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  mymarketing.it: l'isola nell'oceano del marketing... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico : Marketing (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di M. Ferrero (del 30/12/2005 @ 08:10:18, in Marketing, linkato 5159 volte)
Se in Inghilterra i viaggiatori potranno avere gli aggiornamenti sui voli British Airways via sms in Italia qualcosa cambierà per chi ha deciso di muoversi in treno.

Vodafone e Trenitalia hanno recentemente siglato un accordo grazie al quale gli utenti Vodafone potranno accedere a informazioni su partenze, arrivi e coincidenze dei treni programmando i propri spostamenti, in maniera simile a quanto attualmente avviene sul portale di Trenitalia. Il tutto nella sezione Notizie & Promozioni, all’interno della rubrica Città e Viaggi del portale Vodafone Live!.

Il servizio è sicuramente utile e viene incontro in modo particolare a chi è spesso in movimento e ha la necessità di consultare gli orari senza potersi sempre collegare con il computer. Io stesso, non trovandomi a casa, ho provato ripetutamente a utilizzarlo, ma sempre senza successo. Dopo aver inserito i dati su partenza, destinazione e orario non sono riuscito a ottenere i risultati della mia ricerca e quindi non ho neppure potuto verificare se si tratta di un servizio gratuito o a pagamento.

Considerando che il portale Vodafone Live! è accessibile con tariffa flat pari a 19 centesimi ma offre ben pochi servizi gratuiti, l’offerta a costo zero degli orari ferroviari potrebbe da questo punto di vista rappresentare un’utile novità per il cliente Vodafone.

Anche per Trenitalia si tratta di un’iniziativa interessante: migliora l’immagine percepita dagli utenti - che avranno un’ulteriore modalità di accesso agli orari - e nello stesso tempo l’azienda potrà approfittare del citato spazio Notizie & Promozioni per effettuare campagne di marketing e presentare le ultime novità.
 
Di Max Da Via' (del 28/12/2005 @ 07:34:05, in Marketing, linkato 15475 volte)
Con oltre 226 negozi in Europa, Asia, Australia e Stati Uniti Ikea è leader nell’arredamento di design a basso costo e ogni anno vende a oltre 410 milioni di acquirenti l’anno.

L’apertura di ogni nuovo negozio è ormai un evento e la recente inaugurazione di un punto vendita a Londra ha richiamato otre 6.000 persone, sancendo il forte interesse del grande pubblico per la catena svedese che ormai ha raggiunto il ruolo di brand di culto.

Ma quali sono i punti di forza dell’offerta Ikea?

Innanzitutto l’azzeccato mix tra design, ultima moda e costi contenuti. L’azienda riesce a mantenere un soddisfacente livello di profitti anche riducendo anno dopo anno i prezzi. Secondo gli esperti di Business Week, Ikea riesce ad avere margini operativi di circa il 10%, tra i più alti del settore dei mobili per casa. Nei Paesi nei quali è presente ha tra il 5 e il 10% del mercato, con ulteriori margini di crescita. Proprio per questo l’azienda sta aprendo rapidamente nuovi punti vendita e l’obiettivo è quello di inaugurarne 19 entro la fine del prossimo anno, puntando sui mercati che presentano i più interessanti tassi di crescita, che sono gli USA, la Russia e la Cina.

Un altro aspetto importante è l’entusiasmo e la disponibilità della forza lavoro, che vengono coltivati concedendo ai dipendenti ampia autonomia e un ambiente informale. L’attenzione al cliente è giudicata fondamentale, tanto che anche i dirigenti devono lavorare alla cassa o in magazzino per brevi periodi nel corso dell’anno in modo da avere una visione personale delle esigenze della clientela.

Attenzione al consumatore: questo si riflette nella struttura dei negozi, che offrono anche bar, ristoranti, aree dedicate ai bambini e in piccoli dettagli che però sono graditi, come matita gratis e metro di carta. Ikea non propone solo oggetti di arredamento, ma uno stile di vita, che abbraccia consumatori in tutto il mondo.

Convenienza: architetti e designer sono sfidati anno dopo anno ad offrire soluzioni sempre più convenienti senza sacrificare design e stile. Uno degli obiettivi è ridurre i prezzi del 2-3% ogni anno, puntando allo stesso tempo sulle novità e l’assortimento del portafoglio prodotti, con oltre 1.300 fornitori nei 5 continenti.

