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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Eli (del 01/07/2006 @ 14:01:48, in Internet, linkato 2708 volte)
Nuovo e divertente puzzle-game della Vodka Absolut. Avete solo 2 minuti per trovare le 82 bottiglie nascoste nell’immagine. Oltre a partecipare al gioco è possibile scaricare wallpaper e inviare una sfida via email ad un amico.



Via Advertising/Design Goodness
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Di Max Da Via' (del 03/07/2006 @ 07:09:17, in Marketing, linkato 6477 volte)
Riposizionamento in corso anche per Artic Vodka, basato sulla campagna “Ormone Libero” e supportato da numerose iniziative realizzate da Publicis Dialog, A partire già allo scorso anno l’azienda ha eletto a proprio target di riferimento il segmento giovani adulti 18-26, introducendo nuove gusti per le vodke aromatizzate e portando avanti iniziative di comunicazione specifiche per un pubblico molto giovane.

Alla televisione e alla radio si affianca anche internet, con il sito www.ormonelibero.it, una città virtuale da esplorare con il proprio avatar allo scopo di ottenere “dritte” su come essere più cool. La campagna radiofonica oltre ai classici spot si basa su una partnership con Radio 105. Durante il programma “Ylenia I Love you”, dalla domenica al giovedì, i giovani ascoltatori possono nel corso di due appuntamenti cercare di “rompere il ghiaccio” conoscendosi in diretta.

A supporto di queste attività è previsto anche l’Artic Ormone Libero Tour, che nei mesi estivi toccherà i locali e le spiagge più frequentati delle principali località balneari italiane. Nel corso delle varie tappe saranno distribuiti gadget come t-shirt, spille e adesivi.



Via Pubblcità Italia
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Di Roberto Venturini (del 05/07/2006 @ 08:57:45, in Marketing, linkato 2145 volte)

In realtà l’evoluzione della pubblicità nei videogames passa anche per l’introduzione di nuove forme, di nuovi modi per introdurre il messaggio commerciale. Tutto dipende, oltre che dalla ricerca del fattore novità, dalle caratteristiche del gioco e del target.

La forma più usuale è l’inserimento di messaggi pubblicitari all’interno del gioco – ad esempio nei cartelloni a bordo campo dello campo di calcio o del circuito motociclistico oppure inserendo un caffé Starbucks nel paesaggio urbano dove stiamo conducendo un inseguimento automobilistico.

Dallo statico si è poi passati al dinamico, introducendo gli spot all’interno del gioco – non in forma di interruzione ma facendoli passare, un po’ "lateralmente", in uno schermo televisivo che il nostro protagonista si trova davanti nell’ambientazione dell’azione o sul megaschermo dello stadio in cui si svolgono le nostre sfide sportive.

A queste forme si sono oggi affiancate forme più impattanti, tipicamente di Product Placement o Product Integration. Un qualsiasi gioco urbano porà vedere i protagonisti frequentare negozi di una catena di abbigliamento, nutrirsi in fast food esistenti anche nel nostro mondo, interagire con prodotti di marche specifiche e riconoscibili. Nel gioco The Sims Online di Electronic Arts i personaggi dei gioco usavano PC chiaramente Intel-branded e si rifocillavano da McDonald (a fronte di alcuni milioni di dollari di investimento).

A questa stregua, qualsiasi azienda (o quasi) possieda una catena di negozi potrà un domani tentare di farla diventare scenario di un gioco destinato ai suoi target chiave, dando un'esperienza virtuale della propria offerta.
Chessò, una bella sparatoria tra bande all’interno di un Nike Store – dove il nostro eroe si può salvare solo prendendo a scarpate i cattivi…

Il casino, per dirla francamente, è che fare di queste cose… è un vero casino.
Se davvero si vuole un inserimento efficace della nostra pubblicità all’interno del gioco, l’azienda dovrà collaborare strettamente (e continuativamente) con i creativi e gli sviluppatori; e probabilmente si dovranno sviluppare nuove creatività ad hoc per il mezzo e la situazione in cui si troverà contestualizzato il nostro messaggio.

