Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il recentissimo DoubleClick's quarterly e-mail marketing report non lascia dubbi: nel secondo trimestre del 2005 la percentuale di apertura di e-mail di marketing di poco superiore al 27%, e conferma una chiara tendenza la ribasso che era già stata evidenziata nei mesi precedenti.
Ma quali possono essere i motivi di questo tracollo? In parte la riduzione può essere attribuita all’utilizzo in molte aziende di applicativi per la lettura della posta elettronica in grado di bloccare le immagini, e che determinano una riduzione del dati statistici disponibili. L’uso di immagini molto piccole permette infatti il tracking delle risposte da parte dei destinatari.
I sistemi di posta descritti, inoltre, bloccando le immagini e spostando la formattazione rendono spesso l’email quasi illeggibile. Utilizzando Lotus Notes da quasi tre anni ormai posso dirlo con assoluta certezza (e numerose aziende hanno questa soluzione).
A parziale compensazione di questo andamento negativo Il click-to-purchase conversion rate è cresciuto dal Q2 2004 del 27,8% (da 3,6 % al 4,6% del Q2 2005), anche se fatturato associabile alla singola e-mail è al palo dal 2004, e si attesta a 0,20 centesimi di dollaro.
Secondo DoubleClick in questo caso la colpa non è però dello strumento ma del momento economico difficile, in quanto l'acquisto medio derivante da un’email promozionale è anch’esso sceso nel periodo considerato.
Il Marketing non è certo una disciplina statica e per sua natura evolve continuamente per far fronte ai cambiamenti del consumo e dell'economia.
Qualche volta però deve fare un passo indietro e recuperare qualcosa che sembra appartenere al passato per affrontare il futuro.
E' il caso del Buzz Marketing o Viral Marketing, niente altro che la sublimazione tecnica del passaparola, semplice, economico e convincente, basato sulla forza degli opinion leaders, persone dotate di carisma che riescono ad influenzare il comportamento e le idee di un gran numero di individui.
Non è certo di oggi la scoperta della loro influenza, Paul Lazarsfeld ne aveva individuato l'importanza parecchi anni orsono (1940-1960) teorizzando, in quel caso per le elezioni americane, il “Two steps flow of communication”, ossia il flusso di comunicazione a due stadi.
In breve Lazarsfeld aveva notato che gli elettori ricevevano informazioni sia direttamente dai media e dai candidati, sia da mediatori (gli opinion leaders) che riportavano, commentando e analizzando, notizie e dati appresi da altri.
Il ruolo di questi mediatori (non semplici trasmettitori ma veri e propri filtri che rielaborano l'informazione) e la loro influenza avevano un peso notevolissimo.
C'è chi allora ha iniziato ad applicare questi principi a una precisa strategia, ad esempio la società americana BzzAgent, che detiene un esercito di “apostoli” del brand più o meno stimabile in 100 mila adepti.
Mode? Può essere ma di fatto l'azienda nel suo portafoglio clienti ha già nomi come Coca-Cola, Estée Lauder, Lee Jeans, Kelloggs, Ralph Lauren e altri.
E la Procter&Gamble disporrebbe, secondo Panorama, di 250 mila giovani leader d'opinione che promuovono i suoi tanti prodotti.
Diversi guru del marketing USA, come Seth Godin e Malcolm Gladwell, si sono pronunciati con interesse sul tema, dato che il suggerimento e il passaparola tra amici, parenti e conoscenti è da sempre il motore delle mode.
La conoscenza e l'interesse per un bene cresce fino a raggiungere il tipping point di cui parla Gladwell in un suo libro recente, il punto oltre il quale il fenomeno decolla e contagia masse enormi di individui.
Il punto più delicato sta nel convincere le persone a diventare veicoli del contagio (di solito avviene gratis), infatti esse nel dare un consiglio a qualcuno del proprio gruppo di riferimento si giocano in parte nome e attendibilità, perché dunque dovrebbero farlo?
Normalmente è un fatto d'immagine, dunque un ritorno di tipo intangibile legato al rafforzamento della propria leadership in fatto di opinioni e al propri prestigio sociale nel gruppo.
