Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il sito di video sharing YouTube, solito ospitare dalle clip autoprodotte dagli utenti a frammenti di film memorabili, registra un’insolita e stupefacente presenza, quella di video distribuiti niente popò di meno che dalla camera alta del Parlamento di Sua Maestà britannica. La camera dei Lord ha diffuso su YouTube alcuni filmati per spiegare il suo funzionamento e svecchiare la propria immagine. “I video che abbiamo caricato sul canale di YouTube riflettono la varietà e l'esperienza della House of Lords e la sua importanza per i cittadini più giovani. Speriamo che ci possano aiutare nello sfatare gli stereotipi che definiscono i membri della camera alta come fuori dal tempo” ha dichiarato Helene Hayman, primo speaker dell'istituzione britannica. La scelta di utilizzare YouTube e non i tradizionali canali televisivi è stata dettata dalla volontà di raggiungere le generazioni più giovani, che preferiscono i filmati online al tradizionale mezzo televisivo. Guardando i filmati, gli utenti potranno compiere dei veri e propri tour virtuali attraverso le antiche sale del Parlamento britannico. I video, prodotti da Agile Films con la cifra di 10.000 dollari, sono ospitati sul canale UKParliament di YouTube, sezione finora utilizzata scarsamente e senza un progetto coerente e organizzato.
Via Quo Media
Sony, dopo aver vinto la guerra dell'alta definizione incoronando il Blu-ray come formato vincitore in Hd, vuole sfruttare questa supremazia sui concorrenti, per lanciare la sfida a itunes di Apple. Apple ha reso l'iPod il player digitale ubiquo, usurpando il dominio di Sony nel mercato dei walkman. Ora Sony sfida iTunes nella distribuzione digitale: il CEO Howard Stringer ha spiegato che Sony rilascerà prima i film in formato digitale e poi in Dvd. Una rivoluzione per il mercato dei contenuti digitali. Il servizio anti iTunes è previsto entro l'estate. PlayStation 3 e le Tv Bravia si collegheranno via Internet per vedere i nuovi film per l'home video in streaming, senza passare prima dal Dvd. Meno Blu-ray, ma più Ps3 e Tv digitali: questa sembra la nuova strategia Sony.
Via Quo Media
Il linguaggio, importante, lo è sempre stato. In un'era dove le informazioni sono decisamente in sovrannumero rispetto alla capacità di fruizione dei consumatori/utenti saper comunicare bene, farsi capire e soprattutto interessare non è un'impresa da poco. Ed è lo scoglio che, stando a quando dice una recente ricerca effettuata da Forrester Research, fanno più fatica a superare i corporate blog, i siti di interscambio "culturale" creati dalle aziende per parlare di business e di prodotti. Ebbene il responso partorito dalla società di ricerca sulla base dell'osservazione di 90 siti di multinazionali che compaiono nella classifica Fortune 500 è impietoso: troppo tecnici, noiosi, scialbi (sotto il profilo della qualità dei contenuti) e incapaci di stimolare la discussione. Il motivo di così evidente insuccesso? Sembrerà paradossale (ma non lo è) ma a minare l'efficacia dei blog aziendali è la scarsa convinzione delle stesse aziende, che nel 53% dei casi li considera irrilevanti per le proprie strategie. Una sorta di vezzo, di qualcosa da fare per forza ma poco funzionale alle attività di business strategiche.
Entrando nel merito della ricerca, Forrester ha rilevato come il 70% dei blog campionati si limiti ad argomenti troppo tecnici, il 74% riceva raramente commenti e il 56% utilizzi come materiale di "ingaggio" per la discussione i comunicati stampa istituzionali. Il problema, come si diceva, non è tanto nel mezzo in sé o nelle possibili mancanze tecniche della piattaforma tecnica alla base del blog (magari povera di contributi multimediali) quanto l'atteggiamento delle aziende e degli addetti dell'area marketing in particolare, che in oltre la metà dei casi snobbano completamente il progetto. Con la conseguenza di non incentivare assolutamente la partecipazione all'attività di community da parte dei propri clienti/utenti, fornitori e partner. La pecca, rilevano gli analisti di Forrester, è in sostanza un salto culturale che ancora non è avvenuto e che non è troppo tardi affinché avvenga. I corporate blog possono quindi uscire dall'anonimato e diventare strumenti di valore a supporto del business a condizione che le aziende (e i gestori del blog in particolare) gestiscano con più efficacia il media. E cioè stimolino più adeguatamente i confronti on line, rendano i contenuti pubblicati divertenti, facili da digerire e utilizzare, creino connessioni tra gli eventi e la community e invitino le figure più carismatiche dell'azienda a prendere la parola sul blog (esortandole però a seguire le regole della comunicazione on line). Troppi luoghi comuni o un linguaggio stereotipato non sono consoni alla natura del mezzo e alle sue finalità.