Che se (queste creatività) non sono implacabili declinazioni della campagna televisiva attualmente in onda rischiano di mandare nel pallone il top management (ma lo possiamo fare? L’internazionale ce lo permette? Ma perché non possiamo far passare il nostro spot attuale, tutto flou e riprese al rallentatore all’interno di quel gioco “sparatutto”…?).

La mia visione è però un po’ pessimista, almeno nel breve.
Visto quello che sono molte agenzie di comunicazione tradizionali e il modo di vedere (o non vedere) la comunicazione d’impresa in molte aziende… consiglierei di lasciar perdere, per evitare clamorosi autogol (in campi da calcio virtuali rigorosamente sponsorizzati dal nostro marchio).

Roberto Venturini

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Di Altri Autori (del 08/07/2006 @ 15:58:54, in Marketing, linkato 1971 volte)
Se il telefono squilla, il marketing risponde.
La telefonia mobile rappresenta un'opportunità importante per il marketing e la comunicazione.
Coglierla potrebbe diventare la sfida del prossimo futuro.
E' soprattutto il mercato dei contenuti destinati alla telefonia mobile (loghi, wallpaper, e soprattutto suonerie) a risultare interessante come “ nuova area ” per il marketing e la comunicazione.

Sebbene il fenomeno sia ormai diffuso, soprattutto tra i giovanissimi, le dinamiche del consumo di questo tipo di prodotto sembrano sfuggire a chiare classificazioni: è un consumo veloce , di facile accesso e di gratificazione immediata, quasi un acquisto d'impulso.

I contenuti presentano un ciclo di vita tendenzialmente breve, in quanto il consumatore stesso sembra percepire come necessario un refresh costante nella personalizzazione del proprio telefonino. L' acquisto dei contenuti destinati alla telefonia mobile, in definitiva, si fonda su basi fortemente emozionali ed istintive: è l'immediatezza del contenuto la chiave del suo appeal.

Aspetto di non minore importanza è dato dalla socialità del consumo: la suoneria , per sua stessa natura, è infatti fruita collettivamente.

L'effetto moltiplicativo di emulazione che sottende a questo tipo di consumo fa del telefonino una nuova frontiera del marketing “virale”: anche se il passaggio di contenuti da un utente all'altro non è paragonabile a quanto avviene via mail, l' effetto “eco” non va sottovalutato.

Come trasformare tutto questo in nuove soluzioni di marketing?

Una prima soluzione (indubbiamente la più semplice), consiste nell'associare contenuti di telefonia mobile ad una campagna di marketing: è il caso delle promotions , campagne che prevedono il regalo di suonerie (o di altri contenuti di tipo ludico) ai clienti al fine di poter creare un database di utenti da utilizzare in seguito in iniziative di tipo one-to-one.

Già scelte da marchi importanti (Ferrarelle, Tribe by Breil solo per citare alcuni esempi), le promotions rappresentano un tool immediato e originale per la costruzione di un database di clienti.

Esiste poi un'altra (più difficile) soluzione per i brand : quella di diventare contenuto per la telefonia mobile. Jingle, colonne sonore e immagini della pubblicità, loghi, animazioni: questi i contenuti che potrebbero diventare oggetto del nuovo canale distributivo e che potrebbero essere scelti dagli utenti della telefonia per personalizzare il proprio cellulare.

Un po' come accade per le cartoline pubblicitarie , anche in questo caso è il consumatore a scegliere e ad acquisire il contenuto promozionale. Svuotato della sua valenza promozionale, il contenuto branded diventa “ pure entertainment ”: piace e diverte, e per questo diventa qualcosa “da portare con sé”, appunto, sul telefonino.

E' il caso, ad esempio, dei gemelli baffuti della campagna 892 892 , recentemente approdati sulla telefonia mobile: le immagini delle campagne pubblicitarie si trasformano in sfondi, i jingle in suonerie. L' immediatezza della comunicazione è assoluta, perché tutti sanno già di cosa si sta parlando.

Le prospettive sembrano quasi incredibili, ma per nulla lontane dalla realtà: dove si intravede il continuo rimando di segni e di significati, dove i brand diventano (letteralmente) eterei , lì si indovina il contorno della comunicazione che verrà.

