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  mymarketing.it: perchè interagire è meglio!... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico per mese (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Altri Autori (del 15/05/2008 @ 07:02:03, in Internet, linkato 1991 volte)

Una maggioranza schiacciante dei circa cinque milioni di navigatori italiani che hanno fatto almeno una volta shopping online stanno diventando degli habitué del commercio elettronico, che considerano sicuro e affidabile. La restante parte dei 18 milioni di italiani che frequentano il web rifuggono l'e-commerce, perché, guarda un po', lo considerano insicuro e inaffidabile. Una cosa unisce il popolo del web: l'infocommerce, che viene considerato utile, anzi utilissimo, tanto da incidere profondamente nelle abitudini di acquisto.

Tutto questo, ed altro, si legge in due ricerche che aiutano a capire presente e futuro dell'e-commerce in Italia, realizzate da Netcomm e Gfk Eurisko la prima, e da Netcomm e Università Bocconi la seconda. Sono state presentate nell'ambito della terza edizione dell'e-commerce Forum che si svolge a Fieramilanocity il 14 e il 15 maggio organizzato da Netcomm, l'associazione delle società italiane di e-commerce. Dalla prima ricerca risulta che più del 90% degli intervistati (il campione intero comprende un migliaio di utenti internet) intende ripetere l'acquisto online, quasi il 100% degli acquirenti esprime un giudizio più che positivo dell'esperienza. Però, c'è ancora moltissima gente che non ha mai fatto shopping online, ad alcuni addirittura non passa manco per la testa di fare l'esperienza.

Come mai? Non sarà mica "colpa" delle aziende di e-commerce, incapaci di interpretare le esigenze dei consumatori? Tutto lascia pensare a una frattura tra domanda e offerta. Ed ecco allora l'altra ricerca, quella in collaborazione con Bocconi, che si pone l'obiettivo di capire meglio le ragioni del gap, nella convinzione che ridurlo o eliminarlo consente ai fornitori di dare le risposte giuste al mercato. Che le potenzialità del mezzo siano enormi e che le abitudini di spesa degli italiano stiano cambiando, lo si capisce anche dalla continua espansione dell'info-commerce, quella affascinante attività che consiste nel cercare sul web i prodotti desiderati, confrontare prezzi e modalità di pagamento, per procedere poi all'acquisto su internet o, più spesso, sui canali tradizionali.

