Comprare in Rete si conferma essere un'abitudine sempre più diffusa fra gli internauti italiani. Lo dice il nuovo rapporto dell'Osservatorio eCommerce B2C realizzato da Netcomm in collaboraizone con la School of Management del Politecnico di Milano e presentato ieri a Milano. Due i numeri salienti: la crescita prevista per il 2011, stimata al 19%, e il volume d'affari preventivato a fine anno, che dovrebbe sfiorare gli otto miliardi di euro.
Il commercio elettronico sta pian piano assumendo anche in Italia i connotati di vera e propria industria e la buona notizia per gli operatori di questo settore è la conferma di un trend positivo che si era bruscamente interrotto nel 2009, chiuso a crescita zero a 5,7 miliardi di euro dopo un decennio di incrementi a doppia cifra.
I buoni risultati previsti per quest'anno, dice lo studio, arriveranno in modo particolare dai prodotti, per cui si stima un aumento in valore (inteso come cifra generata complessivamente dalle transazioni di acquisto) del 23% per arrivare oltre quota 2,7 miliardi di euro. Bene comunque anche i servizi (+17%), trainati dall'affermarsi del fenomeno del social commerce, che si confermeranno il business più importante dell'e-commerce con un fatturato presunto di poco meno di 5,2 miliardi di euro
A livello di comparto merceologici, l'abbigliamento comanda la graduatoria con un salto in avanti previsto del 41% a 765 milioni di euro, seguito da editoria, musica ed audiovisivi (in salita al 30%, ma con un transato che non supererà i 300 milioni di euro) e da informatica ed elettronica di consumo (che raddoppierà il proprio ritmo di crescita dall'11% del 2010 al 21% del 2011), area dove gli italiani spenderanno online oltre 810 milioni di euro. Il settore del turismo si conferma quello più importante nell'economia del B2C italiano: per quanto l'incremento a fine anno si limiti al 13%, il giro d'affari sarà quello più vistoso e sfiorerà i 3,9 miliardi di euro. (G. Rus.)
Mai più senza Facebook. Pare proprio essere questo l’imperativo adatto a definire il rapporto tra gli italiani e il social network. Secondo i dati diffusi da Luca Colombo, country manager del sito per l’Italia, nel nostro paese ci sono 19 milioni di utenti attivi che mensilmente si collegato alla piattaforma.
Se si pensa che gli italiani dotati di una connessione internet sono circa 26 milioni, il 73% di tutti gli internauti e il 30% dell’interna popolazione dello Stivale naviga su Facebook, facendo dell’Italia uno dei partner più affidabili della società di Palo Alto.
Anche i dati più specifici destano stupore: circa 12 milioni di utenti accedono al loro account almeno una volta al giorno. Sono invece 5 milioni al mese gli ingressi da dispositivi mobili.
Il futuro di Apple passa per la nuvola. Tre gli annunci che Steve Jobs ha fatto durante il keynote che ha dato l'avvio alla conferenza mondiale per gli sviluppatori di Apple (Wwdc 2011) in corso da oggi a San Francisco: nuovo sistema operativo per i telefoni della mela e iPad, nuovo sistema operativo per i Mac e soprattutto tanto, tanto cloud computing.
Con iCloud infatti Apple spera di riuscire a fare bene in un settore dove finora non è mai riuscita ad eccellere: Google e Amazon (ma anche la stessa Microsoft) stanno mietendo successi, mentre i servizi come .Mac e poi MobileMe (entrambi a pagamento) hanno attratto poche centinaia di migliaia di utilizzatori. La svolta si chiama iCloud e, se funzionerà, permetterà ad Apple di recuperare il terremo perduto. Tutto si basa sul grande centro dati da un miliardo di dollari costruito in North Carolina, dove Apple ha centralizzato tutto il suo sistema per sincronizzare in maniera automatica il contenuto di telefoni e computer. Backup automatico in rete, posta elettronica, rubrica e calendari, ma anche apps, foto, musica. A proposito di quest'ultima, il sistema Music Match (il primo pezzetto che Apple anticipa) consente di riconoscere la musica sul computer proveniente dai cd e averla in formato digitale per 24,99 dollari l'anno.