Questo comporta anche una maggiore attenzione nel svolgere il proprio compito perché più si diventa influenti e più una brutta figura o un suggerimento sbagliato diventano pesanti.
Qualche benfit tangibile poi viene da campioni omaggio e altri piccoli regali/gadget, ma in effetti è l'aspetto immateriale a farla da padrone nella motivazione.
Quanto costa tutto ciò in termini economici? Per ora relativamente poco, visto che si tratta di una materia ancora in evoluzione e che i costi per la gestione degli opinion leaders sono pressoché nulli, una campagna tipo con la Bzz Agent viene a costare grossomodo 100mila dollari.
I costi di fatto sono uno degli elementi di forza del viral marketing ma anche i risultati in termini di efficacia non sono da buttare.
Con espedienti di Buzz Marketing Penguin ha venduto tirature record di romanzi di autori sconosciuti, le salsicce Al Fresco hanno raddoppiato le loro vendite, Hasbro e Lego sono riusciti a far diventare popolari dei giochi fra i bambini prima ancora che fossero lanciati sul mercato e la già citata Procter&Gamble ha fatto lo stesso con le Pringles in Italia.
Alla base del successo però ci deve sempre essere un'idea valida per spingere l'opinion leader a farsi carico, di fatto spontaneamente, del suo ruolo di “untore” del brand.
Altrimenti detto: non sempre funziona.
Iniziative come se porti un amico ti faccio uno sconto non sono vero viral marketing (ma sales promotion), occorre che le persone siano realmente coinvolte per spingere avanti il prodotto, anche senza niente in cambio.
Ci vogliono individui legati al prodotto da interessi personali e appartenenza sociale, l'oggetto da pubblicizzare deve avere davvero qualcosa di innovativo e altrettanto deve esserlo il modo di presentarlo.
E bisogna sapere osare, avendo alle spalle un brand forte.
GIANLUIGI ZARANTONELLO
LINK UTILI E BIBLIOGRAFIA WEB DELL'ARTICOLO
http://www.bzzagent.com/
http://www.permission.com/
http://www.gladwell.com/
http://www.sethgodin.com/
http://www.percheinternet.it/autoformazione/viral-marketing.html
http://www.buzzmarketing.com/
http://www.undicom.it/ (link completo >>)
Ecco le tariffe per organizzare un esproprio proletario in qualche punto vendita di proprietà:
Offerta base
esproprio tradizionale con volantinaggio, striscione e megafonata sul caro vita con un centinaio di manifestanti
costo: fino a 5.000 euro in merce (più 20% spese di produzione)
Offerta de luxe
esproprio con processione della statua di San Precario, almeno due striscioni coreografici e oltre duecento manifestanti
costo: oltre 5.000 euro in merce (più 25% spese di produzione)
Offerta elite
esproprio con processione della statua di San Precario, soluzioni pirotecniche e presenza di almeno un leader no-global
costo: oltre 10.000 euro in merce (più 30% spese di produzione)
Queste sono le tariffe pubblicate sul sito di espropriproletari.com, un sito che applica in maniera non convenzionale alcuni principi di guerrilla marketing. Il funzionamente è decisamente semplice: il committente (proprietario del punto vendita, si spera), paga questa società per organizzare un cosiddetto esproprio proletario. Un certo numero di persone quindi, il cui totale varia in funzione della tariffa concordata, farà un vero e proprio esproprio nel punto vendita da voi segnalato, rubandovi la merce.
A questo punto qualcuno potrebbe legittimamente chiedersi perché pagare per farsi svaligiare il negozio…
La risposta è nascosta tra le righe delle Faq del sito: tramite un accurato lavoro dell’ufficio stampa infatti, i media saranno prontamente allertati di quanto sta per succedere (ovviamente senza sapere che si tratta di un esproprio organizzato), e assicureranno una buona copertura mediatica dell’evento.