Ikea punta sull’uniformità dei negozi, che sono riprodotti in maniera simile in tutto il modo, con una superficie media di 27 mila metri quadrati e un assortimento di oltre 7.000 prodotti,che spazia dalle cucine alle candele e alle piante da appartamento. Anche i best seller sono globali, visto che si tratta della libreria Billy e del tavolo pieghevole Lack.

Anche il target tipico di Ikea è globale, si tratta di consumatori con un potere medio di spesa che sono attenti in ugual misura al design e al prezzo, che ama oggetti trendy ma che allo stesso tempo è attenta al valore degli oggetti che acquista.



Via Il Mondo e BusinessWeek

 
Di M. Ferrero (del 26/12/2005 @ 08:14:09, in Marketing, linkato 4530 volte)
L’ampia diffusione dei cellulari in tutta Europa spinge un numero crescente di aziende ad utilizzare anche il canale mobile per offrire servizi ad i propri clienti. Secondo Brandweek anche British Airways sta pianificando l’utilizzo di sms per attività di marketing ma anche di customer service, e ha recentemente affidato all’azienda di mobile marketing Incentivated lo sviluppo di una piattaforma in grado di gestire tutte queste attività.

Un primo utilizzo previsto è legato alle notifiche ai viaggiatori via sms di eventuali ritardi o problemi tecnici, ma anche le comunicazioni interne tra i membri dello staff si baseranno in parte anche su questa tecnologia.

In un secondo tempo l’azienda pensa di estendere progressivamente l’impiego di questi messaggi, in modo da aggiornare regolarmente i viaggiatori sui nuovi servizi offerti e le novità riguardanti i voli. Per questo motivo sono stati fatti nel corso di quest’anno numerosi sondaggi per valutare la disponibilità degli utenti a fornire il loro numero di cellulare attraverso il sito web della compagnia per ricevere informazioni via sms.

Se i primi test daranno esito positivo l’azienda pensa di estendere a questo canale un numero progressivamente crescente di servizi in modo da garantire ai viaggiatori un flusso informativo regolare e costante.

Il settore del trasporto aereo è caratterizzato ormai da anni da una fortissima competizione che si manifesta nella maggior parte dei casi in una forte pressione sui prezzi. Compagnie come Ryanair e Nome offrono tariffe scontatissime, mettendo in difficoltà i vettori tradizionali che scontano una minore flessibilità e maggiori costi di struttura e gestione.

Poiché molte grosse compagnie non possono essere così competitive sui costi né affidarsi unicamente agli spostamenti del settore business per garantirsi la sopravvivenza è ragionevole che cerchino di differenziarsi puntando su un maggiore livello di servizio, per accaparrarsi la fedeltà di chi preferisce spendere qualcosa in più per il viaggio a patto di avere uno scalo più comodo e servizi aggiuntivi.

La mossa di British Airways sembra quindi un passo nella giusta direzione: il puntuale recapito sul cellulare dell’utente di informazioni sul volo che sta per prendere ma anche su nuovi servizi che, in base al profilo specifico, possono essere graditi, è un buon modo per stabilire un flusso informativo con il proprio pubblico, fidelizzando e offrendo un motivo in più per utilizzare i servizi di un vettore piuttosto che di un altro.
 
Di Max Da Via' (del 25/12/2005 @ 07:25:25, in Marketing, linkato 4296 volte)
Innanzitutto tanti auguri di cuore a tutti.

In questi sei mesi abbiamo collezionato ben 255 articoli, una media di quattrocento visitatori al giorno e oltre milleduecento commenti, dati che ci rendono molto orgogliosi e dei quali vi siamo grati.

Il post di oggi non può che essere dedicato al Natale, analizzando dal punto di vista del marketing il suo testimonial più famoso, il mitico Babbo Natale.

Vi piacerebbe coinvolgerlo in una campagna di marketing così importante da far pensare a molti che si tratti di un personaggio di vostra invenzione? Non è una cosa da tutti, certo, ma se vi chiamate Coca Cola con un pò di fortuna la cosa potrebbe anche accadere.

Il vero antenato di Babbo Natale è un personaggio storico realmente esistito nel IV secolo, il vescovo Nicola di Mira della città di Myra (una città antica dell'odierna Turchia). San Nicola deve parte della propria fama alle proprie generose elargizioni a favore dei poveri e la sua leggenda è alla base della festa olandese di Sinterklaas, da cui il mito di Santa Claus ha tratto origini.

L'origine del personaggio come lo intendiamo noi è frutto della fantasia del caricaturista american Thomas Nast, che nel 1860 illustrò una vignetta su di un giornale americano nella quale Babbo Natale appariva come un anziano e panciuto signore con un vestito tutto rosso e la residenza al Polo Nord.

