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  mymarketing.it: l'isola nell'oceano del marketing... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico : Internet (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Altri Autori (del 19/01/2009 @ 07:51:09, in Internet, linkato 2354 volte)

I siti di social network, generalmente sfruttati dai più giovani per tenersi in contatto con vecchi e nuovi amici, stanno diventando punto d’incontro irrinunciabile anche per gli over 35.

E’ quanto emerso da una ricerca del Pew Research Center, che ha rivelato che il 35% della popolazione adulta statunitense non può più fare a meno di MySpace, preferito dal 50% del campione intervistato, e affini (Facebook, 22% e Linkedin, 6%). A conquistare questo bacino d’utenza è la possibilità fornita dai portali di social network di rimanere in contatto con gli amici di vecchia data (89%), il desiderio di fare progetti con loro (57%) e la voglia di stringere nuove amicizie (49%). A farla da padrone sono quindi gli interessi privati rispetto a quelli professionali, come accade nel caso degli utenti più giovani

Via Quo Media

 
Di Gianluigi Zarantonello (del 20/01/2009 @ 08:00:00, in Internet, linkato 2180 volte)

Ho visto con piacere nei giorni scorsi in televisione e sul web la campagna socialePosta con la testa” che invita i giovani, e non solo, ad usare prudenza nel caricare materiali personali in rete.

Sento spesso parlare infatti dei rischi per la privacy insiti nei social network ed in generale sugli strumenti del web 2.0, preoccupazione certamente non priva di ragioni che però nasce da un problema di fondo: la mancanza di cultura e consapevolezza del mezzo.

Infatti ritengo vi sia una reale assenza di percezione di ciò che avviene davvero quando, ad esempio, si posta una foto in rete: di fatto la nostra immagine diventa disponibile al mondo intero su di una macchina server da cui può essere scaricata in un istante e ricopiata in infiniti altri luoghi, senza possibilità reale di bloccarne la diffusione.

Nulla di male se ci sta bene così, un po’ meno se invece si trattava di qualcosa di riservato.
Lo stesso vale, potenziato, per i profili dei social network: scrivere delle sbornie o delle avventure di una sera in un posto potenzialmente accessibile a tutti non sembrerebbe una buona idea offline, mentre sul web lo si fa con assoluta disinvoltura.

Con ciò non voglio difendere a tutti i costi i social network: la possibilità, ad esempio, di postare foto o commenti sui profili altrui sicuramente è qualcosa che lede il diritto alla privacy di ciascuno.

Anche sotto questo punto di vista tuttavia, escludendo i casi di malafede, ancora una volta torniamo al problema della mancanza di cultura: non vorremmo mai così male ad un amico da dire che tradisce la moglie davanti all’interessata, eppure lo facciamo sul suo profilo (pubblico) di Facebook.

Ancora, sempre restando su Facebook, quante persone che conoscete non hanno chiara la differenza fra messaggio (privato) e bacheca (pubblica) nello scrivervi qualcosa?

Ecco dunque che si pone il problema della consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni, cui si aggiunge la mancata comprensione di un fattore chiave: nel nuovo web ci si mette la faccia.

E’ finito infatti il tempo dell’anonimato assoluto dietro un nickname, ora quando siamo in rete facciamo, come ho scritto recentemente, del personal branding, ossia presentiamo noi stessi al mondo.
Sono certo che la pensiamo così saremo più attenti nei comportamenti e, magari daremo una mano anche ai più giovani a capire meglio come vanno davvero le cose (con un po’ di buon esempio).

Mi piacerebbe, al solito, conoscere la vostra opinione.

Gianluigi Zarantonello
via http://webspecialist.wordpress.com/

 
Di Altri Autori (del 26/01/2009 @ 07:36:08, in Internet, linkato 2497 volte)

Una crescita che sfiora il 2% ed un profitto di 1,58 miliardi di dollari: questi i dati diffusi ieri da Apple che, comunicando i risultati, mostra un’azienda che non teme la crisi ma anzi la supera con buoni risultati e liquidità per il primo trimestre 2009 chiusosi il 27 dicembre 2008.