Ma vediamo più da vicino alcuni dati delle due ricerche. Secondo la ricerca di Netcomm–GfK Eurisko, a fronte di un numero di utenti internet (che hanno navigato negli ultimi tre mesi) di circa 18 milioni, gli acquirenti che almeno una volta in Italia hanno fatto un acquisto online sono poco più di 5 milioni. Diventano circa 4,5 milioni coloro che hanno fatto un acquisto negli ultimi 12 mesi, e 2,7 milioni quelli che l'hanno fatto negli ultimi tre mesi. La qualità del servizio è valutata molto buona (70%) o buona (30%). Più che buone anche le valutazioni su prodotti, siti, sistemi di pagamento, spedizioni e, un vero e proprio plus dell'e-commerce, la comodità. Il 92% degli intervistati esprime l'intenzione di fare altri acquisti su Internet. Acquisti molto ben ponderati, visto che il tempo medio passato online prima di comprare è di circa 3 ore. Grazie alle precedenti attività di info-commerce, l'acquirente arriva molto preparato, addirittura nel 53% dei casi sa già tutto del prodotto da acquistare. Il 77% degli intervistati compra per sé , il 20% per la famiglia. L'indagine rileva una forte ripetizione di acquisto delle stesse merceologie (il 70% dei casi), e stessi siti (40%). In generale, la decisione di acquisto è autonoma nel 76% dei casi, mentre arriva dal passaparola con membri della famiglia nel 23%, per il 16,9% dal web, solo per il 3% dalla pubblicità tradizionale. Le ragioni che spingono ad acquistare online sono soprattutto la convenienza economica (22%), la comodità (17%), l'apertura del "negozio" 24 ore su 24 (11%). Le fonti sono sul web nell'82% dei casi: 49% motori di ricerca, 41% sito del produttore, 28% sito di commercio elettronico, 28% sito specializzato, 23% comparatore. Il passaparola pesa per il 46%. L'utilità percepita è molto positiva per motori di ricerca, siti dei produttori, comparatori di prezzo, portali, recensioni sul web e passaparola. Risulta invece bassa per i negozi, i call center, i numeri verdi e la pubblicità fuori dal web. L'acquisto avviene prevalentemente dai siti di vendita specializzati. (38%), seguiti dai siti dei produttori (24%) e dalle piattaforme di e-commerce (21%).
L'altra ricerca, quella di Netcomm-Università Bocconi, è di tipo più qualitativo, basata com'è sulla comparazione delle percezioni tra manager e clienti. La ricerca è stata condotta su 52 principali operatori del commercio elettronico che coprono oltre l'85% del traffico sui siti di commercio elettronico censito da Nielsen Online, con la sola esclusione del comparto finanziario/assicurativo, musicale e delle ricariche telefoniche, e sui consumatori online attraverso un pop up su quattro siti campione.
In questo contesto, emergono alcune divergenze. Per esempio, i manager tendono a sopravvalutare gli investimenti in pubblicità e a sottovalutare l'assortimento dell'offerta. Da parte loro, i consumatori tendono a dare più importanza ad aspetti come l'efficienza della logistica, la competizione a livello di prezzo e l'efficacia dei pagamenti. C'è sostanziale accordo tra manager e consumatori sull'importanza del ruolo che assumono le funzionalità del sito e le garanzie legate alla transazione, e di quello, ritenuto meno importante, della presenza di community e di servizi di customer care. Marginale il numero dei casi di recesso da parte dei clienti dopo l'acquisto (appena il 4%). I clienti abbandonano nel 38,8% dei casi dopo aver ricercato informazioni (qui si vede la forza dell'impatto dell'info-commerce), nel 16,8% dei casi nel corso della registrazione, nel 24% dei casi durante l'acquisto, e nel 16,4% nel corso delle procedure di pagamento.

di Pino Fondati su ILSOLE24ORE.COM

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Di Altri Autori (del 14/05/2008 @ 07:51:13, in Tecnologie, linkato 1940 volte)

La televisione, in formato Web beninteso, si guarda con il Messenger, con il sistema di messaggistica targato Microsoft. Ed è un nuovo canale tv che parte già con 12,5 milioni di utenti. Il colosso di Redmond ha lanciato in Europa la Messenger Tv che abbina la visione dei video e le conversazioni su Windows Live Messenger. Il progetto, è bene sottolinearlo, nasce dalla creatività del team italiano.

Gli di utenti italiani di Windows Live Messenger avranno la possibilità di guardare e commentare i loro video preferiti "in compagnia" dei loro contatti: una nuova modalità di interazione e condivisione. L'offerta di contenuti comprende l'intero catalogo di clip di Mns Video, il canale gratuito di video del portale Msn. Per l'occasione, inoltre, Microsoft ha stretto una partnership con Mtv Italia: gli utenti avranno così a disposizione i migliori programmi locali del canale musicale più amato dai giovani di tutto il mondo, da "Very Victoria" a "Loveline", fino al nuovissimo "Stasera niente Mtv" con Ambra Angiolini.

Oltre a Mtv, la nuova Messenger tv beneficerà delle altre partnership di qualità strette da MsnVideo. Grazie al recente accordo con Mediaset.it sarà, infatti, possibile guardare i migliori programmi di Canale 5, Italia 1 e Rete 4 mentre la collaborazione con Sony Bmg offrirà i video musicali dei più famosi artisti della scena mondiale. E ancora le notizie di Ansa e Agr , i contenuti cinematografici di Coming Soon, le notizie sportive di Sportal e i video di altri partner eccellenti nelle diverse categorie, che renderanno ricca e avvincente l'offerta della nuova TV di Messenger.

