Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Il direct marketing con la rete: una grande occasione per le imprese Grandi, rapidi cambiamenti nel mondo dell' informazione. Di conseguenza si stanno necessariamente modificando le logiche e le tecniche anche nel settore della comunicazione pubblicitaria. Mutano gli strumenti ma anche i contenuti. Il mezzo televisivo che, dopo la scoperta della lampadina elettrica, ha praticamente rivoluzionato il palinsesto della giornata famigliare (chi non ricorda la canzone di Arbore che diceva: "vengo dopo il tg?") non è più quella novità che, in pochi decenni, mise in crisi in termini di audience e di gettito pubblicitario non pochi media tradizionali.
Con l'informatica in ogni casa, o quasi, (ma il pc.oggi te lo ritrovi, a differenza della televisione, anche sul posto di lavoro!) abbiamo, e siamo in tanti, un oblò aperto verso il mondo. Un finestra che non conosce barriere, distanze, differenze di costumi e che comincia ad aiutare largamente a superare anche molti problemi linguistici. Inoltre ci portiamo sempre dietro anche i cellulari, chi in tasca, chi nella borsa, che ci accompagnano ormai per tutte le 24 ore della giornata e stanno superando la loro funzione di strumenti di conversazione per diventare veri e proprio organi di comunicazione. In un Paese come il nostro dove, come è già stato purtroppo sottolineato, soltanto 16 mila aziende investono adeguatamente in pubblicità per il lancio, la promozione dei loro prodotti e dei loro servizi, si sapranno cogliere le opportunità che queste nuove suggestive alternative sembrano proporre? Alternative indubbiamente caratterizzate da criteri assolutamente diversi da quelli che hanno fino ad oggi connotato la filosofia degli investimenti in in Italia. Fino ad oggi è stato importante, soprattutto “sparare sul mucchio”. Siamo, forse, alla vigilia di una nuova era: quella nella quale sarà importante saper fare centro. La comunicazione mirata.
Le nuove formule si propongono, favorite dalle loro stesse caratteristiche tecniche, di offrire quei canali di comunicazione che dovrebbero consentire di avvicinare il cliente, o il possibile cliente, nel posto giusto al momento giusto. Un “media” ad personam. Si parla, a questo proposito, di “search advertising”, una sintesi perfetta delle possibilità di comunicazione e di interattività offerta da Internet. Un servizio molto più qualificato, qualificante e certamente molto impegnativo per chi lo offre, che va al di là del banner (una specie di annuncio pubblicitario, di manchette, come sono oggi le inserzioni sui giornali) o del più moderno, più invadente “pop up” che ti spunta improvvisamente sul monitor mentre stai navigando quasi come uno spot che interrompe, sia pure per poco, una trasmissione televisiva. Ma è l'aspetto contrattuale che presenta delle novità rivoluzionarie. Contraddistinto dal termine “pay-per-lead” questa nuova formula contrattuale sta a significare che, in pratica, l'inserzionista dovrà pagare un costo unitario per ogni contatto diretto che si verificherà dopo che un visitatore avrà cliccato sul bannner dell'azienda interessata, consentendo a quest'ultima di attingerne il nominativo, i diversi indirizzi ( quello di casa ma anche quello e-mail) e conseguentemente di poterlo più opportunamente e più agevolmente contattare. Insomma una forma suggestiva di advertising per la pubblicità emozionale, quella finalizzata alla affermazione del “brand” con i banner e, al tempo stesso, grazie alla formula pay-per-wiew, per un direct marketing preciso e sofisticato al tempo stesso. Il tutto connotato da rapidità di comunicazione, economia nei costi e sollecito controllo dei tempi, dei modi, dei costi della redemption. Intanto gli investimenti per pubblicità su Internet stanno registrando interessanti incrementi anche da noi: nel 2006 si sta registrando una crescita del 30 per cento rispetto allo scorso anno. Una prospettiva quanto mai interessante soprattutto se questi nuovi mezzi potranno rappresentare per la loro efficacia, ma anche per i loro costi, un'opportunità per molte aziende nazionali che, molto spesso anche per problemi di budget, hanno avuto fino ad oggi difficoltà ad utilizzare la comunicazione pubblicitaria in modo ampio e scientifico per lo sviluppo delle loro attività.
