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  mymarketing.it: il marketing fresco di giornata... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Altri Autori (del 09/08/2006 @ 07:22:07, in Prodotti, linkato 7099 volte)
La nuova bevanda piatta si rivolge ad un target adulto. Ballottaggio tra i consumatori per lo spot

Continua la strategia di diversificazione di The Coca-Cola Company: meno bevande gassate, più bibite piatte e più acqua minerale e, se proprio i prodotti devono avere le bollicine, che siano zero, low o mind calories.

Il leader mondiale dei carbonated soft drink (csd) ha deciso di lanciare anche in Italia Aquarius, la bevanda piatta al gusto di limone già commercializzata da oltre un decennio in Spagna, Giappone - dove è il terzo brand di bibita analcolica -, Belgio e Paesi Bassi. "La campagna - precisa Alessandro Fedele, responsabile marketing bevande non gassate di Coca Cola Italia - indica che anche il consumatore italiano desidera una bevanda caratterizzata gusto leggero ma definito per mantenersi idratato. Aquarius si rivolge principalmente a un target adulto".

Il formato prescelto per Aquarius è il pet da 50 cl, il packaging con la marginalità più alta per i produttori, adatto al consumatore on-the-go e al posizionamento nelle frigovetrine per l'acquisto d'impulso.

A supporto del lancio è partita questo mese la campagna "decidi tu lo spot tv". "In questo modo - spiega Francesca De Finis, responsabile innovazione e marketing per l'area del Mediterraneo - diamo la pubblicità ai consumatori, attraverso il sito www.votaquarius.it, di votare lo spot migliore". In lizza il film "Stay Fluid" realizzato dall'agenzia Nitro di Londra e "Musical" di Saatchi&Saatchi Milano.



Via Marketing Journal
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Di Altri Autori (del 05/08/2006 @ 11:19:06, in Marketing, linkato 6024 volte)
Centri commerciali verso l'omologazione con gallerie sempre più simili, stesse insegne per lo più catene,stessi format,medesimi servizi, arredi e ambientazioni clonate.

Appare veramente difficile scovare elementi di differenziazione. Il know-how delle migliori pratiche è diffuso, la tecnologia è a disposizione di tutti gli operatori del settore e le emulazioni dei concept di successo si susseguono;ciò ha prodotto una uniformità di approccio progettuale, commerciale e gestionale.

Laddove non è l'elemento dimensionale o architettonico, a fare la differenza, si riscontra una generale standardizzazione degli shopping centre, che non consente una vera differenziazione nei confronti delle strutture concorrenti (mestamente uguali) sempre più agguerrite con cui condividere aree di attrazione sempre più ristrette.

Le diverse strategie di marketing sviluppate al fine di creare valore aggiunto per tutte le componenti del sistema,appaiono anch'esse troppo similari. Quelle messe in atto negli anni recenti,hanno considerato come un postulato imprescindibile la ricerca della loyalty a fronte di un cliente che oggi appare sempre più diffidente,nomade, infedele, che sembra adattarsi ad nuovo contesto di consumo sulla base di una marcata presa di distanza (ciò che alcuni autori definiscono come de-fidelizzazione ) del punto vendita,dalla marca,in ultimo dal Centro Commerciale.

La maggior parte delle strategie pongono un' enfasi forsennata sul concetto di offerta e immagine di convenienza migliore rispetto ai propri competitors ;concetto del quale il Centro Commerciale spesso si appropria, con una comunicazione generica e sommaria, qualsiasi sia il posizionamento del Centro ,la piattaforma alimentare presente, le ancore di riferimento e il mix dei negozi e servizi .

In molti casi analizzati, alla comunicazione è stato affidato un solo, unico e ripetitivo messaggio: "Da noi c'è più convenienza!". Ma l'eccesso di comunicazioni e promozioni, per spingere i consumatori all'acquisto, ha generato una saturazione del mercato e un effetto boomerang dannoso per tutto il settore della Gdo.

Non è un caso se aumentano le offerte e diminuisce l'appeal sul consumatore. Negli ultimi 5 anni il numero di promozioni è cresciuto costantemente (+1,5%) ed il loro ritorno è andato via via assottigliandosi (-13% dell'efficacia).

Probabilmente questo orientamento sulla convenienza, appare un riferimento forse più ossessivo per le aziende che per il consumatore, che alla fine chiede si il prezzo, ma non come minimizzazione della spesa, ma bensì come massimizzazione del risultato: non interessa spendere poco in assoluto,ma ottenere il massimo dallo scambio:prezzo,qualità, servizi accessori, relazione con l'azienda,caratteristiche del luogo di acquisto.

