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 mymarketing.it: e tu cosa ne pensi?... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Max Da Via' (del 12/02/2019 @ 07:28:31, in Mobile, linkato 1224 volte)


Il tempo è denaro
. Anche nella app economy. Anzi soprattutto nella app economy. Ed è proprio sulla ricerca, o meglio, sul recupero del tempo perduto – quello speso davanti agli schermi di pc e smartphone – che sta pian piano virando il dibattito sociologico, filosofico e del mondo del business. Sì, perché la questione oltre che di ordine “etico” impatta, e non poco, sul giro d’affari.

La killer app del futuro? Quella in grado di liberare tempo per consentire alle persone di dedicarsi alle loro passioni o ad attività al di fuori del mondo del web. Ad appoggiare la tesi già una serie di esperti e analisti, ultima in ordine di apparizione l’imprenditrice Arianna Huffington che in un’intervista alla Cnbc ha puntato il dito contro l’abuso tecnologico, ossia l’uso eccessivo di piattaforme e dispositivi, scommettendo su una nuova rivoluzione alle porte, quella dell’anti-tech ossia del tech che aiuta a stare fuori dal tech.

Sembrerebbe un paradosso a dirla così eppure cominciano già a farsi strada app dedicate alla vita “al di là del Web”: si pensi a quelle dedicate al wellness, al fitness ma anche alla meditazione, alla gestione dell’ansia e dello stress. La stessa Apple ha capito che si tratta di un trend destinato a farsi strada: la app Screen Timeto è stata in fondo studiata per aiutare gli utenti iPhone- quasi 1,4 miliardi in tutto il mondo – a gestire al meglio il proprio tempo nell’uso dello smartphone.

Nella classifica delle app più scaricate nel segmento allenamento e fitness spiccanoCalm e Headspace in un testa a testa per contendersi spazio e “soldoni” in un mercato, quello della meditazione, valutato 1,2 miliardi di dollari. Lo scorso anno Headspace ha fatturato 100 milioni di dollari mentre Calm ha toccato i 150 milioni quadruplicando il giro d’affari nel solo 2018. Quest’ultima ha di recente chiuso un round di finanziamento per 88 milioni ed è stata valutata 1 miliardo di dollari.

La stessa Huffington sta cercando di allargare i propri orizzonti con il brand Thrive Global. E’ dedicato al benessere e propone un’app dedicata ad apportare piccoli cambiamenti nella propria vita con l’obiettivo di recuperare il rapporto con sé stessi. Parola d’ordine mindfulness. Che la “disconnessione” stia diventando un fenomeno è comprovato anche da alcune campagne per la chiusura degli account social che hanno riscosso anche un certo seguito, quantomeno sull’onda delle notizie legate al furto dati (vedi caso Cambridge Analytica) o alla proliferazione di account fake su Twitter, tanto per citare due casi figli della cronaca abbastanza recente.

Via CorCom
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Di Max Da Via' (del 05/02/2019 @ 07:41:53, in Pubblicità, linkato 1260 volte)

Ogni anno il Super Bowl è una vetrina per moltissime grandi aziende che vogliono catturare l’attenzione di milioni di spettatori in tutto il mondo. La scorsa notte, tra i protagonisti degli spot più accattivanti si sono susseguiti brand noti, quali Google, Pepsi e Doritos, così come nomi di realtà ancora emergenti, tra cui Bumble e Expensify.

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Salesforce ha analizzato ciò che le persone hanno detto su Twitter sugli spot pubblicitari andati in onda durante l’evento tramite Social Studio, la soluzione per il social media marketing di Marketing Cloud. Inoltre, grazie a Einstein Vision for Social Studio sono state anche esaminate tutte le diverse tipologie di immagini pubblicate sui social.

