Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
A quasi 10 anni dal suo lancio ufficiale, con il suo miliardo di visitatori unici mensili, YouTube è ormai la piattaforma di riferimento di chiunque voglia fruire o condividere contenuti video. Da qualche anno sulla piattaforma si trovano contenuti di alto livello, creati da utenti dalla rete che scrivono, girano e montano per il pubblico.
È il caso di web-serie come The Pills, o di canali come The Jackal, che proprio su YouTube hanno trovato terreno fertile per diventare veri e propri fenomeni mediatici, spesso capaci di sfociare nei media tradizionali. Il vero problema però sono i soldi.
Ora sulla piattaforma spunta una novità: un pulsante Support, che consente a chiunque di contribuire al lavoro del canale, o del singolo creatore di contenuti, effettuando una donazione. Per ora questa funzionalità è disponibile solo per gli utenti americani, australiani, giapponesi e messicani, ma considerando che l’80% del traffico raccolto dalla piattaforma proviene da fuori i confini americani, è ragionevole aspettarsi che la funzione verrà estesa al resto dell’utenza internazionale.
Via Quo Media
Ancora tempo di shopping in casa Amazon che si aggiudica Twitch, la piattaforma di video streaming dedicata ai videogiochi, per 970 milioni di dollari e soffia l’affare a Google, da tempo interessata a chiudere l’affare senza però alcun successo. Sembra quindi che l’idea di Jeff Bezos di trasformare Amazon in un fornitore di contenuti, andando ben oltre la vendita online, si stia affermando e con acquisti di alto livello.
Questo è infatti il più grande affare nella storia di Amazon da 20 anni a questa parte e aiuterà la società americana di e-commerce a gareggiare con Apple e Google nel mondo del gioco online, che rappresenta oltre il 75% di tutte le vendite di app mobili.
Twitch è una piattaforma online che consente la condivisione delle proprie fasi di gioco da parte dei gamer: uno strumento per la divulgazione da una parte, un “luogo” di condivisione dall’altra, il tutto all’interno di un sistema di socializzazione incentrato sul mondo del gaming. Dalla fondazione del gruppo nel 2011 la crescita è stata esponenziale al pari al suo successo.
Così recita il comunicato ufficiale: “Amazon annuncia di aver trovato un accordo per l’acquisizione di Twitch Interactive, piattaforma video per il gaming. Nel mese di luglio, oltre 55 milioni di visitatori unici hanno visto più di 15 miliardi di minuti di contenuto su Twitch prodotti da oltre 1 milione di broadcaster, inclusi gamer individuali, giocatori, editori, sviluppatori”. Ad aprile il Wall Street Journal aveva collocato Twirch al quarto posto per volume di traffico negli Stati Uniti, dopo Netflix, Google e Apple.
“Abbiamo scelto Amazon perché crede nella nostra comunità, condivide i nostri valori e la visione a lungo termine – ha spiegato in un post Emmet Shear, il CEO di Twitch – e ci aiuterà ad arrivare più rapidamente ai nostri obiettivi. Grazie ad Amazon saremo in grado di darvi il miglior Twitch di sempre”.
Bezos nel comunicato ufficiale spiega come entrambe le compagnie siano “ossessionate dalla soddisfazione dei clienti e capaci di pensare in maniera diversa. Non vediamo l’ora di imparare da loro e aiutarli a crescere rapidamente per dare nuovi servizi alla comunità mondiale dei gamers”.
Fino a pochi mesi fa Google era la candidata più affidabile per la chiusura dell’operazione, anche grazie alla presenza di Youtube di cui Twitch sembra essere la spalla ideale, ma, secondo Forbes, le normative antitrust hanno ostacolato l’accordo per evitare una eccessiva concentrazione di potere nel mercato dei video online.
Al momento le conseguenze di tale operazione non sono ancora chiare. Shear assicura che la piattaforma di streaming conserverà la sua indipendenza ma l’integrazione con il sistema Amazon è la via più sicura: sarà possibile, infatti, acquistare i giochi ai quali si sta facendo da spettatori, il tutto in pochi click. Inoltre i servizi offerti da Twitch allargheranno ulteriormente il pubblico dei gamers, ora più che mai tentato dalle potenzialità dei videogiochi in streaming a prezzi contenuti.
