Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Nate tra i primi anni Ottanta e la metà degli anni Novanta, le mamme della generazione Y rappresentano un gruppo demografico sempre più rilevante in ambito di decisioni d'acquisto. Uno studio di Weber Shandwick evidenzia che, ad oggi, 1 mamma su 5 appartiene già alla fascia delle millennial.
Parliamo di un target destinato a guadagnare peso sullo shopping globale e che, come tale, va compreso e conosciuto nella propria evoluzione. A tracciare un quadro di queste consumatrici è l'indagine effettuata dal portale online Tiendeo, che con il supporto anche di altre ricerche evidenzia alcune modalità comportamentali in relazione alla spesa.
1 - Democratizzano le decisioni d'acquisto Il 33% delle millennial mum sono le capofamiglia nella gestione della casa, ma rispetto alle mamme della generazione X tendono a democratizzare molto di più le decisioni d'acquisto. Mentre il 77% delle loro predecessore è infatti pienamente responsabile della gestione della pianificazione e degli acquisti per la casa, nel caso delle millennial mum la percentuale crolla al 66%. Questo perché 1 mamma su 4 della generazione Y preferisce condividere le responsabilità con il resto della famiglia.
2 - Il 90% pianifica in anticipo gli acquisti, soprattutto via online Durante la pianificazione, le nuove mamme seguono il comportamento delle loro mamme: il 90% pianifica i propri acquisti in anticipo e 1 mamma su 5 tra coloro che pianificano ha fiducia negli strumenti di pianificazione. Tra i più usati ci sono le piattaforme che geolocalizzano cataloghi e brochure digitali, visitate dal 58% delle mamme della generazione Y.
3 - Usano lo smartphone per tutto Il 67% delle nuove mamme fa del proprio smartphone lo strumento preferito per pianificare gli acquisti. Tuttavia, l’uso di questi strumenti mobili non è solo relegato alla fase di pianificazione: il cellulare serve anche alle mamme quando acquistano. I report di Iab e BabyCenter sottolineano che le principali operazioni svolte dalle millennial mum con lo smartphone nei negozi fisici sono la ricerca e il download di coupon per lo sconto (62%); il confronto tra i diversi marchi e negozi per individuare i prezzi migliori (51%) e la ricerca di ricette (51%).
4 - Alla ricerca del risparmio in store Il 65% delle millennial mum conferma di pianificare i propri acquisti nei supermarket e negli ipermercati allo scopo principale di risparmiare il più possibile durante la visita in store e rintracciare le promozioni più convenienti. Il 41% pianifica gli acquisti anche per non dimenticare nulla di ciò che deve acquistare. Alimenti, prodotti di farmacia e profumeria sono tra le categorie su cui si concentra il maggiore sforzo di risparmio.
Via Mark Up
Audiweb rende disponibili i dati di aprile 2017 della survey sull’audience dei contenuti editoriali fruiti all’interno dell’applicazione mobile di Facebook mediante browsing e/o Instant Articles. I dati, spiega la società nella nota, sono riferiti ai brand/siti iscritti dagli editori che hanno aderito al servizi.
Nel mese di aprile hanno partecipato alla survey i seguenti editori associati ad Audiweb: 21st Century Fox, Athesis Editrice, Caltagirone Editore, Ciaopeople, Conde Nast Digital, Editoriale il Fatto, Gruppo De Agostini, Gruppo Espresso, Il Post, Il Sole 24 ore, Italiana editrice, Libero Quotidiano, Mediaset, Meteosolutions, Mondadori, RCS MediaGroup e Sky Italia.
La metodologia standard di Audiweb già rileva i dati dell’applicazione mobile di Facebook, ma la fruizione dei contenuti editoriali visti mediante browsing in-app e/o Instant Articles non è attribuita all’editore che ne è titolare. La nuova survey consente di attribuire correttamente i dati di consumo dei contenuti editoriali fruiti all’interno dell’applicazione mobile di Facebook, in queste due particolari modalità di fruizione.