Chiara Santoro

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Di Altri Autori (del 11/07/2006 @ 08:32:59, in Marketing, linkato 3395 volte)

Il Triple Play non è un menage a trois bensi' l'offerta combinata di Telefonia, Internet e IPTV (TV via Internet).

Secondo molti definita come la soluzione del futuro - o comunque un'area di alto potenziale per il futuro della televisione (o di una nuova televisione).

Secondo Forrester, invece, un suicidio economico...

Uno studio preparato dall'istituto di ricerca e analisi (costa oltre 700 $, una piccola sintesi è disponibile qui) dice che questo tipo di offerte costano molto di più di quanta revenue possano generare.

Il problema è che mentre gli investimenti per rendere possibili queste soluzioni sono piuttosto elevati, i consumatori non hanno cosi' tanta voglia di pagare per ottenere contenuti - almeno, dico io, sulla IPTV.

Già, perchè in molti paesi con un'offerta televisiva "free" molto più ridotta di quella italiana, cacciano la lira per il satellite o il cavo...

Forrester stima che il Customer acquisition cost di un cliente triple play sia di qualche centinaia di euro - e che ogni cliente "medio" europeo farà perdere 3.700 euro al suo provider nei prossimi due anni.

Se ha ragione Forrester, il futuro della TV forse davvero non corre sul filo di Internet.

E forse non corre proprio, il futuro della TV. Vista la scarsa prova di se' data finora dal digitale terrestre in termini di innovazioni concettuali, se non succede qualcosa di grosso sull'IPTV c'è poco da stare allegri

Sul tema IPTV segnalo anche l'ultimo numero di peppersushi
Vabbe', vorra dire che, mondiali a parte, vedremo meno TV e passeremo più tempo a fare altro su Internet.

Roberto Venturini

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Di Roberto Venturini (del 15/07/2006 @ 16:02:34, in Marketing, linkato 3225 volte)
Essere presenti con la propria pubblicità all'interno di un videogame è un'attività che richiede una certa programmazione e comporta una certa staticità.

Se si vuole essere presenti sull’ultima release occorre muoversi per tempo, per dare modo agli sviluppatori di inserirci intelligentemente; dobbiamo pagare la nostra presenza sulla base dell’intera vita utile del videogame nelle mani del utente (in media circa 42 ore di gioco), dobbiamo assicurarci che (nel caso il gioco abbia una vita particolarmente lunga) il nostro prodotto non passi di moda o venga sostituito prima che il giocatore smetta di usare il gioco.

Per questi motivi e per dinamicizzare ulteriormente il mercato, alcune aziende stanno introducendo nuovi modi di concepire il meccanismo pubblicitario nei videogiochi.

Grazie alla diffusione della connettività in rete dei PC e delle consolle, è infatti oggi sempre più possibile sfruttare il videogame come un media in cui gli annunci vanno a rotazione, in cui si può definire un palinsesto ad hoc degli annunci e, addirittura, in cui gli annunci vengano selezionati e pubblicati sulla base di una profilazione dell’utente.

Agenzie americane come Massive o Double Fusion offrono infatti la possibilità di comprare spazi a rotazione all’interno di videogames, sotto forma di “affissioni” o di “spot” opportunamente piazzati all’interno dello scenario – a condizione che la piattaforma di gioco sia connessa in Rete.

La programmazione degli annunci potrà seguire logiche demografiche o geografiche e, a tendere, basarsi sulla profilazione degli utenti.
E' ovviamente possibile fornire agli investitori una misurazione della visione degli annunci (in forma paragonabile al calcolo delle impression sul web) e del tempo di esposizione.

Roberto Venturini
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Di Max Da Via' (del 17/07/2006 @ 07:29:46, in Prodotti, linkato 3721 volte)
Singolare operazione di co-branding tra Coca Cola e Lenovo, che ha portato alla realizzazione del primo notebook con il logo delle Olimpiadi di Pechino 2008.

Questo modello, battezzato Lenovo F20 iCoke Notebook Limited Edition, ha nel design uno dei suoi punti di forza, tanto da aver vinto un IF design award, ma vanta anche notevoli caratteristiche tecnologie, come lo schermo widescreen 12.1”, il processore Intel Pentium M778, connettività connessione WiFi e Bluetooth, 3 porte USB 2.0 e una doppia batteria agli ioni di litio con autonomia dichiarata di oltre 8 ore. Il computer in vendita al dettaglio in Cina e sul sito della Lenovo, ha un costo al pubblico di 1.300 Euro.

