Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
La pubblicità la devono fare solo i professionisti o siamo tutti creativi?
In una faticosa marcia (dagli incerti risultati) verso una possibile pubblicità 2.0, si inserisce anche un sito italiano - dammiunnome.com, che in questi giorni è entrato in beta pubblica.
Si tratta di un sito che intende mettere in contatto la domanda di creatività da parte delle aziende con l'offerta di creatività da parte del pubblico della Rete - con uno specifico focus sullo sviluppo di claim, slogan, titoli...
Iniziative come questa potrebbero configurarsi come un nuovo elemento nello scenario della comunicazione e della pubblicità, specialmente per le PMI che non hanno i budget delle major.
Ma non credete: Gillette, che e' stata da sempre cliente di ferro di BBDO, adesso che è stata comprata da Procter ha intrapreso una iniziativa molto disruptive:per il lancio di Fusion ha usato una piattaforma online (OpenAd) su cui creativi freelance e dilettanti hanno potuto esprimere le proprie idee e proposte. Hanno vinto uno studente sloveno, un fotografo inglese e un americano...
Attenzione però, per le aziende piccole che vogliono risparmiare: chiaro che si spende meno, il rischio è doversi filtrare migliaia di vaccate prodotte dagli inevitabili dilettanti allo sbaraglio... quindi bisogna mettere in conto meno soldi ma più lavoro.
Ed è altamente raccomandabile che ad usare questo tipo di coinvolgimento del pubblico siano aziende che hanno un know-how interno, in grado di giudicare professionalmente e strategicamente le proposte. Ed è auspicabile che queste piattaforme raccolgano il lavoro di freelance competenti (che, btw, a Ottobre vanno a congresso) e non solo di quelli che "c'ho avuto un'idea stanotte".
Le agenzie sono (dovrebbero essere) infatti consulenti, in grado di consigliare un cliente che non sa, su cosa sia la cosa giusta anche se è una cosa che magari al cliente non "piace" (sapeste quanti clienti mi hanno chiesto ai suoi tempi pubblicità con la gnocca, indipendentemente dal target, dal prodotto o dagli obiettivi; perchè qualcuno gli aveva detto che la suddetta vende sempre...).
Insomma: se qualcuno mi deve dare un consiglio su qualcosa che non conosco, preferisco sia più esperto di me. Se invece sono competente, ben vengano idee fresche ed economiche...
Google forse sperava di chiudere una volta per tutte la questione copyright legata al download di video da YouTube, ma pare che la soluzione presentata pochi giorni fa non piaccia alle media e internet company, che oggi hanno deciso di mettersi insieme proprio per la difesa del diritto d'autore. Il sistema di tutela del copyright messo a punto da YouTube si chiama "Video fingerprinting": un database che archivia riferimenti a file di contenuti video coperti da diritto di proprietà e li confronta con quelli che gli utenti di YouTube cercano di caricare. Se il file corrisponde all'"impronta digitale" già registrata, viene cancellato. Secondo il Financial Times Google ha condotto a luglio una sperimentazione con nove media company, tra cui Time Warner, che si è detta sostanzialmente soddisfatta. Oggi però un gruppo di media e internet company del calibro di Viacom, Walt Disney, Microsoft, Fox e MySpace di NewsCorp, e Nbc Universal hanno annunciato un accordo per la tutela del copyright. Colpisce il fatto che Google non faccia parte di questo nutrito gruppetto, e la scelta suona come una bocciatura della tecnologia appena lanciata da Mountain View.
Philippe Dauman, Ceo di Viacom, ha detto che si tratta di una soluzione non abbastanza convincente, per questo ha deciso di far parte di questa partnership con l'obiettivo di studiare delle serie linee guida per regolare l'accesso di contenuti protetti, in particolare video, da internet. Va ricordato che in marzo, Viacom ha intentato una delle numerose cause contro YouTube, chiedendo un miliardo di dollari di risarcimento danni. È comunque possibile che Google partecipi alle discussioni insieme alle media company.