I blog diventano un importante strumento di comunicazione aziendale, ma vanno utilizzati in maniera diversa da quella istituzionale e ricorrente nelle trattative commerciali. Forrester invita quindi a dare un tocco di personalità ai post, a entrare con continuità nelle discussioni che tengono banco nella blogosfera, a spiegare la posizione dell'azienda anche su temi marginali rispetto al proprio core-business, ad affrontare senza remore (con il rischio di incontrare critiche) argomenti delicati. Solo così il corporate blog può produrre ritorni che si chiamano maggiore "redemption" in Rete e migliori relazioni con clienti (e il mercato in generale) e partner. Senza andare troppo lontano, ai blog dei big dell'industria hi-tech a stelle e strisce (come Jonathan Schwartz, il Ceo di Sun Microsystems, che ha un suo blog personale in azienda (http://blogs.sun.com/jonathan/), Forrester invita a prendere esempio da quelli della Ducati (DesmoBlog, http://blog.ducati.com/) e di Gambero Rosso (Papero Giallo, http://blog.gamberorosso.it/bonilli/). Motori e buona cucina sono senz'altro un argomento più propenso a dilettare i propri interlocutori ma, dicono gli esperti, si può fare blogging bene e con profitto anche parlando di computer, software e via discorrendo simili.
di Gianni Rusconi su ILSOLE24ORE.COM
Che fai adesso? È la domanda essenziale. Una sorta di codice che attiva la comunicazione tra conoscenti. E online è diventata lo "status update". Una funzione che da tempo si diffonde sui social network. Lanciata da Twitter. Resa popolare da Facebook. Il flusso dei brevi messaggi che rispondono alla domanda «che fai adesso?» tiene insieme piccoli gruppi di amici. Diventa un'altra forma di socializzazione. È una nuova goccia nel mare delle novità? Per qualcuno è la prossima onda dell'innovazione internettara. Per altri è trascurabile. Forse è un fenomeno leggero, ma pone una domanda seria. «Internet: che fai adesso?».
Ebbene. I social network sono piattaforme che consentono alle persone di esprimere una personalità digitale e di connettersi ad altri. Se n'è parlato per le cifre astronomiche che NewsCorp ha pagato per MySpace, America Online per Bebo, la Microsoft per una piccola quota di Facebook. Centinaia di milioni di persone li usano: circa il 39% dei navigatori intervistati da Gartner in 18 paesi, tra i quali l'Italia. Si tratta di servizi che hanno conosciuto una crescita straordinaria e che ultimamente hanno dato segnali di rallentamento. Lo stesso era successo ai podcast. E ai blog. Sono fenomeni che seguono una curva logistica: partono piano, poi crescono in fretta, infine raggiungono il limite quando trovano un equilibrio nell'ambiente che li ospita. Ma ogni volta che un fenomeno rallenta, subito se ne presenta un altro che parte. Mauro Del Rio, di Buongiorno, pensa che la nuova onda sarà una sorta di "status update" pensato soprattutto per il cellulare.
Come valutare? La logica finanziaria spinge a interessarsi alle storie che promettono crescita veloce. Ma l'analisi decisiva è concentrata sulle esigenze delle persone: e quelle che contano hanno una storia di lunga durata. Solo le innovazioni vere sciolgono la contraddizione. Le innovazioni vere si mostrano nel punto in cui l'offerta tecnologica incontra ciò che la società comprende e vuole. Le persone vogliono – e comprendono l'importanza di – esprimersi e connettersi. Le loro relazioni fondamentali sono quelle di sempre e si sviluppano soprattutto nella vicinanza fisica. Lo dimostrava già un paper di David Liben-Nowell e altri, pubblicato su Pnas nel 2005: anche se le tecnologie digitali funzionano indipendentemente dalla distanza e anche se sono utili a chi voglia esplorare nuove conoscenze, gli utenti di network sociali si aggregano in cluster geograficamente precisi. D'altra parte, fino a che la società non comprende bene l'offerta tecnologica non le attribuisce grande importanza: in effetti, le persone intervistate da Gartner attribuiscono un valore relativamente basso ai social network (voto 5,74 su 10). Quasi tutti invece continuano a considerare fondamentale l'e.mail (voto 8,88). I social network sono più collegati al divertimento; la mail è un dovere necessario.
