Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Audience Engagement, Social Selling: queste le keyword assegnateci, come #Takeaways da assimilare e porre in esercizio subito nel nostro lavoro quotidiano, da due contributi usciti freschi freschi questa settimana sul panorama internazionale. «Compiti a casa» con tematiche così ricche, da richiedere però riflessione ed elaborazione, prima di poter essere adeguatamente digerite.
«Increasing Audience Engagement Key Objective in Social Media Marketing», ci dice subito eMarketer, riportando uno studio condotto da Ascend2 nel mese di ottobre su «quali siano ad oggi gli obiettivi più importanti di una strategia di» – chiamiamolo così, non proprio correttamente, lo sappiamo – «social media marketing». Il KPI più importante? L’accrescimento dell’«audience engagement», ritenuta dai marketers finalmente, si direbbe, l’obiettivo principale, più urgente e di maggior peso rispetto alla «brand awareness».
Chiariamo. La conoscenza, la diffusione del marchio non ha necessariamente il significato quantitativo di un mero «purché se ne parli», di una popolarità fine a se stessa: bensì anche, e ormai forse soprattutto, quello qualitativo di un’immagine comunicata in modo tale che il cliente possa dire «Ti amo, mi piaci, ti compro». Non a caso resta decisiva. Nella classifica mondiale redatta da Ascend2, compare al secondo posto, ricercata dal 54% degli intervistati.
Primo obiettivo strategico in ogni caso, al 64% (quasi i due terzi dei partecipanti allo studio), l’innalzamento schiettamente qualitativo della conoscenza del brand in termini di engagement, della sua capacità di generare relazioni, dialoghi, coinvolgimento positivo col proprio network. Conversazioni social – da intendersi a 360 gradi oggi, nel mondo iper-connesso dell’#IoT, ma anche del “caro vecchio passaparola”, ora più che mai primo fattore nell’innesco all’acquisto. Un panorama dove passato e futuro si fondono: che i mercati siano «conversazioni» non lo scopriamo certo oggi.
Oggi però accade che anche da noi si presti più attenzione a quell’«acqua calda» che forse da sempre c’è e vale, ma andava solo «scoperta», o riscoperta. Che il marketing – il processo di vendita – siano guidati non più, o non tanto, dalla corsa all’offerta ribassata, al deal stracciato «solo-per-nuovi-clienti» – ché ormai la prima cosa cui tanti pensano è: «Ok, dove sta la fregatura?». Non tanto dunque da una lead generation avulsa dal resto del processo, nella candida e beata dimenticanza dei clienti già acquisiti, vecchi e fedeli – almeno sinora. Proprio questa compare infatti solo al terzo posto, col 41% dei consensi. Importante: ma in un marketing-mix.
Sempre più centrale, nel New Marketing di fine decennio, appare il Social Engagement: il Social-Selling, col dito puntato sul carattere decisivo del fattore social più che sul selling.
Ecco «perché dovresti rendere il Social Selling parte della tua strategia di Lead Generation», come ricorda – venendo al secondo contributo – Claire Trévien in un articolo originariamente pubblicato su Passle e poi ripreso da Business 2 Community. Utilità del social non solo dunque per il customer care; non solo dunque per i customers già tali. La sua utilità è piuttosto ribadita qui anche per la lead generation, per le nuove acquisizioni: da aggiudicarsi evidentemente – anche, o forse anzitutto – a colpi di fiducia, di dimostrazioni del trust che si può riporre nel brand.
La gente oggi ha bisogno di sentirsi rassicurata: deve fidarsi, potersi affidare all’azienda per i cui prodotti o servizi sceglie di pagare. Per la qualità sborserà anche di più. Ma quella dev’esserci. «Build trust», si ricorda. E la sua costruzione passa anche per un rapporto con i miei contatti, ove sia in grado di metter in gioco tutto me stesso per fornire un prodotto che sia davvero utile, che soddisfi in, ogni esigenza: umana, emotiva, emozionale in primis. «La gente si fida sempre più delle persone che delle compagnie», scrive Trévien. «Investendo una parte di te stesso», della tua persona, «nel processo, costruirai un rapporto reale coi tuoi prospect», cementandolo per il futuro, rendendolo stabile nel lungo periodo.
