Dopo l'invito alla cautela da parte del Garante della Privacy, preoccupato della scarsa consapevolezza con cui gli italiani si approcciano all'attività di social-networking, sono arrivati i dati di Eurispes a confermare che tre italiani su dieci (30,7%) sono presenti su Facebook.
Il 38,1% dichiara di non essere iscritto al primo portale di social-network e il 31,2% non conosce il significato di questo termine e rimane, probabilmente, legato a mezzi di comunicazione e relazione di tipo tradizionale.
Sono soprattutto i giovani tra i 25 e i 34 anni e quelli tra i 18 e i 24 anni (rispettivamente il 53,7% e il 52,7%) a sperimentare questo nuovo strumento di comunicazione, che, permettendo la condivisione di interessi, esperienze e desideri, consente loro di coltivare vecchie e nuove amicizie.
Tra i non iscritti a questo social network prevalgono, invece, i 45-64enni (44,6%), mentre non hanno mai sentito parlare di Facebook soprattutto gli ultra65enni (65%).
Il numero più consistente di iscritti si rintraccia tra coloro che risiedono nelle Regioni centrali della nostra Penisola (39,3%). Al contrario, tra i non iscritti spiccano gli abitanti del Nord-Est (49,5%). Infine, non sono informati sul “fenomeno Facebook”, in prevalenza, gli italiani delle Isole (48,7%).
Ben il 63,1% degli italiani ritiene che esso sia utile in quanto permette di ritrovare vecchi amici. Probabilmente, proprio perché svolge questa importante funzione, Facebook non viene ritenuto una perdita di tempo (45,8%). Esso, invece, non viene ritenuto un mezzo utile per fare nuove conoscenze (51,9%), per essere informati su eventi di proprio interesse (54,7%) e per passare il tempo (55,3%). Il 47,9% degli italiani crede che esso metta a rischio la privacy.
In particolare, si parla di social risks, poiché, nel preciso momento in cui si mette in Rete un’informazione personale, se ne perde il controllo, con il rischio che dati delicati finiscano per entrare in possesso di sconosciuti.
I giovanissimi (18-24 anni) sono coloro i quali credono, in misura maggiore rispetto agli altri, che Facebook sia uno strumento utile per ritrovare vecchi conoscenti (72,1%) e passare il tempo (49,6%). Al contrario, sono i meno propensi a credere che esso consenta di stringere nuove amicizie (56,6%).
Gli italiani che hanno un’età compresa tra i 25 e i 34 anni sono i più convinti che Facebook non abbia la funzione di informare su eventi di proprio interesse (58,4%) e che rappresenti, pertanto, una perdita di tempo (53,1%), al contrario dei 18-24enni (51,2%), 45-64enni (48,3%), 35-44enni (47,4%) e ultra 65enni (42,9%).
Più affascinati dalle potenzialità dello strumento che preoccupati per i possibili rischi ad esso associati, i giovani con età compresa tra i 18 e 24 anni (51,9%) sono quelli più inclini a considerarlo non dannoso per la privacy, seguiti dai 35-44enni (44,7%). Di parere opposto sono, infine, gli ultra 65enni (54%), i 25-34enni (53,5%) e i 45-64enni (42,8%).
SOCIAL NETWORK: A settembre 2008 su quasi un miliardo di utenti unici connessi ad Internet più di 670 milioni hanno navigato su sistemi di social networking.
La top ten dei social più frequentati a livello mondiale vede in testa Facebook con 161milioni di visitatori unici, seguito da MySpace (117,9 milioni), Flickr (66,7 milioni) e Hi5 (58,7 milioni).
Nella classifica italiana dei principali social network al primo posto troviamo MySpace con il 59,5% degli iscritti (2,7 milioni di utenti), seguito da Facebook con il 19,5% (900mila utenti), LinkedIn (un social network di natura professionale) con il 7,7% (300mila) e altri social network quali Flickr, Anobii e Badoo, che insieme totalizzano il 13,3% (625mila persone).
Nel nostro Paese, poi, nel 2007 erano presenti più di 3 milioni di utenti internet in possesso di un blog, mentre gli iscritti ai social network erano circa 4,7 milioni.
Le aziende italiane a che punto sono nell’uso dei social network? Da una ricerca dell’Osservatorio Enterprise 2.0, su un campione di 70 imprese italiane (intervistate tra il 2007 e il 2008) emerge che il 34% di esse è favorevole all’implementazione di strumenti web 2.0 al proprio interno, mentre il 14% ha già intrapreso un percorso di introduzione di queste tecnologie in azienda.
Le aziende considerate hanno intrapreso le seguenti iniziative: appartenenza aperta (13%), ossia l’apertura dei confini organizzativi al fine di favorire il coinvolgimento degli attori esterni; social network (21%), con la creazione di reti di relazioni; conoscenza in rete (30%), è relativa a processi e sistemi funzionali alla gestione della conoscenza sia di tipo esplicito che di natura tacita; collaborazione allargata (30%), contempla azioni e strumenti finalizzati a favorire la collaborazione e la cooperazione tra attori, superando la formalità degli schemi organizzativi precostituiti; riconfigurabilità adattiva (20%), riguarda la possibilità di favorire la flessibilità e la riconfigurazione di processi organizzativi; global mobility (25%), concerne l’accesso adattivo a strumenti e informazioni del virtual workspace in condizioni di mobilità.