- Leggi o scarica la nota stampa di Audiweb (.pdf) - Leggi o scarica la tabella con i dati (.xls)
Via Prima Comunicazione
Nel 2016 il mercato del turismo italiano cresce. Lo rileva l’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo del Politecnico di Milano, che da tre anni passa al setaccio la industry per aiutare i player a identificarne e risolverne le inefficienze. Al termine del 2016 il valore degli acquisti per turismo e viaggi nel nostro paese supera i 52 miliardi di euro, in crescita del 3% rispetto all’anno precedente. In dettaglio, la componente tradizionale cresce dell’1%, come nel 2015, mentre il canale digitale mette a segno il +8%, attestandosi su un valore complessivo di 10,3 milioni di euro. Nel 2016 il peso del digital sul mercato turistico italiano nel suo complesso è salito al 20% e da qui passa un quinto del transato. La maggior parte della spesa turistica che transita sul digitale è quella per i viaggi degli italiani all’estero (outgoing), che rappresenta il 43% del totale (era il 39% nel 2015), seguita dalla spesa per i viaggi domestici al 40% (41% nel 2015) e da quella dei turisti che vengono in Italia (incoming) al 17% (20% nel 2015). “Il nostro sistema di offerta digitale per l’incoming non è ancora in grado di aumentare l’attrattività della destinazione Italia nei confronti dei flussi turistici digitali provenienti dall’estero”, spiegano dall’Osservatori del PoliMi.
Segmentando la spesa digitale nei tre prodotti oggetto dell’indagine, strutture ricettive, pacchetti di viaggio e trasporti, sono proprio questi ultimi a raccogliere il 72% del mercato (in linea col 2015). Seguono con il 16% le strutture ricettive e con il 12% i pacchetti di viaggi. All’interno delle strutture ricettive, diminuisce il peso del comparto alberghiero dal 70% nel 2015 al 63% nel 2016, in parte grazie al crescente utilizzo delle piattaforme di sharing economy nel mondo dell’accomodation. La quota di mercato delle Online Travel Agency e dei vari siti aggregatori passa dal 23 al 24%, in crescita in valore assoluto del 10% rispetto al 2015.
L’incidenza del mobile commerce da smartphone sulla spesa digitale turistica è di poco inferiore al 10% e nel 2016 si attesta intorno ai 980 milioni in crescita di circa il 65% rispetto al 2015. Il tablet ha tassi percentuali più ridotti, ma comunque a due cifre.
Infine, il business travel incide per oltre il 10% sul transato online, attestandosi in valore assoluto in oltre un miliardo di euro. Considerando la sua incidenza nel mercato tradizionale, è secondo il PoliMi uno degli ambiti da cui è attesa la maggiore crescita futura.
Il digital tourist journey degli italiani
L’Osservatorio del PoliMi ha poi condotto uno studio sull’impatto del digitale nelle diverse fasi della vacanza breve degli italiani. Internet si conferma estremamente pervasivo soprattutto nella fase pre-viaggio. Ispirazione, ricerca e prenotazione avvengono online rispettivamente per il 67%, l’83% e l’84% del campione di 1013 turisti digitali coinvolti nella ricerca. Condivisione dell’esperienza, scrittura di recensioni, risposta a sollecitazioni commerciali post-viaggio riguardano rispettivamente il 34%, il37% e il 39% dei viaggiatori. Recensioni e commenti online sono essenziali per il 48% degli intervistati.
Le vacanze brevi così come quelle più lunghe vengono pianificate in media tre mesi prima, con una media di investimento di 361 euro contro i 755 della vacanza principale. I motori di ricerca sono lo strumento principale per la scelta della vacanza breve: ma è utilizzato al 75% per quella lunga e solo al 45% per quella corta. E il turista dello short break in 4 ore è pronto a prenotare.
È nella prenotazione dei servizi prima della partenza che internet la fa da padrone. L’81% degli intervistati, infatti, ha prenotato almeno un servizio online. In prima posizione l’alloggio al 73%, seguito dall’aereo al 27% e dal treno al 16%. Sul fronte dei servizi aggiuntivi pre-partenza, internet è usato soprattutto per attività culturali (13%), attività di relax (13%), ristoranti (12%) e assicurazioni (10%).
Infine, sono i giovanissimi (18-24 anni) a usare di più lo smartphone per la ricerca e prenotazione di vacanze brevi. E sono anche più attivi nel condividere l’esperienza sui social (40% rispetto al 34% sul totale), ma meno nella scrittura di recensioni (29% rispetto al 37%).
