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 mymarketing.it: e tu cosa ne pensi?... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico : Tecnologie (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Roberto Venturini (del 21/12/2006 @ 07:51:53, in Tecnologie, linkato 3859 volte)

Io credo che molte aziende continuino a sottovalutare ( a non capire) quanto sia pesante Internet come fattore influenzante il funzionamento del ciclo d'acquisto (per chi volesse approfondire, linko questo mio articolo sul tema).

Sempre più consumatori si documentano in Rete prima di prendere una decisione d'acquisto (o prima di iniziare il rituale giro di negozi). Anche se solo una minoranza ricorre all'ecommerce, molti potenziali acquirenti arrivano sul Punto Vendita con decisioni praticamente già prese - se non addirittura con una stampata della pagina web relativa all'articolo che hanno deciso (in Rete) di acquistare.

Utenti più formati e che pongono il negozio di fronte alla necessità di interrogarsi su come evolvere per il futuro.

Utenti che arrivano in negozio con le idee chiare, e che spesso fanno a meno della funzione consulenziale del personale di vendita; clienti quindi meno influenzabili e orientabili verso quei prodotti che il negozio potrebbe avere maggiore interesse a vendere.

D'altra parte, se il negozio si trasformasse in un luogo in cui si va a "ritirare" fisicamente un prodotto la cui decisione d'acquisto è stata presa altrove, la stessa natura del negozio cambierebbe; riducendo la necessità di avere certi livelli qualitativi e quantitativi di staff in grado di servire il pubblico, potendosi limitare alla presenza di operatori il cui scopo principale è di “consegnare” al consumatore il prodotto che chiede.

Questo in realtà è già il modello della Grande Distribuzione, dove la funzione consulenziale è ridotta all'osso e dove quindi maggiore necessità / comodità riveste per il cliente (ovviamente per certi prodotti e categorie merceologiche) di documentarsi previamente all'acquisto.

Per il PV tradizionale l'alternativa è tra accettare l’ulteriore riduzione del suo ruolo sui clienti più smart e più istruiti (e probabilmente a maggiore potenziale di spesa) oppure offrire un servizio consulenziale ancora più credibile e affidabile: più che informare, consigliare i prodotti che realmente sono i più indicati per il singolo cliente. E costruire relazione, rapporti umani con i clienti.

Per la GDO invece, scenari evolutivi possono vedere la saldatura tra la tecnologia RFID e Internet. Anche se oggi molto complessa e costosa nella sua implementazione (e chiudendo entrambi gli occhi sui problemi di privacy), è prevedibile che nel giro di pochi anni la tecnologia RFID sarà presente in molti prodotti, attraverso piccoli chip che, interrogati da un "lettore", possono fornire l'identità del prodotto (e in futuro anche altre informazioni).

La progressiva distribuzione dell'internet mobile e l'integrazione di altre tecnologie nei dispositivi telefonici/ PDA consumer (bluetooth, WiFi...) potrà rendere domani possibile "interrogare" col cellulare il prodotto che ci interessa, accedendo automaticamente (dal negozio, nel momento in cui decidiamo o meno l’acquisto) a pagine web di descrizione, informazione e promozione relative. E magari scoprire, sul PV, che un altro negozio poco più in là ha lo stesso prodotto ad un prezzo minore.

Mentre è chiaro che per molti prodotti a basso costo e coinvolgimento emotivo (nonché per i per prodotti d'impulso), questo tipo di processi avrà un impatto limitato, per una serie di altri prodotti l'arrivo delle Nuove Tecnologie obbligherà il trade a pensare come affrontare il prossimo decennio.

Non solo: questo scenario aggiunge un ulteriore elemento di complessità anche per le aziende di prodotti consumer, che vedranno nuovi strumenti, di tipo prettamente tecnologico, affiancarsi agli strumenti classicamente pubblicitari e promozionali nell’influenzare le vendite dei loro prodotti, richiedendo una rilevante evoluzione culturale e di “nuovo” marketing .

 
Di Altri Autori (del 29/01/2007 @ 07:54:29, in Tecnologie, linkato 3402 volte)

Principi di funzionamento, caratteristiche e vantaggi della nuova modalità per fruire dei contenuti digitali

 Come spesso avviene nel campo della microinformatica per il mercato di massa, il continuo progresso tecnico “quantitativo” (nella fattispecie: aumento della velocità, della capacità della memoria di massa, dell’autonomia della batteria e riduzione delle dimensioni, del peso e del prezzo), superata una certa soglia, permette anche un vero e proprio salto “qualitativo” nel tipo di applicazioni e di dispositivi che è possibile realizzare e lanciare sul mercato.