L’annuncio più apprezzato e seguito è stato, a sorpresa, quello realizzato da Bud Light / Game of Thrones. Lo spot ha conquistato gli spettatori grazie alla combinazione di contenuti pubblicitari tra Anheuser Busch (la holding statunitense proprietaria del marchio Bud Light) e la popolare serie televisiva Game of Thrones. Che sia forse l’inizio di un’era per mash-up tra i diversi contenuti Adv? In effetti, guardando bene tutte le pubblicità andate in onda durante il Super Bowl, gli spot pubblicitari di maggiore successo non solo promuovevano un messaggio oltre che un semplice prodotto, ma prevedevano anche la partecipazione di numerose celebrity e qualche nostalgico richiamo al passato. Tra gli esempi più riusciti come combinazione perfetta tra creatività e ironia si possono citare l’impegno di Audi nei confronti dei veicoli elettrici, l’attenzione per gli animali di Avocados from Messico, la promozione dell’energia eolica di Budweiser e il messaggio di empowerment femminile di Bumble.

I 5 brand più menzionati a livello globale:

  1. Bud Light (31.545 menzioni)
  2. Pepsi (22.600 menzioni)
  3. Budweiser (15.806 menzioni)
  4. Doritos (13.057 menzioni)
  5. Avocados from Mexico (12.557 menzioni)

I 5 hashtag più utilizzati:

  1. #superbowl / #sbliii
  2. #sbliii / #superbowl
  3. #halftimeshow / #halftimeshow
  4. #spongebob / #avocadosfrommexico
  5. #forthethrone / #superbowlsunday

Le 5 parole più utilizzate:

  1. sbliii / Commercial
  2. Commerical / Chance
  3. Pepsi / Halftime
  4. Sweepstakes / Pepsi
  5. Watch / #nfl100

I 5 loghi più visualizzati:

  1. Pepsi/Pepsi
  2. NFL/NFL
  3. New England Patriots/New England Patriots
  4. Bud Light/Mercedes Benz
  5. Rams/Bud Light

Via Spot and Web
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Di Max Da Via' (del 31/01/2019 @ 07:23:18, in Social Networks, linkato 1268 volte)

La fase di maturità dei social media che stiamo vivendo sta determinando, da tempo, una diminuzione delle interazioni e della reach organica (analizzate qui), che spinge le aziende a far ricorso alla pubblicità per estendere la visibilità dei propri contenuti. Per avere un’idea della convenienza delle varie piattaforme ho selezionato alcune statistiche sui costi pubblicitari frutto delle analisi di AdStage (relative al Q3 del 2018).

Facebook è la piattaforma più conveniente.
La pubblicità nel news feed, quella storica, vede un CPC attestarsi su un valore mediano di $0,55 (+19% rispetto allo scorso anno). Contemporaneamente decresce il CPM che si attesta su $8,20. Il CTR tocca il livello più basso degli ultimi due anni e va all’1,44%.
La pubblicità fatta attraverso l’Audience Network presenta un CPC di $0,38, un CPM di $5,35 e un CTR dell’1,37%.
Se si decide di usare l’adv su Messenger si otterrà un CPC di $0,90, un CPM di $5,55 e un CTR di 0,61%.

facebook cpc 2018

Su Instagram gli investimenti sono cresciuti del 177%
I marketer stanno spostando velocemente i loro investimenti sul social delle immagini, ma nonostante ciò il CPC continua a scendere, arrivando ad un valore mediano di $1,09. Anche il CPM cala portandosi a $6,90 e il CTR sale allo 0,67%.
Per le Storie, secondo Socialbakers, il CPC si attesta intorno a $0,25. 
Nella mia esperienza l’accoppiata di Facebook e Instagram può portare ad ottimi risultati.

instagram cpc 2018

Su LinkedIn fare pubblicità è ancora costoso.
Quest’anno il CPC si è attestato su un dato mediano di $3,77, in forte calo rispetto ai dodici mesi precedenti. Scende anche il CPM a $6,75, mentre il CTR è stato dello 0,19%, il più basso tra tutte le piattaforme social.
Va tenuto conto che LinkedIn conta come impression “un annuncio visto per almeno 300 millisecondi con almeno il 50% dello stesso visibile sullo schermo”. Il CPC viene calcolato quando si clicca sull’annuncio, ma anche sul nome dell’azienda o sul logo.

linkedin cpc 2018

Su Twitter la pubblicità è in crescita.
Il network dei 140 caratteri fa fatica ad aumentare il proprio pubblico, ma il fatturato dalla pubblicità è cresciuto del 26% nel Q3. 
Il CPC è di $0,60, simile a quello di Facebook, il CPM è di $6,90 (+6%), il CTR è dello 1,1%. 
Twitter calcola l’impression in maniera estensiva “ogni qual volta un annuncio appare all’utente”, anche per pochi millisecondi.

twitter cpc 2018

Questi sono valori mediani, ma i risultati variano da settore a settore, da paese a paese e, naturalmente, possono essere fortemente influenzati dalla capacità di pianificazione dei singoli marketer.