Via D ailyOnline
Nel 2021 il mercato E&M mondiale varrà 2.237 miliardi di US$ (CAGR +4,2%) rispetto ai 1.818 miliardi del 2016 L’imperativo strategico per le aziende E&M, oggi, è trasformare i clienti in “fan” Per la prima volta nel 2016 i ricavi Internet Advertising (190 miliardi US$) hanno superato i ricavi TV Advertising (169 miliardi US$). I ricavi Internet Video – con un CAGR dell’11,6% al 2021 – supereranno quelli dell’Home Video nel 2017 I ricavi da vendita dei quotidiani (61,9 miliardi US$) superano i ricavi da pubblicità (61,6 miliardi US$) per la prima volta nel 2016 Nel 2016 i ricavi del segmento Digital Recorded Music (11 miliardi US$) hanno superato quelli Physical Recorded Music (8,5 miliardi US$), mentre la musica in streaming (6,6 miliardi US$) ha superato i download (3,4 miliardi US$)
Per prosperare in un mercato sempre più competitivo, affollato e caratterizzato da bassi tassi di crescita, le aziende del settore Entertainment & Media (E&M) dovranno sviluppare efficaci strategie e soluzioni per coinvolgere e monetizzare i loro utenti più fedeli e appassionati: in altre parole, i loro fan. Secondo le previsioni di PwC pubblicate nel rapporto Global Entertainment&Media Outlook 2017-2021, le aziende devono essere in grado di combinare contenuti coinvolgenti con un’ampia e profonda capacità di distribuzione, connettendo questi asset con una user experience altamente interattiva, dove il contenuto risulta facilmente fruibile su un’ampia varietà di piattaforme e device ad un prezzo competitivo.
Lo studio, giunto alla 18esima edizione, rappresenta un’analisi complessiva circa l’evoluzione della spesa nel settore, raccogliendo le previsioni al 2021 sull’andamento in 54 paesi dei 17 principali segmenti: libri, business-to-business, cinema, data consumption, e-sports, accesso ad Internet, pubblicità online, video online, periodici, musica, quotidiani, pubblicità out-of-home, radio, TV e home video, pubblicità televisiva, videogames, realtà virtuale.
Le previsioni Pwc di crescita delle revenue da video online negli Usa
Le previsioni Pwc sulla crescita delle revenue dagli sport online nelle diversi Paesi
Le previsioni Pwc sull’andamento della diffusione e advertising dei quotidiani in diversi Paesi
Il posizionamento del mercato Entertainment & Media dei diversi Paesi secondo Pwc
I comparti del mercato Entertainment & Media che cresceranno di più nei prossimi anni secondo le previsioni Pwc
Le innovazioni della tecnologia orientano le strategie direct-to-consumer
Mentre le aziende del settore competono per sviluppare user experience sempre più coinvolgenti, anche gli investimenti in tecnologia sono al centro delle loro strategie. Oltre a migliorare l’esperienza di fruizione dei propri servizi, le aziende possono sfruttare le nuove tecnologie ed i dati raccolti per creare un circolo virtuoso, in cui l’incremento dell’interazione e dell’interesse del consumatore consenta di raccogliere sempre più dati e informazioni su ciò che gli utenti desiderano.
Grazie alla maggiore comprensione delle abitudini e delle esigenze degli utenti, le aziende potranno migliorare la loro offerta, coinvolgendo il loro target di riferimento e creando nuove opportunità per generare ricavi. A tale scopo, si stanno diffondendo modelli di business basati su strategie direct-to-consumer (D2C), abilitate dalla tecnologia e caratterizzate da una maggiore possibilità di scelta e controllo da parte degli utenti: nei prossimi cinque anni i segmenti Internet video e music streaming cresceranno ad un CAGR, rispettivamente, dell’11,6% e del 20,7%.
Il settore E&M crescerà meno del PIL
L’attenzione sulla ricerca di nuove fonti di ricavo, trasformando i consumatori in fan, è accentuata dal rallentamento complessivo dell’industry E&M e dalle pressioni sul segmento pubblicitario. Nei prossimi cinque anni l’industry E&M mondiale crescerà ad un CAGR pari al 4,2%, in ritardo rispetto alla crescita del PIL globale.
All’interno del dato complessivo, anche i ricavi pubblicitari globali cresceranno ad un CAGR del 4,2%, in calo rispetto al 5,1% stimato nella scorsa edizione del presente studio. Questo rallentamento riflette le pressioni sui modelli tradizionali di business basati sulla raccolta pubblicitaria, guidate dalla preferenza dei consumatori per esperienze ad-free e dall’insoddisfazione degli inserzionisti verso le attuali capacità di misurazione dei media digitali. Gli inserzionisti sono ancora disposti a investire, ma la spesa pubblicitaria è attualmente guidata dagli investimenti su internet.
Cresce la pubblicità mobile, ma servono migliori strumenti di misurazione
La crescita del segmento Internet advertising è alimentata dai ricavi mobile, cresciuti del 58,7% nell’ultimo anno e con un’espansione prevista del 18,5% fino al 2021. Nonostante questa crescita, la pubblicità online via cavo rappresenta il 61,6% del totale della pubblicità online nel 2016.