Lo status update e i social network via cellulare potrebbero essere le prossime storie di crescita se pensati e progettati come sistemi di messaggistica più ricchi, divertenti e convenienti, sdoganandoli dall'idea che li vede come sistemi per tenere blog semplificati, adatti a chi non ha tempo da perdere, ma offrendo loro la missione di contribuire alla qualità dell'intelligenza collettiva della rete. I social network possono migliorare la comunicazione online, affollata di mail inutili e di sms costosi. Ma occorre che diventino più seri senza perdere il loro carattere divertente, senza troppo spam, ma soprattutto con una buona gestione delle priorità. Questo potrebbe favorire lo sviluppo preconizzato da Julia Lin, ricercatrice di Gartner: «La sfida per i social network sarà quella di adattarli all'ambiente aziendale». Ma per restare anche coinvolgenti dovranno cambiare: «In futuro, i social network di oggi ci sembreranno arcaici» pensa Charlene Li, di Forrester Research. «Diventeranno facili da usare. Non ci chiederanno mille registrazioni. Saranno naturali come la mail».
Naturali. Perché i social network che hanno senso non nascono come progetti finanziari, ma come umili piattaforme che agevolano le relazioni tra le persone che si donano tempo e attenzione. Magari con strutture aperte e standard. Riannodando il filo con l'insieme di internet. Ma questa è un'altra storia.
di Luca De Biase su ILSOLE24ORE.COM
Lo scorso aprile è stato il mese dello storico sorpasso da parte di Facebook ai danni di MySpace, in termini di visitatori unici mondiali, ma il duello tra i due social-network per eccellenza è più che mai attivo.
I dati dell'istituto di ricerca comScore hanno evidenziato che Facebook, nato nel febbraio del 2004 da una geniale idea dello studente diciannovenne Mark Zuckenberg, ha raggiunto il più datato portale di proprietà di New Corp, che ha debuttato in rete nel novembre 2003, superando quota 100 milioni di visitatori unici in tutto il mondo.
Diversa la situazione negli Stati Uniti, che continuano a premiare MySpace con 72 milioni di visitatori unici al mese, contro i 36 milioni del social network di Zuckerberg e Moskovitz. Negli ultimi 12 mesi Facebook ha aggiunto ben 75 milioni di visitatori unici mensili, ma solamente 13 di questi erano localizzati suolo americano. Secondo una stima approssimativa, saranno necessari oltre 4 anni perché Facebook possa raggiungere il suo nemico MySpace negli States.
Quali sono le differenze e i valori aggiunti dell'una o dell'altra piattaforma che li rendono competitivi l'uno con l'altro e nei confronti dei nuovi astri nascenti del settore?
PRIVACY: si tratta della questione più spinosa per ciò che concerne il social networking in generale. Fra i due contendenti è Facebook ad aver la peggio: la sezione 'home' permette infatti di visualizzare tutti movimenti dei propri contatti e dei contatti dei propri contatti. In parole povere le informazioni personali e soprattutto le foto degli utenti, anche protette da privacy, sono visibili da tutti i contatti a essi collegati anche tramite un contatto comune e non per scelta diretta. Su MySpace è invece possibile 'chiudere' il proprio profilo e renderlo accessibile esclusivamente ai contatti autorizzati.
POPOLARITA': il sistema studiato da Facebook secondo il quale l'unico modo per visualizzare le pagine del sito è attivare una rapida registrazione fa schizzare il numero dei profili coinvolgendo anche persone inizialmente non interessate a partecipare al progetto. Registrarsi a MySpace non è una condizione necessaria per visualizzare i profili, se essi sono aperti al pubblico ovviamente, e diventa quindi una scelta autonoma dell'internauta.
FOTO: si tratta di una prerogativa di Facebook e lo elegge quindi vincitore a priori. Fin dalle prime versioni è possibile caricare foto, dividerle in album e 'taggare', segnalare le altre persone presenti sia nella foto sia nella community, i propri amici. Anche MySpace si è adeguato ma la distribuzione caotica della home dei profili non rende giustizia a questa possibilità. Unico punto a favore del social network di News Corp è relativo alla sovracitata questione della privacy, che non difende a dovere gli scatti pubblicati su Facebook.
APPLICAZIONI: si tratta dell'escamotage che porta gli utenti a fare un uso più ingente della piattaforma. Da un parte MySpace permette una rudimentale attività di blogging e la possibilità di dare ampia visibilità a file audio e video. Dall'altra Facebook offre una miriade di applicazioni più o meno utili e più o meno serie che permettono di coinvolgere i propri contatti e di avere un ruolo attivo sulla propria pagina quotidianamente.
