Il linguaggio, importante, lo è sempre stato. In un'era dove le informazioni sono decisamente in sovrannumero rispetto alla capacità di fruizione dei consumatori/utenti saper comunicare bene, farsi capire e soprattutto interessare non è un'impresa da poco. Ed è lo scoglio che, stando a quando dice una recente ricerca effettuata da Forrester Research, fanno più fatica a superare i corporate blog, i siti di interscambio "culturale" creati dalle aziende per parlare di business e di prodotti. Ebbene il responso partorito dalla società di ricerca sulla base dell'osservazione di 90 siti di multinazionali che compaiono nella classifica Fortune 500 è impietoso: troppo tecnici, noiosi, scialbi (sotto il profilo della qualità dei contenuti) e incapaci di stimolare la discussione. Il motivo di così evidente insuccesso? Sembrerà paradossale (ma non lo è) ma a minare l'efficacia dei blog aziendali è la scarsa convinzione delle stesse aziende, che nel 53% dei casi li considera irrilevanti per le proprie strategie. Una sorta di vezzo, di qualcosa da fare per forza ma poco funzionale alle attività di business strategiche.
Entrando nel merito della ricerca, Forrester ha rilevato come il 70% dei blog campionati si limiti ad argomenti troppo tecnici, il 74% riceva raramente commenti e il 56% utilizzi come materiale di "ingaggio" per la discussione i comunicati stampa istituzionali. Il problema, come si diceva, non è tanto nel mezzo in sé o nelle possibili mancanze tecniche della piattaforma tecnica alla base del blog (magari povera di contributi multimediali) quanto l'atteggiamento delle aziende e degli addetti dell'area marketing in particolare, che in oltre la metà dei casi snobbano completamente il progetto. Con la conseguenza di non incentivare assolutamente la partecipazione all'attività di community da parte dei propri clienti/utenti, fornitori e partner.
La pecca, rilevano gli analisti di Forrester, è in sostanza un salto culturale che ancora non è avvenuto e che non è troppo tardi affinché avvenga. I corporate blog possono quindi uscire dall'anonimato e diventare strumenti di valore a supporto del business a condizione che le aziende (e i gestori del blog in particolare) gestiscano con più efficacia il media. E cioè stimolino più adeguatamente i confronti on line, rendano i contenuti pubblicati divertenti, facili da digerire e utilizzare, creino connessioni tra gli eventi e la community e invitino le figure più carismatiche dell'azienda a prendere la parola sul blog (esortandole però a seguire le regole della comunicazione on line). Troppi luoghi comuni o un linguaggio stereotipato non sono consoni alla natura del mezzo e alle sue finalità.
I blog diventano un importante strumento di comunicazione aziendale, ma vanno utilizzati in maniera diversa da quella istituzionale e ricorrente nelle trattative commerciali. Forrester invita quindi a dare un tocco di personalità ai post, a entrare con continuità nelle discussioni che tengono banco nella blogosfera, a spiegare la posizione dell'azienda anche su temi marginali rispetto al proprio core-business, ad affrontare senza remore (con il rischio di incontrare critiche) argomenti delicati. Solo così il corporate blog può produrre ritorni che si chiamano maggiore "redemption" in Rete e migliori relazioni con clienti (e il mercato in generale) e partner. Senza andare troppo lontano, ai blog dei big dell'industria hi-tech a stelle e strisce (come Jonathan Schwartz, il Ceo di Sun Microsystems, che ha un suo blog personale in azienda (http://blogs.sun.com/jonathan/), Forrester invita a prendere esempio da quelli della Ducati (DesmoBlog, http://blog.ducati.com/) e di Gambero Rosso (Papero Giallo, http://blog.gamberorosso.it/bonilli/). Motori e buona cucina sono senz'altro un argomento più propenso a dilettare i propri interlocutori ma, dicono gli esperti, si può fare blogging bene e con profitto anche parlando di computer, software e via discorrendo simili.
di Gianni Rusconi su ILSOLE24ORE.COM