Nel caso dei dispositivi portatili con capacità multimediali come palmari, console portatili per videogiochi, lettori MP3 e lettori multimediali audio/video, la memoria di massa è cresciuta al punto che sono sempre più numerosi i dispositivi di costo abbordabile che risultano in grado di memorizzare centinaia di ore di musica o migliaia di brani, riproducibili con ottima qualità audio.

Quasi sempre è presente un display chiaro e ben visibile, con un pratico sistema di controllo che consente di selezionare velocemente il brano da ascoltare, liberando l’utente dalla quasi necessità di ascoltare i brani in ordine sequenziale o casuale; in alcuni tipi di dispositivi è perfino presente una qualche capacità di accesso wireless alla rete, via Wi-Fi o GPRS. La leggerezza, le minime dimensioni, la lunga autonomia di funzionamento a batteria consentono, poi, un comodo utilizzo in mobilità anche per lunghi periodi.

Questi “ingredienti”, contemporaneamente presenti in un unico dispositivo, aprono la possibilità di scaricare sul proprio lettore non soltanto un vasto repertorio di canzoni, ma anche registrazioni audio di altro genere, come notiziari, letture di libri (audiobook), trailer di film o semplicemente brani digitalizzati di programmi radiofonici o anche televisivi.

Dal Walkman all’iPod
Il fatto che il prodotto più rappresentativo e desiderato, stilisticamente molto curato e tecnicamente aggiornato, ormai vero e proprio emblema di questa categoria di dispositivi digitali, sia il riuscitissimo Apple iPod, ha reso quasi spontanea l’identificazione dei player multimediali con il termine pod. È immediato il parallelo con il mitico Walkman, un riuscitissimo prodotto Sony diventato poi un suo marchio commerciale ultraprotetto, anche se il termine era ormai entrato nel linguaggio comune per identificare un riproduttore portatile stereo di audiocassette con cuffia, indipendentemente dalla marca.

Rispetto all’antenato Walkman, la novità dell’iPod e di tutti i dispositivi che gli assomigliano (sebbene cerchino di differenziarsi nel tentativo di conquistare una propria identità) è, in fondo, la facilità e la velocità con cui enormi quantità di contenuti multimediali, non solo audio, possono esservi riversati per un ascolto in diretta (nel caso sia possibile una connessione in rete e quindi lo streaming) o in differita, attingendo alla memoria di massa del lettore.

Se ora grazie ai pod è possibile questa nuova forma di fruizione differita o in mobilità di programmi radiofonici, la cui diffusione via etere è detta broadcast, ecco che la lingua inglese ha partorito nel 2004 l’ennesimo neologismo tanto intraducibile quanto efficace: podcast. Alcuni sostengono, invece, che POD non sia altro che un acronimo di Personal On Demand; ai posteri l’ardua sentenza…

Il termine è talmente calzante ed entrato nell’uso comune da essere stato inserito già nel 2005 nel New Oxford American Dictionary, che ne dà la seguente definizione ufficiale: “Una registrazione digitale di un programma radio o simile, reso disponibile via Internet per il download su un riproduttore audio personale”.

Vantaggi del podcasting
Uno dei principali vantaggi del podcasting come modalità di fruizione di contenuti multimediali è sicuramente quello di poter differire con estrema facilità il momento dell’ascolto rispetto al momento della pubblicazione o trasmissione del materiale: una sorta di funzione timeshifting senza limitazioni, resa possibile dalla grande capacità di memorizzazione dei player multimediali, che immagazzinano i contenuti da riprodurre in seguito.

Appositi feed RSS vengono usati dagli autori o da chi diffonde i contenuti per annunciare nuove puntate di una serie, nuovi capitoli di un audiobook, nuovi argomenti di una discussione, nuove notizie di un canale informativo. “Sintonizzandosi” con questi feed è quindi possibile essere messi al corrente sulla disponibilità di nuovi contenuti interessanti e scaricarli sul proprio lettore.
Meglio ancora, si può fare in modo che l’operazione di individuazione di nuovi contenuti e il loro scaricamento sul lettore portatile avvengano in modo completamente automatico.

Esistono innumerevoli canali podcast sui più svariati argomenti, dai classici canali all-news alle comic strip quotidiane, dagli audiobook ai trailers di film. Sempre più numerose, poi, sono le radio che accanto al classico canale “hertziano” stanno adottando la forma pod­cast per diffondere la propria programmazione. Il bello è che gran parte dei materiali, spesso di ottima qualità, è disponibile gratuitamente.

RSS e Atom
Elemento fondamentale del sistema podcast è il formalismo con cui i siti intenzionati a pubblicare contenuti scaricabili possono esporne su Internet la lista in una rappresentazione che consenta a un programma automatico (detto aggregator) di individuare l’eventuale comparsa di nuovi contenuti. Il formato RSS, oggi giunto alla versione 2.0 considerata “definitiva”, ha avuto una storia piuttosto lunga e tormentata.

