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  mymarketing.it: l'isola nell'oceano del marketing... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Altri Autori (del 02/07/2010 @ 07:05:14, in Internet, linkato 1718 volte)

Concordano nell’importanza del canale, e lo monitorano da vicino, ma raramente decidono di sfruttarne tutte le potenzialità. E dunque sì ad e-mail promozionali, limitato l’uso dei social network.

È ciò che emerge da una ricerca commissionata da Webtrends e condotta in cinque Paesi, Italia inclusa.

Il 79% delle imprese analizza il traffico Internet, ma solo il 30% agisce di conseguenza, ovvero utilizza i dati rilevati per intraprendere azioni concrete. È quanto emerge da un’indagine effettuata nel 2008 da WebTrends, società specializzata in web analytics e marketing intelligence, in Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Svezia e Australia su un campione di 300 aziende di diversi settori (50 in Italia) con oltre 250 dipendenti.

La precedente indagine del 2006 (che però non comprendeva l’Italia) rifletteva la fiducia degli intervistati (i responsabili marketing delle aziende) in un’economia in crescita, dove alcune debolezze a livello di analisi e azione da parte delle aziende erano bilanciate da buoni risultati di business. Ora lo studio ha evidenziato un clima decisamente meno positivo.

Il che non significa fuga dal web, anzi. Nel 2008, il 17% dell’investimento marketing globale è stato destinato al marketing online (è il 16% in Italia, e sale al 20% in Regno Unito e Australia mentre all’ultimo posto per investimenti c’è la Francia, con il 12%).

Le aziende che hanno investito di più sono quelle specializzate in media e marketing (17,6%), seguite dal settore pubblico e dei servizi (entrambe al 17%) e dalle imprese che operano nel campo dell’ospitalità e del tempo libero (14%).
Inoltre, il budget destinato al marketing online è cresciuto per il 30% delle aziende intervistate ed è rimasto invariato per il 43%.

Numeri importanti, se si considera che nel 2006 la maggior parte delle aziende di Regno Unito, Francia e Germania (42%) aveva investito nel marketing online meno del 10% del budget di marketing complessivo. E il 27% degli intervistati considera l’Internet marketing come uno strumento utile per vincere le sfide poste dall’attuale crisi economica.

In aumento sembra piuttosto l’esigenza di migliorare la redditività degli investimenti online, in modo da assumere decisioni più informate e incrementare le vendite (un’esigenza sentita dal 65% degli intervistati).

La paura corre sulla banda larga?
Detto fatto, il 79% delle imprese interpellate cattura e monitora tutti gli aspetti del traffico sui siti web, ma solo il 50% monitora i dati dei clienti generati da Internet.

La cultura dell’osservazione insomma sembra essere più diffusa rispetto a quella dell’apprendimento, e sono ancora poche le aziende che adottano misure concrete sulla base di tali analisi.

Solo il 42% infatti modifica spesso i contenuti basandosi sull’analisi del comportamento degli utenti e appena il 30% modifica il sito in base all’analisi del traffico. Gli strumenti di web analytics insomma sono ancora poco utilizzati o non sfruttati al massimo del loro potenziale (in Italia, solo il 20% delle aziende intervistate dichiara di utilizzarli sempre). Spesso manca una strategia precisa per il loro utilizzo, e le aziende si affidano ancora a software rudimentali con un basso livello di automazione.

Forse si investono poche risorse perché l’investimento online è percepito come più rischioso rispetto a quello tradizionale, a causa di una più difficile previsione dei risultati e di più elevate possibilità di fallimento. È così per il 47% degli intervistati (54% in Italia), mentre solo il 25% (12% in Italia) è del parere che i rischi siano inferiori.

Altro problema rilevato dagli esperti di marketing interpellati è la complessità di integrare il lavoro di marketing online e offline in modo che tali attività siano l’una il complemento dell’altra, anziché ostacolarsi a vicenda. Le principali difficoltà riguardano i cambiamenti dei processi di business (53%) e la gestione della risposta e della domanda dei clienti (38%).

Pochi investono nel web 2.0
L’evoluzione vissuta dal marketing online negli ultimi anni è in gran parte dovuta all’avvento dei social media. Eppure gli strumenti più utilizzati dalle aziende appartengono ancora alla “vecchia guardia” di internet: e-mail marketing, pubblicità online, web analytics e SEO (search engine marketing) la fanno tuttora da padrone, mentre il ricorso ai social media è sporadico. I dati indicano che blog, marketing virale, podcast e Twitter, sebbene sempre più utilizzati dai consumatori, non sono ancora stati presi in considerazione dalle aziende come strumenti di comunicazione o comunque sono sfruttati al minimo delle loro potenzialità.