A questo punto vale la pena anche esprimere l'augurio che tali opportunità possano essere tempestivamente prese in considerazione dai diversi gruppi multieditoriali nazionali. Non può, infatti, non destare un minimo di preoccupazione il fatto che Google gestirà tutta la pubblicità che apparirà sui portali eBay, al di fuori degli Usa. Pare, addirittura, che utilizzando Wi-Fi, l'Internet senza fili, sarà possibile, a questi grandi motori di ricerca, di raccogliere, programmare. trasmettere via web perfino la pubblicità locale. Come cavallo di Troia di queste novità potrebbe giocare un ruolo importante la non ancora sufficientemente esplosa VOIP. Una formula che più che a portare la “voce” via Internet, con conseguente risparmio nei costi tele fonici, dovrebbe portare le immagini sui monitor dei nostri personal computer. Un terreno di scontro tra colossi. Tutto questo mentre negli Usa è già stato dato il “via”, di recente, ai primi test per far arrivare gli spot (si gli spot telelevisivi) anche sui cellulari. Un grande traguardo per i fautori della banda larga. Ma sta proprio tutto cambiando? Forse varrebbe la pena dedicare qualche attimo di riflessione alla prorompente progressione dei “blog”. Chiamiamoli gruppi di opinioni, chiamiamoli target, si tratta comunque di incontri tra tante persone, magari distanti tra di loro nello spazio, che condividono particolari “welthanshaung”. Una realtà della quale se ne stanno accorgendo anche mezzi di comunicazione tradizionali, come i quotidiani ad esempio. E ci si sta accorgendo che è giunto il momento di dare spazio anche a coloro che chiedono la parola. Da sei anni, in Corea del Sud, è attivo un sito web caratterizzato dallo slogan “ogni cittadino è un reporter”. Il suo inventore, Oh Yeon-ho da qualche tempo ha lanciato questo servizio, con il quale si mira a ridefinire un nuovo modello di relazione tra “media” e utenti, anche in Giappone. “Se va bene qui – avrebbe detto a Tokio pochi tempo fa – vado a farlo anche in Italia".
Via Marketing Journal
Re-design: questo il concetto chiave attorno al quale si svilupperanno i dibattiti previsti dal programma conferenze di Marketing forum 2007. Due conferenze sono aperte al pubblico e saranno ospitate nello spazio virtuale Second Life. Tra queste anche l'appuntamento dedicato al tema della candidatura di Milano come sede dell'Expo 2015: tra i relatori il presidente della Provincia di Milano Filippo Penati.
Marketing forum approda a Milano il 30 e il 31 maggio (presso Palazzo Mezzanotte) con la sua dodicesima edizione. Organizzato da Richmond Italia, l'evento è un meeting annuale dedicato ai direttori marketing e comunicazione italiani e alle agenzie di servizi. La struttura dell'evento conserva l'esclusiva ed efficace formula consolidata negli anni: incontri di business tra delegates e exhibitors con conferenze, workshop e seminari. Il programma comprende sei seminari durante i quali affermati manager, docenti e ricercatori faranno il punto della situazione sull'innovazione di mercato, ed è articolato intorno al tema del Re-design, momento di riflessione sull'innovazione e sulla ricerca di nuovi modelli e paradigmi non necessariamente da imitare, ma almeno da conoscere. Tra i relatori spiccano i nomi di Umberto Galimberti, Alberto Contri, Peter Grosser, e Lars Wallentin. Per le istituzioni si segnalano Filippo Penati, presidente della Provincia di Milano, Massimiliano Orsatti, assessore Turismo, Marketing territoriale e Identità Comune di Milano, e Pier Gianni Prosperini, assessore Regionale allo Sport, Giovani e Promozione Attività Turistica. Due le conferenze aperte al pubblico gratuitamente. Entrambe saranno ospitate, con il supporto di LifeLog Studio di Milano, in un ambiente di Second Life. Marketing forum è il primo evento di business italiano ad avere il suo alter ego su Second Life. Per l'iscrizione alle conferenze è necessario contattare Richmond Italia, allo 02-4221020, o scrivere una email a gdigregorio@richmonditalia.it.