I precursori dell’RSS vero e proprio possono essere considerati il CDF (Channel Definition Format), introdotto nel 1997 da Microsoft per supportare gli ActiveChannel di Internet Explorer 4, e l’RDF (Resource Description Framework), un formalismo progettato per identificare e descrivere risorse in rete, standardizzato dal W3C nel 1999. L’RDF venne impiegato nel quadro di uno schema più ampio, l’RDF Site Summary (RSS), per descrivere l’intero contenuto scaricabile di un sito. Lo standard risultante, proposto nel 1999 da Netscape dopo una fase iniziale di sviluppo condotta in Apple, si chiamava RSS 0.9.

Successivamente, nonostante lo standard e le sue applicazioni stessero conoscendo una crescente diffusione, Netscape perse interesse nel guidare lo standard, che venne così preso in carico da un apposito gruppo, RSS-DEV, che nel 2000 emise lo standard RSS 1.0 proprio mentre, in parallelo, altri sviluppatori indipendenti proponevano versioni evolute dell’RSS 0.9. Nel 2002 si arrivò a un punto di unificazione con il rilascio della versione RSS 2.0, in cui all’acronimo veniva ufficialmente assegnato il significato di Really Simple Syndication, e la proprietà e manutenzione dello standard venivano assegnate ufficialmente alla Harvard University.

Con questa storia così poco lineare, non stupirà sapere che l’RSS non risulta essere uno standard progettato in modo particolarmente robusto e “pulito”. I suoi limiti consistono principalmente in un imperfetto recepimento di alcuni importanti standard del mondo XML e Internet, come il formato di rappresentazione di date, attributi e titoli, o come il processo di registrazione del MIME type usato per etichettare il tipo di flusso RSS.

Altro difetto dello standard RSS 2.0 è il fatto che la sua gestione non sia stata affidata a un ente normativo riconosciuto a livello internazionale ma a un soggetto privato, seppure autorevole (la Harvard University). Queste ragioni hanno portato alla comparsa, nel 2003, di uno standard alternativo, Atom, questa volta ratificato dall’IETF dopo la classica fase iniziale di brainstorming.

La comparsa di Atom come formalismo alternativo, unito alla dichiarata intenzione dei manutentori di RSS 2.0 di congelarne l’evoluzione a tempo indeterminato, fa presumere che in futuro il mondo del podcasting possa progressivamente migrare da RSS ad Atom, specialmente se in RSS dovessero emergere problemi o limiti incompatibili con eventuali nuovi tipi di contenuto o nuove forme d’utilizzo. Per questo, cominciano a vedersi degli aggregator che supportano sia RSS che Atom, ed è lecito aspettarsi che il trend continui nei prossimi anni.

Che cosa occorre
Qualunque lettore multimediale portatile collegabile al PC può essere usato per la fruizione di contenuti in podcast. Tutto quello che si deve fare è installare sul PC un apposito programma aggregator (per feed RSS), o più specificamente podcatcher (in particolare per feed RSS che annunciano contenuti destinati al podcasting) e lasciarlo attivo in background sul proprio PC.

Periodicamente, il podcatcher si collega con i feed RSS sui quali ci siamo registrati e verifica se sono comparsi nuovi contenuti. In caso affermativo, li segnala all’utente che può comandare manualmente il download oppure, se espressamente configurato per farlo, li scarica automaticamente sull’hard disk del PC in una apposita cartella.

In seguito, quando l’utente collega il lettore multimediale al PC, il podcatcher potrà trasferire automaticamente i contenuti sul dispositivo, oppure l’operazione potrà essere effettuata con un semplice drag and drop. Va da sé che l’operazione di trasferimento automatico è preferibile, in quanto garantisce che i contenuti presenti nei due file system siano perfettamente allineati, anche in caso di file omonimi recentemente modificati. In questo caso si parla di sincronizzazione, una funzione purtroppo non presente in tutti i sistemi.

Uno dei migliori esempi di integrazione fra podcatcher e lettore multimediale è, naturalmente, l’accoppiata iTunes+iPod proposta da Apple. Il software iTunes è un ottimo aiuto per l’organizzazione della propria libreria multimediale e per il download di nuovi contenuti gratuiti o a pagamento, ma soprattutto integra una funzione per la gestione dei podcast che si occupa sia di facilitare al massimo l’accesso a elenchi ragionati di podcast per categorie, sia di scaricare automaticamente i nuovi contenuti dei podcast quando compaiono, sia (ciliegina sulla torta) di sincronizzare automaticamente i contenuti dell’iPod con gli ultimi materiali quando il player viene parcheggiato nella sua sede, o comunque collegato al PC. L’utente non deve effettuare alcuna operazione e tutto avviene in modo automatico.

iTunes è probabilmente la soluzione di podcatching più completa e diffusa, ma è fortemente rivolto all’impiego con iPod: chi dispone di player multimediali di altro tipo non può sfruttare la sua comodissima funzione di sincronizzazione automatica dei contenuti. Vero è che rimane sempre l’opzione drag and drop per popolare manualmente il lettore, ma esistono alternative.

