Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Ogni giorno gli internauti italiani ricevono complessivamente 420 milioni di e-mail. Sei messaggi per ognuna delle 51 milioni di caselle postali web (2,3 per utente), secondo quanto rilevato dallo studio E-mail Marketing Consumer Report.
Il volume dei messaggi ricevuti, nell’ultimo anno, è aumentato del 20%. Il servizio più diffuso è Hotmail di Microsoft, usato dal 40,7% dei navigatori, seguito da Libero al 35,7%. I dati confermano la popolarità della e-mail, primo strumento di comunicazione online.
Via Quo Media
Uno dei limiti che molte aziende hanno sperimentato negli ultimi anni è stato quello di non avere al proprio interno una persona esperta del web, con un profilo a cavallo tra un tecnico, un uomo di comunicazione e un project manager.
Infatti nessuno ormai si sottrae ad un utilizzo più o meno intensivo di Internet come strumento aziendale e nel fare questo spesso l’azienda si scontra con la difficoltà di utilizzare al meglio e con costi sostenibili tutte le soluzioni offerte dal mezzo. A questo problema sta progressivamente ponendo rimedio l’inserimento di figure competenti di web che però non abbiano un profilo troppo tecnico, che sappiano dialogare con tutti i tipi di interlocutore e che riescano a fare da interpreti tra informatici e manager.
Dal mio punto di vista questa tendenza non potrà che potenziarsi, per alcune ragioni:
1) Internet è sempre più complesso e ricco di strumenti non paragonabili a nessuno di quelli che li hanno preceduti, come l’insieme delle tecnologie del web 2.0; 2) Le skills tecniche necessarie ad un lavoro su tutti i possibili strumenti non sono più possedibili in toto in azienda, occorre dunque lavorare sempre più con parti terze da selezionare e coordinare sulla base di una forte e ampia competenza di Internet; 3) A chi lavora sul web sul piano strategico è chiesta una visione sempre più ampia e ‘umanistica’: costruzione di relazioni, scelta di linguaggi e creazione di progetti multicanale; 4) Le aziende che sanno indirizzare correttamente l’uso del web 2.0 e dei social media sono ancora poche e ciò garantisce un grandissimo vantaggio competitivo a chi li approccia in modo strategico.
Tutto ciò non può prescindere, almeno per le aziende più grandi ed esposte al pubblico, da una figura interna che si occupi esclusivamente del mondo di Internet e delle nuove tecnologie, con confidenza con la parte tecnica ma anche con gli strumenti (e la mentalità) del manager.
Sicuramente un profilo ancora difficile da trovare ma che è destinato a emergere dall’insieme dei professionisti oggi esistenti, sia della tecnologia sia del marketing.
Voi che cosa ne dite?
Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com
Google consolida la sua posizione di dominio nel mercato dei motori di ricerca degli Stati Uniti. Secondo la ricerca svolta da comScore, nel mese di marzo 2009 la compagnia di Mountain View si è aggiudicata il 63,7% delle interrogazioni online d’oltreoceano.
Il dato costituisce un nuovo record per il colosso di internet. Le concorrenti arrancano: Yahoo! ha visto la sua quota in lieve calo rispetto al mese di febbraio, assestandosi al 20,5% del mercato, così come Ask e Aol, rispettivamente al 3,8% e al 3,7%.
L’unico motore di ricerca con indice positivo è Msn di Microsoft, in crescita dello 0,1% (8,3% delle interrogazioni). Le ricerche online Usa nel mese scorso sono aumentate del 9%. E intanto si discute di un accordo tra Microsoft e Yahoo!.