Tuttavia la fama raggiunse il simpatico vecchietto solo parecchio tempo dopo. Nel 1931 la Coca Cola si trovava in difficoltà per via di una legge le proibiva di pubblicizzare il proprio prodotto utilizzando immagini di bambini, a causa del contenuto di caffeina presente nella bibita.

La bevanda, inizialmente fatta con l'estratto di noce di cola, non poteva infatti avvalersi per il proprio advertising di bambini di età inferiore ai 12 anni. Per questo motivo si era reso necessario ricorrere ad una nuova figura in grado di conquistare le simpatie di grandi e piccini, nel rispetto però della normativa vigente.


A qualcuno venne in mente che questo personaggio avrebbe potuto essere Santa Claus, che divenne in breve tempo il protagonista della pubblicità natalizia dell'azienda. Il suo disegnatore, lo svedese Haddon Sundblom, pare si sia ispirato ad un suo simpatico vicino di casa, che venne prontamente rivestito di rosso e bianco, in modo da indossare i colori dell'azienda.

Questo riscoperto Babbo Natale riscosse un successo inaspettato e planetario, tanto da far credere a molti che l'invenzione di Santa Claus fosse opera della Coca Cola. La stessa azienda continuò ad utilizzare il testimonial per moltissimi anni, contribuendo ad alimentare la diceria. Nelle pubblicità, il protagonista, gioviale e instancabile, veniva sempre colto in flagrante a gustarsi un gustosa Coca Cola al termine di una lunga notte passata sui tetti a distribuire i giocattoli.


Quella ideata dalla Coca Cola è diventata quindi la raffigurazione ufficiale di Babbo Natale, che hanno dopo anno è puntualmente riproposta, entrando ormai nell'immaginario collettivo.

Bisogna riconoscere che l'immagine di Babbo Natale così come noi tutti lo conosciamo è sicuramente frutto ed opera della Coca Cola e, anche se ormai viene abitualmente utilizzato in tutti gli altri contesti legati alla festività, il nonno preferito dai bambini di tutto il mondo continua a mostrarsi con il suo proverbiale pancione, la folta barba e il vestito rosso e bianco, cioè con i colori ufficiali della Coca Cola.

 
Di Max Da Via' (del 24/12/2005 @ 08:37:49, in Marketing, linkato 2352 volte)
Grazie a Play the Lab, un laboratorio creativo ideato per sperimentare nuove forme di comunicazione legate all’utilizzo dei nuovi cellulari multimediali, Nokia ha trovato un ottimo modo per promuovere efficacemente uno dei propri modelli di punta, l’ormai famoso N90.

Questo telefono, che presenta funzionalità particolarmente avanzate per quanto riguarda la possibilità di realizzare fotografie ma anche veri e proprio filmati, è al centro di questa interessante iniziativa che vede coinvolti registi, professionisti, studiosi di nuovi media ma anche semplici appassionati.

Play the Lab è un concorso che coinvolge registi cinematografici, creativi e pubblicitari, i quali sono stati invitati a realizzare filmati utilizzando il Nokia N90 per le riprese, mettendo in gioco le proprie capacità creative. Gli aspiranti partecipanti hanno potuto iscriversi sul sito www.playthelab.it, e i 60 estratti hanno avuto la possibilità di realizzare il proprio corto d’autore.

Sponsor dell’iniziativa, che prevede a gennaio tre workshop a Milano, Roma e Napoli, sono Mikado, Medusa, Cinema, Opus Media, ADCI (Art Director Club Italia) e Air3 (Associazione Italiana Registi).

L’aspetto più interessante, dal punto di vista del marketing, è l’aver creato molto interesse attorno a questo prodotto, promuovendo un concorso ad hoc teso a esaltarne le capacità di ripresa video.

Personalmente non ho ancora visto un videoclip realizzato con questo telefono, ma le mie precedenti esperienze con altri cellulari mi portano a pensare che ci vorrà ancora qualche anno perché questi dispositivi possano porsi come reale alternativa ad una videocamera.

In ogni caso Nokia ha dato grande visibilità al proprio prodotto, ricorrendo anche a importanti testimonial e spingendo i partecipanti a lanciarsi in un vero e proprio tryadvertising. Il coinvolgimento di associazioni e aziende legate al cinema nell’iniziativa amplifica ulteriormente le aspettative in termini di qualità del prodotto finale.