Inoltre, la forte crescita della pubblicità online in realtà maschera una forma di inerzia. Senza sistemi di misurazione che siano in grado di garantire trasparenza dell’efficacia e dell’efficienza delle principali piattaforme, i brand premium sono riluttanti ad assumersi il rischio legato ad una maggiore concentrazione della pubblicità sui media digitali, con la conseguenza che i grandi centri media e i loro clienti non investono ulteriori risorse in pubblicità.
Maria Teresa Capobianco, PwC Italian E&M Leader commenta: “Per qualsiasi operatore Media è prioritaria la capacità di conoscere e predire esigenze, interessi ed aspirazioni del consumatore, mediante strumenti di analytics, ma soprattutto modelli e processi previsionali evoluti. Le aziende del comparto Media per fare ciò devono adeguare i propri processi operativi alle esigenze del mercato e dei consumatori e devono dotarsi di processi snelli e flessibili. I dati hanno un valore anche per ridefinire le modalità di ingaggio e di retention dei consumatori. Fidelizzare attraverso gli strumenti tradizionali può essere più costoso e meno efficace di fidelizzare attraverso il prodotto e la user experience, creando fan.”
Andrea Samaja, PwC Italian Technology Media & Telecommunications (TMT) Leader commenta: “Il mercato Media & Entertainment attraversa da anni una fase di profonda trasformazione dei paradigmi tradizionali; le tecnologie, in particolare, hanno favorito, l’affermazione di modelli di business direct-to-consumer e di un’offerta più ricca ed eterogenea che va incontro ai gusti e agli interessi del consumatore. Tecnologia e digitalizzazione sono inoltre elementi che rendono dinamico lo scenario competitivo con player che sono tanto più forti quanto più in grado di differenziarsi mediante utilizzo di tecnologie innovative. La crescente affermazione di modelli di business direct-to-consumer ed attenzione strategica sulla user experience dei propri consumatori da parte delle aziende è un fattore addizionale che distoglie una parte d’investimenti che erano tradizionalmente orientati ai piani di comunicazione”.
Via Prima Comunicazione
Sentiamo spesso parlare di loro per l’elevato valore del brand e un grandissimo business pubblicitario. E come sentenziato da un recente studio di Zenith sono tra le concessionarie più grandi in termini di ricavi a livello globale, oltre a registrare il più elevato incremento delle entrate. Ma quanto spendono per promuoversi i big hi tech americani? Uno studio di Kantar Media ha dato una risposta numerica al quesito. Ne sono emerse interessanti evidenze.
Google punta sulla televisione, Microsoft leader
Nel 2016, per esempio, Google ha investito 350 milioni di dollari, oltre cento in più rispetto all’anno passato, preferendo soprattutto soluzioni display, search, mobile e video. Ne ha sborsati di più Microsoft, ben 746 milioni e in aumento dai 700 milioni dell’anno prima. Una curiosità: Bing ha veicolato poco meno di 8 milioni su Google Search, in netto rialzo dai 5,6 milioni del 2015. Lo studio specifica che anche Google compra regolarmente pubblicità sul motore di ricerca rivale, ma in questo caso non ci sono cifre. La televisione rimane un canale privilegiato per entrambe le aziende: per Google vale 260 milioni, per Microsoft 506.
Facebook e gli altri social secondo Kantar Media
Anche il social network professionale LinkedIn, acquistato l’anno scorso da Microsoft per 26 miliardi di dollari, ha investito 2,2 milioni, 1,7 dei quali per sponsorizzare uno spot durante la prestigiosa vetrina della notte degli Oscar. E Facebook? A dispetto di volumi inferiori di spesa, il social è quello che accresciuto il budget con la percentuale maggiore (260%) per un totale di 80,7 milioni, più della metà dei quali destinati alla televisione. Facebook Live è stato il prodotto chiave: solo la sua sponsorizzazione è costata 51 milioni. In controtendenza Twitter, la cui spesa marketing è stata tagliata del 70% a 9,2 milioni. Snapchat invece raddoppia a 3,2 milioni mentre Pinterest continua la traiettoria positiva a 2,1 milioni, come si evince dal report di Kantar Media.