Quali sono allora le chiavi del New Marketing, di questo New Business Model che ci viene incontro – pur essendo appunto forse, in realtà, presente e operante da anni ormai? Customer Experience, Passaparola – «Word of Mouth» come «World of Mouth», una «parola-della-bocca» con potenziale valore di diffusione a livello mondiale – e Social CRM, Social Customer Relationship Management. Solo in questo circolo virtuoso, il cliente può esser realmente invogliato a divenire nostro cliente o, per chi già lo è, fidelizzato a restar tale, magari migliorando anche il proprio «valore economico». Obiettivo dev’essere che il cliente continui – o inizi – a comprare, a far comprare da amici e conoscenti dopo accorta recommendation, e non si trovi mai nelle condizioni di restar insoddisfatto o scontento se malauguratamente inciampa il qualche problema, per cui richiede la nostra assistenza. Un circuito che non può permettersi mai di esser vizioso e che «entro il 2020», come ricorda Jay Baer – diverrà più importante del prezzo»: se non lo è già.
Social Selling come Social Engagement: questa la sintesi delle nostre 3 keywords – il digital trend del New Marketing, proprio alle soglie del 2016. Stop Social-Selling se l’accento è posto sul selling, sul voler vendere a ogni costo via web e social media. Focus sul social, sul fattore chiave delle relazioni sociali: sul Social Helping, Social Engagement quale principio del successo, anche e in specie in termini finanziari.
La radice di questo, più profonda e originaria? In un hashtag: #SellHelp: «Vuoi vendere? Aiuta!». Vuoi avere successo nel marketing, nelle vendite, nel business? «Aiuta»: metti il cliente al centro: come persona, amico, non ticket da gestire. Sii utile: venderai. Offri al tuo cliente qualcosa che gli serva davvero, in un momento di difficoltà – seria o più “leggera e frivola” che sia: faranno la fila alla tua porta per comprarlo. Il ROI è Responsabilità: consiste nel quanto e quanto a lungo tu sia responsabile, quanto tu metta il cuore e tutto te stesso nell’aiutare, soddisfare ogni esigenza del cliente-amico, dalle più serie a quelle più “leggere”. Mostrandoti come sei, senza trucchetti, finzioni: In cui io possa riporre la mia fiducia, sentendoti vicino.
Autenticità, affidabilità e fiducia, amicizia, awareness del brand qualitativamente impeccabile: «4 A» per indicare come le aziende devono essere e mostrarsi online e offline per ottenere il business: oggi più che mai, in tempi di crisi e resilienza.
Via Tech Economy
Quella della rapidità nelle spedizioni, per Amazon, è un'autentica ossessione. Il progetto dei droni è vivissimo - e anche Google è della partita -, ma impatta con regole e limiti di un mondo forse ancora non troppo pronto a certe tecnologie. Anche per questo, però, il colosso di Bezos spinge forte su Prime Now, il servizio dedicato ai clienti Prime che assicura la consegna in un'ora (o al massimo in due), dalle 8 del mattino a mezzanotte, sette giorni alla settimana. Oggi Prime Now arriva in Italia. Lo ha annunciato la stessa società californiana attraverso un comunicato. Il servizio è immediatamente attivo a Milano e in alcune città del suo vasto hinterland, tra le quali Cinisello Balsamo e Paderno Dugnano, e può già contare su 15.000 prodotti, alcuni dei quali sono disponibili solo tramite il nuovo servizio, per esempio pane, yogurt, gelato o minestrone surgelato.
Con un ordine minimo di 19 euro, i clienti Prime possono acquistare prodotti di uso quotidiano come pasta, caffè, pannolini e prodotti per l'infanzia, per la bellezza e la cura della persona, vini e alcolici, ma anche altri prodotti bestseller come videogiochi per console, giocattoli ed attrezzatura sportiva, che saranno consegnati direttamente a casa.
«I clienti Amazon dell'area di Milano possono usare l'app Prime Now da oggi e scoprire più di 15.000 prodotti che possono essere consegnati in un'ora» ha dichiarato François Nuyts, Country Manager di Amazon.it e Amazon.es. «L'Italia è il secondo Paese in Europa dove Prime Now è stato lanciato e siamo molto orgogliosi di offrire ai nostri clienti Prime una consegna ultra-veloce, oltre ai benefici di cui possono già godere grazie al loro abbonamento Prime».«Tutti noi abbiamo vite molto impegnate e talvolta è facile dimenticare di comprare una bottiglia di vino per una cena con gli amici oppure scoprire che abbiamo finito lo shampoo proprio prima di entrare in doccia. Grazie a Prime Now questo non è più un problema» ha spiegato Mariangela Marseglia, EU Director Prime Now. Prime Now è disponibile attraverso una App (per iOS e Android) attraverso la quale si possono scegliere i prodotti e ordinarli. La consegna in un'ora ha un costo aggiuntivo di 6,90 euro, mentre quella in due ore è gratuita. L'abbonamento ad Amazon Prime è disponibile per 19,99 euro all'anno, incluso un periodo di prova di 30 giorni per i nuovi iscritti. Si parte oggi da Milano e da alcune cittadine dell'hinterland meneghino. Ma una copertura molto più vasta per l'Italia è prevista entro il 2016. Lo scoglio più visibile rimane il costo: i 6,90 euro per avere un prodotto in un'ora sono un esame importante da superare.