Via Vincos blog

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Di Max Da Via' (del 25/01/2019 @ 07:49:46, in Social Networks, linkato 1293 volte)

Siamo giunti ad una fase di maturità di sviluppo dei social media e del marketing che li sfrutta per i suoi obiettivi. Ecco perché ho deciso di selezionare e condividere i dati più solidi, frutto di diverse analisi, che bisognerebbe tenere in considerazione per le proprie attività di social media marketing del 2019.

Crescono i contenuti postati su Facebook dalle pagine grandi. 
In media ogni pagina pubblica 4 post al giorno. Ma sembrerebbe che, statisticamente, il numero ottimale di post al giorno sia 5. Io consiglio di valutare unicamente sulla base delle statistiche personali, privilegiando sempre la qualità dei contenuti (insomma meglio pochi ma interessanti per il vostro pubblico).

L’engagement della pagine Facebook continua a diminuire
Negli ultimi 18 mesi il numero complessivo delle interazioni (reazioni, condivisioni, commenti) è sceso del 50%. Mentre il numero delle interazioni per post è calato del 65%.

trend interazioni su facebook

I video ricevono più engagement di altri formati (in particolare i live godono del coinvolgimento determinato dai commenti in tempo reale) Considerate che, probabilmente, in questa fase, ai video viene dato un peso maggiore nell’algoritmo di visibilità di Facebook. In generale va bene sperimentare live e post-produzioni, ma a patto di non improvvisare.

La reach su Facebook continua a calare, ossia è sempre più difficile intercettare persone diverse a causa della competizione selvaggia tra contenuti, aziendali e personali.

trend reach organica su facebook

Su Instagram crescono gli investimenti pubblicitari, ma iniziano a diminuire le interazioni organiche (e presumibilmente anche la reach). 

engagement trend su instagram

Le Storie su Instagram sono sempre più utilizzate. 
L’investimento pubblicitario viene ancora fatto sui post del news feed ma, in questa fase, il CPC (cost per click) delle storie è più basso di quello dei post (In media $0,25 contro circa $0,50). 
L’obiettivo della pubblicità fatta dei brand si sposta dalle mere interazioni ai click per veicolare traffico sul sito.

cost per click su Instagram
Via Vincos blog
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La rivoluzione digitale avanza in Italia anche se il gap rispetto agli altri paesi dell’Unione europea rimane ancora rilevante, sia per le imprese sia per i cittadini. E’ quanto mette in luce “Ict, cittadini e imprese 2018”, il rapporto dell’Istat.

Lo scorso anno la quota di famiglie che accedevano a internet da casa mediante banda larga è salita al 73,7% rispetto al 70,2% del 2017. La connessione fissa è la modalità di accesso più diffusa. Sul territorio le differenze tra le regioni sono ancora notevoli e confermano il vantaggio del Centro e soprattutto del Nord Italia. Significativo che la maggior parte delle famiglie senza accesso ad internet da casa indica il non saper utilizzare il web come principale motivo (58,2%) e più di un quinto (21%) non considera il web uno strumento utile e interessante. Seguono motivazioni di ordine economico legate all’alto costo dei collegamenti o degli strumenti necessari (15,2%), mentre l’8,1% non naviga in rete da casa perché almeno un componente della famiglia accede a Internet da un altro luogo.