Via Marketing Journal

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Di Altri Autori (del 01/07/2010 @ 07:18:01, in Internet, linkato 1507 volte)

Una percentuale che farebbe riflettere persino Marshall Mcluhan, il massmediologo divenuto celebre per l'espressione "Il medium è il messaggio", con cui indicò che i contenuti sono secondari rispetto al mezzo attraverso cui sono veicolati. Chissà cosa direbbe o profetizzerebbe ora lo studioso canadese dinanzi ai dati diffusi da Pew Internet & American Life Project secondo cui la percentuale degli statunitensi adulti (dai 18 anni in su) che guardano la tv via Internet o scaricano video dalla rete ha raggiunto una quota del 52%. Sale al 69% se tra gli adulti si considerano solo quelli che navigano.

Si osserva la tv dal pc in particolare per vedere commedie (si è passati dal 31% nel 2007 al 50% attuale), video educational (dal 22 al 38%), film o spettacoli televisivi (dal 16 al 32%), video politici (dal 15% al 30%).

Come mai? Questa impennata dei pc-teleascoltatori è dovuta - si apprende leggendo l'indagine dell'istituto di ricerche statunintense - alla crescita della diffusione della banda larga e, in particolare, dal forte appeal che i social network - come Facebook e Twitter - e la videocommunity YouTube esercitano nei confronti degli utenti del web. Molti video e filmati, infatti, sono veicolati attraverso queste agorà elettroniche.

Sette su 10 guardano video. Ma quanti sono quelli che, dall'altra sponda del web, caricano video online? Secondo Pew Internet & American Life Project attualmente la quota di uploaders di video si attesta al 14% dei naviganti adulti americani, quasi il doppio rispetto a due anni fa (8%).

di Vito Lops su ILSOLE24ORE.COM

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Di Altri Autori (del 28/06/2010 @ 07:19:48, in Advertising, linkato 2062 volte)

Un secco botta e risposta e nessuno spazio alle domande dei presenti. Si è consumato con queste modalità l’intervento di Mark Zuckerberg al Cannes Lions International Advertising Festival.

Il giovane Ceo di Facebook, che ha tradito anche in questa occasione un leggero nervosismo, è stato premiato durante la manifestazione come Media Person of the Year e, vista la platea alla quale si stava rivolgendo, ha dato qualche dettaglio in più sull’approccio del social network al mondo della pubblicità.

La community che raccoglie una popolazione di 500 milioni di utenti è, secondo Zuckerberg, il luogo ideale per le aziende che intendono targhettizzare i loro prodotti e la comunicazione degli stessi. Un luogo, Facebook appunto, dove gli internauti esprimono pareri e si scambiano opinioni è un pozzo di desideri per chiunque voglia indirizzare la propria offerta.

Il gruppo, ha spiegato Zuckerberg, è appena uscito dalla fase di sperimentazione per ciò che concerne l’adv e necessita di una piattaforma interna di gestione della pubblicità. Il Ceo del gruppo di Palo Alto ha citato i casi di Nike, con la sponsorizzazione della World Cup, e di Disney/Pixar, per la comunicazione legata a Toy Story 3, per dimostrare il valore aggiunto di Facebook nella pianificazione di campagne e ha manifestato l’intenzione di insistere in questa direzione.

Che la macchina, pubblicitaria e non, abbia già iniziato a girare è stato lampante qualche giorno fa, quando fonti vicine al sito blu hanno parlato di 800 milioni di ricavi nel 2009. I nuovi traguardi, ha specificato Zuckerberg a Cannes, sono dietro l’angolo: con la conquista di Russia, Giappone e Cina si può puntare al miliardo di utenti. Sul sempre rovente, nonostante le modifiche recentemente applicate, tema della privacy il Ceo del social newtork ha dichiarato di aver tratto vantaggio dal dialogo con gli utenti e sottolineato come sia stato naturale dover fronteggiare una serie di problemi.

Un ruolo sempre più importante nel quotidiano del popolo di Facebook è stato assunto dai giochi. L’aspetto, sottolineato a Cannes, è stato affrontato da Zuckerberg anche nell’intervista rilasciata a Inside Facebook, durante la quale ha auspicato l’utilizzo di un unico sistema di pagamento per tutti i giochi e assicurato che le intenzioni del gruppo sono di creare un ‘ecosistema’ di business unico all’interno del quale gli sviluppatori possono proporre i loro prodotti.

