Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il numero uno delle aste online eBay ha fornito nella notte stime deludenti: il business risente di una frenata generale dei consumi che continuerà nel 2009, ha avvertito, deprimendo il titolo nel dopo borsa. Il gruppo internet, cui fanno capo i servizi di pagamento online PayPal e quello di chiamate Skype ha ridotto le previsioni di ricavi per l'esercizio a 8,53-8,68 miliardi di dollari, sotto la stima precedente di 8,8-9,05 miliardi.
Nel quarto trimestre, tradizionalmente il più robusto grazie alle vendite legate alle feste natalizie, gli utili sono attesi a 39-41 cent per azione, una stima inferiore a quella di Wall Street di 47 cent che darebbe un risultato più basso di quello dell'anno scorso.
Via Quo Media
L’e-mail marketing stenta a decollare. Colpa della legge sulla privacy e di poca cultura. Il punto da uno dei maggiori esperti del settore.
L’insopportabile boing che accompagna l’arrivo di decine di messaggi di posta indesiderati stimola in noi un riflesso quasi pavloviano. Di ciò è vittima un settore del marketing che in molti paesi è invece un volano del successo delle imprese, soprattutto in alcuni settori: l’e-mail marketing. In Italia la situazione è resa complessa dalla legge sulla privacy che tutela fortemente i dati personali, e quindi li rende indisponibili per chi opera nel settore. Il risultato è che avendo scarsa profilazione si massificano gli invii ottenendo un disastroso effetto spamming.
Ma soprattutto manca la cultura di questo mezzo. Pochi libri, scarsi incontri divulgativi dedicati ai manager di singoli settori merceologici, atteggiamento ostile spesso anche da parte dei mezzi di informazione. Nel mondo ideale le e-mail che arrivano ci interessano tutte. Chi ce le invia sa cosa desideriamo e si fa da garante che non ci arrivino quelle che potrebbero disturbarci.
Questo l’obiettivo dei professionisti del settore che affogano in un mare frammentato di operatori che puntano solo al volume. Una situazione che non fa bene a nessuno e di cui abbiamo parlato con Gianni Lombardi, per tre anni segretario generale dello IAB, l’Interactive Advertising Bureau, per sette dell’Art Director Club, e ora consulente di internet marketing.
Lombardi, lo ammetta, che noia spesso il boing della posta. Non c’è da stupirsi che poi buttiamo via le cose senza leggerle. Non si abusa del mezzo? “Consideri che per l’Italia non abbiamo nemmeno dati attendibili sull’utilizzo dell’e-mail marketing. Solo l’impressione di mercato e le statistiche sul traffico, che è in costante aumento. Però dobbiamo distinguere bene e subito la differenza tra e-mail marketing e lo spamming”. Ce la spieghi. “Lo spamming si basa sulla quantità, e sul fatto che è poco costoso spedire la posta. Se mando un milione di e-mail e le risposte sono poche unità mi è convenuto ugualmente. In sostanza spedisco un messaggio a tutti gli indirizzi su cui riesco a mettere le mani. L’e-mail marketing è una vera e propria professione, usato per spedire messaggi a clienti e potenziali clienti ben identificati”.
La differenza dunque è nella conoscenza dei destinatari? “L’azienda che fa e-mail marketing registra diligentemente tutti i dati dei suoi clienti e potenziali clienti con cui entra in contatto, si fa rilasciare autorizzazione per conservarli e li usa per informarli di cose che li interessano.
Quali sono i costi? “I costi tecnici sono trascurabili, però bisogna investire in formazione delle persone che se ne occupano e nella scrittura di testi efficaci”. Poi ci sono le aziende specializzate... “In Italia per chi fa questo mestiere è difficile lavorare per via della legge sulla privacy. Quasi nessuno che gestisce o vende indirizzi è realmente in regola. Quello che si fa solitamente è noleggiare la lista ed è il proprietario della lista che lo invia”.