Tra le curiosità del pc spicca lo speciale tasto iCoke, che consente un accesso diretto al sito cinese della multinazionale americana, oltre alla presenza di contenuti esclusivi come wallpaper e screensaver appositamente realizzati per questo pc.


Via Panorama
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Di Max Da Via' (del 18/07/2006 @ 06:49:33, in Pubblicità, linkato 4301 volte)
Quando si parla di comunicazione il numero uno al mondo, in termini di spesa, è P&G, che nel mercato USA ha superato lo scorso anno i cospicui investimenti di General Motors.

Considerando infatti quanto investito dalle principali aziende in advertising, media e promozioni P&G si è guadagnata il podio, con una spesa complessiva di 4,61 miliardi di dollari, relegando al secondo posto GM e i suoi 4,35 miiardi. Un aspetto interessante è che gli investimenti cumulati delle due aziende raggiungono il 9% degli investimenti complessivi in comunicazione delle prime 100 aziende top spender.

Nel complesso però l’incremento medio di questi top spender nel 2005 è stato di un modesto1,3%, a fronte di una crescita media degli investimento in comunicazione del 3,7% da parte delle aziende di medio-piccole dimensioni.

Anche P&G, nonostante la leadership, ha preferito ricorrere ad una maggiore diversificazione, puntando in maniera crescente su nuovi canali tra i quali il web che presenta costi decisamente inferiori rispetto si media tradizionali, in particolare se paragonato alla televisione. La vittoria di P&G si spiega comunque con la recente acquisizione di Gillette e quindi dei relativi brand e investimenti.



Via Economy
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Di Altri Autori (del 19/07/2006 @ 21:04:10, in Brand, linkato 3306 volte)
All you need is branding si potrebbe dire in un'industria dove i prodotti si copiano e passano velocemente di moda, la tecnologia si compra, così come le buone location e i bravi manager. Una marca forte e desiderabile rappresenta per imprese che fanno del sogno la propria selling proposition , una risorsa strategica. Non è stato sempre così. Nel passato della moda la marca era ancillare rispetto al prodotto.
Solo il prodotto , attraverso il suo valore intrinseco , creava distinzione. Lo stilista e le collezioni stagionali erano al centro dell'interesse e degli sforzi; la marca, poco più che un nome, spesso prendeva significato solo dall'essere il nome dell'imprenditore/famiglia. La situazione cambia alla fine degli anni '80 con il passaggio delle aziende moda da monobusiness a multi-business e l'ingresso in nuove merceologie quali lo sportswear, occhiali, profumi, gioielli. Difficile a quel punto creare differenziazione solo attraverso i prodotti, spesso oltretutto dati in licenza ad altre aziende.

Per dare significato a così tante merceologie e occasioni d'uso la marca doveva rappresentare ben più di un'etichetta: un'area di gusto, un sistema di garanzie e di valori, un mondo. Per creare questo valore intangibile è stato necessario sviluppare la comunicazione. Gli stilisti sono diventati i primi testimonial del loro mondo e i primi artefici della reputazione del marchio (esemplare il caso di Tom Ford per Gucci ma anche di Renzo Rosso per Diesel o John Galliano per Dior).

La comunicazione , con l'obiettivo di creare notorietà, valore aspirazionale e status, è diventata una leva potente . E' il periodo delle top model, dei grandi fotografi e delle grandi campagne; i marchi del lusso entrano nel sistema mediatico globale. Il cliente finale però è ancora molto lontano dai tavoli degli stilisti e dai messaggi pubblicitari.
Molte cose sono successe da allora. La comunicazione è diventata sempre più omologata (stessi linguaggi, stesse modelle) e autoreferenziale. Il prodotto moda ha visto ridursi sempre più il suo ciclo di vita e ha perso centralità rispetto al nuovo protagonista dei nostri tempi: il negozio . Proprio dalla distribuzione vengono i nuovi protagonisti della moda: le catene verticalizzate (Zara, Mango, H&M), imprese globali che partendo dal negozio hanno imposto a tutti, stilisti compresi, nuove regole del gioco. In un mercato sempre più popolato e complicato per farsi sentire occorre alzare la voce ma soprattutto dire qualcosa di nuovo a clienti che pretendono qualcosa di nuovo.

