Di Max Da Via' (del 26/02/2018 @ 07:38:27, in Mobile, linkato 1374 volte)
Googleha annunciato il mese scorso l’intenzione di portareAndroid PayeGoogle Walletsotto il nuovo marchio unificato Google Pay. Ieri, è iniziato ufficialmente il grande rollout del nuovo servizio, con la nuova app a pagamento di Google ora disponibile attraverso Google Play. La company sta già progettando di aggiungere nuove funzionalità al servizio nei prossimi mesi.
Sportello unico per le transazioni Google Pay rappresenta il tentativo dell’azienda di unificare e semplificare i suoi servizi di pagamento digitale attraverso il web, le app, i negozi e i pagamenti peer-to-peer ( o P2P, che saranno disponibili a breve) in modo tale che gli utenti possano rivolgersi direttamente a Google per tutte le transazioni che intendono effettuare, anziché dover scegliere tra Android Pay per gli acquisti in negozio, PayPal per lo shopping online one-top e Venmo per i pagamenti P2P.
L'algoritmodi Facebook, che regola ciò che viene mostrato nel news feed personalizzato degli utenti, è basato su una moltitudine di elementi che non vengono svelati nel dettaglio, ma solo accennati a grandi linee. Di recente, però, durante un webinar destinato a pochi editori, sono emerse informazioni utili sui nuovi fattori di posizionamento delle notizie.
Come funziona l’algoritmo di Facebook?
Le istruzioni che compongono l’algoritmo misterioso seguono queste quattro fasi.
1. Inventory.Ogni volta che accediamo alla piattaforma, il sistema recupera e considera tutte le notizie pubblicate recentemente dal nostro network (fatto di amici e pagine seguite)
2. Signals. A questo punto entrano in gioco i segnali che sono di contesto e di contenuto.
I segnali di contestosono quelli che aiutano il sistema a determinare la situazione attuale dell’utente: – l’orario e il luogo di accesso – la tipologia di connessione – il dispositivo usato
In questo insieme potremmo far rientrare le azioni proattive che ognuno di noi compie o dovrebbe compiere per “curare il nostro news feed”, addestrando l’algoritmo: smettere di seguire un amico o una pagina, silenziarlo, nascondere o segnalare un post.
I segnali di contenutosono quelli che riguardano le notizie: – tipologia di contenuto (non è chiaro se ci sono tipologie che vengono privilegiate) – chi ha postato la storia (pagina o profilo) – quanto è completo il profilo dell’autore – quando è stata pubblicata (la “freschezza” viene premiata) – quanti commenti, condivisioni e reazioni ha ottenuto – quanti feedback negativi (se è stato nascosto o segnalato) –il tempo mediotrascorso dagli altri utenti sulla storia anche senza cliccare e il tempo intercorrente tra il click al link esterno e il ritorno dell’utente all’homepage di Facebook – il livello informativo del post (nel caso di link è importante il testo di accompagnamento)
Ma alcuni segnali hanno un peso maggiore di altri. In questo momento Facebook privilegia quelle che chiama “meaningful interactions” ossia le interazioni naturali che possono avvenire quando:
– il link al post è stato condiviso su Messenger e ha dato luogo ad una conversazione – ci sono stati commenti multipli da parte di stesse persone (i botta e risposta sono segnali di interesse) – un amico fa interazioni o condivide il post di una pagina (a maggior ragione se questo provoca ulteriori interazioni) – l’interazione avviene tra due persone (amici e familiari, in particolare), anzichè tra persona e pagina.
3. Predictions.Sulla base dei segnali l’algoritmo opera una previsione personalizzata per ognuno degli utenti connessi ossia prova a dare risposta alla domanda: quanto è probabile che piaccia ognuno dei contenuti analizzati (ossia stimolerà la lettura, i click, le reazioni, i commenti)?
4. Score.Infine ad ognuna delle storie dell’inventario viene assegnato un punteggio di rilevanza e quelle con più punti vengono mostrate nel news feed dell’utente
Consigli per gli amministratori di pagina
Ecco alcuni consigli che ho elaborato sulla base delle informazioni contenute nellelinee guida ufficiali.