Via ILSOLE24ORE.COM

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Di Altri Autori (del 13/05/2008 @ 07:00:51, in Internet, linkato 1767 volte)

Con il passare degli anni il web diventa sempre più al femminile: sono in aumento le donne che si dilettano navigando sul web. Pur non essendo ancora una percentuale schiacciante quella delle internaute, a oggi il 35% delle donne utilizza regolarmente internet per svolgere attività di vario tipo.

A dirlo è stata una ricerca condotta dall’associazione Donneuropee-Federcasalinghe, Esperya.com e La Feltrinelli.it, che hanno confrontato i dati Istat e Nielsen con quelli contenuti all’interno del proprio database.

Nel 2007 il 31,7% delle donne utilizzava internet in modo regolare, mentre gli uomini erano il 42,3%. Pur non essendo frequentatrici assidue della rete è interessante constatare che l’85% degli accessi “rosa” sono da ricollegarsi ad attività sociali come mandare e ricevere email (72,6%), ricercare informazioni (58,9%), apprendere nozioni varie (53,2%), cercare offerte di viaggi (43,3%), leggere giornali (39,3%).

A collegarsi alla rete sono comunque donne di età compresa tra i 18 e 20 anni (73,3%), segue la fascia tra i 15 e i 17 anni (72,2%), quella tra i 20 e i 24 (69,8%) e infine quella tra i 25 e i 34 anni (53,6%). Per quanto riguarda l’attività professionale, utilizza abitualmente internet il 40,3% delle donne lavoratrici, il 18,6% delle studentesse e l’8% delle casalinghe. Il fenomeno dell’e-commerce nel 2007 aveva un valore di 4,868 miliardi di euro così distribuiti: turismo (48,7%), tempo libero (15,4%) e elettronica di consumo (13,4%).

In Italia sono stati eseguiti circa 23 milioni di ordini online: il 22,7% degli italiani nel 2007 ha utilizzato la rete per acquistare merci o servizi per uso privato, di cui il 27,2% uomini e il 17,2% donne.

La carta di credito rimane lo strumento di pagamento preferito per gli acquisti online con circa il 43% degli intervistati. Rispetto allo scorso anno, la tendenza vede un aumento del pagamento alla consegna (30%, rispetto al 24% dello scorso anno).

Tra i motivi della sfiducia verso il pagamento con carta: la preferenza ad acquistare di persona (52,3%), l'assenza di bisogno (43,8%), i problemi di sicurezza legati alla carta di credito (23,1%), la mancanza di fiducia (14,8%).

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 12/05/2008 @ 07:54:42, in Internet, linkato 1771 volte)

Advertising on line : social networking via maestra
In realtà sembra che l'appetito di Steve Ballmer & Co. sia quanto mai elevato e si parla addirittura di un fantomatico "Project Granola", un piano "B" che metterebbe nel mirino della società vari siti di spicco del social networking. Facebook, come ha scritto anche il Wall Street Journal, sarebbe la prima di una lunga serie di acquisizioni che il gigante del software potrebbe operare per ovviare al "fallimento" dell'operazione Yahoo!. In Facebook, tra l'altro, Microsoft detiene già una quota dell'1,6% (pagata un anno fa 240 milioni di dollari) e le attività in fortissima crescita di quest'ultima – oltre 100 milioni di visitatori unici mensili e 350 milioni di dollari di fatturato previsto per il 2008, numeri più che raddoppiati rispetto a dodici mesi fa – fanno assai gola ai vertici di Redmond sebbene possano costare parecchio in termini di investimento (non meno di 10-15 miliardi di dollari secondo alcuni analisti). Siamo ovviamente nell'ambito delle indiscrezioni, anche se è confermato il fatto che le banche d'affari vicine a Microsoft abbiano in effetti bussato di recente alla porta di Mark Zuckerberg (Ceo di Facebook) e che alcuni executive di Redmond abbiano discusso di possibili accordi con la News Corp. di Rupert Murdoch. Facebook, però, non è il solo nome caldo del Web 2.0 che solletica l'attenzione di Ballmer: nella sua lista della spesa ci sarebbero stando ai bene informati, anche "fenomeni emergenti" come Digg.com e LinkedIn, o realtà ultra consolidate come MySpace, il "social site" di proprietà della Fox Interactive Media. Ma la domanda da porsi non è tanto chi finirà nella pancia di Microsoft quanto come Facebook (con la quale la società ha in essere un contratto di esclusiva per la rivendita di display advertising sul sito di social networking) o chi altri potrà aiutarla a crescere in modo sostanzioso nel business della pubblicità on line. Ed è quest'ultimo il terreno dove Ballmer vuole primeggiare.