Insomma un’acquisizione che può sembrare di nicchia ma che promette novità interessanti dall’incontro tra videogiochi e streaming.
Via Tech Economy
Precisamente 10 anni fa, il 19 agosto del 2004, Google faceva il suo ingresso in Borsa. Uno sbarco che, all’epoca, non generò una spasmodica attesa mondiale equiparabile alle più recenti di Facebook o Twitter, ma che ha segnato profondamente il nostro tempo. In occasione dell’anniversario sono molte le testate e gli esperti che hanno colto l’occasione per guadare indietro per riscoprire come il mondo era allora e come è adesso, anche grazie a Google. Lo ha fatto ad esempio il Wall Street Journal, rispolverando il prospetto programmatico redatto da Brin e Page e presentato alla Sec: una sorta di “magna charta” che ruotava attorno alla chiarezza e semplicità espositiva.
Il WSJ pone l’accento su un passaggio in particolare, che colpisce soprattutto alla luce di quanto è poi realmente accaduto e di quali e quanti progetti, dai più rivoluzionari ai meno, il colosso ha portato avanti.
“Non eviteremo progetti ad alto rischio o altamente remunerativi a causa della pressione di guadagni a breve termine. Alcune delle nostre passate scommesse sono andate straordinariamente bene e altre no. Perchè riconosciamo nel perseguimento di progetti come questi, la chiave del successo a lungo termine, e continueremo a cercarne…non siate sorpresi se faremo piccole scommesse su aree che sembrano strane. Accetteremo ancora progetti al di fuori del nostro tradizionale campo soprattutto quando l’investimento iniziale sarà basso.”
Un vero e proprio manifesto che, in 10 anni, pare aver guidato realmente le azioni di Google se è vero che tanti progetti sono diventati avanguardia dell’innovazione che verrà ma molti altri, anche a dispetto del successo e dell’apprezzamento da parte degli utenti, sono stati chiusi. E ‘affascinante pensare, spiegano dal WSJ, “a quanto piccolo fosse il mondo di Google allora, una compagnia di circa 2.000 dipendenti, quasi esclusivamente un motore di ricerca con Yahoo e Microsoft erano gli unici concorrenti di peso“. E nel 2004 le entrate di Google erano ferme a 3,2 miliardi dollari mentre oggi superano i 65 miliardi dollari, i margini di profitto netti superano il 20% e la sua capitalizzazione di mercato è diventata una delle più grandi della terra, quasi 400 miliardi di dollari. “Questo successo potrebbe sembrare inevitabile grazie all’ascesa del web. Ma se fosse così Yahoo e Microsoft sarebbero cresciuti di pari passo.” E come sappiamo non è stato così.
Il Time ha provato a stilare un elenco dei dieci grandi cambiamenti, dai più seri ai più divertenti, che Google ha portato nelle nostre vite:
Ha cambiato il linguaggio, diventando un vero e proprio verbo. “To Google” in inglese, che in italiano diventa “googlare” ovvero cercare su Google, è un verbo ormai entrato stabilmente nei nostri vocabolari, così popolare che pare che la società possa anche rivendicarne i diritti, se il termine diventerà generico, come “scala mobile” e “cerniera”, che una volta erano un marchio di fabbrica.
Ha cambiato il nostro cervello. Google è diventata una sorta di “stampella”, di aiuto mentale collettivo. La nostra mente ricorre al concetto di ricerca in rete per avere l’informazione che le sfugge in modo automatico.
Ha preparato il terreno alle altissime valutazioni di Facebook e Twitter. Valutazioni alte basate solo mere speculazioni erano comuni anche nel pieno del boom delle dot-com degli anni ’90, dice Ed Crotty, responsabile degli investimenti per Davidson Investment Advisors. Ma Google ha dimostrato per prima che anche solo un vasto pubblico potenziale poteva pagare in termini di investimento.
Ha cambiato i telefoni cellulari. Dal momento che il primo telefono Android è stato venduto nel 2008, il sistema operativo mobile di Google è ancora in espansione. Oggi possiede quasi l’85% della quota di mercato e ha quasi raddoppiato la sua quota negli ultimi tre anni.