– Conoscere la propria audience Tipicamente le aziende su Facebook sono di due tipi: quelle che pubblicano post autoreferenziali, partendo dai contenuti che hanno a disposizione e seguendo la propria agenda commerciale (lancio prodotto, eventi, ecc.) e quelle che decidono di puntare aprioristicamente su contenuti divertenti in grado di aumentare le interazioni, ma perdendo di vista la “brand identity”. L’ideale sarebbe approfondire la conoscenza della propria audience, partendo dalle statistiche diFacebook Insights: demografiche, provenienza, orari e giorni di connessione, contenuti che ottengono più interazioni (in particolare commenti).
– Creare contenuti utili I contenuti dovrebbero essere di qualità e pensati per essere utili al proprio pubblico, non di mero intrattenimento. L’utilità viene dedotta dall’algoritmo sulla base dei segnali di cui sopra. Al momento sono premiati quei contenuti come articoli e video in diretta in grado di stimolare discussioni accese (più che semplici like). La scelta del formato più opportuno (video/foto 360, live, sondaggi, ecc.) andrebbe operata dopo una fase di test e verifica del gradimento. Ciò premesso, Facebook consiglia di postare frequentemente e tempestivamente (seguendo l’attualità e i trend del giorno).
– Evitare pratiche fraudolente Facebook penalizza le pagine che usano pratiche di “link baiting” (post ingannevoli usati per portare visite ad un sito) e di “engagement baiting” (post che contengono frasi del tipo “metti mi piace se…”, “condividi se anche tu…”, “vota X se…”, “tagga un amico…”).
Twitterpunta sullostreaming delle notizie locali: dopo la copertura di alcuni eventi sportivi in diretta, ora il social network dei cinguettii haavviato negli Stati Uniti i test di un servizio di news live a livello locale, grazie adaccordi con alcune emittenti televisive.
La prima prova è stata fatta il 14 febbraio, con la sparatoria nel liceo Majority Stoneman Douglas High School di Parkland, in Florida. In quest’occasione, Twitter ha avviato una partnership conMiami Wsvn 7per aprire sulla piattaforma unafinestra con la copertura in diretta della cronaca dei fatti. Il box era affiancato al flusso di notizie.
“Stiamo continuando a lavorare su nuovi modi che facciano emergere informazioni credibili e per aiutare le persone a rimanere informate”, spiega aBuzzFeedKayvon Beykpour, general manager della sezione video di Twitter.
La novità segue di pochi giorni a quella diFacebooklegata alle notizie locali, una mossa anti fake news avviata in fase di test negli Stati Uniti (leggi l’articolo).
Inoltre, Twitter punta aspingere sempre di più sullo streaming, nell’ottica di incrementare i ricavi della società, che ha registrato con gli ultimi dati finanziari il primo trimestre in utile di sempre (qui i dati).
Di Max Da Via' (del 14/02/2018 @ 07:01:56, in Aziende, linkato 1530 volte)
La coppia Amazon-Whole Foods (formalmente: papà Amazon e figlio adottivo Whole Foods) ci regala le prime sinergie intra-business. E finalmente iniziamo a capire meglio le intenzioni che hanno portatoil colosso dell'eCommerce ad acquisire lo scorso anno la catena di supermercatispecializzata in grocery di qualità fresca e green.
Già nella prima campagna di comunicazione post acquisizione lanciata a febbraio 2018 vediamo comparire "lo zampino di Amazon". Il tone of voice di Whole Foods è infatti cambiato e si indirizzaa consumatori giovani e un po' eccentrici. Ora, l'ultima notizia è cheil servizio di consegna rapida (1-2 ore) Amazon Prime Now è entrato ufficialmente da Whole Foodsa partire dalle città statunitensi di Austin (che è dove il retailer ha la propria sede), Dallas, Cincinnati e Virginia Beach (quila landing page ufficiale).