Il nuovo motore pronto entro maggio
In attesa dei prossimi sviluppi, Microsoft ha calamitato l'attenzione dei media americani anche su un altro fronte, quello del proprio motore di ricerca on line, Live Search. La rivalità con Google, su questo fronte, è quanto mai sentita e stando ai bene informati la casa di Redmond annuncerà sostanziali miglioramenti alla piattaforma entro la fine di questo mese. Lo stesso Bill Gates, ieri l'altro, parlava di una prossima versione del motore made in Windows (il cui nome in codice sarebbe "Roma") in cui convergeranno aggiornamenti sotto vari profili, dalla rilevanza delle "query"di ricerca a tool intelligenti che guideranno in modo più mirato (e contestuale) le richieste degli utenti e i risultati loro proposti. Microsoft, ad oggi, lamenta un gap notevole nella classifica dei motori di ricerca più utilizzati dagli americani: stando ai dati di ComScore, infatti il 59.8% delle ricerche sul Web transita da Google, il 21,3% da Yahoo e solo il 9,4% da Msn e Windows Live. Logico quindi che lo sforzo della società non possa prescindere da una più marcata attenzione del grande pubblico verso i propri servizi di search e che il fine ultimo delle novità in rampa di lancio sia quello di offrire agli investitori pubblicitari strumenti di interazione con i potenziali clienti allo stato dell'arte.

Di Gianni Rusconi su ILSOLE24ORE.COM

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Di Roberto Venturini (del 09/05/2008 @ 07:58:43, in Marketing, linkato 1976 volte)
Bellissima idea creativa.

Porre sui nastri dei ristoranti giapponesi (sushi train, o kaiten-zushi) delle piccole repliche della Polo, con un semplice messaggio: fino a 1100 km con un pieno.

E già che ci siamo aggiungere un concorso.

Detto questo e fatti i complimenti per la creatività, permettetemi di farmi venire qualche dubbio.

Non posso credere esistano dei veri e propri circuiti di ristoranti giapponesi, acquistabili per piazzare la propria pubblicità (anche se esistono invece i sushi consultants, mestiere che in una prossima vita non mi dispiacerebbe fare).

Ergo, per fare un rollout di questo tipo di eventi sul territorio bisogna faticosamente andare a farsi i ristoranti uno per uno, prendendo appuntamento, negoziando con proprietario e così via.

Ora, per chi non è del mestiere sembrerà poco, ma significa che per fare un 20 ristoranti si rischia di metterci un mese o più (un tempo enorme), e di avere un elevato investimento di ore-uomo per un pugno di contatti; ore-uomo che il cliente deve pagare, aumentando il costo dell'operazione (ad un punto in cui 1% sono costi di produzione e 99% costi per pensarla e metterla sul territorio).

Il tutto per raggiungere qualche migliaio di persone. Che magari non sono nemmeno perfettamente in target con il prodotto (non vedo grosse correlazioni tra il japanese food e la Polo, non riesco a pensare che il ristorante giapponese di suo selezioni target alto consumanti questa vettura...).