La qualità dei nomi e della profilazione? “In genere le liste sono di bassa qualità. Negli Stati Uniti, in Germania e in Francia il mercato è più voluto. Negli Usa ad esempio le persone si abbonano molto ai giornali e l’incrocio dei temi trattati dalle riviste a cui sono abbonati permette di avere delle profilazioni anche molto precise. In Italia questo non si può fare, perché gli abbonati sono pochi e gli editori gelosi dei dati che hanno”. Le aziende hanno le competenze per utilizzare l’e-mail marketing? “Generalmente no, manca la cultura, le opportunità sono molto sottovalutate”.
I giornali come trattano l’argomento? “In modo superficiale, è poco compreso, confuso con lo spamming. I giornali potrebbero diventare degli evangelizzatori dell’e-mail marketing e incrementare la loro base abbonati a pagamento”. Quali sono secondo lei le aziende più attive nel settore? “E’ un mercato molto frazionato, nel quale operano sia aziende di e-mail marketing puro, sia banche dati o editori online. Non ci sono dei veri leader”. Meglio aziende italiane o internazionali? “La competenza internazionale è sicuramente utile perché in molti paesi sono più avanti di noi, hanno più esperienza su più mercati. Talvolta le particolarità italiane sono mitizzate. E’ vero che spesso c’è un diverso metodo di lavoro degli imprenditori, per cui bisogna sapersi adattare anche a un po’ di improvvisazione”. In quali settori è più efficace? “Ad esempio nel found raising. L’e-mail marketing credo che oggi sia il modo principale per raccogliere soldi. Questo vale un po’ per tutto il terzo settore, soggetti che in teoria sono i più lontani dal marketing e dall’orientamento commerciale. Ma in realtà tutti ne possono trarre beneficio”.
Davvero tutti? “Ci sono molti pregiudizi. L’e-mail marketing viene visto da tanti imprenditori come l’arte del fumo e dell’inganno. Invece è la scienza di comunicare in modo efficace i vantaggi del proprio prodotto o servizio al mercato, indispensabile per chiunque”.
Per chi vuole studiare e imparare tutto sull’e-mail marketing cosa suggerisce? “Oltre ai miei libri segnalo un volume intitolato proprio “E-mail marketing” che è appena uscito, molto aggiornato, scritto da Rioberto Ghislandi”. Per formarsi attraverso convegni, eventi? Al prossimo Iab di Milano ci saranno delle sessioni su questo tema. Sarà un momento di confronto importante. Poi ci sono eventi più occasionali distribuiti sul territorio”.
Via Quo Media
Ma di che cosa parliamo sui blog? L'impressione che ho è che una vasta parte del contenuto proposto sui vari blog non sia che una riproposizione di materiale pubblicato da altri blog, che a loro volta l'hanno preso da altri blog che a loro volta...
Questo fenomeno metacomunicativo (e metà copia incolla), da' da pensare.
Si tratta di fenomeni di amplificazione, che permettono ad un contenuto "buono" di essere ripreso e ridiffuso oltre i limiti del singolo mezzo / testata... si tratta di un fenomeno di scarsa fantasia e creatività, si tratta di appropriarsi del contenuto di altri per generare pageviews e quindi income pubblicitarie...
Si tratta di un po' di tutto questo ed è un fenomeno che mi fa riflettere anche rispetto al mio, di blog , dove anch'io riprendo content da terze parti, anzi, la ripresa costituisce forse la maggior parte del contenuto. Ma quello che cerco sempre di fare è riprendere e commentare, dare valore aggiunto, addizionare un contributo originale.
Ad ogni modo, il fenomeno non è strettamente legato solo ai blog o ai siti; arriva anche sui media tradizionali, in un circolo che porta il content dall'on all'off o dall'off ad un altro offline.
Cito infatto la notizia, a titolo di esempio, del lancio di una nuova testata-"Distill", un bimestrale londinese che raccoglie il meglio (ovviamente....) del materiale pubblicato da riviste di moda anche di nicchia e di limitata circolazione, per raccogliere in un unico punto un'informazione dispersa in rivoletti in mille parti del mondo, con (ovviamente) il tentativo di dare un valore aggiunto rispetto alla semplice antologia, attraverso commenti di autorevoli opinionisti.