Il gigante di Seattle conferma così il proprio interesse per un ulteriore sviluppo nel grocery in modo integrato e con sguardo rivolto a un più ampio pubblico. Secondo il Wall Street Journal si tratta forse delprimo step davvero importante nella sfida ai competitor dell'alimentare.
Non solo. Stando gli esperti si tratta del più grande passo verso quello che molti analisti si aspettavano che Amazon facesse con la sua nuova catena retail, ovvero: utilizzare Whole Foods e il suo inventario di generi alimentari come un'estensione della propria rete di magazzini. Un'ipotesi avallata dalla ferma volontà di sviluppare il servizio Prime Now oltre i primi store-pilota, come confermato da Stephenie Landry, vicepresidente di Prime Now. L'obiettivo sarebbero tutti gli Usa.
Le esistenti relazioni tra Whole Foods e altri servizi di consegna a domicilio come Instacart per il momento non subiranno tuttavia modifiche, come espressamente specificato da Landry. La vicepresidente ha inoltre evidenziato il potenziale ancora tutto da sfruttare che alcune categorie merceologiche come acqua, banane e carta igienica, già molto apprezzate per l'online delivery, hanno in ambito di consegna rapida. Una recente ricerca di Walker Sands conferma tra l'altro che il 33% degli americani acquisterebbe più grocery online se i tempi di consegna fossero migliori.
La partnership tra Amazon e Whole Foods su Prime Now consentirebbe inoltre al colosso dell'online, come sottolineato sempre da Landry, di trarre vantaggio dall'expertise del retailer nelle in-store operations(per ora sono gli addetti in negozio a prendere dagli scaffali la merce ordinata online).
"Ci vedrete fare ancora un sacco di cose insieme", preannuncia Landry.
Di Max Da Via' (del 12/02/2018 @ 07:03:48, in Mobile, linkato 1358 volte)
Volete aumentare le conversioni sul vostro sito?
Il 60% delle attività web vengono effettuate da mobile, per cui se non state ottimizzando il vostro sito per il mobile state perdendo tempo e denaro.
Ciò che funziona bene da desktop non è detto che abbia la stessa usabilità da smartphone, diventa dunque indispensabile avere una mentalità mobile first per ottenere ottimi risultati in termini di lead e guadagni.
Diamo uno sguardo ad alcuni suggerimenti utili che vi aiuteranno a convertire i vostri visitatori in clienti.
Sticky header
Fonte @WebEngage
Promuovere le campagne attraverso unosticky headerè il modo migliore per assicurarsi un’ampia visibilità senza annoiare l’utente mobile.
Gli sticky header facilitano la navigazione, facendo in modo che il menu resti sempre visibile anche quando si scorre la pagina verso il basso.
Ecco qualche suggerimento al fine di utilizzare al meglio l’header di un sito per generare conversioni:
Aggiungere un form in cui si chiede alle persone di iscriversi alla newsletter;
Inserire una call to action che porti l’utente su pagine specifiche, quali contest, landing page, pagine prodotto.
Offerte a tempo, limitare le promozioni ad un periodo limitato, trasmette agli utenti un senso di urgenza, spingendoli ad agire velocemente.
Acquisire lead in due step
Lasciate perdere i fastidiosi pop-up, che disturbano la navigazione e spesso portano l’utente ad abbandonare la sessione.
Per aumentare in modo esponenziale le conversione, fate in modo che siano i visitatori stessi a decidere se lasciare i propri dati. Se desiderate ottenere risultati ottimali, optate per l’inserimento in home page di un’immagine cliccabile o un qualsiasi pulsante di CTA che consentano all’utente di decidere in modo autonomo se visualizzare il pop-up in cui si chiedono loro maggiori informazioni.
Permettere alle persone di iscriversi in due step si rifà al concetto che in psichiatria viene chiamatoeffetto Zeigarnikossia gli individui che avviano un processo in modo indipendente sono più predisposti a portarlo a termine.