Ed è proprio la focalizzazione sul luogo di acquisto, che ha ispirato

un secondo filone di strategie di marketing, che, tendono ad enfatizzare attraverso la comunicazione, concetti più o meno vaghi di shopping experience unica ,termine ormai inflazionato che negli ultimi anni è stato troppo spesso citato più per moda che per reale applicazione dei contenuti concettuali di tale approccio.

In verità, nel panorama dei Centri Commerciali italiani,tranne qualche rara eccezione,sarebbe più corretto parlare di "shopping experience replicante" con un eccessiva banalizzazione del concetto, che invece di rappresentare qualcosa di memorabile rischia di appiattirsi verso sviluppi parziali, modesti,troppo affini, tali da evocare nel ricordo del cliente, una esperienza tutto sommato ripetitiva e di scarso valore. Ma c'è di più, l'esperienza pregressa, ancorché positiva, sembra un capitale sempre meno cumulabile e spendibile in futuri acquisti. Se l'esperienza e il luogo di acquisto appaiono cruciali ai fini della realizzazione di una nuova situazione di scambio,il cliente sembra orientato a mantenere valore alla marca ma a rivederne profondamente le logiche di rapporto,che sul piano dei comportamenti si manifesta anzitutto nella ricerca di luoghi (concept store,nuove ambientazioni e atmosfere nel punto vendita e nel mall), occasioni, (sconti, saldi,programmi di fedeltà) segnali (condizioni esclusive e riservate,customer club,vantaggi), servizi (accessori,post vendita),relazione (informazione,comunicazione one to one, condivisione core values aziendali). Il cliente sarà disponibile a pagare per quello che la marca Centro Commerciale gli saprà dare come interlocutore attivo propositivo ma generoso, trasparente, nel corso di una relazione d'acquisto.

In questo quadro di riferimento i Centri Commerciali sono costretti a ripensare le proprie strategie accentuando lo sforzo volto a comprendere le reali attese del cliente ed a soddisfare nel modo migliore bisogni reali e desideri in parole povere: la fidelizzazione.

E'opportuno pertanto per i Centri ridefinire mission, assets, leve e riposizionamento, per riconiugare il mix dei negozi, offerta, qualità, servizi e infine per ripensare a strategie promo-pubblicitarie che facciano leva su tutti gli strumenti del marketing mix. Un marketing mix innovativo per un'esperienza d'acquisto duplice e completa:

1) Proporre tutto ciò che è scritto nella lista della spesa ed anche quello che ancora non c'è ma che ci sarà!!

2) Costruire una shopping relation con le persone:reale nelle proposte, trasparente nei rapporti,attenta alle esigenze,creativa nelle soluzioni,funzionale nei servizi.

Le persone soddisfatte dalla relazione, premieranno il Centro Commerciale,conferendogli nel tempo la propria fiducia e il proprio legame,divenendo dei clienti affezionati ma sempre attenti.

Due soggetti così diversi,distinti per vocazione, per ruolo, finiscono per camminare fianco a fianco lungo un sentiero normalmente anonimo e buio che ora appare vivibile,attraente e misteriosamente illuminato...

Stefano De Robertis
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Di Matteo B. (del 02/08/2006 @ 06:45:38, in Pubblicità, linkato 4190 volte)
Grande idea di Leo Burnett per l’outdoor di Mc Donald's. Un orologio solare indica lo snack migliore per soddisfare l’appetito. E se è nuvoloso?



Via Adverblog
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Di Max Da Via' (del 31/07/2006 @ 07:15:50, in Marketing, linkato 3237 volte)
Se amate avere un look unico personalizzando capi di abbigliamento e accessori, o semplicemente se vi sentite particolarmente creativi nel campo della moda, può valere la pena di fare una vistata su Threadless.com.
Nato da un’idea di Jake Nickell e Jacob Dehart questo negozio, che vende esclusivamente on-line, rivoluziona il tradizionale concetto di rapporto azienda-cliente: sono infatti i visitatori a sottoporre i nuovi modelli di t-shirt, che potranno poi essere commercializzati e acquistati dagli altri navigatori.

Le varie proposte sono esposte in una sorta di catalogo virtuale e possono essere votate con un punteggio che varia tra 1 e 5. In funzione del gradimento ottenuto ogni settimana vengono messe in produzione da 5 a 7 nuove t-shirt, ad un prezzo medio di 15 $.