Via IlSole24Ore.com
Il libro ci è esploso tra le mani. Mentre ne immaginavamo la morte, o almeno una grave malattia causata dalla digitalizzazione, lui si è semplicemente evoluto. E adesso quasi non lo riconosciamo più. Un po' anche perché ci siamo fissati sull'oggetto piuttosto che sull'uso e sul contenuto.
Il libro occupa spazi simbolici nella mente oltre che fisici sugli scaffali. Il suo trasloco nelle memorie del Kindle non è stato privo di conseguenze. Cambiando il mezzo-carta, il messaggio-libro si è trasformato, in maniera prima carsica e poi sempre più visibile.
Il negozio dove acquistare libri è diventato un servizio per produrli. Al possesso si è sostituito l'accesso. Gli aggregatori di prima grandezza (Amazon, Google, Apple) stanno soppiantando i mediatori tradizionali (i grandi editori) oltre ai canali della distribuzione (dalla scomparsa del colosso americano Borders in avanti). Soprattutto, sta cambiando l'idea settecentesca di autore, inteso come titolare unico dell'idea e della realizzazione del testo. Perché mentre l'unità del libro moderno, figlia di necessità industriali di vario genere (incluse le misure dettate dai punti di prezzo, dai livelli di costo, dal marketing, dalla consistenza fisica della carta e dalla capacità della legatura) esplode, al suo posto arrivano altre narrazioni diffuse, spezzettate, pulviscolari, circolari. Non è una novità.
La battaglia oggi è tra Kindle e iPhone/iPad su quale sia lo strumento migliore per leggere. Cosa sta succedendo? Al di là della moltiplicazione delle narrazioni, dei dati sulle vendite degli ebook reader rispetto ai tablet e degli ebook rispetto ai libri digitali, più in profondità stanno accadendo altre cose più radicali.
Come quelle che fanno a Milano gli artigiani digitali di Bent Shelf (“Il nome è lo scaffale che si flette sotto il peso dei libri”), un gruppo di tre appassionati di narrazioni a fumetti e non solo: hanno creato Comics Fu, servizio di editoria, distribuzione, pagamento, gestione dei contenuti che nel fumetto ha solo il suo primo passaggio. Dentro sono andati autori noti e meno noti, case editrici e soggetti intermedi. Lo scopo del lavoro di Bent Shelf? «Costruire piattaforme che consentano agli autori di distribuire i loro prodotti digitali direttamente ai lettori». L'arma segreta per farlo? Eliminare il lucchetto digitale, il DRM, che cambia la natura dell'atto di pubblicare un ebook. Se c'è il DRM il libro è un servizio a cui il lettore ha solo accesso temporaneo a pagamento. Se non c'è il DRM il libro è un prodotto che il lettore acquista e di cui poi dispone ovunque, su qualunque dispositivo, in qualunque momento.
Lo dice anche Massimo Ferrario, fondatore di Bookrepublic: «Sembrerà banale, ma rinunciare alle protezione è la premessa perché ci possa essere vera innovazione: finché domineranno sistemi chiusi e protetti, l'esperienza di lettura degli ebook resterà molto povera». Lo fa anche Aerbook che ha sposato il native commerce: lo store è ovunque nel web, l'interfaccia è una web app di lettura, il contenuto (qualunque contenuto, anche un libro) è accessibile come un sito web. Tutto open, senza protezioni. Come si producono questi nuovi oggetti digitali? I grandi provider dell'editoria tradizionale come l'americana Adobe hanno adattato i loro strumenti, che restano però costosi e complessi. L'innovazione è arrivata invece da mille rivoli diversi. Come Pubcoder. Piattaforma digitale indipendente per la creazione di libri liquidi: si creano e si possono convertire e fruire su tablet, ebook reader, pagine web, formati ibridi.