Per esempio, programmi di podcatching promettenti ma ancora in fase di maturazione sono l’open source Juice, il recente Doppler e l’interessante FireAnt (in grado di supportare anche target inusuali con capacità video come la Sony PSP e di scaricare contenuti via BitTorrent e in streaming ).

Il sito specializzato PodcatcherMatrix.org ha censito, ad oggi, ben 20 diversi programmi per il podcatching che differiscono, oltre che per il prezzo (molti, fortunatamente, sono gratuiti) per i sistemi operativi supportati, le funzioni accessorie come la gestione delle playlist, i download a orari programmati o a più riprese, la sincronizzazione più o meno automatica con iPod, PSP e Media Player, la capacità di riprodurre direttamente contenuti prima di trasferirli su un lettore, il supporto ai protocolli RSS o Atom per la descrizione dei feed e ai protocolli HTTP, BitTorrent e altri per il trasferimento dei contenuti. Scegliere il proprio podcatcher diventa allora quasi una questione di gusti: noi vi consigliamo di provarne diversi prima di decidere.

Una interessante alternativa ai podcatcher classici da installare sul proprio PC è quella dei servizi on line. In pratica, il podcatcher risiede su un server Internet e su quel server grava, quindi, il carico di lavoro per il controllo periodico dei feed e per il download e immagazzinamento dei contenuti via via pubblicati. L’accesso al servizio potrà avvenire da qualsiasi postazione Internet, liberando l’utente dalla necessità di portare con sé il PC e di riempirne il disco con contenuti spesso ingombranti solo per riscaricarli subito dopo sul lettore portatile. Per i gestori del sito, invece, il vantaggio è la riduzione del consumo di banda, visto che in caso di feed a cui sono registrati più utenti questo sistema permette di effettuare una sola scansione e un solo download per tutti.
 

Marco Mussini 

 
Di Altri Autori (del 21/02/2007 @ 07:03:46, in Tecnologie, linkato 4126 volte)

Sventolare il proprio cellulare per passare di fronte alla metro, pagare il biglietto del bus, di un concerto. Per acquistare nei supermercati. È la tecnologia di pagamenti mobili Nfc (Near field communications), basati su tag Rfid: gli esperti concordano che nel mondo vedrà il boom l'anno prossimo. Nel 2010, secondo Abi Research, il 30 per cento dei cellulari sarà con Nfc.

Un grosso passo avanti è stato fatto nei giorni scorsi, con l'annuncio di inizio lavori della Gsm Association: 14 operatori aderenti (tra cui Tim, Vodafone e 3) vogliono creare un approccio comune per integrare l'Nfc nei cellulari. Il ruolo degli operatori è importante per collegare i servizi Nfc con la Sim dell'utente, attraverso cui fare la fatturazione.

In realtà l'Nfc è già ben diffuso in Giappone, con 14 milioni di cellulari abilitati già venduti da Ntt DoCoMo, a due anni dal lancio. Ed è usato abitualmente per comprare oggetti e usare mezzi pubblici. I cellulari usati sono tipicamente orientali, però; in Occidente sono pochi e sperimentali, così come i servizi disponibili.

Negli Stati Uniti ci sono stati servizi pilota condotti da Visa e Mastercard, per esempio per entrare nello stadio usando il cellulare a mo' di biglietto. A Parigi c'è da quest'autunno alcuni utenti possono, in via sperimentale, salire sui mezzi pubblici tramite cellulari adattati per ospitare il chip Nfc. Sono forniti dall'operatore Bouyges Telecom. Arriveranno nel 2007 i primi cellulari Gsm con chip già integrato.

In Germania è già attivo, da qualche settimana a livello commerciale, un servizio simile per salire sui mezzi pubblici della città di Hanau, dopo 10 mesi di test.
Test di questo tipo partiranno entro fine anno in Irlanda e Gran Bretagna.

In Italia, nulla, ancora. Forse l'adesione al progetto della Gsm Association, da parte di tre operatori nostrani, farà sbloccare la situazione di stallo, che secondo gli operatori è causata dalla difficoltà, ancora, a raggiungere accordi con l'Abi (Associazione bancaria italiana) sulla gestione dei pagamenti. Che, tramite cellulare, possono avvenire in vario modo: con un addebito diretto sulla carta di credito associata alla Sim o con l'invio di bolletta all'utente, a fine mese, per esempio.
Oppure, è possibile comprare un biglietto in modi consueti e poi riceverlo sotto forma di Sms criptato, che interagisce con il chip Rfc. Passando il cellulare su uno scanner, in questo caso, si mostra al sistema il biglietto acquistato e si ottiene il passaggio.