Insomma, anche sulla carta, stiamo mungendo il content, cercando di ottenere dal nostro ma sopratutto da quello degli altri la massima monetizzazione. Da un certo punto di vista criticabile ma, d'altra parte, bisogna ammettere che con tutto il content disperso e quindi difficilmente scopribile / raggiungibile, una certa collazione ed amplificazione puo' avere il suo senso...
Un noto slogan di qualche tempo fa – «Time is what you make of it» (Il tempo è rappresentato da ciò che ne si fa) – si adatta molto bene alla realtà di Facebook, il social network di cui gli italiani sembrano oggi essersi innamorati. In poco più di sette settimane gli iscritti sono triplicati e si avviano in queste ore a superare i due milioni, con circa 35mila nuove registrazioni al giorno. Numeri non ancora straordinari, se paragonati con altre community già consolidate come Virgilio, Libero o MySpace, ma indicativi di un nuovo modo di vivere internet, da protagonisti.
Considerando le fasce d'età rappresentate, con una lieve predominanza giovanile in via di dissolvimento, e il profilo professionale, Facebook è quanto di più trasversale visto finora. Con un ritardo imputabile alla non conoscenza delle lingue straniere – Facebook italiano è arrivato solo la primavera scorsa – e alla scarsa dimestichezza con le tecnologie, gli italiani sono risaliti così al decimo posto nella classifica globale dei Paesi più attivi, molto lontani però dai cugini francesi, già oltre i quattro milioni.
La novità sostanziale del fenomeno è l'arrivo sulle piattaforme di social networking di centinaia di migliaia di persone, mai iscritte prima a simili servizi, in larga parte a digiuno di blog e Web 2.0. Un passaparola intergenerazionale che ha innescato un circolo virtuoso, stuzzicando l'interesse dei media, già colpiti dai numeri di Facebook – globalmente il network ha oltre 110 milioni di membri – e dalle sue potenzialità economiche: circa un anno fa Microsoft attribuì al l'azienda un valore di 15 miliardi di dollari.
Grazie a un restyling lanciato negli ultimi mesi, con una interfaccia immediata, ancor più semplice da usare, Facebook è l'ambiente ideale in cui chiunque può riallacciare contatti lontani nel tempo – non è così insolito essere tirati dentro da compagni di scuola o dell'università – e replicare la propria rete sociale, con cui si passano fine settimana e tempo libero. Niente a che vedere con i mondi virtuali e l'isolamento sociale – presunto – di cui internet sarebbe responsabile: per trarne i maggiori benefici, Facebook invita gli utenti a iscriversi con il proprio vero nome, riducendo l'anonimato e i suoi effetti a percentuali irrilevanti.
Rispetto a network quali Badoo, in cui la componente dominante è costituita dallo stringere nuove relazioni tra sconosciuti – come sostiene Fabio Giglietto, Università di Urbino, in una ricerca presentata recentemente alla conferenze IR 9.0 a Copenhagen – su Facebook si rintracciano vecchi amici e se ne attivano di nuovi, per promuovere attività comuni dentro e fuori la rete. Un ambiente abilitante quindi, in cui l'organizzazione di movimenti informali, di protesta, come i ricercatori precari riuniti sotto il gruppo PrecaRicerca, o di informazione, gode di un livello di accesso elementare. Elisa Delaini racconta il suo "sdoppiamento di personalità": da un lato lo strumento le permette di aggiornare gli amici con nuove foto – Facebook dichiara di ospitarne 10 miliardi (!) – e dall'altro di promuovere la propria attività professionale.
Il confine tra pubblico e privato diventa labile e, senza un uso consapevole, l'effetto può essere dirompente. Alcuni utenti più evoluti hanno cominciato a dichiarare proprie regole per l'accettazione di nuovi amici. Simone Tornabene ne individua due categorie: i conservatori, attenti a replicare la propria rete online senza ulteriori aggiunte, e i progressisti, aperti a nuovi contatti in un'ottica di integrazione tra mondo online e offline. La diffusione di informazioni strettamente personali o la pubblicazione di immagini compromettenti, senza un settaggio adeguato dei livelli di privacy, può raggiungere chi meno te l'aspetti: efficace in tal senso la recente decisione dei Garanti della privacy europei di chiedere ai gestori di rendere invisibili i profili ai motori di ricerca, salvo diversa decisione degli utenti.