Non c'è fine. Poi, vendere un oggetto-libro vuol dire andare oltre al semplice atto del commercio. Humble Bundle, ad esempio, è una piattaforma americana che vende narrazioni digitali: siano esse videogames che libri, fumetti, software, con storytelling o no. È però il modello ad essere diverso da quelli tradizionali: “Pay what you want” (“Paga quel che vuoi”), cioè la vendita in bundle di un insieme di prodotti avviene a prezzi determinati dalla media di tutti gli acquirenti, con una fetta del totale che va in beneficienza (lo decidono gli utenti) e il resto condiviso tra la piattaforma (circa il 15%) e gli autori. Chi sta sopra la media ottiene più prodotti. E quel che si compra è sempre senza DRM. Forse non avete mai fatto acquisti su questo tipo di marketplace ma il cambiamento passa da qui, non da Amazon ed eBay. Le raccolte-eventi danno un'idea dei meccanismi che il digitale ha liberato riconfigurando l'intera filiera della produzione e distribuzione, con la nascita di sistemi di creazione di valore economico e simbolico alternativi a quelli tradizionali. Si può dire, in questo caso, che il libro è solo l'inizio della storia.
Via IlSole24Ore.com
I video godono di ottima salute e con essi la pubblicità video via mobile. Un’accoppiata, mobilità e video, che ha fatto bene al mercato: gli investimenti nel settore sono più che raddoppiati dal 2013, da 720 milioni al miliardo e mezzo di dollari nel 2014, con una previsione di 6 miliardi entro il 2018. Il che equivarrebbe allla metà della spesa prevista per l’intero comparto dei video online. E secondo nuovi dati elaborati da AppLovin e da AppsFlyer, che hanno analizzato i dati provenienti da oltre in miliardo di device mobili nel mondo, che la spesa per pubblicità video in mobilità è cresciuta più di ogni altro formato pubblicitario, ovvero 190% nei primi tre trimestri del 2015.
Una crescita che arriva da diversi fattori: di certo la diffussione massiccia dei dispositivi mobili nel mondo unita a una migliore disponibilità di banda larga. Ma, spiegano gli esperti, c’è anche da considerare il tempo medio speso dagli utenti sulle app, circa l’86% del loro tempo con in mano uno smartphone o tablet, il che dà ad aziende come AppLovin e AppsFlyer una massa critica di dati per sottoporre agli utenti l’advertsing più focalizzato sul target possibile.
Secondo Ran Avrahamy, di AppsFlyer:”La pubblicità video dimostra quanto un’app sia davvero un modo più efficace per veicolare un messaggio rispetto ad annunci testuali o display statici.Così quando un utente decide di installare un’app dopo aver guardato il rispettivo video trailer, ha già deciso che è interessato e ci sono buone possibilità che continui ad apprezzare l’app anche dopo averla iniziata ad usare. Con altri tipi di pubblicità l’utente può solo sperare che l’app sia simile a ciò che si aspetta.”
Dal lato advertiser, nota Avrahamy, “molti marketer stanno realizzando che i video crescono velocemente anche perchè sono i primi che stanno spostando i loro budget su tale formato. E se non lo stanno ancora facendo, dovrebbero farlo al più presto” suggerisce.
Via Tech Economy
Crescono del 66% nel 2015 le vendite via Smartphone da siti web con operativitaÌ in Italia sono cresciuti addirittura del 66%, sfiorando quota 1,7 miliardi di euro, pari all’11% di tutto l’eCommerce B2c italiano. È questo il responso principale riguardante il mondo Mobile del nuovo Osservatorio eCommerce B2C di Politecnico di Milano e Netcomm.
Più in dettaglio, il comparto con la piuÌ alta penetrazione di vendite da Smartphone eÌ l’abbigliamento, con circa il 18% del totale eCommerce, seguito dall’editoria con il 15%, grazie a un valore medio dell’ordine ridotto che favorisce l’acquisto d’impulso in mobilitaÌ. Sorprende il fatto che il terzo settore per penetrazione degli acquisti Mobile (14%) sia l’informatica/elettronica, nonostante questi prodotti siano difficilmente visibili in tutti i loro dettagli su schermi piccoli. Nel turismo, invece, la penetrazione del 7% è ritenuta troppo bassa dall’Osservatorio, poicheì l’acquisto in mobilitaÌ dovrebbe giocare un ruolo piuÌ importante (soprattutto nei trasporti).
Anche passando al valore assoluto in euro, il settore principale rimane l’abbigliamento, che ha registrato vendite via Mobile per circa 415 milioni, grazie sia ai siti di vendite private (tra cui Privalia, SaldiPrivati, vente-privee.com) che ai retailer online (come YooX). Seguono il turismo con quasi 380 milioni, grazie sia alle vendite di biglietti di trasporti (tra cui Alitalia, Lufthansa, Meridiana, Ntv, Trenitalia, Trenord) sia alle agenzie online (Expedia, eDreams, lastminute.com), e l’informatica/elettronica di consumo con piuÌ di 270 milioni, grazie sia ai pure player (Amazon, eBay, ePrice, gli Stockisti) sia ai retailer multicanale (MediaWorld e Unieuro). Tra gli altri comparti si segnalano gli ottimi risultati del couponing.