Gli ideatori dei modelli effettivamente messi in produzione ottengono un premio di 1.500 $ oltre a 500 $ in prodotti Threadless. Tutti i modelli esposti possono essere liberamente commentati dagli utenti registrati, che ricevono buoni sconto se segnalano altri possibili acquirenti o se inviano una foto in cui indossano una delle magliette acquistate nel negozio.

Un altro aspetto interessante dell’iniziativa è che Threadless va oltre il concetto di negozio, creando una vera e propria community di utenti che si cambiano consigli di moda, propongono le loro creazioni e si frequentano all’interno delle pagine del sito, grazie anche alla presenza di un blog.

In questo caso sono gli stessi consumatori a guidare l’innovazione nei prodotti, anticipando quella che secondo acuni sarà una rivoluzione nel commercio moderno: la personalizzazione di molti capi d’abbigliamento e oggetti di design. Non a caso anche grandi multinazionali, come ad esempio la Nike, non stanno in vetrina a guardare ma offrono già da tempo ai clienti la possibilità di realizzare i prodotti da acquistare su misura, in base alle proprie preferenze.



Via Economy
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Di Eli (del 30/07/2006 @ 13:16:33, in Prodotti, linkato 3473 volte)
A partire da questa estate Sprite sostituirà il tradizionale packaging, in voga dai primi anni ’90, con un nuovo “look”, caratterizzato da una grafica più moderna mantenendo però gli stessi colori. Qui potete trovare la press release ufficiale della Coca Cola Company che spiega le ragioni di questo cambiamento.


Via Advertising/Design Goodness
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Di Altri Autori (del 26/07/2006 @ 07:43:52, in Marketing, linkato 4713 volte)
Dall'analisi dell'Osservatorio dei consumi di Moda, pubblicata ieri dal quotidiano Mf Fashion emerge che Benetton e Nike, Levi's e adidas sono i brand della moda che i consumatori ricordano di più.

Secondo gli italiani, questi sono i marchi della moda che realizzano le campagne pubblicitarie più efficaci e che per questo sono ricordati dai consumatori di più rispetto ai concorrenti. In particolare, per gli uomini italiani i marchi più efficaci sono gli i statunitensi Nike e Levi's, seguiti dalla tedesca adidas e da tre marchi italiani: Benetton, Dolce & Gabbana ed Emporio Armani. Secondo le donne italiane è Benetton il marchio che realizza le campagne pubblicitarie più efficaci, precedendo Nike e Levi's. Seguono Dolce & Gabbana ed Emporio Armani, Adidas e Moschino, Diesel e Puma.

L'Osservatorio nasce dalla collaborazione fra Mf Fashion e Tql, società di analisi di mercato e consulenza strategica. Il sondaggio è stato effettuato lo scorso giugno su un campione di 2.000 persone di sesso maschile e femminile (dai 18 ai 55 anni), rappresentativo dell'intera popolazione italiana e significativo in termini di abitudini d'acquisto.

L'Osservatorio dei consumi di Moda propone un'analisi semestrale, che sarà presentata in concomitanza della fine della stagione di acquisto e l'inizio dei saldi estivi e invernali, effettuata su un campione di popolazione tra i 15 e i 55 anni e un sovracampione di livello più alto, distribuiti su tutto il territorio nazionale.

Via Marketing Journal
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Di Max Da Via' (del 24/07/2006 @ 07:09:30, in Pubblicità, linkato 10677 volte)
Chi si occupa di pubblicità conosce bene la differenza che un claim azzeccato può fare all’interno di un messaggio pubblicitario, invogliando il consumatore a scoprire nuove marche e prodotti.

Ecco allora il motivo per intraprendere questo viaggio semiserio attraverso 40 anni di claim, alcuni dei quali possono legittimamente vantarsi di essere entrati nella storia della pubblicità: riuscite a riconoscerli tutti? Sotto la figura le soluzioni!

