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La TV sul cellulare: sarà un business?
Di Altri Autori (del 05/12/2005 @ 07:16:30, in Media, linkato 6377 volte)
Pubblico questo articolo apparso sul blog di Roberto Venturini. Mi sembra sia un tema di grande attualità, che stimola numerosi confronti tra appassionati di marketing e media.

Nuove tecnologie in arrivo e c’è qualcuno che ci crede davvero. Ma i consumatori adotteranno la TV sul cellulare? E chi ci metterà i soldi per farla?

Ad essere sarcastico, c'è da domandarsi se domani qualcuno userà ancora il cellulare per parlare. Ovvero se il traffico voce sarà ancora la colonna portante del business degli operatori di telefonia mobile.

E' peraltro chiaro che il mondo della telefonia cellulare sembra essere alla vigilia di un periodo di nuova, forte innovazione.
La lezione degli SMS è ben presente nella mente delle compagnie telefoniche; nati come puro strumento di servizio per gli operatori, sono esplosi nelle mani degli utenti, arrivando a rappresentare una percentuale molto importante delle revenue. Ed il boom di fatturati creato da servizi come loghi e suonerie ha reso manifesto quanto l'utente telefonico sia disposto ad investire sul proprio cellulare.

Di cosa si vivrà, domani?
La voce rischia dunque un giorno di trasformarsi in una commodity, soggetta a forti dinamiche di concorrenza sui prezzi - ed è tutto da capire cosa potrà comportare la diffusione della telefonia VoIP anche su questa piattaforma.

Logico quindi che si stia guardando con attenzione a tutti quei servizi che possano essere fatturati al cliente e che, essendo meno "basici", presentino opportunità tariffarie migliori. Di qui MMS, contenuti premium, videotelefonia, e, prossimamente sui nostri (piccoli) schermi, la televisione.

Se oggi già sono disponibili serial televisivi (“Mobisodes”) appositamente riprodotti per il cellulare (di cui ho già scritto in passato), l’obiettivo di fondo è convertire il cellulare in un vero e proprio ricevitore televisivo. Di passare dai contenuti da scaricare o da vedere in streaming all’utilizzo “in diretta”. In parole povere, rielaborare sia il telefono che l'infrastruttura di telecomunicazione per rendere il cellulare capace di fare, ad occhio e croce, quello che un qualsiasi televisorino portatile (disponibile sul mercato da anni) sa già fare benissimo e a costo di connessione pari a zero.

Si metterà la mano al portafoglio?
Se dunque mi viene proposto di pagare per un servizio che potrei avere gratis, il business non andrà molto lontano - motivo per il quale occorre trovare una differenziazione che permetta di far pagare per questo contenuto. Questa necessità potrà dunque costringere a ripensare non solo terminali e network telefonici, ma anche il sistema radiotelevisivo. Potenzialmente affiancando, alle numerose piattaforme televisive esistenti, nuovi "canali" fruibili (solo?) attraverso il telefono.
Balza immediatamente alla mente l'immagine di 50 milioni di Italiani che si guardano le partire di calcio mondiali sul cellulare, in ufficio, facendo finta di essere impegnati in una cruciale videotelefonata di lavoro. E sorge spontanea la domanda: ma lo useranno negli altri 3 anni, 11 mesi e rotti, quando il mondiale non c’è? E se l’Italia, il cielo non voglia, non si qualificasse ai Mondiali, che speranza di vita avrebbe questo modello di business tele-telefonico?

Un modello meno complesso è invece quello adottato, e con successo, in Corea, dove milioni di utenti già hanno l'accesso alla TV satellitare via telefono. In questo caso il modello sarebbe più semplice: pagare per pagare, si può anche spendere per vedere i programmi sul telefono, quando il megaschermo LCD del salotto non è a portata di telecomando. Sempre che la popolazione si sia già massicciamente adattata a sborsare per la TV “normale”…

Non è insomma assolutamente chiaro se il consumer sarà disposto a dare soldi in cambio di questi servizi. E ancora meno quale possa essere (a breve e a lungo termine) il modello di pricing corretto.