Se consideriamo oltre alle vendite su Smartphone anche quelle su Tablet, la crescita eÌ del 44% e l’incidenza dei nuovi device sale a quasi un quarto dell’intero eCommerce (22%): solo tre anni fa (2012) era al 5%.
Come testimoniato dai risultati della ricerca, condotta dal Politecnico con Doxa, il Tablet eÌ peroÌ un dispositivo utilizzato prevalentemente in casa (oltre il 70% delle connessioni avviene in wifi) e quindi sostitutivo del pc tradizionale. Tenendo conto poi che lo schermo del Tablet è di dimensioni paragonabili piuÌ a un Pc che a uno Smartphone, il paniere delle vendite via Tablet eÌ piuÌ simile a quello dell’intero eCommerce, anche se l’Osservatorio evidenzia due differenze: un peso superiore dell’abbigliamento (25% delle vendite via Tablet contro il 15% della media dell’eCommerce), e un'incidenza inferiore delle Assicurazioni (2% su tablet contro l’8% della media dell’eCommerce).
Tre motivi di ulteriore crescita nei prossimi anni
Oggi, con un peso del 22% delle vendite online, l’ecommerce attraverso dispositivi mobili nel nostro paese eÌ di poco inferiore a quello dei principali mercati occidentali (UK 28%, Francia, Spagna e USA 27%, Germania 26%). Se ci focalizziamo sulle vendite via Smartphone, l’Italia con l’11% del valore delle vendite online fa registrare l’incidenza piuÌ alta tra i principali mercati occidentali (Spagna 10%, USA 9%, Francia, Germania e UK 8%), anche se largamente al di sotto di Cina, Corea del Sud e India dove l’incidenza delle vendite tramite Smartphone va anche oltre il 50%.
Secondo l’Osservatorio quindi è ragionevole pensare che nel nostro paese vi siano ancora importanti potenzialitaÌ di crescita dell’eCommerce da Smartphone. In primis per l’ulteriore diffusione dei device. Nel 2020 si prevedono 60 milioni di Smartphone e circa 22 milioni di Tablet attivi nel nostro Paese. In secondo luogo anche la diffusione dell’eCommerce sui Social network, che tipicamente sono fruiti da dispositivi mobili, possa spingere ulteriormente le vendite. Ci sono molte attivitaÌ di sperimentazione avanzata, soprattutto all’estero, su quasi tutti i principali Social (Facebook, Twitter, Instagram, Periscope e Pinterest).
In terzo luogo i ricercatori si aspettano un incremento dell’offerta dedicata al canale Mobile, oggi ancora sottodimensionata (solo due terzi dei primi 200 merchant oggi hanno un Mobile site o una Mobile App), sia per il “Mobilegeddon”, ossia il cambiamento dell’algoritmo di ricerca di Google che favorisce i siti “responsive”, cioè pensati per facilitare la fruizione da Mobile, sia per il naturale ciclo di rinnovamento dei siti web da parte dei merchant.
Lo Smartphone, sottolinea l’Osservatorio, eÌ una fonte di traffico di primaria importanza, da cui in molti casi arriva anche piuÌ del 50% degli accessi al sito. Diventa quindi fondamentale non solo sviluppare un sito responsive, ma anche progettarlo in modo adeguato per garantire un’esperienza d’acquisto fluida anche da Smartphone, oltre che da pc.
Un ulteriore trend positivo infine è che gli acquisti da Smartphone stanno perdendo la caratteristica di decisioni d’impulso e diventando sempre piuÌ una consuetudine slegata dalla rilevanza dell’istante d’acquisto. L’incidenza delle vendite dove conta il preciso momento d’acquisto è infatti scesa dal 59% del 2014 al 48% del 2015.
Via Mobile4innovation
I marketer lavorano sempre di più nell’ottica di costruirsi skill legate al social media management non solo in chiave di brand awareness ma, più importante, per aumentare i livelli di engagement dei loro pubblici. Un recente studio condotto ad Ascend2 e riportato da eMarketer ha coinvolto 294 professionisti del marketing, delle vendite e del business in tutto il mondo: è stato loro chiesto quali fossero i Emarketerprincipali obiettivi della loro social media marketing strategy: quasi i due terzi dei rispondenti hanno evidenziato che la priorità va all’aumento di engagement, seguito dall’aumento di brand awareness e poi, ovviamente, produrre traffico sul sito.