I nuovi servizi iCloud sono gratuiti, mossa necessaria di Apple per competere con Google. Se davvero iCloud ha quella velocità e semplicità di funzionamento mostrata nelle numerose demo effettuate sul palco dai colonnelli di Steve Jobs (almeno una mezza dozzina di persone si sono alternate sul palcoscenico del Moscone Center di San Francisco, tra questi Phil Schiller e Scott Forstall, per alleviare l'attività di uno Steve Jobs ancora in convalescenza e visibilmente dimagrito e affaticato) allora Apple ha in cascina un'arma molto potente. Ma che non è completa: quello che l'aiuta è soprattutto iOS 5, la nuova versione del sistema operativo per gli apparecchi post-Pc, che sono arrivati a quota 200 milioni e che per la prima volta si emancipano dall'uso del Pc (o del Mac) per l'attivazione, la sincronizzazione e il backup.
Infatti, niente più iTunes: adesso iCloud permette di fare tutto in rete, via WiFi, in modo automatico, anche la notte quando si dorme. E come arrivano gli aggiornamenti via Internet (o i giornali nella nuova funzionalità Newsstand per quotidiani e riviste), così si integrano anche servizi come gli allarmi, adesso centralizzati in maniera simile a quella utilizzata da tempo sui telefoni Android, o lo stesso Twitter, che viene sposato da numerose applicazioni di Apple per mandare messaggi.
Parlando di messaggi, il colpo più duro che Steve Jobs manda non è forse a Google o ad Amazon, ma alla Rim dei Blackberry: l'unica fino a questo momento a integrare su tutti i suoi apparecchi un sistema di messaggeria istantanea molto semplice, che Apple amplia e migliora, includendo via 3G o WiFi anche immagini, video, testo e tutto il resto. Nasce così, con iMessage, il "club degli utenti iOS", capaci di scambiarsi messaggi senza pagare costi aggiuntivi.
Tra le oltre 200 novità previste per iOS 5, che verrà rilasciato gratuitamente il prossimo autunno ma che gli sviluppatori possono già cominciare a sperimentare adesso, c'è anche la gestione dei documenti via iCloud, un browser Safari molto più potente, l'integrazione con Twitter, le funzionalità di aggiornamento e download in background, il backup automatico via internet, il nuovo centro per le notificazione (messaggi, badge, sms e tutto il resto), la possibilità di salvare e leggere le pagine web anche su altri apparecchi via cloud e i reminder per fare la lista delle cose da fare, oltre a svariati miglioramenti anche alla gestione della fotocamera, che adesso acquista un pulsante hardware negli iPhone 4 (il pulsante "+" per il volume).
Migliorano un po' tutte le applicazioni per iPhone e iPad, che adesso possono essere utilizzate in maniera autonoma e senza bisogno del Pc: gestione immagini, ritocco, upload su Internet.
Infine, i cambiamenti per Lion, la settima versione del sistema operativo di Apple nata dieci anni fa e disponibile da luglio a 29 dollari: il Leone porta un'ampia serie di novità (già viste durante la sua presentazione di tre mesi fa) ma soprattutto integra sempre di più i "gesti", le "gestures" dell'iPad sul Mac. In questo modo, suona una prima campana a morto per il mouse, che forse potrebbe essere superato nelle intenzioni di Apple da un uso intensivo delle dita per fare "tap", "swipe", "pinch" e mille altri movimenti che fanno interagire direttamente con le pagine. Mac OS ha preso molto dalla versione per iPhone e iPad, compresa la possibilità di gestire a tutto schermo le applicazioni, in maniera innovativa rispetto a quanto finora possibile con Mac e Pc, e di concentrare tutte le applicazioni in un'unica schermata "LaunchPad", da cui comandare l'uso del Mac. Gli acquisti (compreso quello dello stesso Lion) adesso avverranno prevalentemente tramite il Mac App Store, tutto virtuale e senza bisogno di Dvd da installare, mentre le funzioni per salvare automaticamente i documenti, averne diverse versioni e poter recuperare lo stato del computer prima dello spegnimento lo rendono sempre più simile a un iPad che non a un vecchio Mac.