COMMUNITY: questa la caratteristica che divide maggiormente i due contendenti. MySpace si è progressivamente trasformato in una vetrina per i gruppi musicali emergenti, dando loro visibilità e, in alcuni casi, portandoli al successo. Questa caratteristica fa sognare i giovani complessi di tutto il mondo ma diventa una scocciatura per gli utenti privati e riduce le intenzioni di chi contatta a semplice auto-promozione. Diversa la questione per ciò che riguarda Facebook, che mette in contatto amici di vecchia data, attraverso le reti legate a Istruzione e Professione, e promuove contatti 'spontanei'.
Microsoft pronta a stringere un accordo con Facebook. Obiettivo: lanciarsi alla conquista della rete e ripartire all'assalto del numero uno della pubblicità online al mondo, Google.
Accordo con Facebook. Per sviluppare le attività on line, secondo quanto riporta il Wall Street Journal, Microsoft starebbe per stringere un accordo con Facebook, in base al quale renderà disponibile sul sito di social-networking il proprio motore di ricerca «Windows Live», oltre a gestire anche gli annunci pubblicitari. L'interesse di Microsoft per Facebook non è nuovo: la società, infatti, ha già investito 240 milioni di dollari per acquistare l'1,6% del sito. Al momento le chance di un accordo con Yahoo! sembrano invece svanite, anche se Ballmer incontrando gli analisti non ha escluso che, magari, in un futuro le trattative potrebbero essere riaperte.
Cambi al vertice. Microsoft, intanto, annuncia l'uscita di Kevin Johnson, l'uomo che da anni gestiva le attività di Windows e internet, e la scissione della divisione in due aree, ognuna guidata da un capo a tempo pieno. Una decisione, questa, che consentirà al colosso informatico di disporre di una divisione dedita esclusivamente alla gestione di Windows, compresa la preparazione di Windows 7, e i servizi in linea Windows Live. Nell'unità internet, per la quale Microsoft è a caccia di un dirigente, confluiranno invece il motore di ricerca Live Search, il portale Msn e le attività pubblicitarie. La riorganizzazione era largamente attesa dagli analisti, convinti che un unico numero uno non potesse consacrarsi sufficientemente e contemporaneamente allo sviluppo delle attività online e al lancio del sistema Windows Vista, che gode di una pessima immagine fra i consumatori e che incontra ancora notevoli difficoltà a rimpiazzare Windows XP. Ad assumersi la guida della divisione Windows-Windows Vista sarà lo stesso amministratore delegato della società Steve Ballmer, insieme a tre dirigenti, Steven Sinofsky, Jon DeVaan e Bill Veghte.
Alla rincorsa di internet. La grande sfida per il colosso informatico si gioca però sull'online: Microsoft nella ricerca in rete resta un nano, con solo il 3% del mercato delle ricerche a fronte del 62% di Google. L'uscita di Johnson riflette in qualche modo la frustrazione di Ballmer di fronte alle deludenti performance delle attività online che, nonostante investimenti e spese miliardarie, continua a essere in rosso senza neanche conquistare quote di mercato. La divisione internet, infatti, nell'esercizio annuale chiusosi lo scorso giugno ha registrato perdite per 1,2 miliardi di dollari, il doppio rispetto all'anno precedente.
Via ILSOLE24ORE.COM
State aspettando che l'azienda risponda alla vostra mail di richiesta o protesta? Aspetterete a lungo, dice un'inchiesta australiana, secondo cui circa il 60% delle grandi società non risponde affatto alle domande dei clienti. La casa di consulenza Strike Force Sales ha inviato 460 richieste di informazioni, per e-mail o posta tradizionale, a un vasto spettro di aziende e organizzazioni.
Dpo più di una settimana, il 59% delle compagnie doveva ancora mandare una replica, come ha affermato Darren Cox, il dirigente operativo della casa, e coloro che hanno riposto si sono presi almeno un giorno e mezzo di tempo.
I settori più reticenti sono stati il commercio al dettaglio e l'edilizia."Le società dicono che siete liberi di contattarle, ma questo non vuol dire che loro contatteranno voi", ha aggiunto Cox. Secondo l'inchiesta, soltanto il 50% delle aziende che risponde con e-mail automatiche alle domande online dei clienti invia poi una mail con spiegazioni dettagliate sul caso.
Meno del 7% chiama il cliente che ha un forte interesse nel loro prodotto.
"Considerando che internet ha rivoluzionato il mondo degli affari e le cifre che vengono spese in pubblicità, ignorare le e-mail dei clienti è una vera negligenza".