La popolazione connessa

Il 68,5% delle persone di 6 anni e più si è connesso alla rete negli ultimi 12 mesi (65,3% nel 2017) mentre il 52,1% accede tutti i giorni. I giovani restano i più grandi utilizzatori del web (oltre il 94% dei 15-24enni) ma la diffusione comincia ad essere significativa anche tra i 65-74enni, che nell’ultimo anno passano dal 30,8% al 39,3%. Tra le persone di 14 anni e più si utilizza soprattutto lo smartphone per l’accesso alla rete (89,2%), seguito dal pc da tavolo (45,4%). Il 28,3% utilizza un laptop o un netbook, il 26,1% un tablet mentre il 6,7%  altri dispositivi mobili come ebook e smart watch.

Il rapporto con le nuove tecnologie conferma un divario di genere, dal momento che navigano su Internet il 72,5% degli uomini e il 64,6% delle donne. Fino ai 44 anni le differenze di genere sono tuttavia molto contenute e si annullano tra i giovani di 18-24 anni. Permane un forte squilibrio nell’uso del web tra Nord e Sud, isole comprese (72,3% contro 62,2%). A Bolzano si trova la più alta percentuale di internauti (75,1%), seguono Lombardia (73,6%), provincia autonoma di Trento (73,4%) e Friuli Venezia Giulia (73,2%). La Calabria, nonostante abbia fatto registrare un incremento di 5,1% rispetto all’anno precedente, resta la regione con la più bassa quota di utenti di internet (59,8%). L’uso del web è ancora caratterizzato da un forte divario sociale anche se rispetto al 2017 le distanze si vanno a ridurre. Se l’utilizzo della rete presenta livelli prossimi alla saturazione tra i laureati (91,5%), i dirigenti, imprenditori e liberi professionisti (92,7%), tra gli operai la quota di chi accede al web è passata dal 77,6% all’81,3%. Analoga tendenza si registra per chi è in possesso della licenza media (dal 63,9% al 66,5%).

L’evoluzione dell’ecommerce

Rispetto al 2017 aumenta dal 53% al 55,9% la quota di utenti di 15 anni e più che hanno acquistato online nei 12 mesi precedenti l’intervista; in particolare, il 34% ha ordinato o comprato merci o servizi negli ultimi 3 mesi, il 12,4% nel corso dell’anno e il 9,5% più di un anno fa. Sono più propensi a comprare online gli uomini (59,8%), le persone tra i 20 e i 34 anni (circa il 70%) e i residenti nel Nord (60,8%). Tra gli internauti che hanno fatto acquisti negli ultimi 3 mesi il 49,5% ha fatto uno o due ordini, il 30% tra i tre e i cinque, il 10,1% tra sei e dieci mentre solo una piccola quota dichiara di aver fatto più di dieci ordini (5,8%). I beni più acquistati sono abiti e articoli sportivi (45,0%), articoli per la casa (39,4%) e servizi riguardanti “viaggi e trasporti” (39%).

I servizi più utilizzati online dagli internauti sono quelli bancari (44,6%), soprattutto nella classe di età 25-44 in cui la quota di utilizzatori supera il 50%, e i servizi di pagamento, ad esempio il paypal (39,2%) con un picco tra i 20 e i 44 anni (oltre il 45%), mentre il ricorso alle rete per vendere merci o servizi è praticato dal 10,8% degli utenti assieme alle operazioni finanziarie (10,1%). Si registra nel 2018 una forte distanza tra il Nord e il Sud, di più di 20 punti percentuali per l’e-banking e di oltre 10 punti per i servizi di pagamento e l’acquisto di beni e servizi online. Pur non avendo fatto acquisti tramite il web negli ultimi tre mesi, il 43,9% ha comunque cercato informazioni online su merci o servizi, e/o ha usato il canale online per la vendita di beni.

Le imprese italiane e le nuove tecnologie

Passando al mondo delle imprese, tra quelle con almeno 10 addetti il 94,2% si connette in banda larga mobile o fissa. Aumenta in particolare la quota delle aziende che dichiarano velocità di connessione in download di almeno 30 Mbit/s (da 22,1% nel 2017 a 29% nel 2018). Passano inoltre dal 12,9% al 16,9% le imprese che investono sulle competenze digitali provvedendo alla formazione dei propri addetti.