Apple dunque ci prova: il suo Ceo, Steve Jobs, anche se malato ha l'energia di spingere l'azienda verso nuovi traguardi. Il momento è uno dei migliori di sempre: 225 milioni di account registrati su iTunes store, 14 miliardi di apps scaricate in tre anni, 2,5 miliardi di dollari di guadagno per gli sviluppatori (che hanno li 30% del prezzo da loro fissato) e la voglia di mostrare che i sistemi operativi di Apple sono convergenti con i servizi: Mac, iPhone, iPod touch e iPad da adesso in avanti hanno la stessa dignità. Apparecchi alla pari, di fronte alla rete dove sincronizzare dati e software. Il futuro di Apple doveva passare per la rete, adesso si vedrà se l'azienda riuscirà a convincere i clienti con una offerta valida e soprattutto funzionante.
Sony, Apple, Amazon. E poi Google. I servizi di cloud computing per i consumatori sviluppati recentemente dai più importanti attori del settore tecnologico hanno aperto una nuova era informatica, quella del personal computing. Secondo Forrester, entro il 2016 il mercato specifico varrà 12 miliardi di dollari nei soli Stati Uniti, con 196 milioni di utenti dotati della propria ‘nuvola’, 97 milioni dei quali a pagamento.
Una giungla in cui gli utenti e le aziende dovranno districarsi al meglio e in fretta, per non perdere potenziali affari. Una selva fatta di uno spazio personale sempre a disposizione sul web, archivio immateriale per contenuti ludici o di lavoro, da fruire su ogni dispositivo dai pc fino agli smartphone, purché connesso a internet. Lo studio di Forrester immagina un futuro prossimo dominato da sistemi cloud costruiti attorno agli attuali servizi di e-mail, attraverso cui gli internauti gestiranno i propri materiali. Gmail e Google Apps lavoreranno in simbiosi per archiviare lettere digitali, foto, video, documenti di testo e, forse, canzoni. Così faranno anche Hotmail e Yahoo!. Probabile che iCloud di Apple, per ora lanciato come archivio puro legato a iTunes, integrerà poi altri servizi gestionali della Mela.
Il personal computing premierà le strutture a filiera, le aziende capaci di inglobare tutte le funzioni sulla base di sistemi operativi o servizi propri. Amazon dovrebbe quindi pagare dazio, rimanendo però attore chiave nel mondo dell’e-commerce. Mentre le grandi industrie si daranno battaglia per dominare la nuova evoluzione della rete.
L’ispirazione per questo post mi viene da diversi casi di vita vissuta e ha ricevuto l’impulso finale da questo intervento su TagliaBlog, liberamente tradotto da Why I Will Never, Ever Hire A “Social Media Expert”, di Peter Shankman.
immagine tratta da TagliaBlog (p.s. non sono d'accordo)
Il contributo in questione è piuttosto drastico ma mi permette di introdurre alcune considerazioni sulle nuove professioni del mondo digitale:
1) Gli strumenti del social web e le nuove tecnologie in genere sono un modo nuovo e potente che le aziende hanno per favorire il raggiungiumento degli obiettivi per cui esistono da sempre: il profitto, la risoluzione di determinati problemi, il rapporto con il cliente. Spesso ciò viene dimenticato.