Via Pubblicità Italia
In un'ottica di Marketing Sensoriale, e specificamente, di lavoro sulla prima "P" del Marketing Mix ( il prodotto), Wrigley ha lanciato "5" il chewing gum che stimola tutti e 5 i sensi.
Detta così suona bene... vediamo nel dettaglio:
1) Vista: il packaging del prodotto è vistoso ed aggressivo. Tenendo conto che il prodotto si rivolge ad un target di teens americani ( che da soli valgono 1/3 del mercato USA della gomma da masticare) e di giovani adulti, il look appare adeguato - visto che ricorda più una confezione di preservativi che una di gomme. E, si sa, il sesso vende sempre.
2) Udito: su questo fronte, un silenzio assordante. Non risulta che la tecnologia del colosso americano sia riuscita a far produrre alcun suono particolare al prodotto, al di là di quelli prodotti comunemente da consumatori poco eleganti - e quella comunque è una caratteristica propria della categoria e non del prodotto.
3) Gusto: 3 sono i gusti del prodotto. Rain (menta spearmint) Cobalt (peppermint) e Flare (cannella). Non so perchè ma mi si rinforza l'immagine mentale del profilattico...
4) Tatto: dopo aver probabilmente scartato l'inclusione di particelle appuntite, sferiche, cilindriche o pelose per ovvi motivi, la R&D di Wrigley ha lavorato sulla generazione di effetti speciali nel cavo orale per via chimica. Rain infatti genera un pizzicorino, Cobalt una sensazione di freddo, Flare una di caldo.
5) Olfatto: anche se non sono state rilasciate specifiche dichiarazioni in merito, è presumibile che il prodotto odorerà fortemente di menta o cannella, a seconda delle varianti.
Il concetto di fondo del prodotto è comunque fornire sensazioni forti ( per quello che può fare un chewing gum, beninteso) per venire incontro alle esigenze di continue stimolazioni sensoriali proprie del target. L'obiettivo di stimolazione è inoltre anche applicabile al business di Wrigley, che ultimamente sembra aver sofferto in termini di quote in alcuni mercati importanti, a favore di marche concorrenti come Trident...
Comunque, è ovvio, mi riservo di dare un commento conclusivo se e quando riuscirò mai a provare di persona il prodotto.
Per approfondimenti, alcuni divertenti commenti qui, market insights qui, la press release qui.
Uno studio condotto in Gran Bretagna da un gruppo di psicologi dell’Università di Liverpool ha dimostrato che esiste una corrispondenza diretta tra pubblicità e peccati di gola, perché i bambini, dopo avere guardato in tv spot di prodotti alimentari, sono indotti a mangiare di più. Il problema dell’obesità infantile non si può trascurare. L’Organizzazione mondiale della sanità parla di una vera e propria epidemia, che provoca danni alla salute, causa difficoltà relazionali, scarsa autostima e disturbi depressivi. Sul fronte europeo, la UE ha recentemente varato il nuovo regolamento sulle indicazioni nutrizionali e sanitarie per i prodotti alimentari, che metteranno all’indice termini come “slim”, “snello” e “fitness”. Anche in Italia è da tempo scattato l’allarme. Il nostro Paese si assesta in cima alla classifica europea per cattiva alimentazione: il 36% dei bambini italiani fra i 6 e i 12 anni è in sovrappeso. Il Ministero della Salute ha deciso di correre ai ripari, siglando una intesa con diverse associazioni per l’attuazione del programma “Guadagnare salute, rendere facili le scelte salutari”. Iniziativa lodevole, peccato che, per il momento, non siano previste restrizioni sugli spot, come accaduto in alcuni Paesi europei. In Inghilterra, per esempio, è stata vietata la pubblicità di alimenti durante le trasmissioni per bambini. Un divieto simile è stato attuato in Norvegia e Austria. In Svezia, dove le regole sono ancora più severe, non esiste pubblicità diretta ai minori. Mentre la Francia ha optato per una politica meno drastica, anche se meno efficace: integrare gli spot tv sugli alimenti con suggerimenti per equilibrare la dieta dei bambini.