Ha trasformato il modo in cui usiamo e-mail. Gmail è stato inventato dieci anni fa: è difficile persino ricordare “quei secoli bui” in cui lo spazio delle caselle di posta era limitato e bisognava fare costantemente pulizia. Oggi le nostre caselle di posta sono mausolei, che ospitano i file a lungo e persino intere relazioni.
Ha cambiato il modo in cui collaboriamo. Nel 2006 Google ha acquisito la società chiamato Writely. Con quella scommessa, Google ha creato un mondo dove le persone possono collaborare praticamente su qualsiasi tipo di documento, sia per il lavoro che per il gioco.
Ci ha permesso di viaggiare per il mondo stando seduti alle scrivanie. Google Maps (e la Terra) è diventato molto di più di uno strumento per misurare itinerari di viaggio e fusi orari. Dal momento in cui Google Street View è arrivato sulla scena nel 2007, è stato possibile “visitare” mete lontane, fare tour virtuali, pianificare in anticipo i viaggi, e passare ancora più tempo su Internet.
Ha influenzato le notizie che leggiamo. Un alto posizionamento delle notizie nei risultati di ricerca di Google ormai è un affare estremamente serio e può avere un effetto profondo sul successo dei media e soprattutto delle imprese. Non a caso il “comparire in cima” ai risultati di Google è una delle richieste più gettonate delle aziende.
Gli utenti diventano dati. Aziende come Google e Facebook non sono veramente “gratis”: tutti i dati degli utenti sono un bene prezioso che Google mette a disposizione dei suoi inserzionisti pubblicitari.
Ha cambiato il mondo con cui gli altri ci vedono. Ad esempio quando un datore di lavoro “googla” il nome di un potenziale candidato e ne trova link e pagine sul motore di ricerca.
Google oggi è alle prese con temi e problemi che travalicano moltissimo i tradizionali ambiti del colosso: è sempre più spesso chiamata in causa quando si tratta di privacy, sia in rete che su mobile, perchè Google sa anche essere molto invasiva e furba quando vuole. Eppure dieci anni dopo rimane innegabilmente inserita nel nostro “sistema nervoso centrale”. E promette di rivoluzionarlo ancora e ancora con progetti e iniziative che sfidano il futuro.
Via Tech Economy
L'ultima iniziativa di Amazon si chiama Local Register, un servizio di pagamento mobile che permette a utenti e commercianti/professionisti di effettuare/ricevere pagamenti usando una carta di credito (o a debito) e uno smartphone o tablet.
Local Register si basa sull'utilizzo di un lettore di carta magnetica (da inserire nella porta audio di un gadget mobile) e di una app disponibile su Android, iOS, e Amazon Fire: accoppiata che permette di pagare un servizio o un prodotto facendo scorrere la carta nel lettore e autorizzando il trasferimento di fondi. Il deposito del denaro verrà finalizzato entro il giorno successivo al pagamento.
Il nuovo servizio Amazon funziona in maniera non dissimile da quello della start-up Square, e come spesso accade con l'azienda di Jeff Bezos la concorrenza si fa soprattutto sui prezzi: il lettore di schede viene venduto a 10 dollari, mentre la percentuale trattenuta da Amazon su ogni "strisciata" è dell'1,75 per cento sul totale della transizione. Al confronto, la percentuale richiesta per l'utilizzo di Square è pari al 2,75 per cento.
Si tratta, è bene sottolinearlo, di percentuali promozionali per gli utenti che si registreranno entro il 31 ottobre e valide fino al primo gennaio 2016, mentre il sovrapprezzo pieno sarà del 2,5 per cento delle transazioni. Per invogliare ulteriormente i clienti all'uso di Local Register, infine, Amazon darà la possibilità - tramite la app mobile - di consultare rapporti sull'attività economica, i trend delle vendite, i periodi di picco degli affari e altro ancora.
La soluzione Amazon per i pagamenti online rappresenta l'ennesima riprova del fatto che le transazioni "wireless" con comunicazioni NFC (Near Field Communication), inizialmente salutate come una rivoluzione capace di far sparire in un sol colpo denaro contante e carte di credito, non hanno sfondato come molti si aspettavano. Un nuovo rapporto di BI Intelligence, però, va in direzione contraria e invita a non dare ancora per defunta la tecnologia.
