Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Ancora legati al contante ma sempre più aperti ai pagamenti digitali innovativi. E’ questo il panorama tracciato dal recente Osservatorio Mobile Payment & Commerce della School of Management del Politecnico di Milano, presentato oggi, nel quale è stato approfondito il ruolo giocato dal comparto mobile nella diffusione dei pagamenti elettronici.
“Gli italiani non hanno ancora rinunciato al contante, ma i pagamenti digitali innovativi (New Digital Payment) li stanno progressivamente abituando a utilizzare la carta di credito con maggiore frequenza e per beni di piccolo importo, soprattutto tramite acquisti e pagamenti via cellulare” spiega Alessandro Perego, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio. Infatti, mentre i pagamenti elettronici con carta di credito crescono nel 2014 solo dell’1,6% passando da 126 a 128 miliardi di euro, i New Digital Payment ottengono un incremento del 20%: passano da 15 a 18 miliardi di euro e conquistano il 12% dell’intero mercato dei pagamenti digitali, che può così registrare un incremento complessivo del 3,6% e arrivare a quota 146 miliardi di euro. “Tuttavia è possibile fare qualcosa in più e ci attendiamo una crescita media, tra il 2015 e il 2017, pari al 7% annuo, che porterà questo mercato a raggiungerei 176 miliardi di euro. Per agevolare questa crescita occorrono sia un intervento normativo che proponga incentivi e diffonda conoscenza, sia l’impegno, da parte del mondo dell’offerta, a puntare sui New Digital Payment”, aggiunge Alessandro Perego.
Il ruolo del mobile Il mobile gioca un ruolo fondamentale nei New Digital Payment che comprendono: eCommerce; ePayment, ovvero il pagamento da PC di ricariche e bollette; Mobile Commerce, acquisto di beni e servizi o contenuti cellulare via smartphone tramite App o Mobile site; Mobile Payment (Remote e Proximity), ovvero i pagamenti di ricariche telefoniche, parcheggi, mezzi pubblici, multe via smartphone; Mobile POS e Contactless Payment, che rappresentano i pagamenti mediante carta contactless.
L’eCommerce di prodotti, servizi e contenuti digitali e l’ePayment detengono la quota principale: assieme valgono l’86% dei pagamenti digitali innovativi. E mentre l’eCommerce registra una crescita del 18% toccando i 12,8 miliardi di €, l’ePayment vale quasi 2,5 miliardi di euro, in gran parte transati per il pagamento di ricariche e bollette.
Ma la componente più dinamica del nuovi pagamenti è rappresentata dal Mobile Payment & Commerce di beni e servizi: nel 2014 cresce del 55% e supera i 2 miliardi di euro.
Alla base di questa crescita complessiva, c’è la componente del Mobile (Remote) Commerce di beni e servizi che continua nella sua crescita e raddoppia, passando da 610 milioni di euro nel 2013 a 1,2 miliardi di euro nel 2014, pari al 9% del totale transato via eCommerce (nel 2013 rappresentava il 4,5%). Questa dinamica è spiegata da un lato dal crescente numero di esercenti che stanno attivando iniziative di vendita anche tramite App o Mobile site (circa 110 esercenti tra i primi 200 nell’eCommerce offrono una soluzione di Mobile Commerce, erano 75 nel 2013), dall’altro, da un cambio evidente di predisposizione da parte degli utenti. “Gli italiani infatti non vedono più il Mobile solo come un canale per gli acquisti in mobilità, ma sempre più come uno strumento comodo anche per gli acquisti e i pagamenti più tradizionali”, afferma Valeria Portale, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce.
Il Mobile Remote Payment di beni e servizi, ovvero il pagamento dei biglietti di trasporto pubblico locale, parcheggi, ricariche telefoniche e bollettini, cresce e raggiunge i 160 milioni di euro. Le ricariche telefoniche continuano a rappresentare il 70% del mercato (+22% rispetto al 2013). Crescono anche i pagamenti di bollette e bollettini (+37% rispetto al 2013). Ma il vero protagonista è il trasporto pubblico: quadruplica, infatti, il transato per servizi legati al mondo del trasporto (biglietti dei bus, pagamenti delle soste e car sharing) anche se in valore assoluto rimane ancora marginale. Nel 2014 sono stati acquistati più di 3 milioni di biglietti, pagati oltre 2 milioni di servizi di car sharing e pagate 1 milione di soste attraverso il telefono cellulare. In Italia, dei 235 servizi di Mobile Remote Payment (erano 135 nel 2013), il 77% è legato al trasporto pubblico.
Il Mobile Remote Payment & Commerce di contenuti digitali cresce di circa il 20% nel 2014, sorpassando i 760 milioni di euro, spinto dal mondo delle Applicazioni che rappresenta oltre il 38% di questo mercato.