Il divario tra grandi e piccole imprese nel livello di digitalizzazione rimane ancora ampio. Elevati livelli (“Alti” o “Molto alti) sono presenti nel 44% delle imprese con almeno 250 addetti e solo nel 12,2% delle imprese da 10 a 49 addetti.

Nell’uso di tecnologie emergenti, le grandi imprese italiane mostrano una propensione superiore o in linea con la media europea nell’analisi di big data (il 30% contro il 25% dell’UE28), nell’uso di stampanti 3D (13% come la quota UE28) e della robotica (26% rispetto al 25% dell’UE28).

Nel mondo dell’ecommerce risulta rilevante la crescita degli intermediari: il 64,1% delle imprese che nel 2017 hanno venduto via web (53,8% nel 2016) ha utilizzato almeno un e-marketplace e il 50,2% (39,1% nel 2016) ha realizzato almeno la metà del fatturato via web tramite intermediari.


Via Engage
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Di Max Da Via' (del 18/01/2019 @ 07:41:20, in Social Networks, linkato 1219 volte)
LinkedIn ha 562 milioni di iscritti (non utenti attivi) che oltre a cercare lavoro condividono contenuti la cui visibilità viene determinata da un algoritmo. Come nel caso di Facebook la formula è segreta, ma le caratteristiche principali possono essere colte leggendo i diversi pezzi di informazione che vengono disseminati dagli ingegneri nei blog ufficiali.
come funziona algoritmo linkedin

L’approccio scelto da LinkedIn per determinare la visibilità dei contenuti è ibrido, uomo macchina, e consta di diverse fasi, supportate da un’infrastruttura chiamata FollowFeed (che ha sostituito Sensei).

All’atto della pubblicazione ogni post viene classificato automaticamente dal software come “spam”, “low-quality” o “clear”, in appena 200 millisecondi.  
Poi il sistema tiene sotto osservazione il contenuto per vedere come viene accolto dalla community. Quanti raggiunge, quanti e quali membri interagiscono, i tempi e le quantità di reazioni (like, commenti, condivisioni), quanti lo segnalano e lo nascondono.
Le segnalazioni di bassa qualità di un post possono essere fatte da chiunque e vengono analizzate in tempo reale. Se raggiungono un numero elevato vengono smistate ad un gruppo di dipendenti LinkedIn per una revisione ulteriore (come nel caso di Facebook essa si basa su linee guida conosciute, dette Community Standard, e casistiche reali che non vengono rivelate). 
A seguito di questo processo di analisi l’algoritmo (potenziato da tecniche di machine learning) decide se il contenuto può essere fatto circolare liberamente o se deve subire limitazioni di visibilità più o meno estese (può essere reso invisibile in tutta la piattaforma, solo nel feed principale, fino ad arrivare alla sospensione dell’autore).

L’algoritmo di LinkedIn, al momento, risulta essere meno sofisticato di quello di Facebook. Ad esempio non tiene conto del tempo di lettura di un post (al fine di determinarne l’interesse suscitato), della freschezza, dell’affinità tra autore e lettore.

Ovviamente la formula viene continuamente modificata al fine di individuare il giusto equilibrio che consenta di aumentare la frequenza di accesso e i tempi di permanenza online degli iscritti, preservando la qualità dei contenuti. Inoltre, come su Facebook, ognuno di noi può correggere l’algoritmo intervenendo proattivamente sul news feed.

Consigli per migliorare il feed di LinkedIn

  • Eliminare i contatti aggiunti senza una motivazione professionale. Io aggiungo solo le persone conosciute ed eventualmente seguo quelle in linea col mio lavoro;
  • Smettere di seguire i contatti che producono contenuti poco interessanti
  • Nascondere i post non in linea con i vostri interessi
  • Usare l’opzione “Migliora il mio feed” per scegliere le persone e gli hashtag tematici che vorreste vedere nel flusso di notizie
controlli linkeding

Quali contenuti funzionano su LinkedIn?