Anche in questo caso, dunque, la linea di Facebook è quella di portare all’interno della struttura le fila dell’intero sistema generatosi e che si sta progressivamente generando.

Via Marketing Journal

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Di Altri Autori (del 25/06/2010 @ 07:08:00, in Social Networks, linkato 2374 volte)

La nuova via per i social network sembra l’espansione sui servizi di messaggistica istantanea. MySpace non fa eccezione e si appresta a essere integrato in Windows Live Messenger di Microsoft, con una apposita interfaccia. Gli utenti potranno sincronizzare aggiornamenti di status su Myspace e Msn e scrivere ai propri contatti via Hotmail, il servizio di posta elettronica di Microsoft.

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 21/06/2010 @ 07:31:11, in Mercati, linkato 1783 volte)

Come ogni anno, il rapporto ItMedia Consulting funge da cartina di tornasole del settore televisivo in Europa, soprattutto per quanto concerne mercato pubblicitario ed evoluzioni tecnologiche.

Nel 2009 l’industria televisiva del Vecchio Continente è stata scossa dalla crisi e i cui investimenti pubblicitari hanno raggiunto un valore di 86,9 miliardi di euro, in calo del 3,1% rispetto all’anno precedente, quando erano invece lievemente cresciuti (+0,9%).

Buone nuove, invece, per quanto riguarda la pay-tv, che anche in periodo di recessione si conferma la principale fonte di crescita di settore. I ricavi dei canali a pagamento, nel 2009, hanno superato quelli legati alla pubblicità divenendo la prima risorsa nel mercato televisivo europeo (il 53% del quale deriva dalla vendita dei contenuti).

A rimpolpare ulteriormente i guadagni dei servizi premium sono state la diffusione del video on demand e dei programmi in pay-per-view, nonché dei pacchetti misti che uniscono tv, internet e telefonia.

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 18/06/2010 @ 07:32:47, in Internet, linkato 2149 volte)

Le connessioni alla banda larga su rete fissa sono diffuse nelle case di oltre 10 milioni di famiglie e si registra una crescita significativa del numero degli internauti: a febbraio 2010 si sono connessi al web (a casa o al lavoro su linea fissa) oltre 33 milioni (+14,2%) di italiani.

E’ quanto emerso dal Rapporto e-Content 2010, curato dall’Ufficio studi di Confindustria servizi innovativi e tecnologici. A febbraio 2010, gli utenti attivi online hanno sfiorato i 23 milioni (+13%). Internet viene usato quotidianamente da una media di 11,8 milioni di persone (+17%). Il web-surfer quotidiano tipo ha un’età compresa tra i 25 e i 54 anni (68% delle persone attive nel giorno medio), anche se negli ultimi mesi sono cresciuti del 28% i navigatori over 55, con punte del 65% per gli over 74.
 
Nel Mezzogiorno si registra un certo ritardo rispetto al resto dello Stivale: la percentuale di utenti attivi quotidianamente connessi al Sud è appena del 18,4% sul totale della popolazione dell’area, contro il 25% del Nord-Ovest e il 225 del Nord-Est e del Centro.

Via Quo Media

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Qualche giorno fa i media hanno dato grande spazio al Quit Facebook Day, nel quale le persone avrebbero dovuto lasciare in massa il più grande e famoso social network del mondo per protestare contro le sue politiche privacy.

E’ stato un flop, con poco più di 30.000 cancellazioni su 400 milioni (!), mentre Zuckerberg si affrettava a modificare le policy del suo gigante.

La vicenda è comunque interessante perché testimonia ancora una volta la confusione che regna sui temi privacy sul web: ho sentito dai telegiornali nazionali frasi del tipo “i social network rivelano dati sensibili, come ad esempio l’appartenenza politica”. Avete mai visto un social network che chiede come dato obbligatorio la dichiarazione di voto o che ti costringe a caricare le foto della tua ultima sbornia?

Chiariamoci subito, il problema della tutela dei dati personali è reale, e ogni sito che ne detenga deve renderci facile e trasparente la loro gestione, condivisione e cancellazione.

Detto questo però la nostra responsabilità personale resta cruciale, dobbiamo capire che ciò che carichiamo online è di fatto di dominio pubblico, soprattutto se non impariamo a distinguere tra messaggi privati tra amici e pubblicazioni su bacheche visibili a tutti.

Mi sembra dunque urgente e fondamentale una campagna di educazione degli utenti, tema di cui ho già parlato a proposito del Safer Internet Day. In più, se usiamo il web per lavoro, dobbiamo essere attenti e intelligenti nel creare una nostra identità online.