Via Quo Media
Ho letto recentemente su NC un bell'articolo dove Massimo Giordani, ceo di Time&Mind, esprimeva un concetto molto interessante, quello di information cloud. In sostanza oggi tutti noi saremmo immersi in una nuvola di informazioni e conoscenze, basate sulla rete, accessibile in qualsiasi momento grazie ai pc, alle connessioni mobili, al wi-fi, agli smartphone. Una porta su cui si innesta un sesto senso digitale, non sempre percepito esplicitamente, che fa sì che un qualsiasi digital native (coloro che sono nati dopo la diffusione del web) trovi naturale e automatico ricercare informazioni e contatti online in ogni momento, con vari device. Che cosa implica questo? La presenza sul web è indispensabile per comunicare con il cliente ma non sarà presto più sufficiente: bisognerà essere in grado di essere reperibili e, soprattutto, fruibili sui device più diversi: desktop (widget), mobile (sito .mobi), aggregatori (feed rss, webslice), social netowork e siti di social sharing. Dunque sarà necessario concenpire siti e strumenti online in grado di essere flssibili, portabili, adattabili senza perdere l'esperienza e l'engagement del web tradizionale. E con gli stessi contenuti. Questa sfida richiede competenze sempre più specifiche all'interno dell'azienda e un lavoro di progettazione attento e con una visione di lungo periodo. Se saprete investire un po' tempo e risorse in più all'inizio però avrete la possibilità di sviluppare la vostra comunicazione e i vostri servizi in modo semplice e relativamente economico, su tutti i nuovi media che si presenteranno. Senza riprogettare ogni volta e con una forte componente di automatismo negli aggiornamenti dei vari device. Ne sentirete ancora parlare, voi vi state preparando? Che ne pensate? Gianluigi Zarantonellovia http://webspecialist.wordpress.com
Torno ancora sul tema dei social media (ma di fatto anche del web in genere) per una riflessione semplice ma essenziale: che tecnologia scegliere.
La risposta è tanto semplice quanto poco considerata: dipende.
Dipende da che cosa?
a) Dai vostri clienti: se il vostro consumatore tipo è molto attivo sui forum è lì che dovete andare ad agire, se invece è un lettore di feed rss che non scrive mai nulla ma consulta molti siti dovrete dargli news e aggiornamenti. E così via.
b) Dai vostri obiettivi: se state facendo un progetto sul web dovete capire, sulla base di chi sono i vostri clienti, che potete pensare ragionevolmente di ottenre.
c) Dalla strategia che mettete in campo per raggiungere i vostri obiettivi.
Solo a questo punto potete scegliere la tecnologia, secondo l’approccio POST del libro “L’onda anomala” di cui parlavo anche in un recente intervento su questo blog.
Il percorso tipo delle aziende è invece quello di costruire i progetti attorno da una tecnologia, restandone poi prigionieria.
Inoltre sul web gli strumenti evolvono velocemente e passano, mentre le relazioni restano.
Tutte le tecnologie, secondo il noto ciclo di Hype, vivono un momento di euforia che poi porta ad una disillusion ed un assestamento, non bisogna quindi affidare solo agli strumenti lo sviluppo delle relazioni ma bisogna servisi di essi per sviluppare reali e proficui rapporti.
Le relazoni infatti sono il nuovo vantaggio competitivo e saranno in grado di passare da una piattaforma all’altra traendo il meglio da ciascuna (ricordiamoci che il networking precede, in termini temporali, il web 2.0).
Voi che ne pensate?
Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com
Microsoft si prepara all’esordio in grande stile nel mercato delle application per telefoni cellulari, e per questo ha siglato un accordo con più partner legati alla rete, per avere un pacchetto di software più competitivo possibile.
Tra i nome dei nuovi alleati della casa di Redmond compaiono il servizio di musica sul web Pandora, l'editore di videogiochi Electronic Arts, il social network Facebook.
L'azienda ha fatto sapere che prevede di discutere queste alleanze ed effettuare dimostrazioni delle potenzialità degli accordi sul proprio app store (il cui lancio è previsto entro quest'anno) nei prossimi giorni, alla fiera del wireless di Las Vegas.
Il mese scorso, Microsoft aveva svelato i piani per un Windows Marketplace for Mobile, vero e proprio negozio online dedicato ai software per smartphone et similia, in competizione con altri specialisti del settore come l’AppStore di Apple, che consente di potenziare e personalizzare gli iPhone.