Nonostante Apple abbia perso terreno negli Stati Uniti (-19%), le vendite mancate nei negozi statunitensi sono state compensate da quelle effettuate nei negozi europei e giapponesi, che hanno visto una crescita rispettiva del 30 e del 27%.

Il successo è stato reso possibile dalla vendita di 2 milioni e mezzo di computer Mac (effettuata per buona parte da nuovi acquirenti nel mondo Apple, dato molto significativo per le previsioni future), ma soprattutto dal record di vendite iPod che ha raggiunto quasi i 23 milioni per questo primo trimestre, facendo riconfermare Apple quale re incontrastato sul mercato dei lettori musicali, mentre l’iPhone, che comunque continua ad andare bene con 4 milioni e 363 mila unità vendute, ha perso lo slancio iniziale. Jobs conferma i dati dichiarando che “Questo trimestre si rivela il migliore della storia di Apple”.

Il settore iTunes , su base annua, cresce del 25% e, rispetto al trimestre precedente, cala del 4%.

Come confermato da Cook, Apple non fa compromessi di prezzo per andare in contro alla crisi economica: “Non è la nostra identità e non è per questo che siamo qui…Il nostro obiettivo non è fare molti telefoni, ma il miglior telefono sul mercato.”

Riflettendo anche sui netbook inferiori ai 500 dollari, Cook aggiunge che “Stiamo osservando il settore, ma i prodotti attuali sono poco potenti e poco ergonomici. Il nostro attore in quel settore è iPhone, che permette di fare quello che fa un notebook, e sta in una tasca”.

Mentre Apple si gode i successi ottenuti, la Sec apre un fascicolo sulla salute di Jobs, per verificare se le comunicazioni riguardo al suo stato di salute siano state fatte in ritardo, al fine di non allarmare gli investitori.

Via Quo Media

 
Di Admin (del 02/02/2009 @ 07:25:16, in Internet, linkato 3385 volte)

Dopo l'invito alla cautela da parte del Garante della Privacy, preoccupato della scarsa consapevolezza con cui gli italiani si approcciano all'attività di social-networking, sono arrivati i dati di Eurispes a confermare che tre italiani su dieci (30,7%) sono presenti su Facebook.

Il 38,1% dichiara di non essere iscritto al primo portale di social-network e il 31,2% non conosce il significato di questo termine e rimane, probabilmente, legato a mezzi di comunicazione e relazione di tipo tradizionale.

Sono soprattutto  i giovani tra i 25 e i 34 anni e quelli tra i 18 e i 24 anni (rispettivamente il 53,7% e il 52,7%) a sperimentare questo nuovo strumento di comunicazione, che, permettendo la condivisione di interessi, esperienze e desideri, consente loro di coltivare vecchie e nuove amicizie.

Tra i non iscritti a questo social network prevalgono, invece, i 45-64enni (44,6%), mentre non hanno mai sentito parlare di Facebook soprattutto gli ultra65enni (65%).

Il numero più consistente di iscritti si rintraccia tra coloro che risiedono nelle Regioni centrali della nostra Penisola (39,3%). Al contrario, tra i non iscritti spiccano gli abitanti del Nord-Est (49,5%). Infine, non sono informati sul “fenomeno Facebook”, in prevalenza, gli italiani delle Isole (48,7%).

Ben il 63,1% degli italiani ritiene che esso sia utile in quanto permette di ritrovare vecchi amici. Probabilmente, proprio perché svolge questa importante funzione, Facebook non viene ritenuto una perdita di tempo (45,8%). Esso, invece, non viene ritenuto un mezzo utile per fare nuove conoscenze (51,9%), per essere informati su eventi di proprio interesse (54,7%) e per passare il tempo (55,3%). Il 47,9% degli italiani crede che esso metta a rischio la privacy.

In particolare, si parla di social risks, poiché, nel preciso momento in cui si mette in Rete un’informazione personale, se ne perde il controllo, con il rischio che dati delicati finiscano per entrare in possesso di sconosciuti.