Il modello opposto di Facebook e LinkedIn
Particolarmente interessante è notare la divergenza nelle strategie pubblicitarie di Facebook e LinkedIn, a conferma del fatto che sono due social molto differenti. L’utilizzo della televisione è tipicamente volto a raggiungere un pubblico di massa e aumentare la percezione del brand, oltre a naturalmente promuovere un prodotto specifico. Se la piattaforma di Zuckerberg è stata impegnata soprattutto a valorizzare lo strumento Live, LinkedIn ha adottato un approccio più emozionale mostrando alla platea televisiva degli Oscar il filmato da trenta secondi “You’re closer than you think” in cui è protagonista un astronauta, non certo lo stereotipo del lavoro che ci si aspetta di trovare su LinkedIn. La creatività è stata curata da BBDO San Francisco con la collaborazione del team creativo interno nell’ambito di una campagna più ampia che ha incluso anche stampa sul New York Times e digital marketing.
Dalla tv al digital
Lontano dagli schermi televisivi LinkedIn ha concentrato i suoi sforzi sul display, puntando a specifiche audience di professionisti in determinati settori. Si potrebbe dire che Facebook e LinkedIn mirano ad audience completamente opposte: la prima è alla ricerca di un pubblico molto ampio e si focalizza sul prodotto, mentre la seconda punta su un target definito con l’obiettivo di elevare lo status del brand. Insomma, l’uso di un media persuasivo come la televisione rimane un caposaldo anche per chi sta facendo la lotta per accaparrarsene i budget. D’altra parte non è un mistero: lo stesso Zuckerberg ha detto più volte di essere quasi “ossessionato” dal live video e broadcaster e spendere si stanno muovendo nella direzione dell’online. Il video sembra aver già vinto.
Via DailyOnline
L’edizione di maggio dell’indagine Top Brands, l’osservatorio di Blogmeter che monitora le social performance dei brand che si rivolgono al mercato italiano, svela le migliori acque minerali su Facebook e Instagram in termini di engagement e nuovi fan/follower. Se si fa un primo confronto tra i due social, emerge che i numeri di Instagram sono nettamente più bassi rispetto a Facebook per entrambe le metriche prese in analisi. Facebook quindi si attesta come il social network più efficace in termini di comunicazione per i brand del mondo “Waters”.
I migliori su Facebook
Dando un’occhiata alle performance dei singoli brand, vediamo che su Facebook Acqua Vitasnella conquista la vetta delle acque più coinvolgenti totalizzando quasi 50 mila interazioni. Il brand dal noto payoff “L’acqua che elimina l’acqua” riesce a coinvolgere la community di Facebook con una serie di post divertenti ed originali che sfruttano l’utilizzo di simpatici neologismi per generare engagement e stimolare gli utenti. Segue in seconda posizione con oltre 32 mila interazioni Ferrarelle che in maniera strategica accompagna la maggior parte dei suoi post con l’hashtag #vivieffervescente. A maggio ha fatto centro con un post pubblicato in occasione della Giornata Mondiale contro l’Omofobia, con lo slogan “siamo tutti effervescenti” per ribadire il concetto di uguaglianza. Terzo posto per Acqua San Benedetto con un terzo delle interazioni di Ferrarelle: a maggio la multinazionale italiana ha coinvolto principalmente con il suo progetto “La Foresta di San Benedetto” in partnership con l’organizzazione di tutela ambientale Treedom. In quarta posizione spunta Acqua Rocchetta Brio Blu con un boom di interazioni in occasione della festa della mamma, mentre la quinta pagina Facebook più coinvolgente di maggio è Levissima che ha appassionato con il progetto #everydayclimbers. A trionfare per numero di nuovi fan acquisiti è invece Acqua Sant’Anna, che conquista oltre sei mila nuovi seguaci, probabilmente anche in virtù del lancio della nuova linea Karma. A distanza di una manciata di fan, troviamo i brand Fonte Essenziale e Acqua Uliveto, entrambi bravi a coinvolgere con dei post dedicati alla #FestaDellaMamma. Chiudono la Top 5 delle pagine che accrescono maggiormente la propria community le già citate Vitasnella e Rocchetta.
I migliori su Instagram
Entrando invece nel dettaglio dei risultati di Instagram, ad aggiudicarsi lo scettro dei profili più coinvolgenti è Levissima che a maggio genera 1.300 interazioni, grazie soprattutto al successo del progetto #everydayclimbers, che racconta le storie di persone comuni e anche di volti noti, come l’instagrammer @labettarossa. Medaglia d’argento per Acqua San Bernardo, la cui iniziativa San Bernardo Kitchen ottiene un buon seguito su Instagram. Chiude il podio Ferrarelle che anche sul social delle immagini appassiona gli utenti con il post #noomofobia. Buone performance inoltre per Acqua Vitasnella che conquista il quarto posto della classifica dell’engagement e il quinto di quella per nuovi follower: efficace soprattutto per la campagna #TuAlMeglio con l’esperta di fitness Sayonara Motta. Ricordiamo infine che anche su Instagram, Acqua Sant’Anna riesce a distinguersi, posizionandosi come il brand che incrementa maggiormente la propria follower-base.