Alcuni analisti sono però scettici del fatto che i concorrenti della Mela siano in grado di generare altrettanto interesse tra i consumatori e gli sviluppatori, anche se, con una lista di alleati iniziali, Microsoft dice di prevedere di voler estendere le partnership e di puntare decisamente su questo mercato specifico.
Via Quo Media
A quasi quindici mesi dall’annuncio iniziale, Last.fm introdurrà ufficialmente una versione premium e a pagamento del suo servizio. La più famosa radio on demand del web, finora completamente gratuita, vorrebbe in questo modo incrementare i propri utili, così da pagare le royalties sulle canzoni e soddisfare le aspettative del potente proprietario, Cbs Interactive.
Il sito di musica in streaming aveva dichiarato all’inizio del 2008 di voler introdurre un sistema di sottoscrizione (a pagamento) al servizio per gli utenti che avrebbero ascoltato più di tre brani consecutivamente. Ma l’idea non si concretizzò.
Oggi arriva invece la conferma che dal 30 marzo gli internauti dovranno pagare un’iscrizione mensile di 3 euro per servirsi dell’applicazione già esistente Last.fm Radio. La nuova tassa verrà applicata ovunque nel mondo, con l’eccezione di Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti, ovvero i suoi mercati più importanti con una solida base di utenti.
Last.fm sta dunque mutando il suo servizio in streaming in un’applicazione a pagamento in quei paesi dove non ha un numero soddisfacente di accessi, dove cioè gli introiti pubblicitari non garantiscono guadagni soddisfacenti.
La compagnia non ha dato alcuna spiegazione per il cambio di rotta della sua radio online, anche se è facile intuire che, in un periodo di recessione e con i difficili accordi con le case discografiche in fase di rinegoziazione, la scelta di introdurre un obolo per l’ascolto sia stata quasi obbligata.
Lo scorso giugno, Warner Music non ha sottoscritto il nuovo contratto con Last.fm proprio per l’assenza di introiti certi derivanti da un servizio a pagamento. A inizio 2009, inoltre, Cbs Interactive ha attuato un piano di risanamento aziendale che ha portato alla riduzione del 25% dello staff della popolare discoteca del web.
E, se ideologicamente il cambiamento è importante perché segna probabilmente la fine dei grandi servizi on demand musicali della rete (gratuiti e legali), il sacrificio richiesto all’utenza sarà piuttosto basso. Tre caffè al mese per ascoltare (quasi) tutte le canzoni di proprio gradimento, direttamente dal computer.
Via Quo Media
Secondo i dati del Pew Project, il segmento in cui è cresciuta più rapidamente l'adozione di Internet negli USA è stato quello degli ultra settantenni, con tassi di crescita vicini al raddoppio in tre anni.
In Italia, secondo i dati Istat, nel gruppo 60-64 la penetrazione è aumentata del 21% in un anno e nella fascia 65-74 del 31%.
Messi insieme questi due gruppi fanno una milionata scarsa di utenti - un target appetibile per chi lavori su nicchie ma poco per chi vuole lavorare sulle masse (il target... beh, sono "tutti").
Quel che è certo è che, con una società che invecchia, non considerare la relazione tra Internet e i senior citizens tra breve potrebbe voler dire mancare delle serie opportunità di mercato...
Sappiamo benissimo quanto siano critici i motori di ricerca come fonte di traffico per i nostri siti - e normalmente ci siamo abituati a pensare immediatamente a Google in primis e al resto poi.
Secondo quanto riporta la società di ricerche Hitwise, però, per una serie di siti ha portato recentemente più traffico Facebook che non Google. Anche grazie a un uso intelligente del mezzo, alla creazione di "fan pages", a strategie che vanno a monetizzare i circa 180 milioni di utenti che sono li' su FB a passare il tempo...