I giovanissimi (18-24 anni) sono coloro i quali credono, in misura maggiore rispetto agli altri, che Facebook sia uno strumento utile per ritrovare vecchi conoscenti (72,1%) e passare il tempo (49,6%). Al contrario, sono i meno propensi a credere che esso consenta di stringere nuove amicizie (56,6%).

Gli italiani che hanno un’età compresa tra i 25 e i 34 anni sono i più convinti che Facebook non abbia la funzione di informare su eventi di proprio interesse (58,4%) e che rappresenti, pertanto, una perdita di tempo (53,1%), al contrario dei 18-24enni (51,2%), 45-64enni (48,3%), 35-44enni (47,4%) e ultra 65enni (42,9%).

Più affascinati dalle potenzialità dello strumento che preoccupati per i possibili rischi ad esso associati, i giovani con età compresa tra i 18 e 24 anni (51,9%) sono quelli più inclini a considerarlo non dannoso per la privacy, seguiti dai 35-44enni (44,7%). Di parere opposto sono, infine, gli ultra 65enni (54%), i 25-34enni (53,5%) e i 45-64enni (42,8%).

SOCIAL NETWORK: A  settembre 2008 su quasi un miliardo di utenti unici connessi ad Internet più di 670 milioni hanno navigato su sistemi di social networking.

La top ten dei social più frequentati a livello mondiale vede in testa Facebook con 161milioni di visitatori unici, seguito da MySpace (117,9 milioni), Flickr (66,7 milioni) e Hi5 (58,7 milioni).


Nella classifica italiana dei principali social network al primo posto troviamo MySpace con il 59,5% degli iscritti (2,7 milioni di utenti), seguito da Facebook con il 19,5% (900mila utenti), LinkedIn (un social network di natura professionale) con il 7,7% (300mila) e altri social network quali Flickr, Anobii e Badoo, che insieme totalizzano il 13,3% (625mila persone).

Nel nostro Paese, poi, nel 2007 erano presenti più di 3 milioni di utenti internet in possesso di un blog, mentre gli iscritti ai social network erano circa 4,7 milioni.


Le aziende italiane a che punto sono nell’uso dei social network? Da una ricerca dell’Osservatorio Enterprise 2.0, su un campione di 70 imprese italiane (intervistate tra il 2007 e il 2008) emerge che il 34% di esse è favorevole all’implementazione di strumenti web 2.0 al proprio interno, mentre il 14% ha già intrapreso un percorso di introduzione di queste tecnologie in azienda.


Le aziende considerate hanno intrapreso le seguenti iniziative: appartenenza aperta (13%), ossia l’apertura dei confini organizzativi al fine di favorire il coinvolgimento degli attori esterni; social network (21%), con la creazione di reti di relazioni; conoscenza in rete (30%), è relativa a processi e sistemi funzionali alla gestione della conoscenza sia di tipo esplicito che di natura tacita; collaborazione allargata (30%), contempla azioni e strumenti finalizzati a favorire la collaborazione e la cooperazione tra attori, superando la formalità degli schemi organizzativi precostituiti; riconfigurabilità adattiva (20%), riguarda la possibilità di favorire la flessibilità e la riconfigurazione di processi organizzativi; global mobility (25%), concerne l’accesso adattivo a strumenti e informazioni del virtual workspace in condizioni di mobilità.

INFORMAZIONE: se internet spopola grazie alla possibilità di interagire con vecchi e nuovi amici, la televisione rimane il mezzo preferito per informarsi. Ben il 43,4% degli italiani utilizza prevalentemente la tv per tenersi informato.

Più bassa è, invece, la percentuale di di quanti vengono a conoscenza dei principali avvenimenti che accadono in Italia attraverso i quotidiani cartacei (26,7%) o quelli online (19,1%).

Poco significativa è, infine, la tendenza a tenersi aggiornati tramite la radio (7,9%) o la free press (2,4%). Ad aggiornarsi periodicamente tramite quotidiani cartacei (33,1%) o news radiofoniche (10,8%), sono soprattutto i 45-64enni, mentre gli ultra 65enni si affidano, in prevalenza, al mezzo classico per eccellenza: la televisione (57,2%).