"Le società ricevono molto spam, l'80% di spam e il 20% di vere richieste, ma nessuno si mette lì a dividere le une dalle altre".
Via Quo Media
Di Admin (del 02/09/2008 @ 07:55:04, in Internet, linkato 2275 volte)
La ricerca condotta dallo psicologo David Lewis ha portato all'identificazione di questa nuova sindrome: la discomgoogolation. Si tratta di una forma di inteso stress, dettata dall'impossibilità di accedere a internet. L'era moderna ci ha ormai abituati alla opportunità di consultare una moltitudine di informazioni con un semplice clic e questo ha causato una vera e propria dipendenza.
Il termine discomgooglation deriva dalla fusione del verbo 'discombobulate', che significa 'confuso' o 'frustrato', con la parola "google", noto motore di ricerca. Quasi metà dei cittadini britannici, ben il 44%, soffre di questo malessere; il 76% dichiara di non poter vivere senza internet, oltre il 50% naviga da una a quattro ore al giorno e il 19% passa più tempo online che con la propria famiglia nell'arco della settimana.
Questa impossibilità di rinuncia alla rete è tutt'altro che inconscia: il 47% degli intervista crede che internet sia più importante della religione e una persona su cinque afferma di dedicare maggiore attenzione al proprio computer, piuttosto che alla propria partner.
Via Quo Media
Poche settimane fa lo storico sorpasso ai danni di MySpace, a conquistare il titolo di social network più gettonato, e tra pochi giorni un restyling totale che cambierà totalmente volto a Facebook. Il social network più usato al mondo cambierà layout e dal 27 settembre passerà ufficialmente alla nuova versione. I ribelli di Facebook si sono già fatti sentire, ottenendo una proroga al debutto; eppure il cambiamento ci sarà.
A molti la nuova grafica, che si può vedere dal proprio profilo, non piace. I contrari si sono organizzati con il gruppo "Against the new Facebook", con conta più 183 mila membri e anche il nostro paese ha deciso di far sentire la propria voce con il gruppo Quelli che odiano la nuova versione di Facebook, che definisce la versione beta disordinata, confusa e complicata.
La protesta non si ferma qui: verrà inviata una lettera a Mark Zuckenberg, fondatore del popolarissimo social network di Palo Alto, in cui si chiederà di avere l'opportunità di tenere la vecchia versione. Secondo il blog della società americana, 30 milioni di utenti hanno già scelto la nuova versione; ma per Mashable.com altrettanti hanno deciso di restare alla vecchia. C'è poi da sottolineare che il 35% degli oltre 100 milioni di utenti Facebook, non ha mai cliccato sul nuovo design, ignorandone completamente le caratteristiche.
Facebook è nato da un gruppo di studenti di Harvard che volevano condividere esperienze, ma ora è diventato una vera community. Ormai è un must avere la propria pagina, tanto che a giugno Facebook ha superato MySpace, con 132 milioni di visitatori contro i 117,5 milioni della rete sociale creata da Tom Anderson e Chris DeWolfe. Su base annua i dati sono ancora più impressionanti: 153% per Facebook, contro il 3% di MySpace.
Le novità sono molte: una originale barra dei menù e la possibilità di scattare foto e girare video con la propria webcam e poi aggiungerli alla propria pagina o postarli sul muro degli amici. Inoltre, l'utente potrà gestire in modo più semplice e diretto il proprio rapporto con i contatti, grazie a un maggior numero di applicazione web interattive, basate su web Ajax. Ci sarà poi una nuova funzione detta live feed, che propone un flusso di informazioni sui propri contatti, aggiornato in tempo reale, come avviene peraltro già in altri social network quali FriendFeed o Twitter.
Via Quo Media
Ah, la potenza di Internet, che permette di ribaltare modelli e paradigmi per sostituirli con di più belli e più nuovi.
Ad esempio, pensate ancora a comprare i test di gravidanza uno alla volta, in farmacia?
Si comprano on line, a pacchi da dieci - cosi' se siete di quelli che amano il rischio e l'avventura per un annetto siete riforniti...
(non so voi ma io qualche problemino a comprare dei pregnancy test "Made in China" venduti a circa un Euro la decina me lo farei venire... adesso poi che ci sono dei bellissimi prodotti digitali che finalmente si capisce quel che intendono significare...)
Ma secondo voi, qual'è il pensiero di marketing soggiacente all'idea di offrire un Volume Deal su questo prodotto?
(La mia teoria: dato che non è pensabile venderli uno alla volta a 2 centesimi di dollaro, si fa un bundle per raggiungere uno scontrino minimamente sensato - poi la gente ne compra 10 e ne butta sicuramente via 8...)
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