“La maggior propensione degli italiani a utilizzare lo smartphone per fare acquisti e l’aumento dell’offerta di prodotti acquistabili via mobile da parte degli esercenti, fa prevedere una crescita del Mobile (Remote) Commerce di beni e servizi di quasi il 40% annuo, arrivando tra i 3 e i 3,4 miliardi di euro a fine 2017. I contenuti digitali, il primo servizio acquistato via cellulare dagli italiani, proseguirà con un tasso di crescita compreso tra il 10 e il 20% annuo”, afferma Giovanni Miragliotta, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce. “In totale, stimiamo quindi che il Mobile Remote Payment & Commerce varrà tra i 4 e i 5 miliardi di euro nel 2017, spinto dal Mobile Commerce di beni e servizi.”
NFC e pagamenti in prossimità Il Mobile Proximity Payment & Commerce, ovvero gli acquisti e pagamenti “in prossimità” e agevolati dalla tecnologia NFC, non è ancora decollato, ma gli italiani sono pronti a utilizzarlo. Sono circa 12 milioni gli utenti con in mano un telefono cellulare NFC e oltre 250.000 i POS contactless attivi. Ancora poche le SIM NFC (si stimano circa 800.000 SIM già in mano ai consumatori), ma con la promessa da parte degli operatori telefonici di raggiungere quota 5 milioni entro la fine del 2015. “Grandi aspettative ricadono su questo segmento di mercato”, afferma Valeria Portale. “Prevediamo che nel 2017 si possano raggiungere 4,8 milioni di utenti attivi per un transato di oltre 6 miliardi di euro, nel caso in cui alcuni fattori abilitanti venissero messi in atto: l’avvio delle iniziative di tutte le Banche e degli operatori telefonici, la distribuzione massiva delle SIM NFC, il raggiungimento di accordi da parte di Apple con almeno le tre principali banche italiane, l’arrivo delle soluzioni HCE sul mercato italiano e una forte azione promozionale”.
La possibilità di pagare in negozio con carte contactless e Mobile POS si sta invece allargando: le transazioni hanno raggiunto i 300 milioni di euro nel 2014. L’infrastruttura contactless è, infatti, cresciuta nel 2014: 1 carta su 8 è contactless (si stimano 12 milioni di carte a fine 2014, raddoppiate rispetto al 2013) e 1,2 milioni (pari al 10% del totale) sono le carte attive (hanno effettuato almeno una transazione in modalità senza contatto); 1 POS su 6 è attivo in modalità contactless (250.000 a fine 2014, +67% rispetto al 2013). Tuttavia solo 1 transazione su 300 di quelle con carta è contactless, per un transato complessivo pari a circa 200 milioni di euro. È un risultato ancora limitato, ma in forte crescita rispetto al 2013 (cinque volte in più), grazie anche agli sforzi messi in atto dagli esercenti che, con l’aiuto dei circuiti e degli acquirer, hanno fatto alcune azioni per abituare il cliente a questo tipo di pagamenti (ad esempio girando il POS verso il cliente ed invitandolo a svolgere il pagamento in autonomia).
“Il futuro dei pagamenti digitali è legato alla sfida della diffusione del Mobile Payment & Commerce di prossimità e il 2015 è un anno cruciale per il comparto: si aprirà la competizione delle diverse filiere dell’offerta”, afferma Alessandro Perego. “Da una parte la filiera cosiddetta ‘SIM-based’ che vede coinvolti operatori telefonici e banche in una configurazione collaborativa (nelle infrastrutture abilitanti). Dall’altra filiere basate sulle più recenti tecnologie HCE (Host Card Emulation) che potranno consentire ad alcune banche di offrire soluzioni di pagamento su cellulare direttamente senza utilizzare la SIM. Ed infine Apple Pay. Si accettano scommesse su chi vincerà la partita conquistando quote maggiori di mercato. Certo, dipenderà molto dalla strategia commerciale degli attori che hanno già investito molto. Quello che più importa, lato consumatori, è che le regole del gioco sono ormai per buona parte definite e qualsiasi soluzione non potrà che arrivare rapidamente ed essere estremamente sicura e facile da usare”.
Via Tech Economy
La digitalizzazione sta cambiando il modo in cui le aziende progettano e innovano servizi e prodotti, secondo un nuovo studio di Accenture. Ad essere più competitive nell’era del digitale sono le aziende capaci di stabilire interazioni più personali con i consumatori e di realizzare servizi in grado di anticipare le loro esigenze, senza tuttavia risultare invadenti. L’analisi “Trends 2015”, condotta da Fjord, società di service design acquisita da Accenture nel 2013 e ora parte integrante di Accenture Interactive, mette in luce quali sono le principali evoluzioni nell’ideazione e nell’innovazione di servizi e prodotti, attraverso l’analisi dei progetti sviluppati per aziende clienti, di seminari e conversazioni con designer ed esperti del settore.