  • I testi lunghi su LinkedIn vengono apprezzati, soprattutto quelli che generano commenti, facendo leva su temi caldi o sulla richiesta di suggerimenti alla community;
  • L’uso di strumenti nativi per postare, come la piattaforma interna di LinkedIn, può garantire migliori performance rispetto ad un semplice link ad un blog;
  • Arricchire il testo con molte immagini aiuta a catturare l’attenzione (uno studio ha verificato che 8 immagini determinano il più alto numero di interazioni);
  • I link a contenuti video esterni non vengono premiati dall’algoritmo (YouTube, Vimeo, TED);

Questi sono solo alcuni consigli frutto della mia esperienza e di studi empirici, ma alla base del coinvolgimento c’è soprattutto la capacità di condividere contenuti professionali di valore per il proprio network. Cosa che sarebbe semplice se esso fosse omogeneo in termini di interessi, invece su LinkedIn la rete è il risultato di stratificazioni successive (meramente dipendenti dai lavori svolti) e di aggiunte acritiche. 

Il rischio più grande che vedo all’orizzonte è che LinkedIn finisca per trasformarsi in Facebook sia per volontà del management (attento a premiare soprattutto l’engagement), che per attitudine dei suoi utenti (a pubblicare post anche più personali) .

Via Vincos blog
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Di Max Da Via' (del 14/01/2019 @ 07:21:16, in Pubblicità, linkato 1266 volte)

Il mercato degli investimenti pubblicitari in Italia secondo i dati Nielsen chiude il mese di novembre in crescita del +2,5% (+1,2% senza search e social), portando la crescita nel periodo cumulato gennaio - novembre a +2,1% rispetto allo stesso intervallo 2017. Stabile, invece, l’andamento nei primi 11 mesi dell’anno se si escludono dal conteggio le stime relative a search e social.

“Alla luce dell’andamento del mercato, il mese di novembre ci ha portato notizie buone e in parte inaspettate”, spiega Alberto Dal Sasso, Ais managing director di Nielsen: “Nonostante la fine annunciata del quantitative easing, il braccio di ferro del Governo con l’Ue e i segnali di minore crescita del Pil a cui assistevamo due mesi fa, il mercato pubblicitario ha messo comunque a segno una buona crescita”.

Relativamente ai singoli mezzi, la tv a novembre cresce del +1,9%, portando al +1% la variazione per il periodo cumulato. Sempre in negativo i quotidiani, che nel singolo mese perdono l’11,4% e consolidano il periodo gennaio-novembre in calo del -6,2%. Stesso andamento per i periodici, sia a novembre che nel periodo cumulato, con cali rispettivamente del -3,4% e del -8,1%. Consolida l’andamento positivo la radio, grazie a una crescita del +7,2% a novembre e del +5,3% negli undici mesi.

Sulla base delle stime realizzate da Nielsen, la raccolta dell’intero universo del web advertising chiude il periodo cumulato gennaio – novembre in positivo a +8,1% (+5% se si escludono il search e il social). In crescita il cinema (+13,3), il transit (+12,7%) e la Go TV (+13%). Rimane in calo l’outdoor (-9,7%).

Per quanto riguarda i settori merceologici, se ne segnalano 13 in crescita, con un apporto di circa 171 milioni di euro. Per i primi comparti del mercato si registrano andamenti differenti nel periodo gennaio – novembre. Alla buona performance di bevande e alcoolici (+11,8%), distribuzione (+3,1%) e media e editoria (+8,9%), si contrappongono i cali di alimentari (-1,9%), abbigliamento (-6,3%) e telecomunicazioni (-5,3%).

Tra gli altri settori che contribuiscono alla crescita continua l’andamento positivo del tempo libero (+31,6%), elettrodomestici (+24%) e servizi professionali (+21,2%). Relativamente all’andamento nel singolo mese di novembre, buone performance per farmaceutici (+10,8%), finanza/assicurazioni (+14,1%) e moto/veicoli (+24,9%).

“Il mercato a dicembre negli ultimi tre anni è sempre cresciuto”, preannuncia Dal Sasso: “Se si dovesse confermare anche per il 2018, l’anno, come previsto, si chiuderà vicino al 2%. Questo risultato sarebbe di buon auspicio per un 2019 privo di eventi sportivi mediaticamente rilevanti ma contraddistinto dallo spartiacque delle elezioni europee: un appuntamento che potrebbe attenuare quel clima di incertezza che ci accompagnerà fino a primavera”.