Di Eli (del 17/10/2005 @ 07:39:24, in Marketing, linkato 1912 volte)
Notizia non molto recente ma sicuramente interessante: per festeggiare la vittoria del campionato NBA ad opera dei dei San Antonio Spurs la Nike ha deciso di fare un'operazione di marketing decisamente non convenzionale.La copia parigina della Statua della Libertà, che si trova su un'isolotto nella Senna, è stata vestita con una copia esatta della maglia di Tony Parker, giocatore simbolo della squadra.L'operazione non era stata autorizzata, e di conseguenza pompieri e polizia sono intervenuti per liberare la statua, con un'interevento che è durato ore sotto lo sguardo di una folla divertita.La foto ha fatto il giro del mondo,offrendo un'ottima visibilità alla Nike. Qualche altro monumento potrebbe improvvisamente ritrovarsi con un capo d'abbigliamento firmato?
Il marketing negli ultimi anni sta (ri)scoprendo il valore degli elementi affettivi ed irrazionali che caratterizzano il consumo, in una società dove cresce sempre di più l'importanza della componente immateriale dei prodotti (Shostack, 1982; Grandinetti, 2002), al punto che Codeluppi (1992) afferma che "quando ci nutriamo di cibo, ci nutriamo anche di segni e simboli."
In un contesto simile anche l'esperienza del consumo, in sé e non rispetto al bene o al servizio acquistato, assume un valore di tipo economico, a patto che essa sia realmente significativa e rilevante per il consumatore. Un esempio classico della capacità di vendere un'esperienza è data dai parchi di divertimento tematici, che hanno come capostipite storico la Disney, dove il consumatore si immerge in un mondo unico e diverso da quello della realtà quotidiana. Un altro caso può essere quello di uno dei caffè di Piazza S.Marco a Venezia o dei bar della Piazzetta di Capri, dove il costo elevato della consumazione include anche, e soprattutto, il contesto in cui essa avviene e le sensazione che suscita nel cliente. In tutti questi casi ad essere venduto non è tanto un bene o servizio ma un'esperienza.
Questo non vuol dire però che la via dell'experience economy sia preclusa anche ai produttori di beni di largo consumo: un altro esempio infatti è Mc Donald's, dove è il locale, il servizio e gli elementi accessori costituiscono parte integrante del prodotto, inteso come valenza tangibile, venduto. Pine e Gilmore (2000) per questo consigliano alle imprese di "esperenziale il prodotto" (ing the thing), in modo che il consumatore attribuisca un valore all'esperienza nel suo complesso, che verrà ricompensata attraverso un premium price.
La via più semplice può essere quella di realizzare esperienze significative sul punto vendita, attraverso gli strumenti del marketing emozionale e esperenziale, rendendo l'acquisto una parte integrante del benefit offerto dal prodotto. Infatti i valori dell'esperienza trasformano il luogo di vendita in un palcoscenico, gli acquirenti in ospiti (attori e spettatori), la fornitura in un'abitudine, la sorgente della domanda nel ricordo di una sensazione, il venditore in un regista di teatro.
Tuttavia le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie in termini di profilazione degli utenti permettono di individuare i bisogni e le potenzialità dei singoli clienti, e dunque l'offerta di servizi post vendita e di assistenza. L'esperienza cui si riferiscono infatti gli autori è un qualsiasi evento memorabile che impegni sul piano personale il consumatore nell'atto stesso del consumo e sono proprio le esperienze a realizzare la personalizzazione del prodotto e quindi a farne aumentare la desiderabilità.
E dunque l'unico limite è la fantasia dell'impresa.
Bibliografia essenziale CODELUPPI V.(1992), I consumatori. Storia, tendenze, modelli, Franco Angeli, Milano GRANDINETTI R. (2002), Concetti e Strumenti di Marketing, Etas, Milano PINE, B. J II, GILMORE, J. H., (2000), L'economia delle esperienze. Oltre il servizio, Etas , Milano. SHOSTACK G.L. (1982), "How to design a service", European Journal of Marketing, n.1
Gianluigi Zarantonello
Bella iniziativa di marketing della Heineken che, in collaborazione con MTV, organizza per la notte di Halloween la "Heineken Halloween Night" in oltre 1.400 locali italiani, creando nello stesso tempo il più grande circuito italiano di feste e celebrazioni dedicato alla notte delle streghe.Grande visibilità per il marchio, una campagna di comunicazione spiritosa e un sito internet con varie animazioni dedicato all'evento. Dalla home page è infatti possibile intraprendere un cammino a tema, il cui finale è riservato solo ai più "coraggiosi".