“Sono principalmente tre gli elementi che determinano se l’esperienza di un consumatore sarà positiva e di successo”, spiega Mark Curtis, Chief Client officer di Fjord Design and Innovation di Accenture Interactive. “Il grado di personalizzazione dell‘esperienza, che sempre più spesso è legata a servizi di customer service gestiti da personale altamente qualificato, anziché da sistemi completamente automatizzati. La capacità di connettere al meglio i servizi offerti, device e luoghi di fruizione. La possibilità dei servizi intelligenti di anticipare le intenzioni dei consumatori e di realizzarle, eseguendo in maniera automatica le azioni di routine”.
“Con il digitale si sta affermando un nuovo concetto di customer experience”, commenta Mike Sutcliff, group chief executive di Accenture Digital. “i consumatori si aspettano esperienze di fruizione più intuitive, personali e intelligenti. Molti responsabili di marketing ritengono che ci siano ancora dei gap da colmare per offrire un’esperienza soddisfacente ai propri consumatori, coloro che sapranno innovare prodotti e servizi attraverso il design avranno l’opportunità di far crescere la propria base clienti e di fidelizzarla”.
L’analisi Accenture evidenzia nove tendenze digitali:
1) Omni-Colleagues – Le persone sono i nuovi eroi del digitale: i servizi di customer service di livello superiore torneranno ad essere gestiti da persone qualificate, a cui le aziende forniranno strumenti tecnologici di cognitive computing in grado di aiutarli nel conoscere e interagire meglio con i consumatori. Telstra in Australia ad esempio ha annunciato un’imponente iniziativa “digital first”, che automatizza tutti i compiti amministrativi ripetitivi, in modo che i dipendenti possano concentrarsi sulle interazioni più significative con i clienti.
2) Mind the gap: i clienti spesso sperimentano un gap quando usano prodotti e servizi digitali, in particolare quando hanno a che fare con esperienze che prevedonoil passaggio tra on-line e off-line. L’esempio di successo di Spotify chiarisce quale sia la modalità più efficace per garantire un servizio passando tra gli ambienti on e off-line. Per le aziende sarà fondamentale individuare e risolvere le problematiche che si presentano nel passaggio fra modalità (on e off line) e dispositivi diversi, oltre che comprendere quali sono le principali esigenze dei consumatori ed indirizzarle con il giusto livello di personalizzazione del servizio.
3) Aggregation moves to services: la capacità delle aziende di offrire pacchetti di servizi aiuterà il consumatore ad eliminare possibili frustrazioni e elementi di insoddisfazione. SNCF, la società ferroviaria statale francese, sta cercando di ridurre la complessità dei servizi offerti adottando l’approccio “viaggio completo”, fornendo cioè un servizio supplementare di autista privato che accompagna il passeggero da casa alla stazione e viceversa quando si vuole viaggiare in treno.
4) Dieta Digitale: vista la pervasività del digitale, maggiori potranno essere le occasioni di irritazione e distrazione di una persona nel mondo reale. Le aziende dovranno dunque prestare più attenzione alle condizioni imposte ai consumatori per poter fruire dei loro servizi. Un ottimo esempio attuale è rappresentato dalla collaborazione tra Evernote e Moleskine. Per creare taccuini fisici aumentati: Evernote utilizza Smart Stickers che permettono il tagging digitale di appunti fisici, ma anche opzioni di ricerca e la condivisione di informazioni.
5) Interfacce emotive – Dai comandi alle conversazioni: Il modo in cui le persone interagiscono con le tecnologie digitali è cambiato molto. Oggi, i progressi della tecnologia consentono interazioni più naturali fra l’uomo e le macchine. Nel 2014, un super-computer è riuscito nell’intento di far credere alle persone con cui si interfacciava di essere umano. Grazie a sensori emotivi sempre più precisi, in futuro le macchine potranno sapere come ci sentiremo, cambierà il rapporto delle persone con le macchine, per questo le aziende dovranno prendere in considerazione l’adozione di interfacce utente guidate da elementi emotivi e gestuali.
6) La digital disruption è fisica: molte azioni di ogni giorno e dispositivi fisici porteranno alla nascita di servizi digitali guidati dai dati. Le società non possono più evitare la digital disruption e devono ottimizzare l’uso dei loro asset fisici, spesso costosi. Consideriamo come ad esempio nell’ambito dei “viaggi in condivisione” alcuni nuovi soggetti stanno rivoluzionando un settore tradizionalmente a elevati investimenti con l’introduzione di sistemi digitali per la gestione del servizio. Le aziende utilizzano i dati provenienti da azioni fisiche e sensori per ottenere nuovi livelli di efficienza. In questo contesto emergeranno due attori in particolare: coloro che saranno all’avanguardia nei smart device e coloro in grado di raccogliere e analizzare in maniera accurata i dati provenienti dalle azioni umane.
7) Money talks: sempre più i consumatori combinano e-commerce e messaggistica quando effettuano pagamenti e acquisti. La piattaforma cinese di chat per dispositivi mobile WeChat consente ai suoi 500 milioni di utenti di inviare contante digitale ed eseguire acquisti direttamente dalla piattaforma. Molte piattaforme e idee innovative hanno avuto origine nei mercati che per primi hanno adottato soluzioni mobile. Oggi non sono solo i retailer e le banche a dover considerare cosa succede quando i pagamenti diventano parte delle conversazioni in chat dei clienti, perché in realtà queste conversazioni possono avere degli impatti anche sulle politiche di pricing delle aziende, nonché sui servizi che tramite la chat possono essere offerti.