Superata la fase iniziale di entusiasmo prende forma una seconda fase di assestamento, se non in alcuni casi di rigetto dello strumento, a causa degli eccessivi solleciti ai quali l'utente è sottoposto e in altri casi alla dispersione di tempo che la gestione dei contatti può provocare. L'amicizia diventa inoltre una relazione dal valore mutabile: alcuni aggiungono al proprio network solo chi hanno già conosciuto personalmente, altri si aprono a qualsiasi opportunità di nuova conoscenza, senza porsi alcun problema di riservatezza. Quale l'approccio più corretto? Probabilmente la risposta cambia con il variare dell'uso dello strumento: chi lo prende seriamente, pubblicando dati sensibili, accetterà solo legami forti, a differenza di chi vuole esplorare nuovi territori, barattando informazioni personali in cambio di opportunità imprevedibili. Ciò che è più importante è mantenere il controllo di ciò che si pubblica, senza pentirsi quando è già troppo tardi. Che persino Facebook sia destinato a un rapido tramonto, terminata la crescita esponenziale, pronto a lasciare il passo alla prossima moda? L'importante, per ora, è che se ne continui a parlare. Domani, è un altro giorno.
di Luca Conti su ILSOLE24ORE.COM
I brand preferiti dai ragazzi italiani e di altri 30 paesi, illustrati nel nuovo rapporto “GLOBAL HABBO YOUTH SURVEY 2008”. Cresce il successo di Habbo, la maggiore community on-line per teenager nel mondo, nata nel 2000 in Finlandia e ora diffusa in ben 32 paesi dei cinque continenti, Italia compresa. Parallelamente al record di utenti – di recente sono stati superati i 108 milioni di iscritti nel mondo – sta aumentando anche l’interesse del mercato pubblicitario per i nuovi strumenti di advertising e di marketing che questa community mette a disposizione per la promozione di brand e prodotti. Se ne è parlato oggi a Milano in occasione del “Marke-teen 2008” , l’evento organizzato da Sulake Italia e dalla concessionaria Pixel per presentare le nuove opportunità di comunicazione pubblicitaria su Habbo.
In Italia, Habbo.it è presente da circa 3 anni ed oggi conta oltre 3 milioni di utenti registrati di età tra gli 11 ed i 19 anni. Gli utenti unici al mese sono oltre 410mila, con 59 milioni di impressions viste. “Habbo può essere ritenuto il pioniere dell’advertising beyond-the-banner”, ha spiegato Simonetta Lulli, regional director Southern Europe & South America di Sulake, “perché, grazie ad un ambiente virtuale coinvolgente e ricco di attività e divertimento, rappresenta un’opportunità davvero unica per instaurare con i consumatori un rapporto di dialogo one-to-one fortemente personalizzato ed efficace”. Molteplici sono le opportunità di advertising on-line offerte da Habbo: dalla creazione di stanze virtuali brandizzate al coinvolgimento degli utenti fino all’organizzazione di eventi esclusivi on-line. “Habbo conosce gusti e preferenze di milioni di teenager”, ha sottolineato Franco Denari, Marketing & Sales Manager for Italy di Sulake, “ed è in grado di anticipare nuove tendenze, generando un valore aggiunto per i brand con penetrazione e coinvolgimento del target teen”. In occasione del “Marke-teen 2008” , sono stati anche presentati i risultati del “Global Habbo Youth Survey 2008” (GHYS), un’approfondita indagine statistica sul mondo degli adolescenti realizzata on-line dalla community virtuale Habbo in ben 31 paesi dei cinque continenti. Al sondaggio, hanno preso parte esattamente 58.486 ragazzi di entrambi i sessi, provenienti da tutta l’Europa (Italia compresa) e da Stati Uniti, Canada, buona parte del Sud America, Russia, fino a Giappone, Nuova Zelanda e Australia. Uno dei risultati più evidenti è che la globalizzazione ha raggiunto anche i teenager: nel mondo, i ragazzi preferiscono infatti le stesse marche per vestirsi, frequentano gli stessi fastfood, scelgono le medesime bevande ed utilizzano gli stessi cellulari e siti web.