Giulio Boresa

 
Di Altri Autori (del 07/06/2007 @ 07:42:46, in Tecnologie, linkato 1894 volte)

YouTube Mobile arriva sui cellulari Vodafone. Il nuovo servizio, disponibile da ieri, permette a tutti i clienti Vodafone di utilizzare i servizi del e sito di video-sharing direttamente dal proprio cellulare. YouTube offrirà una selezione dei migliori video, consentendo a tutti i clienti Vodafone di accedere a quelli di maggiore interesse ovunque ed in qualsiasi momento. Un'area del portale Vodafone live!, collegata direttamente al sito YouTube Mobile, consente a tutti i clienti di accedere ai video in modo semplice ed immediato. You Tube offrirà una sezione dedicata a Vodafone Italia sul proprio sito Internet (all'indirizzo: www.youtube.com/vodafoneitalia ), dove i clienti potranno caricare i propri contenuti legati al mondo Vodafone. Il gruppo Vodafone ha annunciato la partnership con YouTube lo scorso febbraio. Vodafone e YouTube continueranno a collaborare nei prossimi mesi, al fine di ampliare ulteriormente la propria offerta. Il costo d'accesso ai video di YouTube Mobile, in promozione fino al 31 luglio 2007, e' pari a 0,25 euro.

Via Pubblicità Italia

 
Di Altri Autori (del 09/07/2007 @ 07:51:39, in Tecnologie, linkato 2460 volte)

Yahoo! Go mobile 2.0 parla anche italiano. La società ha annunciato la versione beta localizzata della soluzione per navigare in Internet dal cellulare. Entro fine luglio Go mobile sarà disponibile su oltre duecento modelli di telefoni portatili che diventeranno quattrocento entro fine anno.

La soluzione sarà inoltre preinstallata ui nuovi dispositivi Nokia, Motorola, Samsung, Lg, Rim, Htc in commercio nel corso dell'anno.

La nuova applicazione permette di aprire allegati in Pdf, Word, PowerPoint ed Excel, accedere alle cartelle di Yahoo Mail, ricercare nella rubrica di Yahoo i contatti ricevere indicazioni stradali utilizzando il servizio mappe ed effettuare ricerche per specifiche voci.

Gli utenti potranno effettuare infatti le ricerche tramite Onesearch beta, un servizio progettato proprio per l'utilizzo tramite cellulare che identifica le risposte più significative. Non propone quindi, come succede nei pc, un lungo elenco di risultati ma, nel caso la ricerca sia su Roma, evidenzia notizie come quelle relative al meteo e i link principali per trovare informazioni sulla città.

Completano il menu news, finanza, meteo e le foto che è possibile inviare e consultare su Flikr. Altre aree di contenuti saranno aggiunte nei prossimi mesi.

Via Smaunews.it

 
Di Altri Autori (del 23/08/2007 @ 07:48:22, in Tecnologie, linkato 2811 volte)

Secondo uno studio di InStat, che effettua un'analisi sull'ultimo fronte di sviluppo della tecnologia HDTV, la regione Asia/Pacifico (Australia, Cina, Corea del Sud, Giappone e Singapore) presenta, alla fine del 2006, un aumento delle famiglie che utilizzano l'alta definizione.
È aumentato infatti a oltre 9.9 milioni il numero di abitazioni con televisori HD.Da traino fanno sicuramente i contenuti televisivi che confermano il loro potenziale attraverso i ricavi mensili incassati dagli operatori satellitari e via cavo.

Lo studio avanza delle previsioni fino all'anno 2012 e stabilisce che le abitazioni con HDTV set raggiungeranno nell'area Asia/Pacifico oltre 42 milioni di famiglie e i ricavi totali saranno di circa 8 miliardi di dollari (rispetto ai 3.6 del 2006) con un indice di crescita medio del 16.7% .
Il Giappone attualmente detiene la maggior quota di mercato HDTV con i suoi 8.5 milioni di abitazioni raggiunte dal servizio. Il governo locale gioca un ruolo chiave attraverso politiche di sviluppo e consolidamento del settore promuovendo il passaggio dall'analogico al digitale free-to-air, iniziative che di conseguenza spingono il business dei contenuti televisivi in alta definizione anche in molti paesi asiatici.
La maggior fruibilità dei questi contenuti HD è stata resa possibile anche dal generale calo dei prezzi dei televisori HD. Di questo fenomeno ne hanno ampiamente risentito i produttori, in particolare la joint venture coreano-olandese Lg Philips che ha chiuso i primi tre mesi dell'anno con 135 milioni di Euro in meno rispetto all'utile netto di 48 miliardi del 2006 nello stesso periodo. Si tratta del quarto trimestre consecutivo in perdita, anche se gli analisti attendevano in media un rosso di 244 miliardi. L'amministratore delegato comunica che il prezzo medio per metro quadrato degli schermi LCD (misura di riferimento del settore) è sceso del 9% rispetto ai valori del 2006 e che quella di Lg Philips è in ogni caso una performance incoraggiante.