8) Interazioni nei sistemi connessi: le wearable technology sono diventate protagoniste assolute della scena digital, ma il 2015 vedrà l’avvento di nuove tipologie di dispositivi smart, come hearable (dispositivi di ascolto smart) e nearable (dispositivi che si attivano in prossimità di qualcosa). Per esempio, Starwood Hotels and Resorts ha introdotto le porte virtuali, sbloccabili con lo smartphone. Tutto ciò richiede lo sviluppo di un forte ecosistema, che integri tra loro app e interazioni individuali e, in ultima analisi, renda la vita delle persone più facile. Gli smartphone e i dispositivi indossabili potrebbero quindi interagire sempre più con un’intera gamma di sensori che gli utenti non vedrebbero mai, ma che agirebbero per loro conto.
9) Il sesto senso: sempre più servizi iniziano a prevedere le esigenze del cliente e ad agire di conseguenza, grazie alla progettazione intelligente e all’uso dei dati, prima ancora che l’utente prema un tasto. Amazon sta esplorando questa possibilità attraverso le spedizioni anticipatorie, un servizio data driven che spedirà i prodotti all’area geografica finale, senza conoscere l’indirizzo di destinazione esatto. Le società che desiderano prevedere nella maniera più precisa possibile le aspettative dei propri consumatori avranno bisogno di una solida strategia focalizzata sull’utilizzo dei dati.
Via Spot and Web
Lo shopping mobile è sempre più diffuso e attira l’attenzione di sempre maggiori quote di utenti. Secondo dati e-Marketer più di 150 milioni di persone in America hanno utilizzato nel 2014 un dispositivo mobile per fare ricerche, navigare o confrontare prodotti, nello specifico il 79% degli utenti smartphone e l’86% degli utenti tablet.
Eppure, rileva la stessa società, meno di sette clienti mobile su dieci fa un acquisto dal proprio dispositivo. E, ancora, se quasi otto persone su dieci hanno fatto shopping su tablet, solo la metà dei consumatori via smartphone ha fatto lo stesso. Ciò dimostra che anche se i tablet sono meno diffusi nella popolazione rispetto agli smartphone, tali utenti sono più propensi a fare acquisti sui loro dispositivi, e sono generalmente più ben disposti ad acquistare e a spendere. I tablet rappresentato il 65,8% del totale delle vendite al dettaglio degli Stati Uniti per il comparto del mobile commerce lo scorso anno, dicono le stime di eMarketer, contro il 32% via smartphone. Quando si tratta di comportamenti di acquisto digitali, insomma, gli utenti tablet si comportano più come gli utenti desktop e tendono ad avere comportamenti “poco mobile” e più simili all’uso del pc: tipicamente sono a casa, con del tempo a disposizione per valutare attentamente gli acquisti. I compratori via smartphone esplorano i prodotti in mobilità ma poi passano ad altri canali per completare gli acquisti.
I dati di e-Marketer non sono gli unici a rappresentare un panorama del genere: nel mese di settembre 2014, comScore ha riferito i risultati che supportano la tendenza delle persone a fare attività legate allo shopping via mobile, ma non necessariamente ad acquistare attraverso questo canale. E anche secondo recenti dati MarketLive quasi il 56% del traffico verso i siti di vendita al dettaglio è venuto da fonti non mobili. Infine IBM: nelle passate feste di Natale le vendite tablet hanno rappresentato il 18,4% delle vendite online con gli smartphone fermi al 16,3 % e anche il desktop, secondo i numeri IBM, non è morto. Il traffico registrato da PC Desktop, infatti, ha rappresentato il 42,6% del totale e ben il 65,2% di tutte le vendite online. Inoltre, i consumatori hanno speso più soldi comprando dai propri desktop con un valore medio degli ordini di 107,72 dollari rispetto agli 88 dollari spesi da dispositivi mobili, con una differenza pari al 21,4%.
Il moltiplicarsi di analisi di questo tipo dimostra che il tema del mobile shopping, e del commercio online in generale, è al centro delle attenzioni dei marketer che sono sempre più alla ricerca di strumenti per comprendere il comportamento di acquisto delle persone sui vari device a loro disposizione. Uno sforzo non da poco che, secondo alcuni, potrà trovare risposta nell’approfondita conoscenza del percorso di acquisto che porta al sospirato click sul tasto “compra”.
Via Tech Economy
Sempre più spesso i bambini navigano su YouTube alla ricerca di contenuti da vedere. Ma la navigazione sul normale canale può, per errore, fare apparire video non adatti a dei minori. La possibilità di censurare dei contenuti c'è sempre stata su YouTube, ma spesso i genitori non l'attivavano sia per la complessità del procedimento sia perché proprio non ne conoscevano l'esistenza.