Leggendo i dati del rapporto “GHYS 2008” di Habbo, si scopre ad esempio che la bevanda preferita in assoluto dai teenager nel mondo è la Coca-Cola , mentre il fastfood più frequentato è indubbiamente McDonald’s. Per l’abbigliamento è in prima posizione il marchio Nike, che la fa da padrone anche nelle scarpe. Gusti simili anche per le nuove tecnologie: i ragazzi di oggi preferiscono i cellulari Nokia e Sony Ericsson, amano utilizzare gli sms per comunicare, mentre su internet frequentano principalmente YouTube e MSN Messenger. I gusti si differenziano invece in aree geografiche per quanto riguarda la musica, i personaggi vip e i programmi televisivi: nel mondo, i teenager ascoltano in particolare le canzoni dei Linkin Park e dei Tokio Hotel, sono fans di Johnny Deep e Zac Efron e seguono in tv soprattutto i Simpsons.
E i teenager italiani? Al sondaggio promosso da Habbo (che nel nostro paese è presente con la community Habbo.it), hanno partecipato 3.435 ragazzi e ragazze. Anche loro bevono soprattutto Coca-Cola, seguita da Fanta e Pepsi Cola. Il fastfood preferito è sempre McDonald’s, seguito da Spizzico e Burger King. In prima posizione nell’abbigliamento c’è Nike,
poi Dolce & Gabbana e Armani. Sempre Nike è in prima posizione per le scarpe, seguita da Converse e Adidas. La marca preferita di cellulare è Nokia, che precede Motorola e Samsung. Per quanto riguarda internet, i teenager italiani frequentano soprattutto YouTube, Google e MSN. Le band musicali preferite sono Linkin Park, Tokio Hotel e Finley, mentre i personaggi più amati sono Zac Efron, Brad Pitt e Alessandro Del Piero.
Habbo è un ambiente virtuale di gioco on-line per teenager. I giovani visitatori possono entrare in un hotel virtuale e creare gratuitamente un proprio personaggio con cui incontrare, parlare e giocare con i coetanei in un ambiente sicuro e non violento. Sorto originariamente in Finlandia, Habbo è gestito dalla multinazionale finlandese Sulake ed attualmente è presente in 32 paesi sparsi nei cinque continenti. In Italia, Habbo.it è attivo da oltre tre anni ed è gestito dalla Sulake Italia.
Via Marketing Journal
Un terzo di tutte le operazioni effettuate su internet dalle famiglie americane avvengono mentre si guarda la tv. Questo dimostra che i vecchi e i nuovi mezzi di comunicazione spesso convivono anziché essere in competizione.
A riferirlo è stata la Nielsen Company, che in una ricerca ha dimostrato che gli internauti esperti sono anche persone che guardano molta televisione: passano più di 250 minuti al giorno davanti al piccolo schermo, contro i 220 minuti di tv vista da persone che non navigano mai online.
I risultati dell'indagine sono positivi soprattutto per le emittenti, preoccupate che internet stia erodendo utenti e assieme a questi anche gli utili della pubblicità. E inoltre è stato spiegato l'apparente paradosso tra un numero crescente di spettatori tv e una sempre maggiore diffusione dei nuovi media.
Lo studio, realizzato dal servizio di misurazione dei media di Nielsen, è stato realizzato su un campione di 3.000 persone in più di 1.000 famiglie nel mese di maggio.
Via Quo Media
La European Interactive Advertising Association (Eiaa) ha promosso una ricerca per indagare l'utilizzo dei media da parte degli europei. E' emersa una crescita dell'uso di internet degli italiani pari 105% anno su anno: siamo sempre più connessi in rete. Secondo lo studio, sono 20 milioni gli italiani online ogni settimana, di cui il 39% degli utenti è in linea ogni giorno. Il tempo trascorso online dagli utenti tra i 25 e i 34 anni è di 15 ore a settimana e il 41% di tutti gli utenti della banda larga usa connessioni wireless.