Io purtroppo vedo ancora tanta ignoranza, gonfiata dagli strafalcioni dei media, e voi che cosa ne pensate?

Gianluigi Zarantonello via http://internetmanagerblog.com/

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Di Altri Autori (del 15/06/2010 @ 07:28:36, in Mobile, linkato 1748 volte)

In occasione della presentazione ufficiale della piattaforma iAd, avvenuta contestualmente al lancio del nuovo iPhone, Steve Jobs ha annunciato con orgoglio di aver già venduto sponsorizzazioni destinate alle applicazioni per un valore complessivo di 60 milioni di dollari. Questa affermazione e tutto ciò che che ne consegue potrebbero costare alla Apple un'indagine dell'antitrust statunitense, su imbeccata di Google.

Il colosso dei motori di ricerca, che ha di recente acquistato AdMob per sbarcare nel settore della pubblicità mobile, ha puntato il dito contro le nuove regole inserite da Apple che rendono difficile la realizzazione di pubblicità mirata sulle applicazioni destinate a iPhone e iPad. "Questi paletti rischiano di eliminare le entrate che sostengono decine di migliaia di sviluppatori - ha protestato Google sul blog ufficiale del network AdMob - E visto che la pubblicità finanzia un enorme numero di applicazioni gratuite o low-cost, si colpiscono anche i consumatori".

Via Quo Media

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Protagonista del più grande disastro ecologico della storia americana, la British Petroleum (BP) sembra interessata a ripulire più la propria immagine che la marea nera provocata dal pozzo nel Golfo del Messico. La multinazionale petrolifera ha infatti acquistato su Google e Yahoo! diverse parole chiave per influenzare le ricerche degli utenti relative alla catastrofe ambientale. In particolare, gli sforzi profusi dalla BP (a suon di dollari) sui motori di ricerca hanno l’obiettivo di “dirottare” i navigatori su una pagina del proprio sito internet che tenta di fornire un’immagine positiva e responsabile del colosso degli idrocarburi.

Del resto, escludendo i risultati a pagamento, il 95% dei risultati delle ricerche fornisce notizie decisamente negative sulla BP; ad esempio, ricercando la frase “BP oil spill” su Google si ottiene una lunga lista di link a pagine web che sottolineano il cinismo della società, fra cui alcuni filmati su YouTube sull’impatto della marea nera sull’ambiente e l’ecosistema.

La preoccupazione dei vertici della compagnia pertrolifera riguardo ai motori di ricerca è giustificata dal fatto che sono moltissimi i navigatori che, colpiti dalle dimensioni del disastro, cercano costantemente sul web notizie in tempo reale, report e filmati sulle dimensioni della marea nera e sui tentativi di contenerla. Ovviamente, gli utenti non sono obbligati a cliccare sui risultati a pagamento, opportunamente evidenziati da Google e Yahoo!, tuttavia sono in molti a pensare che BP stia cercando in tutti i modi di “dirottare” altrove l’attenzione di quanti cercano informazioni sulla tragedia del Golfo del Messico.
D’altra parte, l’acquisto di chiavi di ricerca è una degli investimenti di marketing in grado di generare i ritorni più veloci: logico, quindi, che BP abbia scelto questa strada per cercare di arginare i danni alla propria immagine in piena emergenza.

Via Marketing Journal

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Di Altri Autori (del 10/06/2010 @ 07:12:00, in Social Networks, linkato 2154 volte)

Il web 2.0 segna un altro importante successo e continua a crescere. Almeno in Gran Bretagna, dove il traffico dei social media ha superato per la prima volta quello dei motori di ricerca.

L’ampia categoria, che secondo gli analisti di Experian Hitwise comprende Facebook e Twitter ma anche YouTube, nel mese di maggio ha raccolto l’11,9% degli accessi web d’Oltremanica, a dispetto dell’11,3% totalizzato da Google & Co.

Secondo i dati raccolti da Experian, negli ultimi tre anni il traffico britannico sui social network è cresciuto del 5%, mentre nello stesso periodo le visite ai motori di ricerca sono calate del 13%. La svolta potrebbe portare a un maggiore investimento, soprattutto pubblicitario, nei media sociali, che garantiscono un’efficacia prolungata al messaggio a dispetto dell’immediatezza del search marketing. A dominare la scena è comunque Facebook, che da solo raccoglie il 55% dei movimenti sui social media, mentre YouTube, secondo quanto a popolarità, si attesta intorno al 18%.

Via Quo Media

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