Roberta Villa e Roberto La Pira, Corriere della Sera
Abc News, uno tra i più seguiti notiziari Tv statunitensi, ha inaugurato l'era del telegiornale 2.0 con un servizio online che accorcia le distanze tra redazione e telespettatori, aprendo nuovi spazi e prospettive per il cosiddetto "citizen journalism" - l'informazione fatta "dal basso". Il nome del progetto è una dichiarazione d'intenti: BeSeen BeHeard, traducibile come "fatti vedere e fatti ascoltare".
Il servizio, che affianca la versione online di Abc News, è un'interfaccia per la pubblicazione di videonotizie autoprodotte. Gli utenti registrati possono inviare servizi e clip di natura giornalistica e sperare che la redazione di Abc News li metta in onda sul piccolo schermo oppure sul Web.
Video, ma non solo: attraverso questo nuovo portale, Abc News vuole stimolare e favorire il meccanismo di "feedback" e interazione tra utenti e giornalisti, grazie a gruppi di discussione tematica sempre aggiornati. È possibile partecipare a questi gruppi sia in maniera testuale, sia inviando i propri pensieri e le proprie opinioni sotto forma di breve videoclip. In aggiunta, il servizio offre una programmazione di sessioni "domanda e risposta" tra telespettatori e giornalisti, aperte alla partecipazione di tutti.
BeSeen BeHeard è articolato in tre sezioni principali, tutte moderate dallo staff di Abc News: uno spazio "Talk Back", dedicato al commento di notizie e fatti di cronaca, "What Do You Say", che vuole rappresentare in maniera multimediale l'opinione pubblica su grandi questioni e temi, nonché "Caught!".
Quest'ultima sezione è particolarmente interessante perché permette di visualizzare gli scoop esclusivi prodotti dagli utenti: da un incidente avvenuto sotto casa fino a una manifestazione immortalata grazie a un videofonino. C'è aria di nuovo nel mercato dei media tradizionali statunitensi: la transizione dei "grandi nomi" verso inesplorati modelli collaborativi è ormai un dato di fatto.
Uno e inconfondibile il mantra di questa "evoluzione genetica" che attraversa l'informazione di massa: dare sempre più spazio agli utenti, che vanno integrati nel sistema delle notizie come coprotagonisti e non come semplici spettatori passivi. Resta da vedere se la base è disposta a diventare coprotagonista, spesso senza guadagnarci niente: per il momento i dati più recenti sulla partecipazione online lasciano capire che gli utenti "attivi" sono molti meno di quanto le grandi aziende siano disposte a immaginare.
Tommaso Poggiali su Mytech
L’attuale programmazione di spot ci dà modo di osservare come si utilizza il testimonial nei commercial di prodotto...
Modo n° 1, il più classico: Kakà fa Kakà e a Ringo ben gli sta (fuori ruolo, invece, Totti e Gattuso massaie per famiglie numerose).
Modo n° 2, meno comune ma assai più raffinato: il testimonial in incognito, riservato a divi di insuperata notorietà. Attualmente non on air (forse perché bisogna essere come minimo Sophia Loren per apparire in incognito e non è detto che la Loren accetti).
Modo n° 3, il testimonial “svisto” e di proposito ignorato perché il protagonista vero è il prodotto - quindi Alessandro Gassman scambiato per Michele Grant o la Cucinotta e Arbore degradati a comparse perché è Unicredit Banca che conta. Beato chi ci crede.