Dal momento che il pop-up appare sulla stessa pagina, elimina il naturale calo che di solito si verifica quando i visitatori vengono indirizzati ad un’altra pagina di destinazione per completare un’azione.
Acquisire contatti attraverso un blog
Per far crescere una mailing list, è pratica comune inserire all’interno di un blog un opt-in form nella barra laterale. Sebbene funzioni abbastanza bene da desktop, non possiamo dire lo stesso per la navigazione da mobile.
Innanzitutto con la versione mobile di molti temi la barra laterale sparisce o appare in fondo, per cui se l’obiettivo è quello di convertire i lettori in lead, è fondamentale capire benedove e come posizionare il form.
Il modo migliore per garantirne una corretta fruibilità da mobile è quello di inserirloprima della sezione dei commenti o all’interno degli articoli del blog.
Man mano che l’utilizzo dei dispositivi mobili continua a crescere, ottimizzare il proprio sito e creare contenuti mobile friendly deve essere la propria missione per trasformare il pubblico mobile in clienti fedeli e lead.
Ilsocial networkcon più di800 milioni di utenti,Instagram, già a novembre contava 25 milioni di profili business. Non c’è da stupirsi se, con 200 milioni di visitatori al giorno dei quali l’80% segue almeno un brand,Instagramè diventato uno dei principali terreni per le azioni digitali delle aziende. Ricordate quando nell’agosto del 2016Instagramha introdotto le Stories? Da allora gli utenti che ne fanno uso ogni giorno sono più di 250 milioni e circa il 20% di chi legge una storia dopo la commenta. Dato l’enorme successo la piattaforma non poteva che adattarsi e monetizzare questa espansione, così dal 2017 sono arrivate le Ads stories e noi, adesso, impareremo ad usarle.
COSA SONO LE STORIES E COME CREARLE
Se non ti è mai capitato di imbatterti nelleInstagram Storiespuoi averne un idea più dettagliata dalblog Instagram business. In sintesi si tratta di una funzione che permette agli utenti di condividere contenuti in diretta, dal proprio smartphone, per 24 ore in seguito alle quali le foto o i video non sono più visualizzabili. Le Stories degli utenti o delle aziende che seguiamo sono messein evidenzain cima al nostro feed, quando l’icona di un account è circondata da un arcobaleno colorato vuol dire che ci sono nuove stories da vedere. Per visualizzarle basta cliccare sulla foto del profilo e scorrere avanti e indietro per guardare tutte le storie degli altri utenti.
Con l’introduzione di Instagram Direct è anche possibile inviare messaggi privati o commentare le Stories, ma una volta pubblicate che fine fanno? Grazie aStory Higlightsdal 2017 è possibile salvare in archivio i nostri contenuti di successo per riproporli successivamente.
Come vedete le funzionalità introdotte da Instagram negli ultimi anni sono numerose ed è difficile racchiuderle tutte in poche parole, ma sarebbe già un passo importante capire, oggi, come sfruttare le storie per il nostro marketing.
INIZIAMO DAI PRIMI PASSAGGI: COME SI CREA UN STORIA?
Entriamo sul nostro profilo Business e clicchiamo sull’icona della fotocamera nell’angolo in alto dello schermo per scattare una foto o registrare un video (massimo 10 secondi). In alternativa possiamo caricare un contenuto scattato in precedenza scegliendo tra le foto o i video scattati nelle ultime 24 ore. Nella barra in basso della fotocamera troviamo varie modalità di registrazione: live (si attivano le riprese in diretta che possiamo salvare o eliminare), Normal (si catturano foto all’istante o tenendo premuto registriamo video), Boomerang (scatta una manciata di foto in rapida successione e le trasforma in un loop simile a GIF che riproduce in avanti e all’indietro), Superzoom ( una lente che registra video ingrandendo sempre di più l’oggetto a fuoco), Rewind (permette di filmare video al contrario), Stop Motion (fissa delle immagini e le mette insieme in un unico video senza interruzioni).