In Corea Samsung lancia una nuova gamma di televisori HD definiti gioielli da collezione, reinterpretati in termini di design e tecnologia. Si tratta di modelli da 23, 26, 32, 37 e 40 pollici certificati per HD Ready e per l'Europa SKY HD Tested che garantiscono maggior qualità d'immagine soprattutto per trasmettere fedelmente i contenuti HD veicolati su piattaforma satellitare. In Europa, l'IPTV promette un numero di canali televisivi infinito ma non supera il 2% causa il supporto tecnologico che offre una buona velocità di trasmissione ma si trova spesso (soprattutto nelle aree sub urbane) distante dalle centraline di trasmissione, così il satellite si riconferma un veicolo trainante sia per i contenuti televisivi in alta definizione che per il mercato HD tv.

Secondo una ricerca Eutelsat commissionata da GfK, TNS Sofres e Ipsos, in 42 paesi (inclusa l'Italia) tra Europa, Nord Africa e Medio Oriente il numero di abitazioni dotate di parabola satellitare sono cresciute del 13% passando da 150 a 170 milioni di case. L'Italia le abitazioni attrezzate per la ricezione satellitare è aumentato di 280.000 unità . Un mercato appetitoso anche per la pubblicità in cui i ricavi sui canali satellitari italiani nel 2006 hanno superato i 200 milioni di Euro. Con l'inserimento della rilevazione Auditel nella pay-tv operativa dal 2 aprile di qest'anno, gli operatori pubblicitari dovranno pianificare un'offerta sempre più frammentata e precisa per spingere gli investitori ad una maggiore targettizzazione.


Roberta Salvan

 
Di Altri Autori (del 11/09/2007 @ 07:36:42, in Tecnologie, linkato 2593 volte)

Il sogno del Wi-fi gratis per tutti rischia di rimanere tale. Se ne stanno accorgendo negli Stati Uniti dove San Francisco, Chicago e St. Louis hanno annunciato improvvisi stop ai loro programmi di connessione nei centri urbani.

Colpa di business plan arditi, corrosi da un entusiasmo verso le magnifiche sorti progressive del Wi-fi che non ha retto alla prova dei fatti. L’euforia che regna sempre attorno a qualsiasi progetto Internet ha colpito ancora. Come racconta Wired, il primo errore è consistito nell’eccessiva fiducia risposta nella pubblicità online che avrebbe dovuto dare le risorse per sostenere questi network gratuiti o quasi. Il secondo, invece, è stato credere che i residenti avrebbero utilizzato in massa questi servizi. Sbagliato.

Agli scarsi investimenti pubblicitari si sono aggiunti anche contratti un po’ troppo generosi verso le municipalità. Società come MetroFi ed Earthlink hanno pagato di tasca propria l’intera realizzazione del network comprese le spese per la manutenzione e l’upgrade. In più, spesso i provider hanno anche pagato i comuni per l’utilizzo dei pali della luce dove sono stati piazzati gli hot spot. Non a caso Earthlink ci ha ripensato ottenendo dal contratto stipulato a San Francisco molte di queste condizioni.

Qualche problema esiste anche dal punto di vista dell’infrastruttura. Secondo l’inchiesta di un giornalista gli hot spot piazzati non bastavano a garantire un buon accesso tanto che, a seconda del network, si parla di percentuali che vanno dal 20 al 100% in più di hot spot necessari per garantire una eccellente copertura.

La ciliegina sulla torta è arrivata però dalla scarsa frequentazione di questi network. Il free in questo caso non ha pagato visto che, nonostante le stime parlassero di un 10-25% della popolazione disposta a utilizzare i network, alla fine si arrivati a malapena al 2%. Dati che fanno pensare a molti che è inutile puntare sul mercato consumer.

Ma non bisogna drammatizzare “E’ solo la fine del primo inizio” commenta il manager di provider wireless. Basta ripartire nel modo corretto puntanto sulle reti mesh, utilizzando il Wimax oppure concentrando il Wi-fi in zone ristrette dove è presente un gran numero di turisti o business people. In più, suggerisce Wired, è il caso di aggiungere anche un po’ di sana business reality.
Che troppo spesso il mondo che ruota attorno a Internet ha lasciato nel cassetto.

Luigi Ferro

 
Di Roberto Venturini (del 17/09/2007 @ 07:52:07, in Tecnologie, linkato 5650 volte)

Da un po' di tempo sono diventato un intenso user di Internet mobile, sul cellulare. Con grande soddisfazione.