 
Di Altri Autori (del 23/12/2005 @ 07:08:33, in Marketing, linkato 2609 volte)
E’ possibile per la pubblicità riconquistare l’attenzione e l’interesse di un consumatore sempre più sfuggente e annoiato? Secondo Roberto Venturini si, ricorrendo ad una strategia di  “Engagement Marketing”.

Da qualche tempo alcuni guru della comunicazione stanno scommettendo su una nuova "buzzword". La nuova parola magica è "engagement", la capacità della comunicazione di attirare, coinvolgere il pubblico.
In una parola di farsi vedere e appassionare.

Di fronte alle correnti di pensiero che attribuiscono una disaffezione del pubblico al mezzo televisivo e di fronte alle richeste sempre più pressanti dei grandi clienti di otrtimizzare il budget, si sta iniziando a spostare il tiro.
A passare dalla necessità di fare OTS (un gran numero di opportunità potenziali per il target di vedere il messaggio, calcolate estrapolando i numeri dei un campione Auditel) alla necessità di misurare quanto in effetti il messaggio sia davvero visto, compreso, di quanto abbia avuto effetto.

Si parla allora di engagement, della capacità del messaggio di costruire una storia per la marca, una storia che abbia un effetto sugli atteggiameni e sui consumi.

Si parla di engagement come alternativa al ricorso alla pura "interruzione" - ovvero all'affidarsi alla potenza della televisione di infilarsi nella vita del target e dello spot di colpire il prospect. Un meccanismo che, in uno scenario dove l'affollamento di messaggi pubblicitari che ci interrompono è sempre più alto, il consumatore ha sviluppato dei filtri potenti - in grado di cancellare dalla sua percezione buona parte delle comunicazioni indesiderate o non "engaging"

Al crescere del numero di interruzioni cresce la capacità di filtro e la sfida per le agenzie ed i clienti di osare, di investire strategicamente in pensiero ed esecuzione per creare messaggi coinvolgenti, non solo dal punto di vista meramente esecuzionale ma dal punto di vista dei concetti di marketing sottostanti

Creando una relazione più stretta e proficua con la marca - una marca che non ci assedia durante il giorno "interrompendoci" ma una marca piacevole, che ci arricchisce (un pochino) la vita con contenuto interessanti, affascinanti..."engaging"

Nasce quindi (in TV e su altri media) la disciplina dell'"Engagement Marketing", naturalmente basata in larga parte sulla capacità di inserire elementi di entertainment value nella comunicazione pubblicitaria.

Una forma di marketing che se non richiede necessariamente forti budget richiede molta competenza fantasia e, soprattutto un grandissimo coraggio... direi fuori della portata della maggior parte delle aziende nostrane (e non solo...). O no?

Roberto Venturini

 
Di Danilo Arlenghi (del 22/12/2005 @ 06:38:08, in Marketing, linkato 2211 volte)
Viviamo senza dubbio nella società dei senza, dove il privativo sembra essere sinonimo di miglioramento ed invece non è altro che un paludato modo per spacciare prodotti e servizi innovativi che mistificano la natura stessa dei prodotti e dei servizi.

Eccovi alcuni scampoli veritieri e significativi: birra senza alcool, burro senza grassi, merendine senza zuccheri, pasta senza glutine, marmellate senza conservanti, bevande senza gas, caramelle senza coloranti.
E la lista, ahimè , continua con arresti senza prove, sentenze senza giustizia, bambini senza istruzione, faccendieri senza coscienza, saccenti senza cultura, ministri senza portafoglio, autisti senza patente, medici senza laurea, popolazioni senza cibo, uomini senza religione, donne senza veli. E non potevano mancare servizi senza qualità.

Troppo spesso sento direttamente dai miei clienti o, in modo riportato, dai miei colleghi frasi come questa:
"Non ha importanza (la qualità), basti che costi poco!

Che i manager aziendali , oggi, non badino più alla qualità , ma si curino solamente dei costi bassi è un fatto accertato. Sino a ieri si discorreva solo di qualità: come fine a cui tendere nella erogazione dei servizi e nella elaborazione dei prodotti. Era un onore ed un privilegio consumare prodotti e servizi di qualità.

Oggi è in corso un vero ribaltone dei valori, un vero salto all'indietro da veri acrobati dei principi base, a scapito della immagine dei prodotti, della identità aziendale e della credibilità dei manager stessi. Un modo di pensare e di agire che porta i consumi ed i comportamenti verso il basso, in una sorta di regressione collettiva dominata dal Dio risparmio.