Per facilitare le cose, oggi è stata creata un'app, studiata apposta per i minori, per navigare su YouTube in tutta sicurezza con una grafica semplice e intuitiva e i contenuti filtrati alla fonte: "Prima da un algoritmo e poi, manualmente, da alcuni esperti che visionano i filmati da mettere on line”, come ha dichiarato Shimrit Ben-Yair, Product Manager di YouTube Kids.
I video disponibili comprendono un mix di contenuti tratti dai canali di intrattenimento più popolari per i bambini come DreamWorks TV, o National Geographic Kids.
L'interfaccia è più grande e luminosa rispetto a quella del canale classico, per adattarsi alla manualità dei bambini. Le sezioni previste sono quattro: "Spettacoli", "Musica", "Apprendimento", e "Esplora", indicate da semplici icone, rispettivamente: un pulsante di riproduzione, una radio, una lampadina e il binocolo. Tuttavia, nella schermata principale, è possibile anche sfogliare semplicemente i contenuti senza scegliere le diverse sezioni.
Infine i genitori potranno hanno pre-impostare il tempo di una sessione, al termine della quale, il piccolo viene avvisato. E sempre i genitori possono disattivare suoni e musiche che spesso accompagnano i video.
L'app è interessante ma sembra ci sia ancora molto da fare: non è ancora possibile infatti filtrare i contenuti in base all'età del bambino e il codice del controllo parentale è facilmente aggirabile da un bimbo in età scolare (ovvero in grado di leggere: appaiono infatti, in parola, i numeri da digitare per accedere a questa funzione).
Diciamo che, in generale, è un'app studiata per i bambini in età pre-scolare.
Per il momento è disponibile la versione per gli Stati Uniti, per Android su Google Play e per iOS su iTunes.
Via Panorama.it
Le mamme si confermano anche in Italia un target particolarmente evoluto: capaci di cogliere le potenzialità della rete, sempre connesse, molto presenti sui social soprattutto da mobile. Una situazione ormai consolidata in USA che trova conferma anche in Italia nei dati di una ricerca svolta da FattoreMamma e gnresearch. La ricerca, che ha coinvolto nella fase quantitativa 755 mamme con una survey on line, ha messo in luce una particolare sintonia tra mamme e mobile: 9 mamme su 10 possiedono uno smartphone, percentuale molto elevata se paragonata alla media della popolazione che vede il 56% come tasso di penetrazione degli smartphone. Lo stesso vale per i tablet: se in media il 17% della popolazione possiede un tablet, la percentuale sale a 53 quando consideriamo le mamme.
La fase qualitativa della ricerca ha rivelato i motivi di questa passione: grazie al mobile, la tecnologia è diventata friendly anche per le mamme che la considerano fedele (sempre disponibile), compagna(le supporta, le aiuta ad organizzare e risolvere) e femmina (multitasking, flessibile…). Tanto che il cellulare viene definito “una felice dipendenza e un’estensione di sé”. Se infatti il PC è visto come uno strumento freddo, rigido e funzionale, lo smartphone ha creato un rapporto di complicità, e viene vissuto in una dimensione individuale come uno strumento intrigante.
E per quanto riguarda più in particolare il “loro ruolo di mamme”, quali sono preferenze e comportamenti in relazione ai diversi device?
Al primo posto ci sono gli instant message (94%), seguono poi l’accesso ai social media (87%) e lacondivisione di foto (86%). Al pc sono lasciate le incombenze più “razionali” come l’home banking e la ricerca di informazioni mediche. In quanto ad attività da smartphone, le mamme italiane risultano particolarmente attive, tanto da superare le mamme USA: ogni giorno dal cellulare di una mamma italiana sono spediti in media 31 instant message (26 in USA) e avviene 19 volte l’accesso ai social media (15 in USA). (fonte: US mobile report 2014)
E per quanto riguarda più in particolare il “loro ruolo di mamme”, quali sono preferenze e comportamenti in relazione ai diversi device? Lo smartphone viene usato principalmente per organizzare gli impegni di tutta la famiglia, quando si tratta di intrattenere i bambini si preferisce il tablet, mentre gli acquisti (abbigliamento, libri, giochi) avvengono soprattutto al pc. Ogni canale è frequentato per esigenze diverse: si va su Facebook per socializzare, trovare info su persone e scambiare consigli su marche, sulle app di instant messaging per scambiare foto o video e condividere eventi della propria famiglia. E se si cercano consigli, supporto, risposte alle problematiche inerenti ai figli, il canale privilegiato sono i blog delle mamme. Da notare, infatti, che se il 61% si rivolge a parenti e amici, ben 1 mamma su 3 dichiara di ricorrere al consiglio di altri genitori on line, anche sconosciuti.