Via Punto Informatico
Anche Amazon cavalca fino in fondo il business delle stampante 3D. Oggi ha lanciato una piccola sezione all'interno del suo vasto sito di commercio online con una collezione di oggetti creati con le 3D printer. Non parliamo quindi delle macchine e degli accessori per la stampa, quelli c'erano già, ma di gioielli, decorazioni, giocattolini, ninnoli, oggettini per la casa. Tutti "ino" perché sono piccole cose. Ma possono essere personalizzate e modificate nella forma, nel colore e anche, almeno un po', nella dimensioni. Tra i partener ci sono i più grossi come Mixee, Scupteo e 3DLT. Tuttavia a differenza di servizi di questo tipo non offre la possibilità di stampare per conto terzi progetti grafici (Shapeways). In qualche modo, il gigante del commercio elettronico per ora si accontenta di offrire una serie limitata di modifiche garantendo in qualche modo il controllo qualità.
Con la presentazione della nuova sezione Amazon di fatto introduce una serie di nuovi tool per personalizzare il designer dei prodotti 3D. Ed è questa forse l'aspetto più interessante e specifico dell'opeazione che non si configura solo come l'apertura di un nuovo scaffale di prodotti. Attraverso piccole funzioni per la visualizzazione si possono, per esempio, personalizzare alcuni dettagli dell'oggetto che poi può essere stampato in metallo o plastica e in una serie di colori a scelta. Si contano per ora poche centinaia di oggetti suddivisi per categorie che vanno dai soliti pupazzetti da pochi dollari a gioielli in metallo da 60 dollari. L'iniziativa è partita un po' in sordina. Ma, i bene informati, scommettono che per Amazon possa rappresentare un pretesto per sperimentare programma di personalizzazione da applicare a tutto il commercio elettronico e non solo a quello in forte crescita dei prodotti della produzione additiva.
Via IlSole24Ore.com
Facebook, salgono profitti e ricavi trainati dalla pubblicità sul mobile
Facebook ha messo in mostra conti brillanti, capaci di mettere le ali al titolo. Il re dei social network ha aumentato le entrate del 61% nel secondo trimestre, a 2,91 miliardi di dollari, più dei 2,8 miliardi previsti. Una crescita avvenuta sull'onda della raccolta pubblicitaria online soprattutto attraverso i gadget mobili, smartphone e tablet. E i profitti sono lievitati a 791 milioni, più che raddoppiando rispetto ai 333 milioni dell'anno scorso. Pari a 42 centesimi per azione, hanno a loro volta battuto nettamente attese della vigilia ferme a 32 centesimi. Nel dopo mercato il titolo, grazie ai risultati, si è spinto verso nuovi massimi storici oltre i 74 dollari, in rialzo del 4% dopo aver già guadagnato il 3% durante la seduta del Nasdaq. Il precedente massimo lo aveva stabilito l'11 marzo a 72,59 dollari. Numerosi analisti hanno adottato target ancora superiori per le azioni del social network, tra gli 80 e gli 85 dollari. «Abbiamo avuto un buon trimestre», ha commentato l'amministratore delegato e fondatore Mark Zuckerberg.
Tra le cifre del bilancio in maggior evidenza, la pubblicità nel segmento "mobile" ha rappresentato il 61% del totale, salendo dal 59% dei tre mesi immediatamente precedenti. L'andamento di queste entrate viene considerato di importanza strategica, fulcro della crescita futura visto il crescente accesso a Internet dei consumatori utilizzando tecnologie mobili. Nell'insieme la raccolta pubblicitaria del gruppo è stata pari a 2,68 miliardi negli ultimi tre mesi, un incremento del 67%, con le inserzioni mobili cresciute al passo del 30 per cento. La società controlla una quota del 5,8% della pubblicità digitale a livello globale, rispetto al 4,1% alla fine del 2012. Il mercato dovrebbe lievitare da 120 a 140 miliardi di dollari quest'anno. Per aumentare la sua presenza e sfidare il dominio di Google, Facebook ha anche sviluppato pubblicità video. Il gruppo può contare su un esercito di 1,32 miliardi di utenti attivi al mese, in aumento dagli 1,28 miliardi del primo trimestre del 2014. Gli utenti mobili sono lievitati dal 40% nell'ultimo anno a una media quotidiana in giugno di 650 milioni. Di recente, per ampliare sempre più i suoi servizi e la sua capacità di attrazione, il social network si è anche lanciato in significative acquisizioni, tra le quali il gruppo di messaggeria istantanea WhatsApp per 19 miliardi e la società di virtual reality Oculus VR.