In Europa, invece, salgono a 178 milioni i cittadini online ogni settimana, di cui oltre la metà (55%) è in linea ogni giorno e il 49% usa connessioni wireless. Il tempo trascorso online dai 25-34enni contribuisce alla crescita del digitale nel 2008. Il 73% degli utenti europei afferma che grazie a internet può rimanere più facilmente in contatto con amici e parenti, il 54% di essi ha prenotato più vacanze o organizzato viaggi e quasi la metà (46%) ha potuto gestire meglio le proprie finanze. Sostengono inoltre che internet ha offerto una maggiore scelta di prodotti e servizi e l'accesso a importanti risorse informative.
Stando ai dati diffusi dall'Eiaa, gli utenti europei di internet considerano i motori di ricerca la fonte più importante di informazioni quando devono cercare o valutare un prodotto o un servizio, ancora più importante delle raccomandazioni personali (66% rispetto al 64%), dimostrando un livello di fiducia crescente verso il mezzo online.
Anche i siti di confronto dei prezzi (50%) e i siti web di marche note sono considerati molto importanti (49%). Il 41% degli internauti europei ha ammesso di aver cambiato idea sul marchio che stava per acquistare dopo aver effettuato una ricerca online e la conversione in acquisto è aumentata all'87%.
In conseguenza di questa crescente fiducia, conclude lo studio, i consumatori hanno effettuato una quantità di acquisti online da record nel 2008: una media di 9,2 acquisti per persona in un periodo di sei mesi contro 7,7 nel 2007.
Via Quo Media
Sull'ormai famoso libro Wikinomics l'anno scorso si parlava del web collaborativo legato al mondo della ricerca scientifica, ebbene questa tendenza continua e si rafforza nel settore della ricerca sulle malattie rare.
Diversi casi interessanti sono stati citati da Panorama in un recente articolo.
Un esempio è il sito CollabRx, fondato dal milionario Jay Tenenbaum dopo essere sopravvissuto ad una rara forma di melanoma.
Grazie a questo spazio online il crowdfunding (la raccolta fondi fatta tramite le donazioni della gente) si è rivelato uno strumento efficace anche per la ricerca medica.
Anche in Italia la situazione si sta muovendo e, per esempio, la Federazione italiana per le malattie rare, Uniamo, sta programmando di lanciare nel prossimo aprile un sito interattivo accessibile anche ai ricercatori con lo scopo di favorire la ricerca di fondi, oltre che lo scambio di conoscenze.
Altro progetto per fare incontrare progetti e finanziamenti è Open Genius, una banca dati web dove i navigatori possono vedere i progetti in corso, finanziare quelli più interessanti e monitore i risultati degli studi sostenuti con il proprio contributo. Il sito sarà rilasciato entro l'anno.
Infine anche i social network si stanno diffondendo nel mondo scientifico italiano, molti usano già reti esistenti come Research Gate e Prometeonetwork, in più nascono nuovi progetti volti a favorire il dialogo tra mondo accademico e industria, come l'italiano Biott.
Una riprova ulteriore di come il web collaborativo stia progressivamente modificando l'approccio lavorativo di tutti i settori.
Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com
Nuovo colpo messo a segno dal sito di video sharing YouTube. Il portale, che si sta concentrando su accordi che rendano i suoi contenuti liberi da questioni legate al mancato rispetto dei diritti d'autore, offrirà agli internauti show televisivi e film integrali presi degli archivi del colosso hollywoodiano Metro-Goldwyn-Mayer.
Gli Mgm Studios avvieranno la partnership rendendo disponibili su un canale di YouTube alcuni episodi del programma American Gladiators. Su un altro canale, Mgm offrirà senza tagli film come Il Monaco e I magnifici sette e clip di film popolari come Una bionda in carriera. La fruizione delle pellicole sarà totalmente gratuita e finanziata dai messaggi pubblicitari a esse collegati.