5) Diamoci un nome e stabiliamo dei ruoli: è il senso del titolo, in un mercato che oggi ha ancora grandi margini di crescita c’è posto per sperimentazioni professionali e linguistiche che sono fisiologiche ma che creano grossa confusione nelle aziende, presto o tardi bisognerà iniziare a standardizzare compiti, nomi e gerarchie.
Che dire dunque, non sono d’accordo con il titolo dell’articolo che ho citato all’inizio ma credo che al momento nel nostro mercato ci sia troppo improvvisazione e non sia ancora chiaro che tutto ciò che è digitale è una parte delle attività e del business delle aziende e non qualcosa di diverso e separato.
Il fatto che poi io ritenga che ormai questa parte stia diventando una delle più importanti e complesse giustifica ancora di più il mio richiamo ad un alto livello professionale e alla fine dell’amatorialità diffusa.
Facebook cresce a singhiozzo. La notizia, di per sé, non è preoccupante, ma può far riflettere coloro i quali scommettono su uno sviluppo continuo dei social network e, in particolare, della piattaforma ideata da Mark Zuckerberg.
In Canada, Norvegia, Russia, Gran Bretagna e Stati Uniti, l’utenza è in calo: secondo il sito Inside Facebook, negli Usa si sono persi 5,8 milioni di iscritti nel mese di maggio, mentre nello stato confinante il calo è stato di 1,5 milioni di account. Negli altri paesi citati l’emorragia è stata minore, con circa 100mila utenti smarriti per strada da ciascuna bandiera.
Nel complesso, il social network continua la sua espansione globale e avvicina la soglia dei 700 milioni di iscritti (687 milioni in maggio, con 11,8 milioni di nuovi profili), ma l’effetto mania va scemando, mentre i mercati più importanti, Cina esclusa, sono stati ormai conquistati. “Quando Facebook raggiunge circa il 50% della popolazione di un paese, il tasso di crescita generalmente cala - dice Eric Eldon, uno dei ricercatori di Inside Facebook -. Sin qui, Facebook è stato capace di rintuzzare le perdite e le situazioni di stallo con la crescita nei paesi in via di sviluppo, come Messico, Brasile e India”.
Una vera diffusione in Cina potrebbe far salire il numero degli utenti fino alla fatidica soglia del miliardo, ma le severe norme cui la rete è sottoposta all’ombra della Grande Muraglia non agevolano l’ascesa dei social network, a meno di non aderire alle limitazioni imposte dal governo locale, perdendo così credibilità agli occhi dei paesi e dei mercati occidentali. Facebook dovrà quindi differenziare le proprie attività e i propri servizi, cercando di attrarre nuovi investimenti pubblicitari per via dell’offerta e non solo del costante aumento dell’utenza. La recente apertura all’e-commerce va proprio in questa direzione.
I libri digitali cominciano a parlare italiano. Il fenomeno e-book si diffonde anche nel Belpaese, con un catalogo decuplicato negli ultimi dodici mesi. In maggio, i titoli a disposizione degli internauti nostrani erano oltre 11mila. Ma alla crescita del materiale accessibile in rete non è corrisposta una crescita reale del mercato.
In Italia, gli e-book valgono appena lo 0,1% del giro d’affari editoriale (70 milioni di euro l’anno), a dispetto del 3% della Gran Bretagna, senza dubbio il mercato più maturo. Il paese guida in materia di letteratura digitale sono però gli Stati Uniti, in cui la categoria contribuisce al fatturato totale con una quota del 9%. I dati, resi noti dall’Associazione italiana degli editori al forum Editech della scorsa settimana, evidenziano la popolarità del nuovo formato, in cui gli editori sembrano voler investire con fiducia (quelli attivi nel digitale sono passati da 299 a 471), ma anche la sua intangibilità da un punto di vista commerciale.