Stando alle ultime dichiarazioni dell'amministratore delegato di Ryanair Micheal O'Learly ( nella foto visibilmente contento dell'andamento del suo operato), nel giro di pochi anni la società potrebbe far viaggiare gratis tutti i suoi clienti grazie agli introiti provenienti dalla imminente introduzione del casinò di bordo. Visti i guadagni provenienti da alcuni servizi secondari come il nolo auto o la prenotazione di alberghi, nel 2004 la società irlandese ha già potuto regalare un quarto dei suoi posti; ma per gli addetti ai lavori la trovata del gioco d'azzardo sembra essere quella della svolta. A breve quindi verrà presentato il partner che conferirà il proprio servizio a pagamento di scommesse sui voli Ryanair. E' evidente che se si riuscisse a sostituire il prezzo del biglietto con un'altra fonte di finanziamento sarebbe un ennesimo duro colpo per tutte le altre compagnie, low cost comprese. Si azzererebbe così il costo di un servizio che tradizionalmente non è sempre stato accessibile a tutti, con conseguenze potenzialmente sorprendenti sul mercato intero.
Intanto però per far capire ai propri clienti quanto sarà piacevole volare gratis e forse anche per ribadire che al contrario delle compagnie trdizionali il settore del low-cost sta in ottima forma(cresce del 40%), è in atto una promozione che regala 500.000 posti anche dall'Italia se si prenota entro il 09.11.2005 e per un periodo(non festivo) che arriva fino al 02.02.2006.
E quindi continua l'autopepetuarsi di quel processo a catena che stiamo vivendo. Mi spiego. Si dice che essendo il mondo una sfera, tutto prima o poi ritorna. In tutti i sensi. Lo vediamo in molti ambiti psico-sociali: dalla moda ai vizi, dalla musica agli usi e costumi. Ora tra i pubblicitari sta tornando di moda il vecchio "prova e compra".
Oggi si chiama TRYVERTISING: ovvero l'unione delle due parole anglosassoni TRY (prova) + ADVERTISING (pubblicità). Siamo oramai ampiamente abituati ai campioncini in profumeria, al caffè al supermercato; la rivoluzione sta nel fatto che questa politica di sperimentare prima di acquistare la si può applicare agli ambiti più disparati.
L'IKEA ad esempio ha arredato le 60 camere di un hotel della catena alberghiera Etap in Germania, facendo in modo che i turisti possano acquistare tutto ciò di "vendibile" presente in camera. La catena alberghiera Ritz-Carlton ha stipulato una joint venture con la Mercedes-Benz in base alla quale il cliente che alloggia in suite può avere a completa disposizione una Mercedes ultimo modello. Il settore dei viaggi e delle vacanze è un territorio interessantissimo per questo nuovo tipo di pubblicità; al punto che negli USA è nata una agenzia, la Vacation Connections, specializzata nel promuovere e provare all'interno dei villaggi vacanze o sulle navi da crociera. Si unisce la pubblicità all'esperienza diretta, si da la possibilità all'utente di provare una brand experience prima di acquistare il prodotto stesso. "si entra direttamente nell'ambito del toccar con mano a differenza della pubblicità tradizionale che si basa su messaggi scritti e su visual" afferma Reinier Evers fondatore di trendwatching.com Aeroporti, coffee shops e biblioteche ambienti dove l'audience è "predisposta" e ricettiva potranno diventare ottimi market place per le aziende interessate.