1. Profumo d’intesa
2. Per chi non si accontenta
3. Una telefonata allunga la vita
4. La lavatrice vive di più
5. Cent’anni da leone
6. Metti una tigre nel motore!
7. L’istinto di un uomo
8. Il gusto pieno della vita
9. Ascolta la tua sete
10. Per molti, ma non per tutti
11. Cose buone dal mondo
12. Il buco con la menta intorno
13. Sensazione unica
14. In caso di neve
15. Energia per fare e per pensare
16. Mangiar bene per sentirsi in forma
17. Soluzioni per un piccolo pianeta
18. Cuore di panna
19. Il giallo con tutte le soluzioni
20. Morbida la vita
21. Viva la sincerità
22. L’aperitivo vigoroso
23. Innamorarsi in cucina
24. Felice di piacervi
25. La carica del caffè più l’energia del cioccolato
26. Chiudi il gas e vieni via
27. Dove il mare incontra la terra
28. Apri e gusta
29. Mettetevelo nella zucca
30 Chi ama brucia



1. Malizia
2. Rowenta
3. Telecom
4. Calfort
5. Ferrochina Bisleri
6. Esso
7. Axe
8. Averna
9. Sprite
10. Cinzano Chardonnay
11. Kraft
12. Polo
13. Coca Cola
14. Colmar
15. Nutella
16. Cuore
17. IBM
18 Algida
19. Pagine Gialle
20. Morositas
21. Moretti
22. Aperol
23. Knorr
24. Yomo
25. Ferrero
26 Paulista
27 Dante
28. Manzotin
29. Ing Direct
30. Pavesini
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Di Altri Autori (del 22/07/2006 @ 19:19:21, in Brand, linkato 8297 volte)
La marca è un asset strategico, elemento chiave per definire le prestazioni di un'azienda. E' una promessa che racchiude le aspettative e le idee nella mente dei clienti, rappresenta un insieme di associazioni e simboli che vengono collegati ad essa. Si tratta quindi di un concetto che oltrepassa la semplice conoscenza o fedeltà alla marca: le persone si innamorano di un brand, hanno fiducia e soprattutto credono in esso. I clienti fedeli, condividendo un mondo comune fatto di valori e di ideali, diventano gruppi, aprendo così la strada a molteplici possibilità comunicative da parte dell'azienda. Ai gruppi, creatisi in modo del tutto spontaneo, l'impresa è tenuta a rivolgersi con continuità e attenzione, quasi coccolandoli. Ecco perché sono nati e si sono diffusi molti strumenti, come i siti internet e i blog, che hanno lo scopo di entrare in empatia con i clienti e conoscere i loro pensieri.

Si parla di collettività, dunque, e di costruzione di una identità collettiva che possa aggregare il consenso intorno ad un nucleo di valori e credenze. Per poter emergere all'interno di un mercato sempre più affollato, l'azienda ha bisogno di definire in modo chiaro la propria identità, il suo essere in rapporto ad un contesto in continuo divenire. Per far questo è necessario lavorare ad una integrazione tra vision (le ambizioni a cui tende un brand), cultura dell'azienda (comportamenti, atteggiamenti e valori) e immagine (la percezione complessiva dell'azienda da parte dei suoi clienti e dei suoi stakeholder). Allineare questi tre elementi ha lo scopo primario di rendere uniche le immagini e le valutazioni su un'impresa da parte di tutti coloro che entrano in contatto con essa. Convergenza e coerenza del linguaggio e contatto con i clienti sono componenti tangibili ed imprescindibili per un'azienda. L'identità, così trasmessa, diventa elemento differenziante per un'organizzazione in grado di creare un cultura di marca autonoma e distintiva.

L'azienda trae importanti vantaggi nell'investire nel mantenimento duraturo della propria brand identity: facilita gli acquisti da parte dei clienti e la vendita da parte del trade, grazie alla diffusione di una forte awareness e di una buona consapevolezza nei confronti del brand. Inoltre, una coerenza nell'identità di marca aumenta il valore associato ad essa e aiuta a chiarire le percezioni dei consumatori nei suoi confronti. In ultimo, la brand identity aiuta nella riduzione dei costi: progettare un'unica uguaglianza a cui poter ricondurre ogni prodotto, evita di disperdere energie e risorse che possono essere così dedicate al rafforzamento dei valori già stabiliti.

Fulvia Lombardo
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Di Altri Autori (del 19/07/2006 @ 21:04:10, in Brand, linkato 3348 volte)
All you need is branding si potrebbe dire in un'industria dove i prodotti si copiano e passano velocemente di moda, la tecnologia si compra, così come le buone location e i bravi manager. Una marca forte e desiderabile rappresenta per imprese che fanno del sogno la propria selling proposition , una risorsa strategica. Non è stato sempre così. Nel passato della moda la marca era ancillare rispetto al prodotto.
Solo il prodotto , attraverso il suo valore intrinseco , creava distinzione. Lo stilista e le collezioni stagionali erano al centro dell'interesse e degli sforzi; la marca, poco più che un nome, spesso prendeva significato solo dall'essere il nome dell'imprenditore/famiglia. La situazione cambia alla fine degli anni '80 con il passaggio delle aziende moda da monobusiness a multi-business e l'ingresso in nuove merceologie quali lo sportswear, occhiali, profumi, gioielli. Difficile a quel punto creare differenziazione solo attraverso i prodotti, spesso oltretutto dati in licenza ad altre aziende.