L’utenza italiana interessata a Kindle e simili, secondo Nielsen, è in aumento, ma in assoluto resta limitata (600mila persone, circa il 20% di chi già legge su schermi digitali). Il calo dei prezzi degli e-reader, che oggi è possibile acquistare anche a 100 euro, aiuterà lo sviluppo del settore, ma servono anche un’educazione all’editoria digitale e un intervento governativo per meglio regolare il mercato.
Ovviamente una killer app. E io sono anni che ne parlo (e lo posso provare).
L'app in questione si chiama "Singles Finder" ed è stata (abbastanza ovviamente) sviluppata per un sito di incontri, Zonacitas.com.
L'aspetto più interessante è il passare dal virtuale al reale: non c'è come vederlo in faccia, il single (altro che profili e foto taroccate); quindi se un app mi dice quanti single sono al momento presenti in un certo bar.. diciamo che riesco ad organizzarmi meglio e più produttivamente la serata?
Il video qui sotto è carino e spiega bene. Molto carino anche il grido di battaglia: "Love is out there. If we get organised, there’s plenty for all"
Per lavoro e per diletto nella mia giornata utilizzo molti social media diversi e testo continuamente nuovi servizi, più meno noti e interessanti, che mi offrono sempre prospettive di confronto.
Ebbene, in questo continuo girare devo dire che mi sto costantemente appassionando a Twitter, almeno per quel che riguarda gli strumenti più generalisti e non limitati a un pubblico strettamente settoriale.
3)È integrato: è facile usarlo per aggiornare altri servizi e allo stesso tempo è semplice usarlo per rilanciare automaticamente i contenuti che vengono da altrove.
4) È selettivo: il fatto che sia più ostico al profano rende (mediamente) più attive e interessanti le persone che lo usano con una certa costanza.
5) È un ottimo posto dove fare ricerche: i meccanismi degli hashtag, la ricerca avanzata e la possibilità di seguire le conversazioni lo rendono prezioso (e sono alla base degli investimenti che lo riguardano).
6) Lavora bene con la multicanalità: si usa comodamente sia da mobile che da computer ed è ottimo per affiancare i media tradizionali con un tocco di interattività real time. Volete un esempio? Cercate #annozero durante la trasmissione omonima e seguite la conversazione…
7) Ha un grande ecosistema: sono molteplici i servizi terzi che lo integrano, utilizzano, potenziano, sfruttano. Per capire il senso di ciò basti pensare invece che Facebook ingloba in se stesso tutte le funzionalità e al massimo offre i propri strumenti (sviluppati internamente) a terzi in forma di social plugin.
Tutto perfetto dunque? Non lo si può mai dire di nessuno, e anche Twitter pecca in alcuni aspetti, come ad esempio un modello di business ancora nebuloso. Inoltre non è un mezzo facile da gestire, richiede più competenza rispetto ad altri strumenti di social media marketing, pretende presidio costante e non è affatto facile farlo decollare (da privato e da azienda).
Eppure permettetemi un consiglio: se anche non lo usate direttamente, tenetelo d’occhio!
Di Altri Autori (del 22/06/2011 @ 07:02:39, in Mobile, linkato 1755 volte)
E’ sempre più elevato il traffico di dati scambiati sul web dagli utenti in possesso di smartphone, in particolare quando si tratta di dispositivi Android o iPhone. Secondo una ricerca Nielsen, negli ultimi dodici mesi il consumo di dati da parte dell’utenza statunitense è cresciuto dell’89%, da 230 a 435 megabyte pro capite.
A trainare la crescita del traffico dati sono le applicazioni, attraverso cui gli internauti mobili accedono ai servizi di social networking e alle news, oltre a una serie di altri servizi. Certo anche il taglio delle tariffe ha agevolato la navigazione: un megabyte di traffico dati a inizio 2010 costava 14 centesimi di dollaro, mentre nella primavera di quest’anno si è scesi a 8 centesimi.
E il settore si allargherà ulteriormente con la diffusione sempre più capillare dei cellulari intelligenti, che al momento costituiscono il 37% dell’intero mercato mobile americano.