Il processo in atto , ci auguriamo solo temporaneo , non nasce da profonde convinzioni ma dalla contingenza economica e finanziaria. Stanno cavalcando la crisi, certo, ma non la professionalità: e appena il mercato si riprende potrebbe essere la crisi a cavalcare loro.

Comunque , anche in tempi di vacche magre è preferibile l'equazione : meno ma buono! Altrimenti questi manager diverrano oggetti del monito di Ruskin: " E' difficile trovare al mondo qualche cosa che un uomo non possa fabbricare leggermente peggio e vendere più a buon mercato. Divengono preda legittima di quest'uomo coloro che desiderano solo il prezzo".
 
Di Danilo Arlenghi (del 21/12/2005 @ 06:32:51, in Marketing, linkato 1968 volte)
Gli istituti di ricerca stanno escogitando nuove tecniche e fiutano l'aria in cerca delle sue tracce, ma il consumatore sembra scomparso. Che fine ha fatto?

A domandarselo sono sociologhi, marketer, psicologi, imprenditori, manager, pubblicitari, comunicatori, commercianti e perisno la gente comune che si chiede che fine abbia fatto quel suo alter ego, quel tale che si inferforava per ogni ultimo modello, andava in crisi d'identutà senza una firma addosso, cambiava l'auto più spesso degli indumenti intimi e si dedicava all'accumulo di quantità industriale di prodotti come se stesse facendo scorte per un letargo lungo cinque anni.

Le avvisaglie erano nell'aria: negozi mezzi vuoti (e sono già ottimista), consumi in ribasso, pensioni da fame, in compenso (si fa per dire!) i prezzi , l'inflazione e la disoccupazione sono le sole variabili a salire. Le imprese , preoccupate, erano state le prime ad attivarsi: "Spendi, perchè se lo fai l'economia gira con te!" avevano flautato, lanciando nell'etere uno spot da pifferai magico con ricetta risolutoria.

Ma, se non altro per l'insistenza, al consumatore, avevano fatto girare, qualcosa. Non esattamente quel che si aspettavano. Gli esperti, gli aruspici dei comportamenti sociali, quelli che nel '69 avevamo previsto il '68 (per intenderci) hanno una pronta soluzione. Il suo nome è creatività!
Che , a me pare come l'Araba Fenice: tutti ne parlano e nessuno sa dove sta!
Si , perchè oramai , il consumatore sa bene come difendersi da sciocchi imbonimenti dai quali è bombardato ogni momento e distingue questi ultimi da una campagna sul podio a Cannes.

Una comunicazione efficace, in grado di sollecitare le corde del desiderio, e del bisogno necessità più che di grandi investimenti, di grande intelletto. Meno soldi e più creatività. La creatività non consiste di certo nel colpire il consumatore a tradimento, in modo invasivo e continuativo, perchè questa modo di approccio ha mutuato atteggiamenti e linguaggio dalla guerra: strategie, tattiche, target, campagne, conquiste di territori....

Si sa che gli italiani sono tra i popoli più pacifisti della Terra. Ed ancora: il rischio può essere che in questa guerra senza regole alla conquista del consenso, la reazione del troppo bersagliato acquirente sia quella di reagire facendo ricorso all'arma definitiva e letale: il telecomando. La creatività non è fatta di agguati e aggressioni, ma di parole e di immagini: McLuhan ha affermato che una immagine vale più di mille parole, e per dimostrarlo ha dovuto scrivere più di un libro.

Le immagini col tempo sbiadiscono, si cancellano. Le parole superano intatte i millenni. Nella civiltà dell'immagine l'ultima frontiera della comunicazione è la conquista del vocabolario. La creatività, quintessenza della pubblicità,è l'anello di congiunzione fra la marca e il gradimento del consumatore.

La creatività è insieme inventiva, intelligenza, mestiere. E quando Maometto consumatore sembra poco propenso ad andare alla montagna pubblicitaria, quest'ultima è costretta a muoversi verso il consumatore, anche con strumenti below the line, escogitando espedienti per farsi prima udire, poi sentire, ed infine comprendere.

Jacques Seguelas, uno dei più grandi creativi francesi, sostiene che i consumatori non comperano prodotti, ma sogni. Quali siano i sogni in cui desideriamo cullarci fa parte di quel libero arbitrio dell'inconscio che spesso e volentieri ci rende immuni anche alle più elocubrate seduzioni dei venditori di chimere.
 