Una volta scelto il soggetto della nostra storia, possiamo personalizzarlo, ad esempio toccando in un punto qualsiasi dello schermo apparirà lo strumento di testo con il quale scrivere sopra alle immagini. Dato che ormai tutti i contenuti su Instagram possono essere trovati tramite hashtag, ricordiamoci di inserirli sempre per renderci ancora più visibili. Oltre ai testi possiamo personalizzare anche con lo strumento penna che permette di fare dei disegni colorati.
Come abbiamo detto gli utenti vedranno le nostre storie nella parte superiore del feed e noi in alto nella pagina del nostro profilo. L’App però ci permette anche (se disponiamo di un profilo business) di monitorare i risultati delle storie e gli utenti che le hanno visualizzate, basta accedere agli Insight.
COME ATTIVARE ADS STORIES
Per realizzare le nostre Instagram Stories Ads dobbiamo accertarci di avere un account Instagram collegato alla pagina Facebook aziendale. Poi possiamo iniziare a impostare la nostra campagna accedendo a Poter Editor o a Business Manager (è possibile intervenire direttamente anche la gestione delle inserzioni dall’APP, ma gli strumenti Business forniscono funzionalità più precise). A questo punto accediamo a Power Editor e clicchiamo su “crea una nuova campagna” e scegliamo il nostro obiettivo tra quelli possibili: copertura, visualizzazioni del video, conversioni, installazioni dell’App, traffico. Diamo un nome alla campagna e proseguiamo nella schermata successiva quando il sistema ci chiede di specificare i dettagli come per qualsiasi altro tipo di ADS su Facebook (target, raggio di azione, budget ecc). Andiamo quindi su Edit Placement(=Modifica il Posizionamento) eclicchiamoprima sul puntoInstagramepoi su Instagram Stories. In questo modo abbiamo specificato che il nostro annuncio dovrà essere veicolato su Instagram e nel format delle Stories. Passiamo all’ultima fase caricando la nostra Storia, in formato video o foto, e seguiamo i passaggi finali indicati al sistema.
Da ricordare:
le Ads Stories permettono di inserire nell’annuncio il pulsanteCall To actionche a sua volta rimanda ad esempio ad un link, ad un indirizzo o un numero di telefono. Le CTA disponibili sono 12 tra le quali “leggi di più”, “contattaci adesso”, “manda un messaggio”, “Ordina adesso”
Video e foto devono sempre soddisfare le dimensioni raccomandate da Facebook ovvero i video non possono superare i 15 secondi, dovrebbero essere informato MP4, GIF o MOV e possono pesare fino a un massimo di 2,3 GB con risoluzione di almeno 720p.
Se proprio vuoi aggiungere del testo al contenuto, riducilo il più possibile altrimenti il sistema non approverà la tua inserzione.
5 VANTAGGI DELLE ADS STORIES
Creatività semplice da realizzare. Grazie a tutte le opzioni di personalizzazione delle storie (testi, adesivi, colori) possiamo rendere originali i nostri contenuti in modo rapido economico e presentando i prodotti con un linguaggio vicino al consumatore.
Transmedialità. Henry Jenkins nel 2016 parlava di un nuovo concetto di fare pubblicità; per il professore ogni medium può trasmettere informazioni aggiuntive o diverse diventano parte stessa della storia. In questo caso le Stories, data la loro breve vita, si prestano per veicolare informazioni come il dietro le quinte della nostra attività, le persone che vi lavorano e tutti quegli spunti che possono incuriosire l’utente e creare delle aspettative.
Visibilità al quadrato. Su Instagram gli influencer e i micro influencer sono spesso chiamati per collaborazioni che, oltre ad aumentare il bacino di utenti raggiunto, danno al nostro prodotto un’immagine più affidabile e tangibile.
Più contenuti meno spam. La caducità delle Storie permette di aumentare la frequenza di pubblicazione, senza risultare “ingombranti” agli occhi degli utenti. Su Instagram i nostri clienti sono abituati a veder pubblicare dagli Influencer anche decine di storie diverse in un giorno, quindi possiamo mostrarne di più e più spesso.