Via IlSole24Ore.com
È come Spotify, ma per i libri: in cambio di un abbonamento mensile di 9,99 dollari, si ha diritto a leggere tutto quello che si vuole, scegliendo tra oltre 600 mila titoli. Il servizio si chiama Kindle Unlimited ed è stato appena lanciato da Amazon, dopo che qualche giorno fa era stata pubblicata per sbaglio sul sito dell’azienda una pagina promozionale. Il servizio potrà essere provato gratuitamente per 30 giorni e sarà disponibile anche per dispositivi mobile sia su piattaforma iOS di Apple che Android, attraverso l’app gratuita di Kindle. Con questa mossa l’azienda di Jeff Bezos sta così cercando di creare uno Spotify dei libri, garantendo ai suoi iscritti l’accesso a oltre 600.000 titoli. Come riporta il Wall Street Journal adesso Amazon starebbe anche cercando di attrarre grandi editori, aumentando così l’attrattività del servizio. Al momento nella lista ci sono anche titoli popolari, come Harry Potter, il Signore degli Anelli e Hunger Games, ma anche diverse esclusive per la piattaforma Kindle. In aggiunta ai libri di testo, Kindle Unlimited offre accesso a oltre 2000 audiolibri e anche la possibilità di cominciare a leggere un testo normalmente e di continuare poi con la lettura vocale. La compagnia di Seattle non è la prima ad offrire la possibilità di leggere libri in abbonamento: Scribd offre già un servizio analogo per 8,99 dollari al mese e può contare su un catalogo di 400 mila opere, mentre Oysrer arriva a 500 mila (ma per 9,95 dollari al mese). «Con Kindle Unlimited non si dovrà pensare due volte prima di provare un nuovo autore o un nuovo genere: basterà iniziare a leggere», ha detto Russ Grandinetti, responsabile di Amazon Kindle. Non è dato sapere se e quando il servizio sarà disponibile anche in Italia.
Via La Stampa
Facebook ancora popolare tra i teenager americani. Dopo un calo di popolarità tra i giovanissimi registrato negli scorsi mesi, il social di Zuckerberg è ancora al top della classifica di gradimento. Secondo una recente indagine della società Forrester Research, che ha esaminato 4.517 adolescenti americani per quanto riguarda il loro utilizzo dei social media, Facebook conquista ancora consensi. Avanti rispetto a Pinterest, Tumblr, Snapchat e perfino a Instagram, arrivato secondo nella classifica delle preferenze, e Whatsapp messe insieme.
Secondo l’analisi circa la metà degli intervistati, su un campione di teenager fra 12 e 17 anni, afferma di utilizzare Facebook di più rispetto a un anno fa mentre il 20,8% lo usa per tutti i servizi, dalla chat alla condivisione di contenuti. In particolare, secondo gli analisti, l’aumento dell’utilizzo degli smartphone dei prossimi anni porterà più adolescenti ad utilizzare il social network, soprattutto attraverso la app di Facebook, che sembra essere una delle più popolari a livello mondiale.
Fa eccezione però YouTube, che ormai da novembre 2013 ha sorpassato Facebook nelle preferenze degli adolescenti americani: è, infatti, usato più del doppio rispetto a Pinterest o Snapchat e anche più di Instagram e Whatsapp (entrambe di proprietà di Facebook).
Le operazioni per “riconquistare” il cuore, e il business, dei giovanissimi parrebbe aver avuto effetto, come dimostra il lancio della ”chat usa e getta” Slingshot o l’acquisizione di WhatsApp, soprattutto dopo gli annunci e le ricerche che prevedevano l’estinzione dei servizi della piattaforma entro pochi anni.
