l’interesse dei numerosi appassionati di gadgets elettronici, l’attesissimo iPod Video.La domanda più che lecita è se il download di video musicali, telefilm o altro sia destinato ad avere lo stesso impatto che ha avuto nel campo musicale. In questo caso però si scontra con una maggiore serie di difficoltà: dalla lunghezza del download decisamente superiore alla visibilità delle scene nei limitati schermi dei dispositivi portatili.
Molte aziende sembrano comunque intenzionate a esplorare questo nuovo canale distributivo, anche se le difficoltà non mancano. Matteo aveva pubblicato un interessante articolo dove il sistema di pagamento delle royalties di iTunes veniva messo in discussione in quanto poco redditizio per gli autori. Anche per i video il problema sussiste. Ad un prezzo di 1,99 dollari a episodio attori, scenografi, e realizzatori rischiano di non essere remunerati quanto gli altri media come DVD e pay-per-view, e per questo motivo le major cinematografiche sono già pronte a dare battaglia.
Di Matteo B. (del 15/10/2005 @ 10:04:09, in Media, linkato 2446 volte)
L'Espresso pubblica un interessante articolo, dove si parla delle nuove strategie di Rupert Murdoch per il futuro, e sembra che abbia le idee molto chiare.
Oggi negli Usa metà dei ragazzi tra i 15 e i 25 anni passano più tempo davanti a Internet che di fronte alla tv. Quanto ai giornali cartacei, nemmeno li guardano. In Rete, le nuove generazioni si dilettano con strumenti come l'instant messaging, che tra i ragazzi ha già mandato in pensione le 'vecchie' e-mail, e soprattutto i blog (ogni 7,4 secondi ne nasce uno). Poi cercano videogiochi, musica, divertimenti, strumenti di socializzazione immediata e di comunicazione facile.
Il plutocrate australiano ha riflettuto un paio di mesi attorno a queste considerazioni, ha convocato i suoi direttori di giornali per comunicare loro che ormai appartenevano al Pleistocene e quindi ha cercato qualcosa che gli consentisse di creare il nuovo polo mediatico per i giovani basato appunto sull'entertainment. Infine ha scelto MySpace, un sito fondato nel 2003 da un chitarrista losangelino che oggi ha 29 anni e di nome fa Tom Anderson.
Semplice ma geniale, MySpace è un luogo in cui ognuno si può creare una specie di 'cameretta virtuale', con il suo blog, la sua musica, le sue foto, una frasetta di benvenuto, qualche poster, più naturalmente un elenco di modi per essere contattato. MySpace è una comunità virtuale che consente allo stesso tempo di proclamare la propria identità, di esprimersi in libertà assoluta, di definire un'appartenenza a un gruppo e di socializzare con altre persone. Al momento gli iscritti, in gran parte teen-ager, sono quasi 27 milioni, ma la cifra è in continua lievitazione e si è già quadruplicata dall'inizio dell'anno.
MySpace è già oggi il quinto sito più visitato del mondo: con sette miliardi e mezzo di pagine viste al mese ha superato anche il mitico Google.
Pochi pensano che il tycoon di Sky abbia in mente di far pagare il servizio, attualmente gratuito. Molto più probabile che ad aprire il borsellino siano invece quelle aziende che ai ragazzi di MySpace vogliono comunicare un loro prodotto, a iniziare dalla musica (diverse band devono le loro fortune proprio al tam tam digitale del sito). Ma non solo. Gli stessi blog sono ormai un fenomeno talmente esteso che una piattaforma planetaria può provare a venderne gli spazi pubblicitari a prezzi da spot televisivo.
E in ogni caso, My Space potrà diventare l'epicentro attorno a cui ruoteranno anche le altre attività della Internet corporation di Murdoch, quando avrà completato gli investimenti per i quali prevede di spendere almeno 2 miliardi di dollari. Ad esempio, l'imprenditore australiano ha già ingoiato Scout Media (un gruppo di informazione sportiva i cui contenuti si adeguano perfettamente al target giovanile di MySPace) e Ign.com, network specializzato in giochi elettronici (altra passione degli adolescenti e non solo). Ora sta trattando l'acquisto di Blinx, uno strumento di ricerca per audio e video.
Di Eli (del 23/09/2005 @ 12:40:28, in Media, linkato 1788 volte)
Giusto a proposito di
integrazione tra i vari media questo è un comunicato stampa della
Vodafone.
Desperate Housewives - I Segreti di Wisteria
Lane, la serie TV vincitrice Golden Globes® ed Emmy Awards, che ha incantato
milioni di spettatori in tutto il mondo, arriva su Vodafone live! È la prima
volta in Europa che dei contenuti video per mobile riguardanti la pluripremiata
serie sono stati dati in licenza.
In contemporanea alla programmazione
televisiva su Rai Due, i clienti Vodafone potranno godersi anteprime, sintesi,
interviste, wallpapers e la suoneria polifonica, tutto direttamente sul proprio
telefonino.
Grazie ad un accordo raggiunto tra Vodafone,
Buena Vista International Television e Walt Disney Internet Group, gli
appassionati del serial non perderanno un episodio della loro serie preferita:
sul portale sara' disponibile l'anteprima esclusiva delle puntate che andranno
in onda su Rai Due sin da una settimana prima della messa in onda.
Invece, per chi avesse perduto una puntata
trasmessa in TV, potrà godersi su Vodafone live! le sintesi degli episodi gia'
trasmessi la settimana precedente.
Di Eli (del 23/09/2005 @ 08:13:31, in Media, linkato 1678 volte)
A causa della concorrenza sempre più pressante di canali satellitari, internet, cellulari e quant’altro la vecchia tv generalista sembra condannata a un forte ridimensionamento, come sottolineati da Newsweek nel servizio di copertina di questa settimana. L’entertainment acquista quindi nuove dimensioni e prospettive, e i programmi di conseguenza dovranno poter “rimbalzare” dalla tv al computer e da questo ai nuovi telefoni di ultima generazione, offrendo allo spettatore un ruolo di primo piano nella fruizione del servizio. In Inghilterra la BBC per prima sembra avere ben chiari questi concetti, e ogni nuovo programma ideato deve prevedere l’accesso da diversi tipi di media. Non a caso già più del cinquanta per cento dei programmi televisivi che vanno in onda quest´autunno saranno disponibili gratuitamente in download sulla rete, nell´ambito della sperimentazione di un nuovo servizio televisivo on demand. E allo stesso tempo i primi programmi d´intrattenimento arrivano sui telefoni cellulari. Si tratta di una rivoluzione che è destinata a propagarsi anche in altre nazioni: lo spettatore non si troverà più di fronte ad un palinsesto predefinito, ma potrà accedere alle informazioni, scegliendo programmi e media differenti a seconda di dove si trova.
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