Leggere i quotidiani online è, invece, un’abitudine diffusa principalmente tra i 24-34enni (30,1%) e dai 18-24enni (29,5%), che, perennemente “connessi”, prediligono l’informazione elettronica, ormai sempre più aggiornata, veloce e alla portata di tutti. Sono sempre i più giovani appartenenti a queste due fasce di età a fruire maggiormente della free press (rispettivamente 3,3% e 3,4%). Più propensi a tenersi informati leggendo i quotidiani tradizionali (27,6%) o quelli gratuiti (3,2%) sono i diplomati.

Il telegiornale è seguito soprattutto tra quanti hanno un basso livello di istruzione, prediligendo, probabilmente, il piccolo schermo per la sua capacità di veicolare informazioni con un linguaggio semplice ed accessibile (72,4%).

Sfruttano maggiormente la Rete coloro i quali sono in possesso di una laurea/master (25,9%).

La televisione? Superficiale e diseducativa. Gli italiani non sembrano essere soddisfatti dell’offerta televisiva, ritenendola, nella maggioranza dei casi, superficiale (49,5%), diseducativa (22,5%) e volgare (9,3%). Pochissimi infatti giudicano la programmazione televisiva pubblica in linea con i propri interessi (7,1%), utile ad accrescere le proprie conoscenze (3,9%) o divertente (3,8%). I giudizi negativi sono più marcati nell’opinione dei giovani che ritengono nel 24% dei casi, per i 18-24enni, i contenuti della Tv diseducativi e nel 53,7% dei casi, per i 25-34enni, superficiali. Tra i pochi che mostrano di avere un giudizio positivo su questo mezzo di comunicazione di massa, spiccano i 45-64enni, che nel 3,9% dei casi considerano la programmazione divertente, e gli ultra 65enni, per i quali, invece, essa risulta interessante e formativa (rispettivamente 9,4% e 7,8%). Quest’ultimi, tuttavia, sono allo stesso tempo più di tutti convinti che l’offerta televisiva sia volgare (15%).

A credere maggiormente che quanto trasmesso in tv sia diseducativo e superficiale sono rispettivamente i diplomati (26,3%) e i laureati (56,7%).

Al contrario, i meno istruiti sono convinti, più di altri, che i contenuti trasmessi dal piccolo schermo siano divertenti (10,3%) e in linea con i propri interessi (15,5%), mentre quanti possiedono la licenza media li giudicano formativi e, quindi, idonei ad accrescere le loro conoscenze (7,1%). Tuttavia, è importante evidenziare che tra i meno istruiti si rintraccia la percentuale più consistente di chi considera la programmazione volgare (17,2%).

FREE PRESS  Il 33,4% degli italiani ritiene che la free press sia un mezzo d’informazione che consente di apprendere le notizie con rapidità. Tuttavia, un’informazione sui principali avvenimenti nazionali priva di approfondimenti e commenti si traduce spesso in un’informazione superficiale (22,3%) e futile (15,8%), che, probabilmente, impedisce al pubblico di esprimere al meglio il proprio spirito critico.

D’altra parte, molti ritengono che la stampa gratuita sia scritta in modo semplice e immediato (13,7%) o che addirittura questa abbia sostituito l’informazione veicolata dai classici quotidiani nazionali (6,8%). Rapida fruibilità (40,2%) e superficialità delle notizie (25,6%) sono le caratteristiche che contraddistinguono maggiormente la stampa gratuita rispettivamente per gli ultra 65enni e 35-44enni.

La free press è scritta, poi, con un linguaggio semplice (16,9%) ed è piena di notizie futili (21,4%) soprattutto per i 45-64enni. Infine, tra chi sostiene che la sua diffusione sia stata così ampia da rimpiazzare, addirittura, i quotidiani tradizionali, spiccano i più giovani (12,7%).

Quanti hanno un livello di istruzione più basso sono anche i più portati a credere che la stampa gratuita soddisfi solo in parte i bisogni informativi degli italiani. Ciò dipende, secondo loro, dal fatto che si tratta di un’informazione priva di approfondimenti (37,5%) e, pertanto, superficiale (20,8%).