Via Mark Up
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Le Instagram Stories sono ormai entrate a far parte della quotidianità di tutti noi: circa 400 milioni di utenti condividono le proprie Storie ogni giorno, chi per comunicare delle informazioni, chi per mostrare quegli attimi di vita strategici che servono a consacrare un determinato stile di vita e chi per mettere in pratica le proprie velleità creative.

Per i brand non è semplice emergere e farsi ascoltare in una realtà così caotica, in cui il tool di content creation - le Stories appunto - appiattisce ulteriormente la differenza tra creator professionista e amatoriale.

In realtà, da un’analisi sulle performance delle Instagram Stories, effettuata dalle aziende Buffer e Delmondo, risulta che le Stories più semplici ed efficaci, la cui decodifica risulta immediata, riscuotono più successo rispetto a prodotti professionali di una superiore complessità semantica.

Quindi, le parole chiave che determinano l’efficacia di una Instagram Stories sono semplicità e creatività.

Ecco, di seguito, qualche trucco di design per dare alle vostre Instagram Stories una possibilità in più di farsi notare (e ricordare).

brand instaggram

Create uno sfondo a colore pieno per far risaltare le call to action

La sequenza di Instagram Stories - che, per tornare allo studio di Buffer e Delmondo, dovrebbe essere composta da non più di sette frame per mantenere alta l’attenzione dei viewers - dovrebbe mantenere sempre una certa coerenza estetica.

instagram stories

Per questo, qualora ci fosse la necessità di “interrompere” il flusso di immagini con una call to action, vi suggeriamo di determinare il colore dominante della palette utilizzata nella sequenza e creare, sulla base di questo, un background a colore pieno su cui scrivere il proprio testo.


Usate la stessa palette delle immagini di sfondo per creare originali background per il testo

Al di là dei 27 colori basici che offre, di default, la palette di Instagram, è possibile campionare dalla fotografia inserita in Stories attraverso lo strumento contagocce.

In questo modo è possibile creare sfondi per il testo personalizzati e in armonia con l’immagine di background, o anche semplicemente agire sul colore delle lettere.

Natale Instagram

Date ai vostri testi un effetto tridimensionale

Non esiste una funzione specifica per aggiungere ombre ai testi e renderli, quindi, tridimensionali. Tuttavia, è possibile ottenere questo effetto attraverso qualche semplice passaggio.

instagram stories

La prima cosa da fare è scrivere una determinata parola del colore che vorremmo avesse la sua ombra (es. nero) e poi riscrivere la stessa parola in un colore differente, andando a sovrapporla alla precedente, posizionandola leggermente spostata di lato rispetto alla prima. In questo modo, il colore della parola sottostante donerà l’effetto di profondità desiderato.

LEGGI ANCHE: 5 brand da seguire per una strategia vincente con le Instagram Stories

Usate gli animated font

Sapete che è possibile animare i vostri font? Per farlo è necessario scaricarel’app Hype Type.

Dall’app è possibile fare direttamente le Instagram Stories e poi aggiungere il testo animato.

Nell’applicazione è possibile trovare diversi stili di testo animato tra cui scegliere, perciò, se non avete la possibilità di realizzare delle animazioni ad hoc per i vostri contenuti di brand, Hype Type vi offre un valido aiuto!


Creare l’effetto arcobaleno

Creare le scritte con effetto arcobaleno non richiede il download di nessuna app esterna e, di per sé, è un’operazione molto semplice, tuttavia richiede un po’ di pratica.

Una volta scritta la vostra parola /frase, selezionatela, mantenete un dito sul cursore del testo e, con l’altro dito, posizionatevi dove vedere il pallino di colore viola. A questo punto, dovrebbe essere disponibile l’intera palette colori: muovete simultaneamente le due dita, l’una sulle varie lettere e l’altra attraverso lo spettro colori. Vedrete che le lettere cambieranno man mano colore!

instagram stories

Usate con cura hashtag e localizzazione

Ora che sapete come rendere più belle e distintive le vostre Stories, parliamo anche di come renderle performanti, aumentando la reach attraverso l’uso degli hashtag.