Dagli Stati Uniti arrivano ricerche che dimostrerebbero una sostanziale resistenza o disinteresse dei potenziali utenti verso questo tipo di servizio a pagamento. Servizio che, va detto, potrebbe incontrare però un interesse del tutto diverso in un paese tanto più cellulardipendente come il nostro. E’ lecito poi riflettere sul fatto che questo tipo di servizi rischiano di non essere facili da testare significativamente attraverso ricerche sui consumatori e che l’effetto imitativo (ce l’hanno tutti, lo fanno tutti, ergo devo farlo anch’io) potrebbe introdurre un fattore moda impossibile da prevedere a priori – fattore che spesso ha giocato un ruolo importante nel mondo della telefonia mobile.

C’è spazio per la pubblicità?
Ancora meno chiaro è il ruolo che la pubblicità potrebbe avere su questa nuova forma di diffusione televisiva. Sono quasi certo che sarebbe impossibile l'introduzione dei nostri tradizionali spot, sia per le limitazioni del terminale, sia perchè, in un contesto pay per view, l'intrusione della pubblicità potrebbe causare reazioni molto negative da parte del pubblico e potrebbe arrivare addirittura a mettere in pericolo il successo stesso di questa forma di comunicazione. E poi, diciamocelo, che fine farebbe la magia della prima presentazione dello spot al cliente, da parte dell’agenzia, se invece di uno schermo da 50 pollici la facessimo su uno schermo da 5’?

Con ciò non voglio ipotizzare che advertising e television-telefono non possano convivere; ad esempio con modelli legati a promozioni fidelizzanti in cui l'accesso gratuito a specifici programmi sia offerto ai clienti che abbiano completato un certo numero di acquisti, o mettendo in palio periodi di connessione attraverso concorsi a premio (per intenderci, in maniera analoga a quanto ha fatto, sul fronte della musica digitale, Pepsi Cola in partnership con iTunes di Apple).

Un problema di banda
E' comunque chiaro che la tecnologia odierna non sarebbe assolutamente adatta ad un’introduzione seria della televisione sul cellulare. I terminali attuali, per dirne una, esaurirebbero la batteria in meno di un’ora di microgodimento televisivo.

Quel che è peggio è che la banda usata per guardare la TV sarebbe concorrente con quella usata per la voce. Gli analisti sostengono che, in caso di successo del consumo di televisione sul cellulare, potremmo finire per non riuscire più ad usarlo per parlare. Costringendo gli operatori ad upgrade costosi o addirittura impossibili.

Si richiedono quindi tecnologie e soprattutto concetti nuovi. Sta, infatti, proprio ora emergendo un concetto radicalmente innovatore: niente video on-demand, niente streaming, ti guardi quello che emette la stazione quando lo emette – esattamente quello che faccio a casa con il mio sano, tradizionalissimo tubo catodico. O con il mio televisorino a pile. Che però fa molto meno trendy di un telefono che fa ti fa vedere la CNN.
Più che un passo in avanti, due in indietro (o forse in ogni caso in avanti, se il telefono lo guardiamo passeggiando).

La solita guerra degli standard?
Già si sono formate cordate che propongono potenziali standard concorrenti, focalizzati sull'offrirci a breve l’accesso a 10 o 15 canali televisivi su misura.
Forse è presto per dirlo, ma è probabile che la sigla DVB-H possa presto diventarci familiare, come sinonimo di uno standard su cui stanno lavorando Nokia, Texas Instruments, altri produttori di microelettronica, operatori del mondo delle teletrasmissioni ed altri partner di peso. Anche se non si può escludere che a spuntarla possa essere lo standard concorrente Flo o lo standard proprietario che si stanno sviluppando in casa i giapponesi.
Tutta gente in ogni modo dalle casseforti molto ben guarnite, se si pensa che per mettere in piedi negli USA un network operativo in grado di trasmettere la TV sui cellulari si dovrebbero investire tra i 4 e i 10 miliardi di dollari.

I primi trial televisivi veri dovrebbero iniziare nel 2006 / 2007, quindi da aspettare non ci sarà molto - anche se poi la strada dal trial al successo potrebbe essere lunga e lenta. O il consumatore potrebbe ancora una volta sorprenderci ed adottare massicciamente, immediatamente la novità.
Un bel pasticcio per quelli che devono pianificare il business ma, come dicono quelli della TV, è il bello della diretta…


Roberto Venturini


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