INFORMAZIONE: se internet spopola grazie alla possibilità di interagire con vecchi e nuovi amici, la televisione rimane il mezzo preferito per informarsi. Ben il 43,4% degli italiani utilizza prevalentemente la tv per tenersi informato.
Più bassa è, invece, la percentuale di di quanti vengono a conoscenza dei principali avvenimenti che accadono in Italia attraverso i quotidiani cartacei (26,7%) o quelli online (19,1%).
Poco significativa è, infine, la tendenza a tenersi aggiornati tramite la radio (7,9%) o la free press (2,4%). Ad aggiornarsi periodicamente tramite quotidiani cartacei (33,1%) o news radiofoniche (10,8%), sono soprattutto i 45-64enni, mentre gli ultra 65enni si affidano, in prevalenza, al mezzo classico per eccellenza: la televisione (57,2%).
Leggere i quotidiani online è, invece, un’abitudine diffusa principalmente tra i 24-34enni (30,1%) e dai 18-24enni (29,5%), che, perennemente “connessi”, prediligono l’informazione elettronica, ormai sempre più aggiornata, veloce e alla portata di tutti. Sono sempre i più giovani appartenenti a queste due fasce di età a fruire maggiormente della free press (rispettivamente 3,3% e 3,4%). Più propensi a tenersi informati leggendo i quotidiani tradizionali (27,6%) o quelli gratuiti (3,2%) sono i diplomati.
Il telegiornale è seguito soprattutto tra quanti hanno un basso livello di istruzione, prediligendo, probabilmente, il piccolo schermo per la sua capacità di veicolare informazioni con un linguaggio semplice ed accessibile (72,4%).
Sfruttano maggiormente la Rete coloro i quali sono in possesso di una laurea/master (25,9%).
La televisione? Superficiale e diseducativa. Gli italiani non sembrano essere soddisfatti dell’offerta televisiva, ritenendola, nella maggioranza dei casi, superficiale (49,5%), diseducativa (22,5%) e volgare (9,3%). Pochissimi infatti giudicano la programmazione televisiva pubblica in linea con i propri interessi (7,1%), utile ad accrescere le proprie conoscenze (3,9%) o divertente (3,8%). I giudizi negativi sono più marcati nell’opinione dei giovani che ritengono nel 24% dei casi, per i 18-24enni, i contenuti della Tv diseducativi e nel 53,7% dei casi, per i 25-34enni, superficiali. Tra i pochi che mostrano di avere un giudizio positivo su questo mezzo di comunicazione di massa, spiccano i 45-64enni, che nel 3,9% dei casi considerano la programmazione divertente, e gli ultra 65enni, per i quali, invece, essa risulta interessante e formativa (rispettivamente 9,4% e 7,8%). Quest’ultimi, tuttavia, sono allo stesso tempo più di tutti convinti che l’offerta televisiva sia volgare (15%).
A credere maggiormente che quanto trasmesso in tv sia diseducativo e superficiale sono rispettivamente i diplomati (26,3%) e i laureati (56,7%).
Al contrario, i meno istruiti sono convinti, più di altri, che i contenuti trasmessi dal piccolo schermo siano divertenti (10,3%) e in linea con i propri interessi (15,5%), mentre quanti possiedono la licenza media li giudicano formativi e, quindi, idonei ad accrescere le loro conoscenze (7,1%). Tuttavia, è importante evidenziare che tra i meno istruiti si rintraccia la percentuale più consistente di chi considera la programmazione volgare (17,2%).
FREE PRESS Il 33,4% degli italiani ritiene che la free press sia un mezzo d’informazione che consente di apprendere le notizie con rapidità. Tuttavia, un’informazione sui principali avvenimenti nazionali priva di approfondimenti e commenti si traduce spesso in un’informazione superficiale (22,3%) e futile (15,8%), che, probabilmente, impedisce al pubblico di esprimere al meglio il proprio spirito critico.
D’altra parte, molti ritengono che la stampa gratuita sia scritta in modo semplice e immediato (13,7%) o che addirittura questa abbia sostituito l’informazione veicolata dai classici quotidiani nazionali (6,8%). Rapida fruibilità (40,2%) e superficialità delle notizie (25,6%) sono le caratteristiche che contraddistinguono maggiormente la stampa gratuita rispettivamente per gli ultra 65enni e 35-44enni.
La free press è scritta, poi, con un linguaggio semplice (16,9%) ed è piena di notizie futili (21,4%) soprattutto per i 45-64enni. Infine, tra chi sostiene che la sua diffusione sia stata così ampia da rimpiazzare, addirittura, i quotidiani tradizionali, spiccano i più giovani (12,7%).
Quanti hanno un livello di istruzione più basso sono anche i più portati a credere che la stampa gratuita soddisfi solo in parte i bisogni informativi degli italiani. Ciò dipende, secondo loro, dal fatto che si tratta di un’informazione priva di approfondimenti (37,5%) e, pertanto, superficiale (20,8%).
La futilità delle notizie è, invece, una caratteristica evidenziata prevalentemente dai diplomati e i laureati (in entrambi i casi 19,4%) e non riscontrata, invece, da coloro i quali hanno un basso livello di istruzione. Quest’ultimi appaiono, infatti, particolarmente soddisfatti dei contenuti presenti nei quotidiani gratuiti, tanto da essere i più convinti che la free press abbia sostituito i quotidiani tradizionali (20,8%
Via Quo Media