Ma successi strategici non si raggiungono senza una tattica efficace, spiega l’82% dei professionisti, che ruota essenzialmente attorno alla creazione di contenuti di valore. Quali? I video non possono certamente mancare, seguiti da infografiche e blog post. Ciò non vuol dire, però, che l’attività dei social possa o debba esaurirsi, lato marketer, solo nella creazione di tali contenuti da condividere: metà degli intervistati ammette che gran parte dei problemi oggi è legata alla difficoltà di avere forme affidabili per misurare il ROI dell’attività, seguita dalla mancanza di skille e risorse interne alle organizzazioni.
Di certo, emerge dalla ricerca, sono molte le sfide che i marketers sono chiamati ad affrontare ma non vi è dubbio che il social media marketing sia cresciuto e cresca ancora in Usa anche se parliamo comunque di un mercato maturo quindi necessariamente più lento di qualche anno fa. Secondo eMarketer, infatti, entro il 2015 l’88,2% delle aziende Usa userà i social media come strumenti di marketing ed entro il 2017 quel numero crescerà fino a raggiungere l’89,4%.
Via Tech Economy
Facebook accelera sulle news: negli USA al via “instantarticles”
Prende velocità il progetto di Facebook di diventare forniture di contenuti informativi. “InstantArticles”, il nuovo prodotto che consente di leggere news e altri articoli di taglio giornalistico dentro al social network grazie a un accordo già sottoscritto con 14 realtà editoriali come per esempio il New York Times, esce dalla fase beta e ora è disponibile sul mercato americano per chiunque abbia un iPhone e la app di Facebook mentre l’arrivo sugli smartphone Android avverrà entro la fine dell’anno. Il nuovo servizio informativo consente di caricare più rapidamente le notizie, che sono interattive e arricchite da video, gallerie di foto, immagini correlate e perfino mappe per vedere il luogo degli avvenimenti raccontati. Il tutto molto rapidamente perché i vertici di Facebook sottolineano che tutti gli Instant Articles dovrebbero caratterizzarsi per una velocità di caricamento dieci volte superiore a quella di una notizia presente all’interno dell’interfaccia web mobile. Ai 14 partner editoriali, tra cui anche National Geographic, Huffington Post e Washington Post, nelle prossime settimane se ne aggiungeranno una cinquantina, da People a Cbs, da Time a Rolling Stones. Gli articoli del nuovo servizio “Instant Articles” saranno contrassegnati dal simbolo di un fulmine: gli editori, che rinunciano al traffico generato sui propri siti, potranno contare sulle entrate pubblicitarie raccolte e veicolate da Facebook che tecnicamente, con questa operazione, sbarca sul mercato editoriale come editore capace di veicolare i propri contenuti ad una platea di oltre un miliardo di utenti in tutto il mondo.
Via Spot and Web
Prosegue la crescita dell'eCommerce in Italia. In base ai dati presentati dall’Osservatorio eCommerce B2C promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e da Netcomm, il valore degli acquisti online degli italiani raggiunge nel 2015 i 16,6 miliardi di euro con un incremento in valore del 16% rispetto al 2014 pari a oltre 2,2 miliardi di euro. I SETTORI. In Italia la crescita dell'eCommerce è trainata, nel Turismo (+14%) che, con 7.762 milioni di euro, arriva a valere il 47% del mercato eCommerce B2c italiano. Seguono le Assicurazioni, con 1.235 milioni di euro, il 7,5%, e gli altri servizi (Ticketing per eventi, Ricariche telefoniche, ecc.), con 893 milioni di euro, il 5,5%. Tra i comparti di prodotto spiccano invece l’Informatica ed elettronica, che, con 2.212 milioni, vale il 13% del mercato e l’Abbigliamento che, con 1.512 milioni di euro, pesa per il 9%. Troviamo poi l’Editoria (in forte crescita e pari al 4% del mercato, 593 milioni di euro), il Food&Grocery (2% del mercato, pari a 377 milioni di euro), l’Arredamento e home living (2% del mercato, pari a 370 milioni di euro) e il Beauty (1% del mercato, pari a 190 milioni di euro). Le altre categorie di prodotto e il c2c (consumer to consumer) pesano per il 9%. ITALIA ANCORA INDIETRO. "La penetrazione dell'eCommerce”, spiega Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, “raggiunge il 4% delle vendite retail, ma siamo ancora lontani dai principali mercati occidentali (Francia, Germania, Regno Unito e USA) dove l’eCommerce ha raggiunto livelli di diffusione fino a quattro volte più elevati. La strada per trasformare il commercio elettronico in una reale consuetudine di acquisto è tracciata dai principali player: occorre migliorare le prestazioni dei cosiddetti basics, ossia gamma, prezzo e servizio".