Via Spot and Web
La total digital audience rilevata da Audiweb ad aprile ha raggiunto 30,4 milioni di italiani dai 2 anni in su, collegati almeno una volta dai device rilevati (PC e mobile – smartphone e tablet), complessivamente, per circa 2 giorni e 8 ore (56 ore e 24 minuti). Nel giorno medio sono stati 23,7 milioni gli italiani che hanno navigato dai device rilevati (PC e mobile – smartphone e tablet -, al netto delle sovrapposizioni tra i device), collegandosi in media per 2 ore e 25 minuti. Più in dettaglio, nel giorno medio sono stati 10,2 milioni gli italiani (+2 anni) che hanno navigato da un computer desktop e 21,2 milioni (18-74 anni) da mobile (smartphone e/o tablet), con 13,5 milioni di 18-74enni che hanno navigato esclusivamente da mobile.
Il profilo degli utenti
Dai dati sul profilo degli utenti online nel giorno medio risulta quanto sia molto diffuso l’uso abituale di internet tra i più giovani, in particolare tramite mobile. Infatti, sono online quotidianamente il 69% dei 18-24enni e il 67% dei 25-34enni, mentre la fruizione abituale di internet si attesta a poco più della metà dei 35-54enni (il 59,5%) e al 31,7% degli over 55 che abbattono la media complessiva nazionale.
La composizione dell’audience
La composizione dell’audience si riflette anche sui dati di consumo. Sono ancora i giovani di 18-24 anni a dedicare più tempo alla fruizione a internet, raggiungendo le 2 ore e 48 minuti, seguiti dai 25-34enni – online in media per 2 ore e 35 minuti – e dai 35-54enni – online per 2 ore e 27 minuti. Per quanto riguarda la distribuzione del tempo trascorso online, nel mese di aprile risulta che circa l’80% del tempo totale online è stato generato dalla navigazione da mobile (smartphone e tablet).
Mobile
Per i 18-24enni la fruizione di internet è principalmente da mobile, considerando che il 91,5% del tempo totale trascorso online da questo segmento è basato sul consumo in mobilità. Ma la navigazione da mobile è preferita in modo trasversale da tutti i profili, in particolare dalle donne maggiorenni, che ad aprile hanno dedicato l’84,8% del proprio tempo online alla fruizione da mobile, al pari dei 25-34enni, che vi hanno dedicato l’84,6% del tempo totale online.
Search sempre al vertice delle categorie Audiweb
Gli italiani online ad aprile, dopo “Search” (93,7% degli utenti nel mese), “General Interest Portals & Communities” (90,9% degli utenti), “Member Communities” e “Internet Tools / Web Services” (circa l’87% degli utenti), hanno preferito i contenuti video, nell’83,4% dei casi (categoria Video/Movies, con 25,4 milioni di utenti nel mese), i servizi di messaggistica da mobile, nel 77,5% dei casi (“Cellular Paging”, con 23,6 milioni di utenti nel mese), l’e-commerce, nel 72,8% dei casi (Mass Merchandiser), con 22,2 milioni di utenti.
Via DailyOnline
Dopo anni di contrazione il mercato dei media (pay e advertising) ha chiuso il 2016 in crescita, raggiungendo quota 15,8 miliardi di euro. In questo contesto, ad assorbire sempre più investimenti è internet, che dopo la televisione (50%), occupa la seconda posizione tra i mezzi pubblicitari italiani con una quota del 30%.
Questi alcuni dei risultati presentati dall'Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano, che nel 2017 per il mercato prevede una crescita con tasso analogo a quello del 2016. "Siamo al giro di boa per il mercato della pubblicità online. Da quattro anni è ormai il secondo mezzo in Italia, ma proprio perché i numeri in gioco iniziano a essere significativi, è ora chiamato ad affrontare alcune prove per dimostrare la propria efficacia e il proprio impatto sugli obiettivi di business delle aziende", sottolinea il responsabile scientifico dell’Osservatorio Giuliano Noci.