Luca Salvioli su Il Sole 24 ORE
Per promuovere la terza stagione di Lost in Spagna, la Fox ha realizzato un simpatico evento di buzz marketing, posizionando il rottame del aereo del serial all'interno della stazione ferroviaria di Atocha a Madrid.
Si tratta di un esempio molto garbato di marketing alternativo - di quelli che non danno fastidio e che funzionano solo nella misura in cui una serie di media e di giornalisti (come il sottoscritto ) trovano interessante la cosa e ne amplificano la portata parlandone e portandola ad un pubblico più ampio.
Il classico modello del Guerilla, tanto per intenderci - se non ne parlano i mass media sono generalmente soldi buttati e/o costi contatto fuori da qualsiasi logica umana.
Dal punto di vista tecnico, la location è stata scelta (anche) per la presenza di palme all'interno della stazione, che evocano lo scenario dell'isola misteriosa. La coda dell'aeroplano è alta 6 metri e pesa circa 400 kg ed è visibile da tutta la stazione.
Alal fine della promozione, la coda vedrà concludere la propria carriera su eBay dove sarà venduta al miglior offerente (qualche fan hard core della serie)?
Confermando le voci di trattativa circolate nei giorni scorsi, Vodafone ha annunciato oggi di aver raggiunto un accordo definitivo per l'acquisizione, attraverso le controllate italiana e spagnola, di Tele2 in Italia e Spagna.
L'accordo è stato siglato con Tele 2 Svezia ha un valore complessivo di 775 milioni di euro.
L'operazione ha l'obiettivo di rafforzare l'offerta di Vodafone nell'area fisso-mobile. Con l'acquisizione, infatti, Vodafone "eredita" i 2,6 milioni di clienti Tele2 in Italia, 400 mila dei quali nella banda larga, e i 550 mila clienti spganoli, 240 mila dei quali nella banda larga.
Una volta completata l'acquisizione, Vodafone Italia disporrà di un ampio portafoglio di tecnologie che includeranno, oltre alla telefonia fissa via radio con Vodafone Casa, anche la rete fissa DSL, concretizzando l'offerta di servizi di comunicazione totale, per la clientela residenziale e per le imprese.
Sia in Italia sia in Spagna , Tele2 offre una copertura con accesso alla rete fissa locale in modalita' ULL (Unbundling local loop). Vodafone prevede un piano di investimenti per l'aumento dei nodi di accesso alla rete entro i prossimi 12 mesi e la conversione della rete alla tecnologia IP.
Via Smaunews.it
Per rivitalizzare la pubblicità, e specialmente quella online, le concessionarie hanno puntato sul fronte della multimedialità, della “ricchezza” del media. Spesso facendo poi passare il tutto sotto la forma di un normale 30” ottimizzato (liofilizzato) per l’uso online.
Adesso che la pubblicità online ha preso un passo molto robusto e che invece fa fatica quella tradizionale, ecco che c’è chi cerca di inventarsi una maggiore ricchezza di media anche sui quotidiani.
E’ il caso del Los Angeles Times che ha a messo disposizione degli inserzionisti la pubblicità olfattiva – nella sua sezione trimestrale dedicata agli spettacoli cinematografici.
A quanto pare stiamo assistendo ad un ritorno della pubblicità che ci prende per il naso… e non solo: con grande scandalo dei puristi ci viene proposto il remake di Polyester, il mitico film in odorama del grande regista John Waters …. (su ebay ancora si trovano le card scratch and sniff che davano la multimedialita' al film)
Non sono mancate le polemiche sul remake: il ruolo che fu del(la) mitica drag queen Divine è stato ora affidato a John Travolta… noto esponente di Scientology. Dato però che come attore è bravino (a differenza dell’altro superscientologo Tom Cruise) uno può anche tapparsi il naso e andarlo a vedere…
Il videogame italiano fanalino di coda in Europa. Il mercato cresce del 2,3% contro il 25% dell'Olanda e il 12 di Spagfna e Francia
Sony taglia il prezzo della Ps3 e Mediaworld propone una settimana di sottocosto per le console. Con l’avvicinarsi del Natale entra in fermento il settore dei videogiochi che secondo i dati dell’Aesvi cresce ma senza entusiasmare. L’Associazione degli editori di videogame, nel suo terzo rapporto sullo stato dell’industria videoludica in Italia, stima per il 2006 un valore di mercato di 741.908 euro con una crescita del 2,3% rispetto al 2005.