La futilità delle notizie è, invece, una caratteristica evidenziata prevalentemente dai diplomati e i laureati (in entrambi i casi 19,4%) e non riscontrata, invece, da coloro i quali hanno un basso livello di istruzione. Quest’ultimi appaiono, infatti, particolarmente soddisfatti dei contenuti presenti nei quotidiani gratuiti, tanto da essere i più convinti che la free press abbia sostituito i quotidiani tradizionali (20,8%

Via Quo Media

 
Di Altri Autori (del 04/02/2009 @ 07:10:19, in Internet, linkato 1763 volte)

Esiste un database di contatti attivi e connessi in ogni momento di proporzioni tali da poter diventare soggetto di sondaggi e ricerche di mercato? La risposta è si. Si tratta di Facebook, il sito di social network che vanta 160 milioni di iscritti in tutto il mondo e, stando al parare dei suoi creatori, costituisce un prezioso bacino d'utenza al quale porre domande di ogni genere. 

Le intenzioni di Mark Zuckerberg, giovane creatore di Facebook, e di sua sorella Randi sono state riprese dal quotidiano britannico Guardian dopo essere state espresse dai due davanti alla platea del Forum economico mondiale di Davos.

Il principio è semplice: Facebook possiede già un database dettagliatamente profilato - degli utenti si conosce età, sesso, stato civile e nella maggior parte dei casi hobby e passioni - e partendo da questa piattaforma si possono attivare una serie infinita di sondaggi mirati e ricerche di marketing.

A guadagnare sarebbero le aziende, che potrebbero affidarsi a un sistema rapido per avere risposte sul lancio di un determinato prodotto o servizio, gli utenti, che se chiamati in causa potrebbero guadagnare qualcosa, e ovviamente Mr Zuckenberg, che avrebbe (ha) trovato l'ennesimo modo per monetizzare la sua creatura. 

Via Quo Media

 

In questi ultimi tempi sono venuti alla ribalta degli episodi piuttosto inquietanti avvenuti nel web 2.0, come ad esempio l’apertura di gruppi pro mafia o pro stupro su Facebook.

Pochi iscritti ma grande clamore, come ampiamente prevedibile.

Come possiamo spiegare questi fenomeni? Beh, la rete dei social media segue le regole della coda lunga di Anderson, consentendo ad ogni nicchia di trovare un proprio pubblico. Anche nei comportamenti devianti o quantomeno, nei casi meno gravi, discutibili.

Devianze sempre presenti ma che la rete consente di aggregare velocemente dando loro grande visibilità.

Inoltre molte persone, come scrivevo pochi giorni fa, non hanno piena consapevolezza delle proprie azioni quando agiscono con un’identità digitale, prendendo sottogamba ciò che pubblicano, scrivono o sottoscrivono sulla rete.

D’altra parte gli strumenti del web 2.0 per loro natura non possono essere considerati cattivi o buoni, sono mezzi potenti e veloci per esprimersi e connettersi, il bene o il male sta nell’utilizzo che se ne fa.

E dunque che soluzioni? Sicuramente è difficile stabilire quali devono essere le regole, credo che ciascuno di noi potrebbe fissare dei limiti, quello che credo sia fondamentale è una regolamentazione di base condivisa non lasciata alla sensibilità particolare, ad esempio del Facebook di turno.

Non si può infatti censurare la foto di una donna che allatta perché contraria al decoro per il seno nudo e poi rifiutarsi esplicitamente di chiudere gruppi come quelli citati all’inizio in nome della libertà di espressione.

I “cattivi” ci saranno sempre ma possiamo davvero pensare di non avere alcuna regolamentazione (o forse autoregolamentazione) su ciò che è lecito e ciò che non lo è?

Che ne pensate?

Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com/

 
Di Altri Autori (del 09/02/2009 @ 07:05:59, in Internet, linkato 1742 volte)

Il fenomeno del Web del momento ha compiuto in questi giorni cinque anni. Facebook nasceva infatti nel febbraio del 2004 dall'intuizione di Mark Zuckerberg - non un ingegnere della Silicon Valley bensì un facoltoso e assai capace studente diciannovenne della Harvard University - e di Dustin Moscovitz e Chris Hughes. La ricorrenza per il sito di social networking più famoso al mondo, creato come rete virtuale per mantenere i contatti tra ex compagni di classe, ha due facce. Quella splendente dei suoi adepti, ormai oltre 150 milioni in tutto il mondo, ognuno dei quali con una media di 120 "amici" con i quali chattare e altro on line, e quella triste di un fatturato che stenta a decollare, visto e considerato che i 210 milioni di dollari di ricavi stimati per il 2008 (e i 230 milioni previsti dalla società di ricerca eMarketer per quest'anno) sono poco cosa rispetto ai numeri che muove Facebook. Che sono fra gli altri i seguenti: tre miliardi di minuti di accesso giornaliero a tutti i siti del network mentre, 850 milioni di nuove fotografie caricate ogni mese, un'audience in aumento del 127% (dati ComScore).

Facebook ha sbancato ovunque – in Italia i suoi utenti sono ormai sei milioni (il 30% della popolazione Internet del Bel Paese – ed è globalmente riconosciuto come la massima espressione del Web 2.0. Eppure i suoi 800 dipendenti devono sperare in una veloce inversione di tendenza quanto a capacità di generare ricavi e conseguentemente utili: le entrate pubblicitarie sono quelle che sono e a pagare il conto delle grandi risorse informatiche necessarie per far funzionare l'attività di milioni e milioni di "amici" sono i soldi di fatto i soldi degli investitori (Microsoft, che ha una quota dell'1,6% della società fra questi). Senza scomodare Google, Yahoo! e Msn, la rivale MySpace ha un giro d'affari quasi triplo rispetto a Facebook (585 milioni di dollari di entrate nel 2008 e una previsione di 630 milioni quest'anno) in un mercato, quello del social network advertising, che si presuma possa arrivare nel 2009 a quota 2,8 miliardi di dollari su scala mondiale. Gli analisti finanziari continuano a valutarla dai 15 ai 20 miliardi di dollari ma di sbarco in Borsa – se n'è parlato a più riprese – al momento non se ne parla. In attesa di spegnere la sesta candelina in onore della sua creatura, Zuckerberg ha comunque ben donde di essere al settimo cielo: il suo patrimonio personale, secondo la rivista Forbes, oggi 24enne, è di circa 1,5 miliardi di dollari.

di Gianni Rusconi su ILSOLE24ORE.COM

 
Di Gianluigi Zarantonello (del 09/02/2009 @ 09:00:00, in Internet, linkato 2734 volte)

Forse ricorderete un mio recente post sull’importanza del monitoraggio della reputazione online e sulla gestione dei casi di emergenza quando ci sono delle voci negative.

Avevo messo un link ad un celebre caso negativo di gestione della blogosfera, quello dell’azienda americana Kryptonite.

Ebbene ora abbiamo un caso italiano. I fatti: un signore, Sergio Sarnari, si lamenta sul suo blog di alcuni prodotti (dei mobili acquistati per la propria casa) di un’azienda di nome Mosaico Arredamenti.

Ne nasce un dibattito tra alcuni che gli danno ragione ed altri che invece sono soddisfatti dei prodotti dell’azienda e tutto sembra finire così.

Invece arriva il fulmine a ciel sereno: l’amministratore delegato della Mosaico Arredi, senza invitare il blogger al dialogo, a smentire, insomma a cercare di chiudere la minipolemica, lo informa di avere proceduto legalmente contro di lui, chiedendo un risarcimento di 400 mila euro!

Nella blogosfera si scatena un dibattito micidiale, che culmina in una lettera inviata da molti blogger al manager per invitarlo a rinunciare, spiegandogli le logiche di internet e della conversazione in rete.

Alla fine, come leggo su Brand 2.0, l’azienda ha rinuciato all’azione.

Ma ora qual è la reputazione che si è costruita la Mosaico Arredamenti sul web? Basta provare a fare una ricerca con il nome dell’azienda per vedere che i danni sono ben maggiori di quelli del primo post.