Ma vediamo nel dettaglio alcune tendenze:
- Video al traino
All’interno della display advertising, il video advertising nel 2016 ha superato ampiamente i 500 milioni di euro, grazie in particolare alla crescita della raccolta pubblicitaria da parte degli Ott, ma anche dei principali broadcaster. La componente video pesa già il 22% del totale internet advertising e rappresenta il formato che nell’ultimo anno è cresciuto di più in valore assoluto. Nel 2017 si prevede un’ulteriore crescita intorno al 35%, che la porterà a rappresentare oltre un quarto del totale internet grazie non solo alla raccolta all’interno delle piattaforme di social network, ma anche alla crescita di molti altri player e alla diffusione di nuovi formati out-stream a fianco di quelli in-stream.
- Boom del native
Il comparto con la maggiore crescita percentuale (+76%) è rappresentato dal native (ossia gli elementi testuali/grafici/video all’interno di widget di raccomandazione, di flussi di news o di pagine di navigazione) che raggiunge nel 2016 i 30 milioni di euro grazie alla capacità di superare gli ad blocker e alle potenzialità di questi formati in termini di minor invasività e maggior engagement verso i consumatori. Bene anche il formato dei classified, che vale quasi 200 milioni grazie alla crescita dei nuovi portali verticali di annunci e che sarà sempre più importante in futuro.
- Il mobile pesa di più, ma ancora meno del pc
La raccolta pubblicitaria in larga parte avviene ancora su pc, con un peso pari al 65% del totale. Lo smartphone raggiunge un valore di 706 milioni di euro, in crescita del 54% rispetto al 2015 e con un peso pari al 30% dell’internet advertising complessivo (era il 21% lo scorso anno); nel 2017 potrebbe crescere ancora oltre il 30%, arrivando vicino al miliardo di euro di raccolta. Nel 2016, come lo scorso anno, lo smartphone è il device che ha il peso maggiore sulla crescita complessiva del mercato, compensando più che a sufficienza il calo su desktop. Con il tablet (solo app) che rimane marginale (5% del mercato pubblicitario online seppur in crescita del 36%), i canali mobile raccolgono quindi oltre un terzo del mercato digital advertising.
- Il programmatic si farà strada
Il mercato del programmatic advertising in Italia a fine 2016 vale 315 milioni di euro, con una crescita del 35% rispetto al 2015. L’incidenza sul totale display advertising è passata dal 19% al 23%, mentre il peso sul totale internet advertising dall’11% al 13%. Si stima che nel 2017 la categoria possa crescere intorno al 25%, arrivando complessivamente a un valore di 400 milioni di euro, con peso sul totale display superiore al 25% e sul totale internet advertising superiore al 15%.
- La vendita di servizi online cresce, ma è ancora limitata
Il mercato complessivo delle vendite di contenuti media (pay tv, stampa e internet media) nel 2016 vale poco più di 8 miliardi di euro, in leggera crescita (+2%) rispetto al 2015. La componente derivante da internet si assesta a circa 160 milioni di euro (+42% rispetto al 2015). La market share dell’online rispetto alla vendita complessiva di contenuti media rimane quindi marginale, pari a circa il 2% dell’intero mercato. Oltre metà (55%) della componente internet fa riferimento alla spesa dei consumatori per i contenuti video online (in Svod, abbonamenti di contenuti Video On Demand) in crescita del 69%; il resto è suddiviso quasi equamente tra i ricavi legati alle news (il 23% del mercato), in crescita del 3%, e i ricavi per gli abbonamenti a servizi musicali (22%), in crescita del 40%.
Via Mark Up
I risultati emersi della survey annuale di Ogilvy Media Influence condotta a livello globale su un campione di oltre 250 giornalisti e redattori, hanno identificato Facebook come il gatekeeper principale per le notizie, superando i canali media tradizionali e, in modo significativo, tutti gli altri social/piattaforme digitali come Google e Twitter. L’unica discordanza è stata rilevata nei risultati tra EMEA e Asia Pacific. Condotta dai membri del team di Ogilvy Media Influence in 22 uffici in tutto il Nord America, nelle aree EMEA e Asia Pacific, la survey ha rivelato anche che la stampa si sta adattando con successo al mondo digital, in tutte le aree geografiche.
“La nostra survey dimostra che l’innovazione tecnologica e dei media digitali sta cambiando il modo attraverso cui attingiamo alle notizie – ha dichiarato Jennifer Risi, worldwide chief communications officer di Ogilvy -. Al giorno d’oggi, quando gli utenti entrano su Facebook sono esposti a fonti di informazione tradizionali come il Wall Street Journal, che probabilmente non avrebbero letto. Adesso più che mai i brand hanno l’opportunità di raggiungere un pubblico più ampio direttamente dove vive e lavora”.