La questione del gradimento dei teenager è ancora dibattuta, soprattutto in casa Facebook. Sulla scia di un’analoga ricerca del Pew Research Internet Project che evidenziava un calo dell’interesse per il social da parte dei giovanissimi, ad ottobre 2013 David Ebersman, chief financial officer di Facebook, aveva ammesso che il fascino esercitato sui teenager stava calando, fino alla ricerca Forrester. La guerra dei numeri è appena iniziata.
Via Tech Economy
Google allarga la sua influenza nel campo delle tecnologie casalinghe. La compagnia californiana, dopo aver fatto suoi i termostati intelligenti di Nest Labs, ora può contare anche sui sistemi di videosroveglianza di Dropcam, acquisiti per 555 milioni di dollari.
La domatica pensata dagli ingegneri del motore di ricerca va via via componendosi e integrando le sue varie parti: la sorveglianza e la sicurezza garantiti da Dropcam si mescoleranno con le tecnologie Nest Labs. Tutto l’ecosistema diomestico firmato da Google dovrà comunque fare i conti con i problemi di privacy e raccolta dati che questi sistemi portano alla luce.
Il rischio di essere spiati dalla propria casa è dietro l’angolo e già da Mountain View provano a smorzare le polemiche: Dropcam “non condividerà dati con altre aziende, inclusa Google - dicono proprio da BigG -, almeno non senza il permesso degli utenti”. Il dubbio, però, è che il prossimo scenario porti alla pubblicità domotica.
Via Quo Media
Il servizio di musica in streaming ora ha 40 milioni di utenti attivi, mentre gli ascoltatori stanno creando o aggiornando 5.000.000 nuove playlist ogni giorno.
Spotify ha rivelato di aver raccolto più di 4 milioni di abbonati al suo servizio di streaming musicale nel corso dell'ultimo anno. L'ultima volta che Spotify ha rivelato il numero di utenti a livello mondiale è stato nel marzo 2013. Allora, 6 milioni di utenti erano abbonati al servizio.
Ad oggi, Spotify ha raggiunto ormai i 10 milioni di abbonati paganti in tutto il mondo, con il servizio che copre oggi 56 paesi. In totale, ci sono oltre 40 milioni di utenti attivi su Spotify - questo numero comprende sia gli abbonamenti a pagamento che la fruizione (limitata) gratuita del servizio. Un abbonamento Premium Spotify include l'ascolto senza pubblicità mobile e offline per 9,99 ero al mese, mentre chi non vuole abbonarsi può solo ascoltare alcune radio gratuitamente, non potendo però scegliere la musica che vuole ascoltare.
La crescita del numero di abbonamenti di Spotify è dovuta in parte all'ultima revisione della società delle sue applicazioni mobili, che dalla fine del 2013 consente agli appassionati di musica di ascoltare in streaming tramite l'app per Android e iOS dei brani gratuitamente. E' molto probabile che, dopo un periodo iniziale di ascolto gratuito, in molti decidano di passare alla versione premium per avere accesso al catalogo senza limiti, potendo anche ascoltare in modalità offline i brani sui device mobile. Al momento, Spotify ha dichiarato che il numero di download delle sue app mobili è aumentato di quattro volte da quando sono disponibili.
Spotify ha inoltre stretto accordi di partnership con operatori quali Sprint negli Stati Uniti e Vodafone nel Regno Unito, Italia ed altri paesi, dando la possibilità ai clienti di ciascun vettore la possibilità di combinare con il proprio piano tariffario l'abbonamento premium di Spotify.
"Abbiamo avuto un anno incredibile, passando da 20 a 56 mercati" Daniel Ek, CEO e fondatore di Spotify ha detto in un comunicato. "10 milioni di abbonati è un traguardo importante sia per Spotify che per l'intera industria della musica".
In confronto, il servizio di radio via internet più diffuso negli USA, Pandora, contava 76 milioni di utenti attivi ad aprile 2014. Nel mese di ottobre del 2013, Apple ha detto che 20 milioni di ascoltatori stavano usando il suo iTunes Radio.
Via PianetaCellulare
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