In realtà il valore finale è sicuramente più alto visto che il panel di Gfk copre il 63% del mercato del software per console, il 65% dell’hardware sempre per le console e il 70 del mercato dei giochi per pc. Il saldo positivo è stato realizzato soprattutto con le vendite di software che rappresentano il 64% del mercato, pari a 474.926.533 euro, mentre le console hardware valgono il 36%, pari a 266.981.877 euro.
Secondo l’Aesvi le principali leve dello sviluppo sono state, da un lato l’innovazione tecnologica e la tendenza a una sempre maggiore creatività e multimedialità del prodotto, dall’altro, l’evoluzione e la diversificazione delle modalità distributive, con un progressivo aumento di importanza dei canali della distribuzione moderna.
Sta di fatto che l’Italia cresce molto poco rispetto agli altri Paesi europei. L’Olanda cresce infatti del 25, 9%, la Germania del 22,5%, la Svezia del 21%, la Spagna del 12,3%, e la Francia del 12. Non pare preoccupato Andrea Persegati, presidente Aesvi che sostiene come “La crescita moderata registrata lo scorso anno (+2,3%) vada contestualizzata in un arco temporale di medio termine che ha visto il mercato crescere con un tasso particolarmente significativo nel 2005 (+16,6%) e che lo vede in una fase di sviluppo ancora più esponenziale nei primi sei mesi del 2007 (+47,9%)”.
Persegati non lo dice ma in questa crescita impetuosa del 2007 un ruolo importante lo gioca sicuramente la Wii di Nintendo (del quale il presidente Aesvi è country manager) che ha contribuito a sostenere le vendite dell’hardware che cresce del 17,4% in valore e dell’8,2% in volume nel 2006.
Lo scorso anno in Italia sono state vendute 1.602.994 console, per un giro d’affari complessivo di 266.981.877 euro. In linea con quanto succede in altri mercati le console portatili hanno contribuito in modo significativo con 767.560 unità vendute (+ 21,6%) e un giro d’affari di 120.870.295 euro (+31,1%). In flessione a volume il segmento Home Console – 835.433 unità vendute (-1,7%) con un giro d’affari di 146.111.582 euro in crescita (+8%).
Il succo di questi dati è che le console iniziano a essere una presenza abituale nelle famiglie italiane. Le si trovano in una famiglia su tre dopo che nell’ultimo anno è stata realizzata una crescita di sei punti percentuali sulla base installata. Non siamo ancora ai livelli olandesi o svedesi (una console ogni due famiglie) ma ci stiamo facendo sotto.
Nel segmento dei gaming device la crescita a valore è stata del 16,5% grazie soprattutto a batterie e memory card. Più difficile è invece la situazione per joystick, telecomandi, volanti che in volume crescono dell’1,2% e in valore diminuiscono dell’1,1%.
Per quanto riguarda il software, nel 2006 in Italia sono stati venduti 15.905.706 videogiochi, per un giro d’affari complessivo pari a 474.926.533 Euro. Questi dati equivalgono a una crescita del 6,2% in volume e una flessione del 4,6% in valore, dovuta all’erosione del prezzo medio dei videogiochi per Ps2 e pc. Il mercato è trainato dalle vendite dei console games (videogiochi per console) (77,1% del mercato in volume e 85,1% in valore), che crescono del +9,9% in volume e in particolar modo dal segmento Portable, cresciuto del +38,3% in valore e del +50,8 in volume. In flessione le vendite dei pc games che registrano un -4,6% in volume e un –20,6% in valore.
Luigi Ferro
Ormai si parla con insistenza del Web 2.0, nel quale la partecipazione degli utenti ha reso difficile distinguere fra chi è produttore di contenuto e chi spettatore, tanto che il Time ha dedicato ai blogger e a tutti coloro che scrivono e vivono in rete la sua copertina con il titolo di uomo dell’anno.