Questa storia insegna dunque che bisogna essere prudenti e preparati nell’affrontare le voci della blogosfera, infatti l’azienda poteva avere anche ragione sul commento negativo (non sono in grado di giudicare) ma con l’azione legale così come si è sviluppata ha danneggiato pesantemente la propria reputazione.

Che ne pensate?

Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com/

 
Di Altri Autori (del 11/02/2009 @ 07:19:38, in Internet, linkato 3510 volte)

La Rai spalanca le porte al web trasformando il suo sito e lanciando la televisione pubblica su internet. L’azienda pubblica infatti intende utilizzare sempre di più la tecnologia e i suoi linguaggi per proporre agli utenti contenuti e servizi personalizzabili. Nascono da questo progetto i nuovi portali Rai.it e Rai.tv con tutti i contenuti Rai, 22 canali visibili dal pc e immagini di alta qualità.

La home page di Rai.it si presenta ora progettabile da tutti gli utenti sia nei contenuti che nella forma, grazie alla possibilità che gli utenti hanno di scegliere i contenuti che vogliono visualizzare, gli aggiornamenti tematici, il posizionamento nella pagina e persino i colori della grafica di fondo.

Rai tv invece presenta 22 canali: i sette canali televisivi sono Raiuno, Raidue, Raitre, Rainews24, Rai Sport Più, Rai Storia e Rai Edu, i sette radiofonici sono Radio 1, 2 e 3, Gr Parlamento, Isoradio, Filodiffusioni - musica leggera e classica e poi ci sono otto canali web.

Oltre alle dirette sono disponibili 500 canali on demand. Tra circa un 
mese sarà inoltre possibile creare con MyRai.tv una playlist personale 
audio e video.

“Questo portale e’ un tassello importante di quella metamorfosi Rai che da broadcaster diventa operatore multimediale. Canali tematici di sport, news, tv, radio, fiction, junior; 22 canali tra cui scegliere, piu’ di 500 programmi on demand, qualità dell’immagine raddoppiata. Siamo partiti con qualche ritardo, ma cu posizioniamo ai massimi livelli europei. Questo lavoro e’ anche l’esito di una strategia varata 2 anni fa, quando ci siamo resi conto che la Rai doveva avere una profonda trasformazione sul digitale terrestre e sul web. E con questo portale andiamo avanti nel progetto. Ed invito anche gli investitori pubblicitari a visitare il portale”, ha dichiarato il direttore generale Claudio Cappon. Il sottosegretario dello sviluppo economico Paolo Romani aggiunge: “Siamo di fronte ad eventi tecnologici importanti. Il web probabilmente non sostituirà mai la tv digitale, ma e’ fondamentale per i cambiamenti generazionali”.

I nuovi portali saranno dunque un’ottima occasione per gli investitori, ha voluto precisare Claudio Cappon: “…un’occasione formidabile per gli investitori e il mondo della pubblicità… la risposta dell’azienda agli investitori in un momento di chiara contrazione delle risorse e del mercato. Auspichiamo che anche in questo modo così come cambia la televisione ci sia un mutamento della pubblicità… tassello fondamentale nell’azione di un grande operatore multiofferta. Due portali gratuiti per tutti e che continuano a fare 
della Rai azienda leader nel servizio pubblico a livello europeo, con l’obiettivo di raggiungere sempre l’eccellenza”.

Via Quo Media

 
Di Altri Autori (del 16/02/2009 @ 07:18:02, in Internet, linkato 2446 volte)

YouTube, popolare sito di video online, ha rinnovato l'accordo globale sui diritti con Sony Music Entertainment che gli permetterà di continuare a proporre video musicali di artisti come Beyonce e Avril Lavrigne.

L'intesa con Sony, secondo gruppo discografico del mondo, è importante alla luce della scelta di Warner Music Group di recedere da un accordo analogo con YouTube lo scorso dicembre in una controversia sull'ammontare dei diritti da pagare. Warner ha chiesto al portale di user-genrated-content di togliere dal sito i suoi video.

YouTube ha accordi in corso sui diritti con Universal Music di Vivendi, prima società al mondo di musica, e con Emi Music. Con entrambe le etichette il portale di proprietà di Google deve discutere nuovamente i termini.

Via Quo Media

 
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