Le marche della moda sono ormai note a molti; altra cosa è capire se interessano a qualcuno. Il cliente oggi sembra dire che vuole essere sedotto, emozionato, sorpreso dalle marche : l'emozione è qualcosa di profondo e personale che impone alle aziende una conoscenza più diretta del loro mercato.
Dopo le fasi del prodotto e della comunicazione si apre così una terza fase nello sviluppo delle marche moda: la fase dell'esperienza. Creare un'esperienza di marca implica per le aziende saper manovrare molte leve contemporaneamente: prodotto + assortimento + negozio + comunicazione + servizio. Per chi ha capito queste evoluzioni il branding si è trasformato da un monologo tra impresa e mercato a un dialogo tra l'impresa e i suoi clienti. Un dialogo che parte dal negozio, il nuovo prodotto della moda, l'unico dal quale si può creare un'esperienza.

Anche il ruolo della comunicazione è evoluto. Attraverso la comunicazione la marca racconta una storia che parte dal passato (l'heritage del brand - per chi ce l'ha), è ambientata nel presente (i prodotti, le pr, i testimonial) e sogna il futuro (la ricerca, i progetti non profit in campo artistico o sociale supportati dalla marca).

Stefania Saviolo

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Di Altri Autori (del 22/07/2006 @ 19:19:21, in Brand, linkato 8216 volte)
La marca è un asset strategico, elemento chiave per definire le prestazioni di un'azienda. E' una promessa che racchiude le aspettative e le idee nella mente dei clienti, rappresenta un insieme di associazioni e simboli che vengono collegati ad essa. Si tratta quindi di un concetto che oltrepassa la semplice conoscenza o fedeltà alla marca: le persone si innamorano di un brand, hanno fiducia e soprattutto credono in esso. I clienti fedeli, condividendo un mondo comune fatto di valori e di ideali, diventano gruppi, aprendo così la strada a molteplici possibilità comunicative da parte dell'azienda. Ai gruppi, creatisi in modo del tutto spontaneo, l'impresa è tenuta a rivolgersi con continuità e attenzione, quasi coccolandoli. Ecco perché sono nati e si sono diffusi molti strumenti, come i siti internet e i blog, che hanno lo scopo di entrare in empatia con i clienti e conoscere i loro pensieri.

Si parla di collettività, dunque, e di costruzione di una identità collettiva che possa aggregare il consenso intorno ad un nucleo di valori e credenze. Per poter emergere all'interno di un mercato sempre più affollato, l'azienda ha bisogno di definire in modo chiaro la propria identità, il suo essere in rapporto ad un contesto in continuo divenire. Per far questo è necessario lavorare ad una integrazione tra vision (le ambizioni a cui tende un brand), cultura dell'azienda (comportamenti, atteggiamenti e valori) e immagine (la percezione complessiva dell'azienda da parte dei suoi clienti e dei suoi stakeholder). Allineare questi tre elementi ha lo scopo primario di rendere uniche le immagini e le valutazioni su un'impresa da parte di tutti coloro che entrano in contatto con essa. Convergenza e coerenza del linguaggio e contatto con i clienti sono componenti tangibili ed imprescindibili per un'azienda. L'identità, così trasmessa, diventa elemento differenziante per un'organizzazione in grado di creare un cultura di marca autonoma e distintiva.

L'azienda trae importanti vantaggi nell'investire nel mantenimento duraturo della propria brand identity: facilita gli acquisti da parte dei clienti e la vendita da parte del trade, grazie alla diffusione di una forte awareness e di una buona consapevolezza nei confronti del brand. Inoltre, una coerenza nell'identità di marca aumenta il valore associato ad essa e aiuta a chiarire le percezioni dei consumatori nei suoi confronti. In ultimo, la brand identity aiuta nella riduzione dei costi: progettare un'unica uguaglianza a cui poter ricondurre ogni prodotto, evita di disperdere energie e risorse che possono essere così dedicate al rafforzamento dei valori già stabiliti.

Fulvia Lombardo
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