Via Spot and Web
I marchi non soltanto si vedono, ma si scrivono. E c’è chi paga per farlo. Trovare il nome di un brand in un testo di narrativa è esperienza piuttosto comune e normale; probabilmente finora ben pochi lettori hanno prestato troppa attenzione leggendo qua e là di Apple, Audi o Coca-Cola. Al contrario, i brand sono sempre più interessati, tanto da chiedere agli autori di entrare a far parte delle loro storie, di essere letti, anche pagando.
L’ultimo esempio è stato quello di William Boyd. Sceneggiatore, autore di Brazzaville Beach e dell’ultima avventura letteraria di James Bond (Solo), Boyd ha inserito in The Vanishing Game il brand Land Rover, facendo guidare al suo protagonista un Defender. Un product placement pagato con un assegno a sei cifre dalla casa automobilistica che, senza entrare nel merito del testo, ha chiesto solo di essere citata. Il libro è stato distribuito gratuitamente in versione digitale anche sul sito di Land Rover.
I PRECEDENTI
«Gli scrittori hanno sempre scritto su commissione», si è difeso Boyd. Il quale non è certo il primo caso di inserimenti “su carta”: nel 2001 Bulgari ha chiesto a Fay Weldon (Dopo il crash) di inserire almeno una dozzina di volte il nome del brand nel suo The Bulgari Connection, romanzo che Bulgari intendeva distribuire in esclusiva gratuita ai suoi clienti e che in seguito è stato pubblicato da HarperCollins. Gli inserimenti sono stati 34; l’autrice è stata pagata 18 mila sterline più la possibilità di indossare oltre 1,5 milioni di dollari in gioielli per il lancio del libro (che poi ha dovuto restituire!). Pubblicità occulta o volontaria, spesso un marchio definisce una situazione o un personaggio meglio di molte parole, e non solo nella cosiddetta chick lit (con l’esempio eccellente de Il diavolo veste Prada). Sono i completi di Ermenegildo Zegna o di Armani a definire gli yuppie di American Psycho, mentre il catalogo Ikea di Fight Club è simbolo dell’esistenza predefinita e pre-Tyler Durden del protagonista. Con gli e-book, poi, sono già sulla rampa di lancio progetti editoriali che coinvolgono anche siti e Web series, creando ulteriori spazi per le marche: uno di questi è Find Me I’m Yours di Hillary Carlip, con il dolcificante Sweet’N Low. L’autrice è già al lavoro sul sequel.
Via Business People
Lo abbiamo detto tutti tante volte, è ora di abbattere i silos. L'ho scritto in diverse occasioni, la capacità di unire punti diversi è una competenza chiave per il futuro. Ma poi siamo sempre lì: processi e attività si duplicano, i dati proliferano e con loro la confusione.
Nei giorni scorsi ho avuto modo di confrontarmi con persone davvero in gamba su vari aspetti collegati a questo argomento e tutti ci siamo trovati d'accordo sul solito punto che la tecnologia è solo l'abilitatore che calato dall'alto però non cambia le persone.
L'importanza della visione di insieme
C'è però almeno un altro fattore importante, molto radicato nella cultura aziendale di tante persone e delle organizzazioni, ossia una certa inerzia circa la visione di insieme. Le cose che succedono a monte e a valle sono note in modo superficiale, o peggio ancora personalizzato sulla base delle convinzioni e abitudini personali. Spesso inoltre l'informazione su temi di interesse generale non circola, o lo fa solo per dipartimenti. Oggi la digitalizzazione ha talmente intersecato e potenzialmente democraticizzato i processi mettendo il cliente al centro che una gestione tipo catena di montaggio in molti ambiti mostra invece i suoi limiti. Le persone viceversa devono essere più consapevoli di quanto accade e, almeno a livello base, delle logiche che le riguardano per almeno quattro motivi:
1) empowerment e appartenenza, che di solito un anello passivo di una catena non ha 2) contributo al miglioramento che spesso solo chi fa le cose sul campo può dare 3) necessità di efficienza (nessun può farcela da solo) in organizzazioni sempre più orientate alla multicanalità 4) gestione della pervasività della tecnologia, per cui ogni persona in realtà oggi agisce su degli strumenti senza intervento di enti "tecnici" a supporto.
La buona volontà ovviamente non basta...
Se è vero che ci vuole un cambio di prospettiva individuale è poi altrettanto indispensabile mettere le persone in condizione di farlo, con formazione e logiche di scambio di knowledge tra funzioni e ruoli diversi.
Obiettivo è quello di creare consapevolezza, che ripeto non vuol dire competenza tecnica spinta di tutti su tutto ma appunto la capacità di evitare quei malintesi clamorosi e quelle occasioni perse che derivano dal non capirsi. Semplificando molto, serve quindi tanto dialogo e tanto ascolto con l'aiuto di ruoli che facilitino lo scambio e guidino in modo discreto ma chiaro la transizione.
Quale è la vostra esperienza diretta in merito?