Digital storytelling e mobile
La survey di Ogilvy Media Influence ha anche rivelato che il digital storytelling e i dispositivi mobile risultano essere driver per la crescita. La maggior parte dei giornalisti (34%) ritiene che le piattaforme digitali – come i video in diretta e i podcast – rappresentino le più importanti opportunità di crescita per gli organi di informazione per reinventare un nuovo modello dell’industria dei media.
Altri risultati chiave di Ogilvy Media Influence
- Facebook è il gatekeeper numero uno per le notizie (37%), superando i canali media tradizionali (33%) e, in modo significativo, gli altri social network/piattaforme digitali come Google (15%) e Twitter (4%). Tuttavia, a livello regionale, si notano differenze tra EMEA (60%) e Asia-Pacific (22%).
- In sintesi, la stampa (41%) è considerata il media che si sta adattando con più successo al mondo digitale, con lievi differenze tra regione e regione. Nord America (40%), Asia Pafic (42%) ed EMEA (30%).
- In tutto il mondo i giornalisti considerano lo smartphone e/o i dispositivi mobile (28%) come un modo per ripensare la diffusione delle notizie nell’era mobile. Altre tecnologie promettenti, come la realtà virtuale (8%) e l’intelligenza artificiale (7%), devono ancora trovare il favore dei media.
- Il mix di earned media (40%), social media (26%) e influencer engagement (14%) è l’approccio più efficace per promuovere la reputazione e l’influenza del brand in tutte le aree geografiche.
Via DailyOnline
Quali sono i brand che influenzano di più i consumatori nel nostro Paese? Che differenze ci sono se si confrontano le due generazioni Millennials (21-35 anni) e Boomers (53-71 anni)? Risponde l'indagine annuale di Ipsos Italia, che ha analizzato il tema dell’influenza attraverso un indice che considera numerosi parametri, dall’engagement alla credibilità.
A livello nazionale, i brand più influenti sono questi:
Il primato assoluto è del mondo tech e di coloro che hanno cambiato il nostro modo di informarci, di comunicare, di condividere la nostra quotidianità e di fare acquisti. A fare da eccezione come esponente dell'alimentare è il marchio numero uno di Ferrero.
Nutella non è solo una crema spalmabile, è una compagna di vita, quasi un membro della famiglia cresciuto con noi e nelle case di tutti a prescindere dalle generazioni - Daniele Destefanis, senior brand manager di Nutella
Tra le new entry nel ranking 2017 c'è Mastercard, che “è riuscita ad avvicinarsi sempre di più alle abitudini e allo stile di vita dei consumatori, creando una relazione e dando l’opportunità di vivere esperienze esclusive anche grazie all’apporto dell’innovazione digitale. Una vittoria di prossimità”, spiega Silvia Brugnara di Mastercard.
Riconferma invece per Facebook, che resta al vertice grazie “a una capacità di innovazione costante, che è il nostro valore numero uno”, sottolinea Sylvain Querne, head of marketing di Facebook: “Segue in seconda posizione la fiducia, ovvero la promessa al consumatore di poter scegliere con chi condividere le informazioni”.
Millennials e Boomers: due target diversi
Gli asset che determinano l’influenza di un brand variano e pesano diversamente se guardiamo ai due target Millennial e Boomer. La fiducia, ad esempio, è un asset fondamentale per ambo le generazioni (rispettivamente 71% e 73% della rilevanza), ma per i Boomers è il driver principale.
Il Boomer premia di più il valore del brand, la solidità che affonda le radici nella tradizione italiana (Parmigiano Reggiano, Coop, ma anche Lavazza e Mutti), mentre al Millennials del marchio attrae maggiormente l’orientamento all’innovazione (Ryanair), ma anche la capacità di coinvolgere emotivamente e fare tendenza (Campari, H&M).
“Abbiamo risposto all’esigenza di connessione dei Millennials materializzandola nella dimensione fisica”, sottolinea John F. Alborante, Sales & Marketing Manager Ryanair Italy. Vediamo allora nel dettaglio la top 10 dei marchi più influenti su base generazionale.
Come emerge dal confronto, ci sono marchi come WhatsApp che riescono a posizionarsi contemporaneamente vicino a Millennials e Boomers grazie alla loro forza trasversale. La ricerca evidenzia inoltre che a questi si aggiungono anche Nike, Booking e Huawei.
Come spiega Valeria Raffa di Cabiria, “uno degli asset principali dei marchi di maggiore successo è l’identità visiva. Sembrerà banale, ma un brand che non riconosciamo non esiste. Lo swoosh di Nike non a caso è l’antesignano dei pittogrammi, vero e proprio simbolo iconico cross-generazionale”.
Via Mark Up
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