IL PROFILO DEI CONSUMATORI. Gli acquirenti che effettuano almeno un acquisto online nell’arco di tre mesi rappresentano più del 36% della popolazione internet italiana, con 11,1 milioni di consumatori abituali (ossia che effettuano online almeno un acquisto al mese). Lo scontrino medio è di 89 euro, con una ripartizione quasi equivalente tra prodotti e servizi. I dispositivi mobile giocano un ruolo sempre più rilevante: gli acquisti online tramite smartphone aumentano del 64%, superano il valore di 1,7 miliardi di euro e valgono il 10% dell’ecommerce nel 2015, il 21% se aggiungiamo quelli via tablet. OPPORTUNITÀ PER LE IMPRESE. Sempre più imprese tradizionali, sia commerciali che produttrici, stanno cogliendo l'opportunità di avviare una strategia multicanale per consentire ai propri clienti di proseguire l'esperienza d'acquisto online.
Anche nel 2015 diverse imprese tradizionali hanno, infatti, attivato un sito di ecommerce. Molte le ritroviamo nell’Abbigliamento e negli accessori, comparto in cui la sensibilità nei confronti dell’eCommerce è ormai particolarmente elevata. Altre appartengono al Fai da Te, all’Informatica ed elettronica, al Food&Grocery e all’Arredamento e Home design.
Al tempo stesso, molti retailer o produttori tradizionali vanno online attraverso i marketplace (Amazon, eBay ma anche ePrice) per affiancare un ulteriore canale al sito di ecommerce.
I marketplace inoltre sono utilizzati da chi vuole approcciare il canale online senza velleità di leadership e/o dai piccoli operatori che non hanno i mezzi per investire adeguatamente nello sviluppo di un sito proprio. Un altro vantaggio degli aggregatori è che favoriscono il cross-border eCommerce. Ad esempio per una pmi italiana che vuole vendere negli Stati Uniti è ragionevolmente semplice utilizzare eBay o il marketplace di Amazon piuttosto che attivarsi con un’iniziativa sviluppata in casa. BENE ANCHE L’EXPORT.
L’Export, inteso come il valore delle vendite da siti italiani a clienti stranieri, aumenta del 22% e supera quota 3 miliardi di euro. Il 46% di questo valore è imputabile al Turismo, grazie prevalentemente agli operatori del trasporto e ai portali di hotel, e per il 35% all’Abbigliamento grazie ai retailer con spiccata vocazione internazionale e ai produttori. Con un peso ancora marginale, ma in prospettiva sempre più rilevante, troviamo l’Arredamento e Home living e il Food&Grocery grazie al contributo sia di iniziative specifiche che dei marketplace.
Via Business People
Potrà anche soffrire la concorrenza dei competitor, ma nessuno al mondo sa sfruttare il proprio marchio come Apple. La conferma arriva dall’ultima classifica Best Global Brands 2015 dove Interbrand assegna al marchio del produttore di iPhone e iPad un valore di ben 170,276 miliardi di dollari. Ma a sorprendere è anche il tasso di crescita del valore del marchio Apple: in un solo anno è cresciuto di ben il 43%; solo Facebook (23°) ha registrato un tasso di crescita migliore.
RESISTE GOOGLE, SCENDE COCA-COLA. Sul podio si confermano Google e Coca-Cola, ma, mentre il marchio di Mountain View cresce e si attesta a 120,314 miliardi di dollari, quello dell’azienda regina dei soft drink cala del 4% . Secondo quanto affermato sulle pagine di Corriere Economia da Manfredi Ricca, Managing Director di Interband Italia, negli anni s è passati “dalle vecchie categorie merceologiche al dominio delle competenze, che hanno portato a disegnare le nuove leadership, fondate da chi è stato capace di creare un nuovo ecosistema per i propri clienti. Il caso di Apple e Google è evidente: sono due marchi che stanno prendendo il largo rispetto a tutti gli altri. Ma non sono soli sulla strada della creazione dell’ecosistema, pensate a quanto sta facendo (da 15° a 10° posto, ndr) per la propria clientela…”.
NEW ENTRY, C’È ANCHE LEGO. Per la classifica completa – per conoscere chi ha aumentato o chi ha perso il proprio valore (nella Top 100 solo un marchio ha mantenuto esattamente la sua valutazione del 2014, riuscite a trovarlo?) – vi rimandiamo a questo link. Segnaliamo soltanto i nuovi ingressi in classifica, che hanno preso il posto di Duracell, Pizza Hut, Nokia, Gap e Nintendo: si tratta di Lenovo, Moët & Chandon, Mini, Pay Pal e Lego. Il brand dei mattoncini ha scalato la classifica finendo addirittura in 82° posizione con un valore di 5,362 miliardi.