Conclusione: a pensar male si fa peccato ma raramente si sbaglia. E non mi sembra proprio che questa idea, pur creativamente molto bella, abbia le gambe lunghe per farsi vedere in maniera convincente, su un numero di persone sufficientemente elevato, a costi per contatto ragionevoli.

Il Guerilla / Ambient etc è bello, ma se non genera un buzz resta una pirlatina fatta fra amici

A pensar male mi viene da dire che se va bene l’operazione Sushi VW è stata messa in pista in uno o due ristoranti, fotografata e mandata ai vari premi internazionali... la classica creatività fatta solo per i premi e non per il business? (queste cose si vedono continuamente)… se non altro, non andando in TV non si sono fatti spendere a vuoto dei gran soldi al cliente. Anzi, no, fosse andata in TV qualcuno l’avrebbe vista.. ; - )

I dati rilasciato parlano di 20.000 persone che hanno prenotato online un test drive. Ora io ho forti dubbi arrivino tutti dai ristoranti giapponesi...

Concludendo - se qualcuno ha evidenze contrarie me lo comunichi - ma a me pare proprio uno di quei progetti che servono più a chi li fa, che a far vendere i prodotti... (però l'idea mi è piaciuta un casino).
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Di Altri Autori (del 08/05/2008 @ 07:48:22, in Marketing, linkato 1884 volte)

Durante il primo trimestre dell’anno i ricavi legati alle strategie di product placement applicate a 11 tra network televisivi e canali di tv via cavo nella fascia del primetime, sono aumentati del 6%.
 
Nello specifico: le forme di pubblicità indiretta sono aumentate del 39% sulle emittenti nazionali, mentre sui canali via cavo sono diminuite dell’1%. Secondo l’indagine svolta da Nielsen product placement service, le apparizioni televisive di marchi famosi sono state 117.976: la strategia più utilizzata per la sponsorizzazione ‘occulta’ è quella del ‘foreground’, presente nel 35% dei casi.
 
Per quanto riguarda la tv via cavo, è più facile trovare prodotti di marca esposti in ‘wardrobe’, che rappresentano il 32%. All’interno dei 10 programmi più seguiti delle 11 reti, i piazzamenti di merci griffate sono stati 15.404, quasi il doppio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il programma meno sfruttato da questo punto di vista è stato “The biggest loser” 3.977 esposizioni.

I 10 marchi più esposti hanno guadagnato il 52% salendo da 4.253 presenze nel 2007 a 6.453. Il marchio Coca Cola, grazie all’accordo con il talent show “America idol”, si conferma regina di tutti gli sponsor, registrando 2.380 comparse. In testa alla classifica dei prodotti più utilizzati nella pubblicità indirette, troviamo le bevande analcoliche, capitanate da Coca Cola, a seguire gli indumenti (Nike è uno dei brand più diffusi), i centri /club di fitness, le squadre di calcio e le attrezzature sportive.

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 07/05/2008 @ 07:05:28, in Prodotti, linkato 1837 volte)

L'attesa è (quasi) finita: l'iPhone, il cellulare della Apple che secondo gli analisti di settore ha cambiato per sempre faccia agli smartphone sarà in vendita nel Bel Paese in estate nella nuova versione 3G, quella in grado di operare sulle reti Umts per l'accesso ad alta velocità a Internet. La conferma è arrivata stamattina con un doppio annuncio firmato Telecom Italia e Vodafone, i due primi gestori che hanno firmato il contratto di distribuzione per l'Italia con la società californiana. In casa Tim una breve nota ha ufficializzato l'accordo confermando la disponibilità dell'iPhone "entro l'anno", senza fornire alcuna indicazione circa tempistiche di rilascio, prezzi e modelli. In un altrettanto scarno comunicato Vodafone ha reso noto che inizierà a vendere (sempre entro la fine del 2008 e solo per essere utilizzato sulla propria rete) l'iPhone in dieci Paesi in tutto in mondo, e cioè Australia, Repubblica Ceca, Egitto, Grecia, Italia, India, Portogallo, Nuova Zelanda, Sudafrica e Turchia. I due giganti della telefonia mobile si sono quindi mossi in simbiosi per annunciare quanto si sapeva da tempo – anche se il botto di Vodafone non era così scontato – e sebbene non ci siano conferme che quello che arriverà nei negozi prossimamente sarà il nuovo iPhone tutto lascia pensare che si tratti proprio della tanto attesa versione 3G. Da entrambe le compagnie, come da copione, è arrivato il classico "no comment" circa i dettagli dell'annuncio e l'unica indiscrezione filtrata riguarda la disponibilità, che potrebbe essere anticipata alla fine di giugno.