Il momento giusto. Rispetto ad altri tipi di promozione digitale le Stories sono ancora una novità e c’è poca concorrenza con gli altri brand.
QUALCHE TRUCCO?
Usa i sondaggi
Usa gli adesivi, i colori di sfondo, i testi
Indica nelle tue Stories la posizione in cui ti trovi
Utilizza gli hashtag
Lascia che gli spettatori possano condividere le tue storie.
Amazonha in questi giorni catalizzato l’attenzione del mercato per leottime performance pubblicitarie registrate nel quarto trimestre 2017. Unacrescita del 60% dei ricavi “altri”, voce cui afferisce per lo più il suo business pubblicitario, che ha portato alcuni analisti adavanzare delle stime sul futuro advdel gigante dell’ecommerce.
In effetti, le attività pubblicitarie stanno diventando sempre più importanti all’interno dell’offerta di Amazon, che in breve tempo ha messo a punto una piattaforma di soluzioni che cerca di sfruttare al meglio il grande potenziale data-driven della società di ecommerce. Un potenziale derivato da qualcosa che fa molta gola alle aziende: idati di acquisto degli utenti, ossia le informazioni non solo su quello che le persone desiderano (e cercano), ma anche su quello che poi effettivamente comprano.
L’offerta pubblicitaria di Amazon è incontinua evoluzione. Cerchiamo però di fare un po’ di chiarezza su come, a grandi linee, essa si compone attualmente.
Amazon Media Group, Amazon Marketing Services e Amazon Advertising Platform
I tre acronimi che bisogna tenere a mente sonoAMG,AMSeAAP.
Il primo, che sta perAmazon Media Group, è lastruttura preposta alla vendita dei prodotti pubblicitarie collabora con aziende e agenzie sui formati direct display, video e customizzati a disposizione sulle varie property di Amazon, che comprendono, tra gli altri, il sito Amazon.com (e le sue declinazioni locali), IMDb (Internet Movie Database), Kindle e l’ad network A9. I clienti sono sia aziende che vendono prodotti sull’ecommerce che non.
Poi c’è AMS, che sta invece perAmazon Marketing Services. Questo costituisce l’offerta di Amazon per la pubblicità search: una suite di soluzioni self-service per pubblicità pay-per-click a performance sul sito Amazon. Questa offerta si compone di tre formati search, ossiaSponsored Products,Headline Search AdseProduct Display Ads, e degliAmazon Store, che sono delle soluzioni customizzabili per quei clienti che vogliono creare una propria esperienza in-store all’interno di Amazon. Amazon Marketing Services è disponibile esclusivamente per le aziende che vendono prodotti sull’ecommerce.
Infine, c’è AAP. Dietro questo acronimo si nasconde il nomeAmazon Advertising Platform, che è lasoluzione programmaticadi Amazon, o la suaDSP. La piattaforma, che può essere utilizzata sia in modalità “managed” (con il supporto di un team Amazon dedicato) sia in “self-service” (autonomamente dal cliente) consente di acquistare specifici segmenti di audience di Amazon al di fuori delle property della società. L’utilizzo di questa piattaforma è consentito sia ai retailer presenti su Amazon sia a quelli che non vendono prodotti sul sito.
L’Ofcom – l’autorità regolatrice delle società di comunicazione nel Regno Unito – ha rilasciato un interessanterapportoche permette di comparare le abitudini di utilizzo delle tecnologie di comunicazione in diversi paesi europei e non solo. L’analisi tocca molteplici aspetti, qui mi limito a riassumere qualche dato riguardante l’uso comparato di internet e dei social media.