Modo n° 4, il testimonial globale, come Chiambretti, che presta la faccia ad Alpitour e la voce alla Panda. Per restare in famiglia.
Più contorto il modo n° 6, adottato dalle patatine Amica Chips per rilanciare Rocco Siffredi che, pur di comparire e conservare l’allure di pornodivo, finge di essere quell’Omar Monti, di scarsa notorietà, che ne “La pupa e il secchione” sosteneva di essere, a 31 anni, ancora vergine. Cosa non si fa per una patatina.
Modo n° 7: il testimonial usa & getta – in genere un divo americano (vedi Travolta o Kevin Costner o anche George Clooney) che accetta di pubblicizzare qualcosa, ma solo in un certo paese e speriamo che nessuno se ne accorga altrove.
E adesso, la classifica. Per ora, nessuno ha ancora battuto Catherine Deneuve in “Oui, je suis Catherine Deneuve”, ma fra tutti i testimonial visti di recente o attualmente in onda, non c’è dubbio che the winner is non un volto ma una voce: quella di Jeremy Irons, testimonial per Croma. Mesto con sentimento lui, non proprio eccitante la Croma, ma con una voce così sei On the Road anche senz’auto.
Via Lillo Perri
In una mossa di marketing alternativo, misto fra il guerilla e il buzz, Nissan USA ha smarrito 20.000 mazzi di chiavi in locali pubblici statunitensi
Ogni mazzo di chiavi contiene una card che recita " I found please do not return. My Next Generation Nissan Altima has Intelligent Key with Push Button Ignition, and I no longer need these "(Se trovate queste chiavi, per favore, non le restituite. La mia Nissan Altima di Nuova Generazione possiede una chiave intelligente con avvio dell'auto premendo un bottone, quindi non ho più bisogno di queste chiavi).
Contiene anche un codice che, inserito all'interno del sito www.altimakeys.com, permette la vincita di premi, sconti sulla benzina etc.
La campagna ha come obiettivo raggiungere un pubblico giovane, sempre più difficile da raggiungere con i media tradizionali. Il budget annunciato è di 100.000 $
Il mio commento: se la meccanica è carina, il messaggio pubblicitario sulla card secondo me ammazza il brand e rovina il giochino. Non mi sembra il linguaggio più adatto per una operazione di engagement marketing rispetto ad un pubblico giovane.
Degno di nota che il messaggio nella card è composto da 18 parole, di cui 11 iniziano con la maiuscola...
Indesit ottiene un click-through rate di oltre il 16% con l’advertising su mobile Nokia Italia. L’esperimento di campagna pubblicitaria, incentrato sul personaggio di Jack the Cuckoo, viral marketing di Indesit, era rivolto ai possessori di un sistema WAP mobile con accesso a internet e prevedeva il raggiungimento di 100k impressions.Il click-through rate registrato è stato di oltre il 16%, mentre il benchmark tra il 5 e il 10%: un buon risultato se si pensa che il click-through rate su internet raramente supera il 2%.Collegandosi al sito Nokia Italia, i banner sul sito guidavano alla landing page di Indesit, dove era possibile scaricare suonerie e video del personaggo di Jack the Cuckoo, il viral movie ideato da Indesit lo scorso anno e già protagonista di advertising on line e attività di viral marketing.Il momento di maggiore accesso al servizio si è registrato in prima serata, dalle 19 alle 21, quando si verifica un maggiore consumo di tv su mobile da parte degli utenti.“Indesit è stato il primo in Italia a testare questo tipo di comunicazione innovativa, che rispecchia lo spirito di questo brand dinamico e attento alle nuove forme di comunicazione – dichiara Marco Rota, direttore marketing di Indesit Company -. Per testare questo nuovo canale di comunicazione abbiamo scelto un partner affidabile e leader nel suo settore come Nokia Italia, e visti gli ottimi risultati raggiunti non escludiamo di continuare ad investire in nuove frontiere di comunicazione efficaci e innovative come questa esperienza”.