Sia per la posta, sia per il web - ottimo per riempire i 5 minuti di attesa del bus, per controllare prezzi e caratteristiche dei prodotti, fare comparative shopping quando vedo qualcosa che mi piace (tipo: vedo un prodotto da MediaMarkt, controllo online, scopro che alla Fnac costa di meno, esco da MediaMarkt e vado a comprarlo alla Fnac... bella martellatina al modello tradizionale del commercio "fisico"...)

Però, se fossi in Italia, non lo userei, sorry. Anzi, quando sarò in Italia, tra poche settimane, smetterò di usarlo - al peggio ci sono sempre gli Internet café.

Qui in Spagna l'offerta di Internet Mobile è accessibile: non c'è bisogno di cellulari particolarmente strafighi (quello che uso me l'ha dato l'operatore a 19 Euro), non si va magari velocissimo ma si usa il browser del telefono per andare in rete liberamente, non su siti / servizi preselezionati dall'operatore.

E sopratutto le tariffe sono a livelli accettabili. Anzi, sensate. Cioè, le tariffe del mie operatore.

Il mio operatore è Yoigo, cui sono passato proveniendo da Vodafone, proprio a causa delle sue tariffe Internet. Prendendo l'esempio di una ricaricabile, con Yoigo:

- occorre fare un consumo minimo di 6 Euro al mese tra voce e dati (ok, facile)
- si spendono 0,0012 €/Kb... e si fa in fretta, lo so, a fare un mega...
- però quando il tassametro giornaliero passa 1,20 € +IVA, si blocca e il resto della giornata si naviga gratis, cioè il massimo che spendi sono 1,2€+IVA.

Con questo sistema usando la posta spesso e la navigazione web meno spesso, avevo la soddisfazione di avere Internet mobile per 10-15 euro al mese. E posso usare il cellulare come modem e navigare dal portatile.

In pratica zero costi fissi, lo paghi solo quando lo usi e quando lo usi se dai solo una guardatina veloce alla posta spendi poco e se devi fare delle cose molto intensive non spendi una fortuna

Orange, invece, arriva ora in Spagna in promozione con una tariffa 0 Euro - classica preomozione introduttiva-, ma già con loro esiterei, perchè a regimne sono un 30 euro fissi al mese, un po' al limite della mia soglia di prezzo con un limite di 1Gb al mese di traffico, passato il quale sono 50 cent al mega.

Anche se credo che 1Gb sia tanto, avrei sempre la paura di sforare. Peggio l'altra loro offerta: 6 euro di abbonamento e due euro al giorno solo se lo usi.

Facendo un giorno si' e uno no, vengono 36 euro... e non si parla di navigare dal cellulare ma dal computer con apposito modem USB... ah, e non è chiaro se si tratti di prezzi per gli abbonamenti o anche per le ricaricabili...

Movistar: sono pazzi, 3 Euro al giorno (per la ricaricabile), se si usa la connessione, con un limite di 10 Mega/giorno a contratto 1 Euro giorno per un massimo di 10 Mb. Poi ci saranno anche altre tariffe, ma sono talmente sepolte nei meandri dei loro siti...

Ma veniamo all'Italia.
Vodafone arriva ora con una sua nuova tarifa in Italia, dopo l'annuncio di Tre delle nuove tariffe - che hanno fatto rumore e suscitato un bel po' di polemiche.

Il modello è leggermente differente: 5 Euro al mese di "canone" più 25 cent per ogni accesso.
In teoria, dunque, se controllo la posta un paio di volte al giorno e magari mi guardo un pochino un sito... diciamo 70 accessi al mese... sono altri 17 e rotti euro/mese, che sommati ai 5 fanno 22, cifra accettabile.

Il problema è che, dalla mia esperienza con Yoigo, il cellulare si connette e si sconnette molto frequentemente, anche durante la stessa navigazione, tipo che per navigare 15 minuti, magari con delle piccole pause, il cell. si collegava 3 o quattro volte. Se questi vengono considerati accessi, allora partono gli euro a raffica...

Dove voglio arrivare? non lo bene nemmeno io, forse è solo un senso di frustrazione. Mi sento come al solito munto dalle telefoniche ; - ) continuo a sospettare che un abbassamento forte delle tariffe creerebbe grandi voumi di traffico (del resto la telefonia cellulare è esplosa così, in Italia).

Ma forse gli operatori ritengono più interessante un mercato di volumi minori e margini maggiori - forse anche per non intasare la capacità della rete...

mah, adesso che rientro mi farò una bella analisi comparativa delle tariffe telefoniche e decido se val la pena o no di avere Internet sul cellulare... 30-40 euro al mese non sono poi tanti in fondo, ma sforano la mia sensibilità psicologica.

In alternativa non mi resta che sperare che Yoigo (posseduto in parte dall'operatore svedese Telia Sonera) sbarchi in Italia o, meglio ancora, collegarmi a gratis via wifi con il mio Nokia 770 attaccandoni ai punti FON...