Di Max Da Via' (del 19/12/2005 @ 07:28:34, in Marketing, linkato 1985 volte)
Uno degli effetti negativi della globalizzazione a detta di molti esperti di mercato è l’eccesso di offerta. I continui miglioramenti nelle tecnologie velocizzano i cicli produttivi, mentre la lenta ma inarrestabile erosione dei margini spinge ad aumentare i volumi per compensare la perduta redditività.. Molte aziende quindi si trovano nella situazione di dover cercare di immettere sul mercato volumi crescenti di prodotti, che non sempre possono essere assorbiti.

Questa sovrapproduzione viene infatti a collocarsi in un contesto di mercato a cresciuta lenta, caratterizzato da consumatori sempre più volubili, che riconoscono il valore della marca ma sono molto difficili da fidelizzare.

Acquista quindi sempre più importanza la capacità di comunicare con il target di riferimento. La grande azienda deve infatti essere in grado di offrire non solo prodotti di elevata qualità ma anche una serie di aspetti collaterali (assistenza pre e post vendita, garanzia estesa, design e packaging) che assumono una rilevanza crescente nel processo decisionale che determina l’acquisto.

Un altro rischio legato alla volubilità della clientela è che innesca una sfida all’arma bianca tra produttori e trader,che attivano programmi di fidelizzazione costosi e poco efficaci, spesso basati sulla convenienza del prezzo e quindi più adatti ad attirare i cacciatori di offerte che a trasformare saltuari visitatori in assidui clienti.

Il rilancio di molte grandi imprese dipende invece dalla capacità di costruire un reale dialogo con i consumatori, promuovendo una comunicazione alla cui base ci siano fiducia e familiarità.

Ma per avere successo questa strategia non può prescindere da una collaborazione più intensa con la grande distribuzione, le cui strategie giocano sempre più un ruolo chiave nelle dinamiche di acquisto del cliente finale.

Secondo gli esperti di Procter & Gamble infatti i consumatori che si aggirano nelle corsie di un supermercato prendono le loro decisioni in un lasso di tempo che oscilla tra i 3 ed i 7 secondi, cioè giusto il tempo di prendere nota della merce esposta sullo scaffale. Questi preziosi secondi sono chiamati “il momento della verità”, e rappresentano un momento di marketing fondamentale per un marchio, che deve essere in grado di suscitare l’emozione che scatena il processo di acquisto, differenziandosi quindi dai numerosi prodotti concorrenti che lo circondano.

Tale è la rilevanza di questo breve intervallo da convincere P&G a creare ruolo dedicato allo studio e all’analisi di questi preziosi istanti, che è il di Direttore del Primo Momento di Verità (FMOT, First Moment Of Truth).
 
Di Danilo Arlenghi (del 17/12/2005 @ 08:08:54, in Marketing, linkato 2109 volte)
La tecnologia che progredisce a velocità esponenziale sembra sfuggire a chiunque tenti di spiegarla o quantificarla. Eppure, un uomo è riuscito a "fermare" il segreto della sua crescita. "Il passo della tecnologia raddoppia ogni dieci anni", questo è il fulcro della "legge di accelerazione" scoperta da Ray Kurzweil.

La prospettiva che ne deriva è vertiginosa: "Mentre ci sono volute decine di migliaia d'anni per sviluppare pienamente tutte le potenzialità di scoperte come la ruota e il fuoco, l'uso del cellulare e del web si è diffuso in poco tempo dappertutto".

Così, spiega lo studioso, "nel 19mo secolo ci sono stati più cambiamenti tecnologici che nei nove secoli precedenti. "Nei primi venti del secolo successivo, ci sono stati più passi in avanti che in tutto il 1800 e ancora di più ce ne saranno nei primi dieci del secolo che stiamo vivendo".

Un'escalation di numeri che potrebbe trasformare radicalmente il nostro pianeta. Ma sarà questo il modo giusto di considerare il progresso? E' davvero solo una questione di numeri? Forse alcune scoperte del passato hanno influenzato la storia dell'uomo più delle ultime proposte che la tecnologia sforna "ogni giorno". Fa piacere che ognuno possa esprimere liberamente la propria creatività con un blog in rete e forse anche il sito "Friendster" avrà migliorato la vita sociale di un sacco di gente.

Ma da qui a parlare - come si è fatto - di "massiccio impatto sulla società" ce ne passa. La penicillina è una scoperta che ha cambiato il corso della storia umana, così come lo hanno fatto la teoria della relatività, il sonar, i robot e la televisione. E sono tutte conquiste del secolo scorso.
 
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