Come saprete, è fondamentale inserire hashtag, tag o location all’interno delle vostre storie, per renderle visibili anche a chi non fa parte della vostra cerchia di follower.

Tuttavia, non è consigliato inquinare visivamente i propri contenuti con una serie di hashtag: la soluzione è rendere gli hashtag invisibili.

Farlo è davvero molto semplice: basta inserire l’elenco di hashtag all’interno del contenuto sotto forma di testo e colorarlo dello stesso colore di una parte della propria immagine di sfondo, campionandola (es. il cielo).

A questo punto, diminuendo al massimo il corpo del testo e spostando il blocco di hashtag nel punto campionato, noterete che saranno pressoché invisibili.

Nel 2019 le Instagram Stories rimarranno parte essenziale delle vostre strategie di comunicazione su Instagram, pertanto spendete del tempo a pensare a come incrementare la qualità e l’efficacia dei vostri contenuti e, soprattutto, distinguetevi - rimanendo sempre up to date sugli ultimi trend.

Via Ninja Marketing
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Di Max Da Via' (del 20/12/2018 @ 07:38:39, in Advertising, linkato 1409 volte)

Dall’8 gennaio sarà possibile targettizzare le TV connesse con campagne su YouTube.

Google ha infatti annunciato l’imminente avvio di una nuova categoria di dispositivi sull’API di AdWords: Connected TV, tramite cui sarà possibile effettuare il targeting e generare reportistica sulle campagne pianificate specificamente su questo tipo di schermi, che comprende device come smart TV, console di gioco e dispositivi esterni connessi alla rete come Chromecast, Roku e AppleTV.

La nuova categoria, che va ad aggiungersi alle già esistenti desktop, tablet e mobile, farà sì che per tutti gli annunci TrueView e bumper ads di YouTube sarà possibile automaticamente targettizzare gli spazi pubblicitari su connected TV.

Google ha iniziato a rendere disponibile il targeting delle inventory su TV connesse questo autunno, aggiungendo la tipologia di device “TV screens” alle possibilità di profilazione della piattaforma Display & Video 360 (ex DoubleClick Bid Manager) ad ottobre. Adesso, l’arrivo sulla API di AdWords.

Per quanto YouTube oggi sia per lo più utilizzato da mobile, l’accesso alla piattaforma video da televisori connessi è in crescita. Secondo dati interni di YouTube di giugno, ogni giorno l’app viene fruita su questi dispositivi per oltre 180 milioni di ore.

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Di Max Da Via' (del 19/12/2018 @ 07:57:37, in Social Networks, linkato 1324 volte)

Facebook Watch, la Tv di Zuckerberg che prova a battere YouTube, arriva in Italia e in tutti i paesi del modo, dopo un anno di sperimentazione (visibile da desktop, mobile e Facebook Lite). 
I dati mostrano che già 400 milioni di persone visitano ogni mese la nuova sezione e 75 milioni lo fanno ogni giorno, rimanendo a guardare video per 25 minuti. 
Il social network ha anche annunciato la disponibilità globale di Ad Break, un formato pubblicitario di inserzioni nei video da 15 secondi, che dovrebbe permettere agli inserzionisti di pianificare i propri spot pubblicitari e ai creator di monetizzare i propri sforzi. 

Mentre in UK/US sono già disponibili i primi prodotti professionali chiamati Facebook Watch Originals (Five Points, Huda Boss, Sorry for Your Loss, Sacred Lies, Confetti, Red Table Talk), in Italia accedendo alla sezione Watch si vedrà una semplice lista di video pescati dalle pagine alle quali si è iscritto l’utente e anche da altre secondo un criterio di engagement ottenuto. 
Facebook sicuramente nel 2019 investirà molto nella creazione di contenuti originali in altri paesi, nell’offerta di opportunità di monetizzazione per i creator (per rubarli alla concorrenza) e di sponsorizzazione per i brand, ma la strada per diventare lo YouTube-Killer è ancora tutta in salita.

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