Gianluigi Zarantonello via Internetmanagerblog.com
In Italia l'investimento in Mobile Advertising nel 2014 è cresciuto del 50% raggiungendo il valore di 290 milioni di euro. Si tratta del 14,5% di tutta la pubblicità su internet. Questo dato, che conferma in pratica quello dell'Osservatorio Mobile Marketing del Politecnico di Milano, sottolinea come nel nostro Paese la pubblicità sia sempre più "mobile" e come stia diventando uno dei protagonisti indiscussi del mercato.
A metterlo nero su bianco la ricerca "Survey Agency Snapshot" - condotta per la prima volta da IAB Francia, BVDW / IAB Germania, IAB Italia, IAB Spagna, IAB Regno Unito e IAB Europa tra novembre e dicembre 2014 - che ha coivolto gli addetti di 154 agenzie pubblicitarie, con l'obiettivo identificare le attuali strategie in tema di marketing. Alla ricerca ha collaborato anche l'istituto demoscopico YouGov.
«La collaborazione tra gli IAB locali e IAB Europe per la produzione di questo studio, che interessa cinque mercati europei, è importante per valutare il livello di comprensione del valore del mobile in Europa, i driver e le barriere alla crescita. È incoraggiante vedere che nei nuovi budget viene considarata anche la voce Mobile Advertising, questo fatto dimostra che questo mezzo attrae gli investimenti pubblicitari», ha affermato Alison Fennah, Executive Business Advisor di IAB Europe.
Per quanto riguarda il nostro Paese, emerge come stia crescendo l'interesse delle agenzie per il Mobile Advertising. L’80% degli intervistati è convinto, infatti, che entro il 2015 la maggior parte delle agenzie media introdurrà il Mobile Advertising nelle proprie strategie.
«Il Mobile ha fatto registrare negli ultimi anni ottime performance. Insieme al Programmatic e al Video è certamente uno dei trend trainanti di tutto il nostro comparto», ha dichiarato Michele Marzan, Vice Presidente IAB Italia.
A rimarcare la crescente consapevolezza dell'importanza e dell'efficacia di questo canale nelle strategie pubblicitarie delle aziende il fatto che il 55% degli investimenti sul canale mobile negli anni passati era stato destinato ad altri media, contro il 30% di nuovi budget destinato specificamente a questo segmento.
La ricerca ha mostrato che però c'è ancora un po' di scetticismo nell'uso del canale mobile: il 47% degli intervistati vorrebbe avere più informazioni in merito alla gestione della privacy (Mobile Privacy), il 41% sulla pianificazione e il 35% sulla tutela del proprio marchio (Brand Safety).
E non è finita qui. Come sottolinea Marzan: «La ricerca ha evidenziato l’esistenza di barriere da superare. Prima fra tutte la scarsa comprensione dei vantaggi del Mobile Adv da parte del cliente (segnalata dal 50% del campione, ndr), seguita da una mancanza di integrazione nelle campagne a più ampio spettro e soprattutto di sistemi chiari di misurazione. Come Associazione il nostro compito è quello di supportare tutta la Industry con attività di formazione mirate e di lavorare insieme a tutti gli stakeholder nella definizione di metriche standard per la misurazione dei risultati. I dati sono sicuramente incoraggianti ed è quindi importante continuare a valorizzare questo segmento».
In Europa il 60% delle agenzie propone campagne su Mobile ai clienti
A livello aggregato, la ricerca ha messo in luce come le potenzialità del Mobile Advertising siano ormai riconosciute: il 60% delle agenzie, infatti, afferma di averlo reso parte integrante nelle proposte di campagne avanzate ai propri clienti, e per il 2015 la percentuale sale addirittura all'82%.
Dal punto di vista del budget, il 42% riconosce che il Mobile ha in qualche modo sbloccato nuovi finanziamenti per la pubblicità. Mentre il 71% è ancora costretto a gestire un budget unico da dover allocare ai diversi canali di comunicazione (mobile, internet, televisione, stampa e radio).
Tra i fattori più apprezzati del Mobile Advertising c'è la possibilità di lanciare una campagna di comunicazione location based, segnalata nel 63% dei casi. Il fatto poi che la pubblicità su Mobile stia prendendo piede in Europa è avvalorato, anche, dal peso crescente che hanno gli operatori specializzati all'interno delle agenzie, dove il 74% degli esperti di mobile e il 76% di quelli di soluzioni digitali si sentono riconoscere un ruolo guida nel decidere le strategie pubblicitarie su device mobili.
Come accade in Italia però anche a livello aggregato le agenzie sentono la necessità di avere maggiori informazioni sugli aspetti legati alla privacy (57%) e sulla tutela del proprio marchio (45%).