Dando quindi per scontato che l'iPhone marchiato Tim e Vodafone sarà in grado di operare sulle reti di nuova generazione, la curiosità di addetti ai lavori e popolo della Mela è ora focalizzata sulla natura dei modelli che sbarcheranno in Italia. Le ipotesi sono varie e spaziano dalla capacità di memoria (da 8 e 16 Gbyte?) ai colori (il bianco dei Mac oltre al classico nero? Quel che sembra certo è che, a differenza degli Stati Uniti e dei Paesi in cui l'iPhone è venduto, in Italia Apple dovrebbe rinunciare al modello di "revenue sharing". I ricavi generati dai servizi offerti dagli operatori non sarebbero infatti più una prerogativa del modello di business che Steve Jobs ha saputo imporre alle varie At&T, O2, Orange e T-Mobile ma non è ancora chiaro se gli operatori italiani bloccheranno la Sim sui telefoni Apple (per un massimo di nove mesi) per evitare la "migrazione" immediata dei clienti verso altri gestori o venderanno il terminale in versione "unlocked", e cioè senza vincoli contrattuali di alcun genere. Quest'ultima sembra l'ipotesi più probabile anche per un motivo molto concreto: tramite semplici "alchimie" software gli iPhone si possono comunque sbloccare (hanno subito questa sorte circa un quarto dei cellulari Apple venduti negli Usa) e il mercato italiano, che vanta una penetrazione dei telefonini del 140%, difficilmente accetterebbe di pagare un sovrapprezzo sostanzioso per utilizzare "forzatamente" servizi non desiderati. Che l'iPhone in Italia verrà venduto esclusivamente per abbonamento o sarà utilizzabile anche con una semplice scheda pre-pagata non è comunque dato a sapersi oggi.

di Gianni Rusconi su ILSOLE24ORE.COM

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Di Altri Autori (del 05/05/2008 @ 07:52:57, in Internet, linkato 2058 volte)

Il giornalismo della carta stampata sta attraversando momenti davvero bui, profondamente penalizzato dall’avvento di internet e dall’evoluzione tecnologica.
 
Molte testate si trovano costrette a chiudere i battenti delle proprie redazioni che devono trasferirsi sul web, ultimo tra tutti Il Capital Times. Il mercato dei giornali perde colpi mentre quello online gode di ottima salute: negli ultimi mesi l’audit bureau of circulation, agenzia statunitense che monitora le tirature, ha registrato un crollo globale delle copie vendute pari al 3,5%.
 
Tra le testate più colpite dalla crisi, il New York Times che perde il 9,2% per l’edizione domenicale e il 3,8% per il resto della settimana. Imminenti i problemi sul fronte dell’occupazione: sono previsti tagli per 100 unità. Abbastanza negativa anche la situazione del Washington Post che subisce un calo del 3,5% sulle vendite settimanali e del 4,3% su quelle domenicali.
 
Il Wall Street Journal di Rupert Murdoch segna invece una tiratura in leggero aumento (+0,3%), destinata a crescere con l’introduzione della nuova edizione generalista con cui il magnate australiano vuole fare concorrenza al rivale New York Times. Usa Today, il quotidiano più diffuso, sale dello 0,27%, mentre il Los Angeles Times perde il 5,1% nelle edizioni settimanali e il 6% in quelle domenicali.

Via Quo Media

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