In questi ultimi tempi sono venuti alla ribalta degli episodi piuttosto inquietanti avvenuti nel web 2.0, come ad esempio l’apertura di gruppi pro mafia o pro stupro su Facebook.
Pochi iscritti ma grande clamore, come ampiamente prevedibile.
Come possiamo spiegare questi fenomeni? Beh, la rete dei social media segue le regole della coda lunga di Anderson, consentendo ad ogni nicchia di trovare un proprio pubblico. Anche nei comportamenti devianti o quantomeno, nei casi meno gravi, discutibili.
Devianze sempre presenti ma che la rete consente di aggregare velocemente dando loro grande visibilità.
Inoltre molte persone, come scrivevo pochi giorni fa, non hanno piena consapevolezza delle proprie azioni quando agiscono con un’identità digitale, prendendo sottogamba ciò che pubblicano, scrivono o sottoscrivono sulla rete.
D’altra parte gli strumenti del web 2.0 per loro natura non possono essere considerati cattivi o buoni, sono mezzi potenti e veloci per esprimersi e connettersi, il bene o il male sta nell’utilizzo che se ne fa.
E dunque che soluzioni? Sicuramente è difficile stabilire quali devono essere le regole, credo che ciascuno di noi potrebbe fissare dei limiti, quello che credo sia fondamentale è una regolamentazione di base condivisa non lasciata alla sensibilità particolare, ad esempio del Facebook di turno.
Non si può infatti censurare la foto di una donna che allatta perché contraria al decoro per il seno nudo e poi rifiutarsi esplicitamente di chiudere gruppi come quelli citati all’inizio in nome della libertà di espressione.
I “cattivi” ci saranno sempre ma possiamo davvero pensare di non avere alcuna regolamentazione (o forse autoregolamentazione) su ciò che è lecito e ciò che non lo è?
Che ne pensate?
Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com/