La promozione attraverso testimonial è oramai preistoria, soppiantata dal "qui ed ora", dallo sperimentare il prodotto che si desidera; è questa la nuova tecnica di vendita in un mondo dove la comunicazione smette di essere generalista, ma si focalizza su target ben definiti dai marketers.[fonte Marketing-adv]
Per molte persone essere sempre alla moda è una questione della massima importanza, al punto da avere bisogno di consulenze specialistiche di uno stilista quasi quitidiane.La catena di abbigliamento inglese Topshop sta per offrire ai propri clienti un servizio di consulenza personalizzato tramite cellulare. Attraverso sms e mms gli utenti potranno interagire con gli stilisti dell’azienda, fissando appuntamenti ma anche ricevendo consigli quotidiani per migliorare il look.Sempre attraverso i messaggini potranno inoltre ricevere fotografie dei vestiti più cool del momento e prenotare direttamente alcuni capi d’abbigliamento disponibili nei negozi della catena.Con questa operazione Topshop raggiunge due obiettivi. Prima di tutto fidelizza una clientela giovane e modaiola offrendo un servizio aggiuntivo senza enormi costi, salvo quelli di invio dei messaggio, e può utilizzare le informazioni che riceve, anche in termini di consulenze, per capire meglio i gusti dei propri utenti. In secondo luogo si assicura la possibilità di segnalare tempestivamente i capi d’abbigliamento sui quali desidera puntare o che comunque vuole promuovere. La possibilità di prenotarli direttamente via telefono può incrementare l’interesse e quindi le vendite.Il rischio è legato alla possibilità di copiare facilmente l’idea da parte dei concorrenti se l’iniziativa dovesse rivelarsi un successo, oltre ai costi che potrebbero derivare dal gestire migliaia di messaggi al giorno, sia per quanto riguarda la loro lettura e i relativi consigli che per l’invio vero e proprio.Idea originale comunque, staremo a vedere se prenderà piede anche da noi.
Nella vita di tutti i giorni sappiamo bene quanto è importante fare una buona impressione al primo incontro, anche perché in caso contrario poi sarà difficile risalire la china.
Di questo semplice principio invece molto spesso si dimenticano le azienda quando danno i nomi ai loro prodotti, e fanno molto male.
Il nome di un prodotto infatti dovrebbe essere qualcosa di più di un semplice modo per distinguerlo dagli altri, ed invece è un biglietto da visita del marchio nei confronti del consumatore.
La marca moderna è un asset molto più complesso di un semplice logo, è una rete d'associazioni mentali e d'atteggiamenti, che si viene a costruire nel consumatore a partire dagli stimoli che gli giungono nelle interazioni con il prodotto e con il brand.
E uno dei primi stimoli è proprio il nome del prodotto, che deve essere dunque coerente con l'immaginario complessivo di marca.
Questo porta a dire subito una cosa: il naming non è solamente un esercizio creativo.
Nel naming devono entrare valutazioni strategiche sia sul breve sia sul medio-lungo periodo, in grado di gestire allargamenti della gamma, evoluzione del marcato e fenomeni d'obsolescenza del nome.
A livello d'immagine poi bisogna considerare i possibili significati che il nome scelto assume in altre lingue, per evitare effetti cross-cultural che possono essere assolutamente comici (tranne che per chi commercializza quel prodotto).
Inoltre i rischi connessi ad una cattiva gestione del naming non sono esenti da implicazioni legali: si può incappare in cause anche significative con altri marchi, specie esteri, che utilizzano gli stessi nomi e, viste le carenze della legislazione vigente, gli esiti sono piuttosto difficili da prevedere.
A livello gestionale poi non bisogna dimenticarsi che i prodotti e le attività aziendali non possono essere scollegati tra loro se sono raccolte sotto un unico brand e dunque è bene trovare un'architettura efficace per gestire il naming, per evitare poi di dover rimediare a lancio avvenuto, con tutti i problemi del caso.
Un aspetto poi di sicuro interesse è anche dato dai costi, che non sono poi particolarmente elevati, soprattutto a fronte dei benefici e del ritorno sul piano complessivo di comunicazione.
Di conseguenza quello del naming può essere un ottimo modo di costruire l'immaginario di marca per le piccole aziende.
Per concludere uno spunto di riflessione: in Italia abbiamo una lunga serie di tradizioni manifatturiere, soprattutto in settori d'alta gamma, se queste aziende riusciranno a crearsi un posizionamento fondato sulla loro storia e sul background del territorio questa potrà essere una risorsa difficilmente attaccabile dagli imitatori.
E per riuscire in quest'operazione un ottimo punto di partenza è proprio un'intelligente politica di naming.
Gianluigi Zarantonello
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