Per chi come me ha iniziato a lavorare fin dal 2002 su community e siti dove erano gli utenti a produrre gran parte del contenuto tutto ciò è fonte di una certa soddisfazione, a dispetto di chi allora non credeva in queste cose. Proprio però perché frequento da tempo questi ambiti non posso fare ameno di notare come tutto questo sia una grande fonte di complessità e ponga notevoli problemi agli operatori della rete e della comunicazione in genere.
Come si può infatti porre dei confini a questo mondo frenetico e magmatico? Chi a questo punto ha il dovere e l’onere del controllo? Dove finisce il professionista ed inizia il semplice appassionato?
E ancora, non dimentichiamoci che esiste un motivo per cui i motori di ricerca sono da sempre la seconda applicazione in rete dopo la posta elettronica: l’overload di informazioni.
Per questo il fatto che tutti si possano scambiare a grande velocità informazioni attraverso sistemi veloci e quasi automatici, come ad esempio i feed rss, e che i video dei telegiornali a volte siano anticipati e propagati da You Tube crea nuove sfide, moltiplicando e riflettendo all’infinito l’informazione, intesa in senso ampio.
Nello specifico questa velocità richiede nuovi professionisti che conoscano questi meccanismi e sappiano selezionare in questo mare in tempesta l’informazione, il dato, la notizia che serve di volta in volta a quella esigenza cui sono chiamati a rispondere.
Ad una velocità superiore ai concorrenti.
Un po’ giornalisti e un po’ informatici con un pizzico di spirito manageriale i nuovi protagonisti della rete, del futuro web 3.0 o come altro si chiamerà, saranno coloro che riusciranno a governare e guidare le migliaia di fonti senza però reprimere la forza creativa di chi le produce.
In parte ciò è una rivincita dell’uomo e del suo discernimento, non c’è infatti motore di ricerca semantico che possieda la ricchezza del pensiero umano.
Per questo il nuovo professionista del web dovrà conoscere al meglio gli strumenti della ricerca, indispensabili per fare fronte alle quantità, ma poi dovrà sapere distinguere con la propria testa e capire cosa ha davanti.
Non è una sfida semplice ma proprio per questo è quanto mai accattivante...
Gianluigi Zarantonello
Fra le letture estive in arretrato che ho recuperato, interessante questo articolo del NY Times, su ricette e social networking.
In effetti ho sempre scommesso sul potenziale di interesse dei siti di ricette online, visitate in Maggio da oltre 50 miliioni di Internauti Americani, circa un 30% della popolazione navigante ( e che visito spesso anch'io - tra i miei preferiti il sito della BBC e CHOW).
D'altro canto il fenomeno di networking sociale in corso ha a questo punto ormai ridefinito alcuni parametri strutturali della nostra società e della nostra socializzazione; ed è in grado di aggregare numeri importanti di persone - spesso contraddistinte da passioni, interessi che gradiscono consividere, spesso sfoggiando le proprie abilità.
Inevitabile dunque una convergenza tra i due ambiti, con parecchi dei principali siti di ricette che si stanno affrettando ad introdurre elementi di social networking al proprio interno - si parla di Epicurious o di myrecipes.com (Time Warner), dell'inossidabile Martha...
Il social netwoirking diventerà quindi più verticale? Focalizzato per nicchie ed ambiti di interessi? O più probabilmente assisteremo all'introduzione di elementi socializzanti all'interno di qualsiasi offerta di contenuto, servizio, prodotto?
Il bello di Internet, la giostra continua a girare e a ogni giro ne tira fuori una nuova.
A presto a tutti, questa settimana torno in Spagna per ultime incombenze, cercherò di mantenere vivo il Blog con un battito un po' più accelerato... e mi comprerò, come souvenir, un libro di ricette di tapas (che, ovviamente non farò mai, sono più un tipo da stufati o da cibo orientale...)
Non c'è dubbio che "l'Oriente" da anni sia di moda nel mondo occidentale.