Qualche settimana fa YouTube ha stretto un'alleanza con la Rai, per diffondere online una selezione della produzione della televisione di stato. L'accordo è stato stretto attraverso RaiNet e ha segnato la nuova strategia editoriale del sito, volta a massimizzare la distribuzione e monetizzazione di contenuti mediante collaborazioni e condivisione dei guadagni con partner chiave. Ogni settimana RaiNet carica dei contenuti sul proprio branded Channel YouTube, http://it.youtube.com/rai.
Rai si aggiunge ai molti altri partner di YouTube che hanno adottato questo strumento, tra cui CBS, Lionsgate, Electronic Arts, Sony BMG Europe e AFP. Grazie alla partnership con l'emittente americana CBS Corporation, su YouTube sono disponibili episodi interi di serie famose, come Star Trek, Dexter, Beverly Hills 90210, MacGyver e Californication.
A rendere YouTube un prezioso alleato, piuttosto che una pericolosa piattaforma pirata, di emittenti e case di produzione è la tecnologia VideoID. La soluzione permette di gestire e proteggere i propri contenuti sul sito e consente ai titolari dei diritti di controllarli e stabilire se ottenerne ricavi tramite la pubblicità, rimuoverli o semplicemente monitorarli.
Quo Media
Riprendo, con i dovuti aggiornamenti, un mio articolo di diversi anni fa sui blog e le community come strumenti di marketing, argomento che credo possa essere ancora molto "caldo". Non mi riferisco qui alle brand community promosse dalle aziende ma all'utilizzo di quelle "neutre" già presenti sulla rete.
Questi strumenti possono essere utili all'uomo di marketing? Sicuramente sì.
Questi siti infatti sono una miniera di informazioni sui trend del settore e sulle esigenze dei relativi consumatori, che si scambiano impressioni ed esperienze sulle aziende e sui prodotti.
Inoltre gli utenti di Internet tendenzialmente sono pigri (nonostante gli strumenti offerti dal web 2.0 stiano infuenzando questo trend) e non sono molto propensi ad impegnarsi durante la navigazione, dunque quelli che frequentano attivamente le community ed aprono i blog rappresentano gli esponenti più vivaci e, spesso, avanzati, del relativo segmento d'interesse, soggetti altrimenti difficili da individuare all'interno dell'intero insieme dei consumatori.
Infine negli ultimi anni diverse software house hanno sviluppato motori intelligenti di ricerca e monitoraggio di che cosa si dice di un brand in rete, in grado di recuperare soprattutto topic dei forum e post dei blog che sarebbero impossibili da reperire altrimenti.
- http://www.alfemminile.com/, importante e vivace community rivolta alle donne
Gli spazi dunque sono notevoli ma occorre molta attenzione. Ecco allora alcuni consigli.
Primo: in caso di partecipazione dell'azienda alla community bisogna usare i linguaggi giusti, che di fatto variano a seconda del tipo di comunità, occorre quindi una buona sensibilità linguistica e la conoscenza dei codici semantici della Rete per poter trovare davvero un valido riscontro negli utenti.
Secondo, onestà e trasparenza: se si interviene nella community, ad esempio per contestare una diffamazione, lo si deve fare presentandosi come azienda, meglio se con nome, cognome e ruolo ricoperti.. Cercare di influenzare in modo forte la Community o il Blog senza "dichiararsi" può essere davvero controproducente, perché gli utenti possono scoprire l'inganno e le notizie sulla Rete viaggiano molto velocemente, per cui l'immagine di un'azienda, anche grande, può ricevere colpi durissimi.
Terzo: si può fare pubblicità tabellare sulle Community e sui blog senza problemi (a patto di non essere troppo invasivi), tuttavia i migliori strumenti restano concorsi, sondaggi e quiz, più partecipativi per l'utente e più ricchi d'informazioni per l'impresa.
In sostanza dunque il web resta una miniera incredibile di informazioni, che vanno però usate con intelligenza e trasparenza, nel pieno rispetto degli utenti.
Altro è poi costruire una relazione, ma di questo magari palerò in un prossimo post.
Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com
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