Da seguire con attenzione l'evolvere del comportamento dei naviganti - non è da escludere in un prossimo futuro una revisione (piccola o grande ) delle strategie di Search Marketing di molti player importanti e dei relativi investimenti...
Il mondo dei social media si sta manifestando in maniera sempre più dirompente e sta iniziando a contagiare, in termini di interesse, anche le aziende brick & mortar lontane dalla tecnologia web. Resta però piuttosto difficile trovare chi, in azienda, conosca e padroneggi questi mezzi e sia in grado di affrontarli con un approccio strategico.
Ecco dunque alcune riflessioni sul tema prese da alcuni siti di riferimento, essenziali per cercare di realizzare una prima stesura della propria strategia.
Su Social Media Marketing ad esempio qualche giorno Enzo Santagata ha pubblicato questi utili e semplici consigli:
1. Non parlare ai consumatori. Non vogliono ascoltarti, vogliono essere ascoltati. 2. Offri una ragione per partecipare. Se le persone non percepiscono di ottenere un valore aggiunto dal condividere le loro opinioni, non verranno da te (magari vanno dal tuo diretto concorrente, che ha saputo soddisfarli meglio). 3. Resisti alla tentazione di vendere a tutti i costi. 4. Sperimenta e tieniti aggiornato. Ma soprattutto sperimenta, e se sbagli sperimenta ancora. 5. Ascolta le conversazioni che avvengono anche al di fuori del tuo sito. E partecipa anche lì indicando chiaramente chi sei e perché stai partecipando. Chi ha provato a fare il furbo è stato smascherato prima che potesse rendersene conto. 6. Cedi il controllo della comunicazione. Non aver paura di aprire le tue porte alle critiche. Quando una community si sente controllata e forzata verso una direzione a senso unico imposta dall’azienda, non dura molto. 7. Fai in modo che nella tua organizzazione ci siano quante più persone possibili che abbiano un background composto dal pensiero pragmatico da uomo di marketing, dalla curiosità incosciente di un sociologo e che siano grandi appassionati di social network.
Leonardo Bellini invece sul suo blog cita il libro Groundswell di Charlene Li e Josh Benoff (in edizione italiana, L’onda anomala, edito da ETAS) ed il loro approccio riassunto nell’acronimo POST.
P sono le persone. Non avviate una strategia Social senza aver compreso le reali capacità, conoscenza ed utilizzo delle tecnologie social da parte della vostra audience. O sta per Obiettivi. Quali obiettivi vi potete realisticamente aspettare di raggiungere con il vostro target di riferimento? S è la strategia. Come pensate di raggiungere questi obiettivi? T sta per tecnologia. Una community. Una wiki, Un blog o 100 blog.
In entrambi gli approcci è comunque evidente la necessità dello studio e della pianificazione, spesso trascurati sul web (e in particolare sui social media).
A questo si lega anche il problema della misurazione dei risultati, uno dei temi più caldi rispetto al web 2.0 su cui ho scritto su queste pagine pochi giorni fa. Credo infatti che aldilà delle indubbie difficoltà di rilevazione e valutazione ci sia un problema di fondo nei KPI utilizzati per misurare la redditività degli investimenti.
La prospettiva corretta infatti è quella della costruzione di relazioni, di fiducia e di reciproco scambio di informazioni e collaborazioni. E’ necessario perciò predisporre strumenti che ci consentano di capire che cosa si dice di noi in rete, per essere consapevoli della nostra reale reputazione, e ascoltare molto, anche fuori dal nostro circuito di siti posseduti o di quelli di settore.
Si possono poi utilizzare software pensati appositamente per la gestione delle campagne social che ci permettono di svolgere queste attività in modo ordinato e pianificato.
Il messaggio di fondo che possono sentirmi di lanciare in conclusione è quello di affrontare i social media preparati e con l’aiuto di persone esperte, consapevoli delle particolarità del web 2.0 e pronti a reagire alle novità continue di questo magmatico mondo.
Siete pronti?
Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com/
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