Per molti consumatori si tratta di un fenomeno puramente superficiale: oggi il Power Yoga, domani il Pilates, dopodomani i balli tribali dell'Alto Volta; oggi lo shampino con l'aromaterapia, domani la cremina con gli estratti degli sciamani maya.
Per altri (molti meno) la scoperta di saggezze antichissime e di valori profondi...
Sia come sia, doive c'è una moda c'è un potenziale di mercato - quindi l'Oreal ha pensato bene di aggiungere l'ayurveda al suo portafoglio prodotti.
Al momento pare siano solo a livello di decisione strategica e di prospezione del mercato indiano per individuare una azienda cosmetica di piccole /medie dimensioni da acquisire, per:
a) aumentare la propria penetrazione sul mercato indiano con prodotti "locali" b) portarsi a casa il know how per fare un botto sui mercati occidentali
Il trend è stato comunque già marcato da Unilever nel 2002 con l'acquisizione di marche operanti sul mercato indiano e il lancio della marca Ayush che non solo produce prodotti basati sull'antica sapienza medica indiana ma che gsetisce anche un centro terapico, il Lever Ayush Therapy Centre.
Temi di riflessione: a) le opportunità di diversificazione e posizionamento sui mercati consumer - affamati di novità - sfruttando sapienze da noi percepite come "esoteriche", più morbide, comunque meno sfruttate a livello di marketing industriale... spesso usate come pretesto per dire qualcosa di nuovo
b) la nostra capacità di macinare qualsiasi cosa, filosofia, credenza, religione, ideali per incorporarla in un prodottino, per dare nobiltà a formulazioni chimiche a volte tanto banali che qualsiasi studente di chimica e tecnologia farmaceutica sa assemblare in laboratorio
c) la ricerca, forse, di un approccio più soft al consumo e ai prodotti? Un'ecologia dell'ambiente del corpo e della mente? Area finora patrimonio di piccole marche molto "etiche", i prodotti più in armonia con... (inserire ciò in cui credete voi) potranno diventare appannaggio anche delle multinazionali?
Per chi si interessa da anni di giornalismo on line e di contenuti a pagamento, la notizia che lo storico quotidiano statunitense abbia deciso di abbandonare i servizi a pagamento, è, come dire, una notiziona. Mentre il mondo dell'informazione regalava contenuti, il NYTimes chiedeva registrazioni on line e soldi. Il business della società, The New York Times Company, che pubblica il quotidiano è sempre stato quello di acquisire e vendere dati (oltre alle attività pubblicitarie, vendita etc...).
Il commento di Vivian Schiller si fonda proprio quella che è sempre l'attività più reddittizia del gruppo statunitense. Un gruppo che ha sempre dimostrato di avere un'ottima visione di come si sviluppa il mercato. Esempio di qualità giornalistica, ma anche di come si progetta un buon sito di informazione (malamente copiato dai quotidiani italiani). Ora sarà molto interessante capire il business model su cui si fonda questa decisione. Possiamo immaginare uno scenario negativo: il sistema di pagamento frenava la registrazione gratuite degli utenti, che alla fine, pur non pagando la registrazione, non avevano un'ampia scelta di servizi che invece erano a pagamento. Nello stesso tempo i servizi non venivano acquistati perché non si capiva perché pagare un servizio come Time Select. Uno scenario positivo potrebbe essere?... difficile dirlo, perchè cambiare quando un sistema funziona? Una ipotesi potrebbe essere che il sistema funzionava, ma lo scenario competitivo stava cambiando e quindi meglio anticipare i tempi e i competitor.
Ora cosa succederà? L'aspetto più divertente è come si comporteranno coloro che copiano il New Nork Times e coloro che sono competitor del quotidiano newyorkese: vedi Salon.com rigorasamente a pagamento, e per chi paga rigorosamente senza pubblicità. Conviene tenere d'occhio i cambiamenti annunciati perché sono ancipatori di nuove strategie, di nuovi business model e di pensieri nuovi su internet... aspettando un web 3.0 che veramente cambi internet.
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