Partendo dalle tecnologie di accesso, il report evidenzia chel’85% degli italiani adulti usa uno smartphone, in Spagna si arriva all’87% mentre negli altri paesi europei la percentuale è più bassa (UK al 75%). Il tablet, in quasi tutta Europa, viene utilizzato da circa la metà dei consumatori intervistati. Il laptop è usato dal 68% degli italiani, in linea con le altre nazioni. Il desktop è usato dal 51% dei connazionali, mentre in UK e in Giappone la percentuale è crollata al 39%. Forse un segno di quello che potrà accadere fra qualche anno anche da noi.
Inevitabilmente, in tutte le nazioni,la maggior parte del tempo trascorso online avviene attraverso l’uso di dispositivi mobili. In Italia mediamente ogni persona naviga via smartphone (usando browser e app) 52 ore al mese, mentre in Spagna, Francia, Germania, Uk vengono superate le 60 ore e negli USA si arriva a 75 ore. Da desktop e laptop gli italiani navigano 21 ore al mese, in linea con gli altri paesi.
Le destinazioni più raggiunte da desktop e laptop sono ovunque i siti di Google (il motore di ricerca, YouTube e le altre applicazioni). In seconda posizione si piazzano le property di Microsoft, ma in Italia lasciano il posto a Facebook. Nel nostro paese al quarto posto c’è la galassia di siti di ItaliaOnLine e al quinto Amazon. Se si guardanole destinazioni più raggiunte via smartphone svettano Google e Facebook, mentre Microsoft scompare (segnale del ritardo della sua strategia mobile first). Nelle altre posizioni spuntano i gruppi editoriali: L’Espresso, RCS, Mondadori. Ma in mobilità gli italiani trascorrono più tempo sul social network di Zuckerberg che sui siti del gigante di Mountain View.
Questa preferenza viene confermata anche dai dati delle app con più utenti attivi ad agosto. In Italia sono state WhatsApp, Facebook, FB Messenger. Poi la classifica mostra delle differenza a seconda del sistema operativo utilizzato. In entrambi compaiono Instagram, Amazon, Spotify, Shazam (con un successo che da anni fatico a comprendere, replicato anche in Francia e Spagna).
La maggioranza dei navigatori di tutti i paesi accede ai social network dominante almeno una volta a settimana. Sono l’86% in Spagna e l’83% in Italia (in linea con gli USA), mentre i tassi più bassi sono registrati in Germania e Giappone. Facebook è di gran lunga il più usato ovunque, con punte del 90% dei naviganti negli Stati Uniti. Se si considera l’uso da mobile Instagram guadagna il secondo posto ovunque. Twitter è al terzo posto, tranne che in Italia dove prevale ancora Google+ (altri miei dati lo danno in declino negli ultimi mesi), Francia e USA dove avanza Snapchat.
La rete è diventata la principale modalità di accesso alle notizie in cinque nazioni: UK, US, Australia, Spagna e Svezia(in quest’ultima il 49% di coloro che dichiarano di aver avuto accesso a news, indica internet come principale fonte). In controtendenza, per il momento, il nostro paese in cui il 59% dichiara una preferenza per la TV, solo il 29% si rivolge prevalentemente a internet.
Provando ad unire i puntini tra questi dati si può provare a tratteggiare un quadro delle abitudini dei navigatori europei.E’ chiara la prevalenza dell’accesso alla rete in mobilità, un fatto da cui non si torna più indietro. Ciò induce le persone a preferire le app al browsing(secondo ComScore ben l’89% del tempo speso online avviene “in app”). Quelle su cui si trascorre più tempo si contano sulle dita di una mano e coincidono con servizi che permettono una comunicazione pubblica e privata, social e instant messaging, in mano a pochi colossi. Dunque è plausibile ipotizzare una tendenza del grande pubblico verso una dieta mediale poco varia sia offline(in Italia con la prevalenza della TV), che online. Un’abitudine che potrebbe favorire il consumo di informazioni “snack” a scapito dell’approfondimento, i giardini recitanti anziché il web aperto. A mio avviso l’unico antidoto al derivante rischio di chiusura in bolle informative non può essere demandato alla tecnologia o alla politica, ma risiede nella capacità di ognuno di noi di non smettere di coltivare la curiosità.