Classifica completa
Via Business People
Fare shopping online è stata a lungo un’attività associata al risparmio economico, trend che ha di fatto avvicinato molti clienti tradizionalmente distanti dal commercio elettronico, alla rete e ai siti di e-commerce. Secondo una recente ricerca condotta da Doxaper conto di Groupon su 876 italiani che acquistano online, la tendenza starebbe cambiando con gli italiani attenti si, al risparmio, ma anche alla qualità di ciò che comprano.
Comprare online, infatti, significa sempre più unire risparmio e qualità (99%). Significa inoltre risparmiare tempo (91%), ormai un “bene di lusso” per molti, e potersi gestire orari e luoghi acquistando ovunque a qualsiasi ora (95%). Il risparmio economico ovviamente c’è, e si attesta secondo gli shopper online su una media del 35%. Ma il risparmio non è vissuto oggi come “rinunciatario”. Non è spendere meno, quanto spendere meglio: risparmiare su un singolo acquisto significa permettersi di accedere ad esperienze di alta qualità, vivere appieno. Ne è convinto l’82% degli shopper online.
Questo nuovo approccio porta inoltre a considerare lo shopping online come un trend cool (67%). Cercare, scegliere, comprare via internet consente di essere “in prima fila”: per l’84% significa arrivare prima, acquistare il prodotto più alla moda, magari appena lanciato, prima che in negozio (e senza fare file), o comprare comodamente i biglietti per l’evento dell’anno conquistandosi i posti migliori, davanti al palco. E non dimentichiamoci che viviamo nell’era dei social network: l’81% desidererebbe siti per gli acquisti online sempre più social, per poter condividere e commentare l’ultima esperienza acquistata.
Cosa si compra online?
Il 70% degli acquirenti online effettua almeno un acquisto al mese via internet (il 16% effettua anche più acquisti a settimana). La maggior parte del budget (55%) è destinato all’acquisto di esperienze. In dettaglio, il 22% in viaggi, il 19% in momenti leisure (eventi e cene), il 14% in attività di relax e cura di sé.
Per l’80% degli acquirenti l’ecommerce è sempre di più accedere ad esperienze di qualità. Ed è proprio l’acquisto di soggiorni, eventi, mostre, cene, corsi, più che di prodotti, che consente più facilmente di risparmiare senza rinunciare alla qualità (84%). Lo dimostra anche il dato di soddisfazione dichiarato: l’83% degli shopper online ha espresso soddisfazione, in termini di qualità, per un’esperienza acquistata in offerta.
Parola d’ordine, fiducia
Anche qui le cose stanno cambiando: l’80% degli acquirenti su internet si sente sicuro come nel proprio negozio di fiducia. Questo anche grazie al fatto che molti acquisti si fanno attraverso piattaforme marketplace, come Groupon, che di per sé rappresentano garanzia e assicurano gli utenti sulla qualità dei prodotti e servizi offerti (92%). E la sicurezza di comprare senza rinunciare alla qualità deriva anche dall’esperienza già fatta. Per il 93% dei rispondenti, il fatto di conoscere un sito e averci già comprato è ciò che garantisce maggiormente la qualità di ciò che si compra, oltre che il consiglio/esperienza già avuta da altri consumatori (87%). Assumono infatti un ruolo sempre più fondamentale le recensioni. Se in alcuni settori, come nell’alberghiero o nella ristorazione, sono già uno strumento chiave, la ricerca Doxa rivela che anche in settori quali le palestre, i centri estetici, i corsi, le recensioni stanno acquisendo “potere” nell’indirizzare le abitudini di acquisto. Ben l’86% degli acquirenti online tiene in alta considerazione l’opinione espressa da altri utenti ed il 78% ritiene che l’esperienza positiva vissuta da altre persone sia la miglior recensione di un servizio.
Via Tech Economy
|
|
Ci sono 6849 persone collegate
<
|
novembre 2024
|
>
|
L |
M |
M |
G |
V |
S |
D |
| | | | 1 |
2 |
3 |
4 |
5 |
6 |
7 |
8 |
9 |
10 |
11 |
12 |
13 |
14 |
15 |
16 |
17 |
18 |
19 |
20 |
21 |
22 |
23 |
24 |
25 |
26 |
27 |
28 |
29 |
30 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|