Per dare significato a così tante merceologie e occasioni d'uso la marca doveva rappresentare ben più di un'etichetta: un'area di gusto, un sistema di garanzie e di valori, un mondo. Per creare questo valore intangibile è stato necessario sviluppare la comunicazione. Gli stilisti sono diventati i primi testimonial del loro mondo e i primi artefici della reputazione del marchio (esemplare il caso di Tom Ford per Gucci ma anche di Renzo Rosso per Diesel o John Galliano per Dior).

La comunicazione , con l'obiettivo di creare notorietà, valore aspirazionale e status, è diventata una leva potente . E' il periodo delle top model, dei grandi fotografi e delle grandi campagne; i marchi del lusso entrano nel sistema mediatico globale. Il cliente finale però è ancora molto lontano dai tavoli degli stilisti e dai messaggi pubblicitari.
Molte cose sono successe da allora. La comunicazione è diventata sempre più omologata (stessi linguaggi, stesse modelle) e autoreferenziale. Il prodotto moda ha visto ridursi sempre più il suo ciclo di vita e ha perso centralità rispetto al nuovo protagonista dei nostri tempi: il negozio . Proprio dalla distribuzione vengono i nuovi protagonisti della moda: le catene verticalizzate (Zara, Mango, H&M), imprese globali che partendo dal negozio hanno imposto a tutti, stilisti compresi, nuove regole del gioco. In un mercato sempre più popolato e complicato per farsi sentire occorre alzare la voce ma soprattutto dire qualcosa di nuovo a clienti che pretendono qualcosa di nuovo.

Le marche della moda sono ormai note a molti; altra cosa è capire se interessano a qualcuno. Il cliente oggi sembra dire che vuole essere sedotto, emozionato, sorpreso dalle marche : l'emozione è qualcosa di profondo e personale che impone alle aziende una conoscenza più diretta del loro mercato.
Dopo le fasi del prodotto e della comunicazione si apre così una terza fase nello sviluppo delle marche moda: la fase dell'esperienza. Creare un'esperienza di marca implica per le aziende saper manovrare molte leve contemporaneamente: prodotto + assortimento + negozio + comunicazione + servizio. Per chi ha capito queste evoluzioni il branding si è trasformato da un monologo tra impresa e mercato a un dialogo tra l'impresa e i suoi clienti. Un dialogo che parte dal negozio, il nuovo prodotto della moda, l'unico dal quale si può creare un'esperienza.

Anche il ruolo della comunicazione è evoluto. Attraverso la comunicazione la marca racconta una storia che parte dal passato (l'heritage del brand - per chi ce l'ha), è ambientata nel presente (i prodotti, le pr, i testimonial) e sogna il futuro (la ricerca, i progetti non profit in campo artistico o sociale supportati dalla marca).

Stefania Saviolo

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Di Max Da Via' (del 18/07/2006 @ 06:49:33, in Pubblicità, linkato 4344 volte)
Quando si parla di comunicazione il numero uno al mondo, in termini di spesa, è P&G, che nel mercato USA ha superato lo scorso anno i cospicui investimenti di General Motors.

Considerando infatti quanto investito dalle principali aziende in advertising, media e promozioni P&G si è guadagnata il podio, con una spesa complessiva di 4,61 miliardi di dollari, relegando al secondo posto GM e i suoi 4,35 miiardi. Un aspetto interessante è che gli investimenti cumulati delle due aziende raggiungono il 9% degli investimenti complessivi in comunicazione delle prime 100 aziende top spender.

Nel complesso però l’incremento medio di questi top spender nel 2005 è stato di un modesto1,3%, a fronte di una crescita media degli investimento in comunicazione del 3,7% da parte delle aziende di medio-piccole dimensioni.

Anche P&G, nonostante la leadership, ha preferito ricorrere ad una maggiore diversificazione, puntando in maniera crescente su nuovi canali tra i quali il web che presenta costi decisamente inferiori rispetto si media tradizionali, in particolare se paragonato alla televisione. La vittoria di P&G si spiega comunque con la recente acquisizione di Gillette e quindi dei relativi brand e investimenti.



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21/11/2024 @ 14:09:36
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