Via Wireless4Innovation
Realizzare smartphone senza servizi non porta utili, anzi, porta solo debiti. Lo sanno bene coloro che hanno scelto di appoggiare Android e si sono ritrovati, dopo qualche anno, meri produttori di hardware che hanno arricchito Android gestendo però in prima persona tutti i problemi legati alla produzione, alle scorte, all’assistenza e alle oscillazioni dei prezzi. Lo abbiamo sempre detto: la fortuna di Apple non è tanto l’iPhone quanto i servizi associati agli iPhone, servizi che ovviamente fruttano se sul mercato ci sono tanti utilizzatori. In principio erano le app e i contenuti a fare la fortuna di Apple, ma l’arrivo di soluzioni gratuite per le app più costose, di servizi di streaming a canone fisso e di contenuti freemium ha frenato un po’ queste fonti di guadagno comunque redditizie. La nuova gallina dalle uova d’oro è il pagamento elettronico: Apple, che ha già fatto debuttare Apple Pay, guadagna lo 0.15% su ogni transazione, una fetta che divide con le banche e i circuiti delle carte di credito. Considerando la diffusione sempre maggiore di Apple Pay e la quota che ha guadagnato rapidamente nelle transazioni sotto i 20 dollari negli Stati Uniti tra qualche anno è molto probabile che Apple, già piena di soldi, diventi una sorta di banca per la quantità di denaro che recupererà anche da questo nuovo fronte.
Un mercato che si sta combattendo anche in ambito Android: Google ha lanciato Android Pay mentre Samsung ha presentato Samsung Pay per il suo S6. L’azienda coreana ha fatto la fortuna di Android negli ultimi anni guadagnando davvero poco: i suoi servizi, dal Samsung App Store ai negozi per musica e video non sono riusciti ad avere la meglio sui servizi di Google come Google Play, Google Video e così via.
La fetta dei pagamenti elettronici, tuttavia, è troppo importante per arricchire ancora una volta Google ed ecco quindi che qui Samsung vuole procedere da sola: Google dovrà trovare partner importanti per Android Pay, e per la prima volta non potrà contare sul primo produttore di smartphone Android.
Tutti, in ogni caso, dovranno affrontare il problema della sicurezza: Apple per Apple Pay ha realizzato un sistema praticamente perfetto per l’autenticazione ma ha sottovalutato le procedure di autenticazione delle banche che ha portato ad un incremento del 6% il tasso di frodi sui pagamenti. La segnalazione arriva dall’esperto di pagamenti mobile Cherian Abraham, che spiega però come non sia colpa di Apple ma più che altro del processo delle banche per l’identificazione dei clienti Apple. L’iPhone, oltre a separare i dati in una partizione dedicata criptata utilizza un codice biometrico con TouchID per l’acquisto, tuttavia se un malintenzionato aggiunge una carta clonata al suo iPhone necessita solo dei codici scritti sulla carta stessa. La banca accetta la carta, ma si riserva la possibilità di verificare l’identità dell’utente per acquisti di una certa entità: per farlo viene chiamato al telefono il possessore dell’iPhone che ha fatto la transazione e quest’ultimo, in molti casi, deve fornire il numero di previdenza sociale o le ultime cifre della carta di credito. Dati, questi, facilmente recuperabili per chi perpetra una frode. Le banche comunque si stanno attrezzando per sistemare la questione frode, con la moltiplicazione del fenomeno potrebbe davvero assumere livelli preoccupanti: è facile per un utente capire se la carta è stata clonata quando si trova un acquisto consistente mai fatto, ma in mezzo a centinaia di micro-transazioni capire che mancano uno o due dollari non è altrettanto immediato.
Via DDay.it
Twitter, dopo aver messo a disposizione degli utenti la possibilità di girare video e condividerli attraverso la sua piattaforma, punta sullo streaming live. Alcune fonti vicine al social network, come riporta re/code, hanno dichiarato che la società di Costolo ha raggiunto un accordo per l’acquisizione di Periscope, una startup ancora in fase di sviluppo che permette agli utenti di “esplorare il mondo in tempo reale attraverso gli occhi di qualcun altro”.
Le voci della possibile transazione erano state già riportate da TechCrunch che ha ipotizzato un’acquisizione per cifre che si aggirano intorno ai 100 milioni di dollari. Anche Business Insider ipotizza numeri simili: il prezzo potrebbe quindi essere molto alto ma per ora non si hanno dati precisi da parte di Twitter e Periscope.
Secondo gli analisti per Twitter l’integrazione dei video in streaming sembra abbastanza ovvia, in particolare dopo che il lancio di un strumento di condivisione e di editing per i video. La capacità di trasmettere eventi in tempo reale (ad esempio le proteste, le interviste, gli eventi meteorologici, etc) è una scelta perfettamente in linea con le esperienze della piattaforma, che rappresenta il servizio più utilizzato per la diffusione di notizie e informazioni in real time.
L’accordo con Periscope arriva in un momento in cui Meerkat, un simile servizio di video in streaming live, ha guadagnato l’attenzione di molti media e di alcune celebrity Usa. Meerkat ha già dimostrato che molti utenti di Twitter hanno interesse a produrre e consumare video in live streaming: ora, grazie a questo accordo, tale funzionalità potrebbe essere sfruttata in modo nativo sul social network, rendendo quest’ultimo ancora più attraente per la diffusione di informazioni e notizie in real time.
Via Tech Economy
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