Via Pubblicità Italia
In una mossa degna dei migliori Legal Thriller, Coca Cola ha deciso intraprendere una azione legale contro Coca Cola Zero, con la motivazione di un preteso furto di gusto.
Su questo tema ruota l'ultima campagna di Coke, articolata in una serie di spots e di azioni di marketing online...
Guardatevi le "candid camera" (manager di Coca Cola che si riuniscono con avvocati per chiedere un parere legale sulla possibilità di farsi causa) e, se volete, trascinate in tribunale un amico con l'esclusivo servizio "Sue-a-Friend" offerto da Coca Cola sul proprio sito...
La tematica sessuale all’interno del linguaggio commerciale fa sempre e comunque parlare, ma non sempre è coerente con il posizionamento della marca o con il prodotto. In base al grado di coerenza del tema sessuale col brand, possiamo suddividere i casi in 3 categorie. Il sesso può essere:
Nel prodotto, per obbligo Possono usufruire di questo tema mediatico i marchi di prodotti legati al mondo sessuale dal punto di vista della categoria d’appartenenza. Aziende di profilattici o sexy shop, sono obbligati, e ben felici di esserlo, a far sì che questo tema sia costantemente il pilastro portante della loro comunicazione. Di seguito due esempi recentissimi. > Durex in Francia recluta 20000 persone disposte a testare i propri profilattici con delle affissioni rappresentanti i tipici annunci a frangia in formato gigante. Il linguaggio è chiaramente allusivo e ironico. “Pas de salaire, que du plaisir”. > Il sexy shop milanese Erotika si promuove con una sex machine: un’automobile parcheggiata fuori dal proprio negozio sui cui finestrini sono applicati degli adesivi raffiguranti tre donne e tre uomini in atteggiamenti hard. “Toys you can’t wait to use”.
Nel posizionamento, per piacere Altri marchi invece hanno il sesso insito nel loro posizionamento. Emblematico è Axe che con il payoff “Axe effect” continua a produrre in abbondanza e con velocità campagne ironiche utilizzando mezzi classici e non. Ad esempio: asciugamani che con effetto trompe l’oeil fanno sembrare in dolce compagnia, un’affissione all’entrata di una galleria rappresenta due gambe divaricate, un adesivo raffigurante un occhio che spia posto di fronte ai sanitari nei bagni degli uomini.
Puro attention getting, per far parlare Molte volte però il tema sessuale viene scelto solamente per catturare l’attenzione, pur non avendo nessuna connessione con il marchio o il prodotto. Di seguito tre casi eclatanti in cui il tema sessuale è trattato in modo esplicito. > Il marchio d’abbigliamento spagnolo Desigual promuove l’apertura di un nuovo store invitando la gente ad arrivare nuda ed offrendo loro i vestiti che riescono ad indossare. > Shai, brand di abbigliamento, si promuove con un catalogo piccante: 3 video pornografici, lei-lui, lei-lei e lui-lui. > A Copenhagen il Danish Road Safety Council, per far rispettare il limite di velocità ponendo attenzione ai cartelli stradali, ha cercato di risolvere il problema con l’iniziativa “Speed Bandits”: ha posto delle belle ragazze in topless con in mano il cartello di limite di velocità (vedi il video in allegato). > Per fare un raffronto con un’attività simile, ma giustificata nell’utilizzo del tema sessuale da parte del brand, in Belgio Sloggi, con la campagna “Smoggi” adottata per ridurre l’inquinamento per smog, ha posto delle ragazze con in mano il cartello di limite di velocità con indosso i completi del marchio di intimo.
Quando il prodotto o il posizionamento sono nell’area sessuale, c’è una buona ragione per approfittarne, ma comunque non abusarne. La tematica sessuale può essere un motore che alimenta il passaparola e rende le campagne virali, ma se viene utilizzata gratuitamente non costruisce nulla per il brand e finisce solo con l’alimentare l’archivio delle campagne trash.
Via Lillo Perri
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