 
Di Altri Autori (del 04/12/2007 @ 06:48:45, in Tecnologie, linkato 2758 volte)

Un cittadino dell'Unione Europea su cinque ha rinunciato alla linea telefonica fissa per utilizzare solamente un telefono cellulare. Il dato, in sé non sorprendente, proviene da uno studio prodotto in seno alla Ue e reso pubblico in questi giorni.

Alla fine 2006, questo il messaggio principale sortito dall'indagine condotta in tutti i 27 Paesi comunitari (Bulgaria e Romania escluse), il 18% degli utenti domestici aveva il solo cellulare come apparecchio di comunicazione voce, rinunciando del tutto al telefono fisso.

Il fenomeno "senza fili" in Europa è certificato da un secondo dato, quello che vede la percentuale degli abitanti che hanno attivato una linea mobile essere salita dall'8% del 1996 al 95% del 2005. Per contro la penetrazione delle linee fisse ogni 100 abitanti è cresciuta nello stesso periodo di soli quattro punti, da 44 a 48.
Lo studio, inoltre, ha anche confermato una seconda tendenza: a privilegiare il telefonino nei confronti dell'apparecchio fisso sono soprattutto gli utenti privati dei Paesi dell'Europa centrale e dell'Est e l'esempio migliore arriva dalla Repubblica Ceca, con il 42% di abitanti già migrati alla sola linea mobile (contro l'11% dei tedeschi).

La Finlandia, per vari motivi, rimane in ogni caso la patria del cellulare e lo dimostra il fatto che il 47% degli abitanti del Paese scandinavo telefonano infatti da casa solo attraverso il cellulare. Lussemburgo, Lituania e Italia, invece, sono le tre nazioni ad avere il più alto indice di linee mobili attive per ogni 100 abitanti - rispettivamente 158, 127 e 122 – mentre i ciprioti sono i cittadini Ue che spendono più tempo al cellulare ogni giorno, con una media di sei minuti per utente. I meno ciarlieri, per contro, sono polacchi e tedeschi, con 1,3 e 1,6 minuti.

Gianni Rusconi su Il Sole24ORE.com

 
Di Altri Autori (del 15/01/2008 @ 07:58:36, in Tecnologie, linkato 1824 volte)

Va ormai di moda su tutte le maggiori pubblicazioni internazionali (economiche e non) tracciare delle analisi piuttosto nefaste sul futuro dell'industria discografica. Non quella musicale, attenzione, ma proprio quella "discografica", cioè quella che ha sempre concentrato il suo core business sul disco (vinile, cd, audiocassetta), sulla musica registrata. Internet e l'esplosione della musica digitale non hanno affatto svalutato la musica, ma hanno di certo dato una significativa spallata al valore commerciale della musica registrata.
L'ultimo articolo in ordine di tempo è stato pubblicato ieri dall'Economist. Si intitola From major to minor e lo potete leggere
qui . La parte più significativa mi sembrano l'aneddoto d'apertura e la malinconica vignetta che lo accompagna:

"Nel 2006 la Emi, la quarta maggiore casa discografica del mondo, invitò alcuni teenager nel suo quartier generale di Londra, perchè parlassero con i top manager dell'etichetta a proposito delle loro abitudini musicali. Alla fine dell'incontro, i boss della Emi li ringraziarono e dissero di servirsi liberamente da un tavolo pieno di cd. Ma nessuno dei teenager prese alcun cd, nonostante fossero gratis. "In quel momento abbiamo capito che era finita", dice una persona che era lì.

Non è che per i cd sia proprio finita. Si vendono e si venderanno ancora. Persino quelli che sono stati prima distribuiti più o meno gratis su Internet (ogni
riferimento ai Radiohead primi in classifica negli Usa e in Gran Bretagna è puramente voluto). Ci sarà sempre qualcuno che preferirà avere tra le mani un supporto fisico. Ma sembra ormai evidente che quello non sarà più il metodo di fruizione principale della musica, sarà solo più una nicchia della "lunga coda". Fino a pochi anni fa il cd era la musica. Adesso, soprattutto tra i giovani, il cd è solo una fastidiosa e inutile gabbia. La musica è sull'iPod, sui computer, sul telefonino. E se proprio devono pensare a un supporto fisico, tanto vale che sia una chiavetta USB. Ci sono ormai milioni di giovani appassionati che trascorrono le loro giornate ad ascoltare musica e non hanno mai tenuto in mano un cd (e non hanno alcuna intenzione di iniziare a farlo). Per le vecchie generazioni sarà anche un trauma incredibile: sia da un punto di vista sentimentale, che ideologico, che economico. Per le nuove non è affatto un problema. A loro interessa la musica.

Via LASTAMPA.it

 
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