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 mymarketing.it: e tu cosa ne pensi?... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico per mese (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Roberto Venturini (del 29/11/2006 @ 08:34:28, in Marketing, linkato 2931 volte)

Tutta la dimensione di consiglio, confronto, socializzazione tipica dello shopping influenza fortemente la nostra decisione di cosa compraree dove. Non è però generalmente corretto chiamare shopping quello che si fa on-line: difficilmente si “va per vetrine”, per vedere cosa c’è di nuovo e di bello, aspettandosi l’inaspettato e la sorpresa. E non si va, generalmente, a fare compere online in compagnia (se invece lo fate postate un commento, mi interessano le eventuali dinamiche su questo fronte).

Queste dimensioni sociali stanno venendo recuperate anche grazie a siti che aggregano comunità che si relazionano fra di loro in modo sociale. E che possono, sul sito, dare voti ai prodotti, creare liste tipo "i 10 migliori", scrivere recensioni e consultare le recensioni dei propri pari. Ricevendo quindi un aiuto per orizzontarsi fra le decine di milioni di prodotti in vendita online e offline, senza doversi fidare solo del punto di vista del produttore ( la pubblicità), ma affidandosi ad un consenso collettivo o più semplicemente, sentendo le opinioni di chi il prodotto l’ha già provato. O, più spesso, di qualità, almeno negli obiettivi: in molti siti esperti e celebrità sono invitati a scrivere recensioni e proprie liste del “meglio di”; e gli utenti “normali” potrebbero venire presto remunerati sulla base della qualità della propria recensione (e , a tendere, sulla capacità di far vendere online il prodotto, in una forma di affiliate marketing).

Questo può avvenire a livello dell'intero mercato ma, molto probabilmente, esprimerà la sua vera forza sulle nicchie sociodemografiche, sulle tribù, su quei piccoli gruppi appassionati, altospendenti, dispostissimi e interessatissimi a scambiarsi opinioni, pareri e consigli.

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Di Max Da Via' (del 27/11/2006 @ 07:31:52, in Prodotti, linkato 4193 volte)
Voci sempre più insistenti danno come imminente l’annuncio da parte di Apple del nuovo iPhone, punto d’incontro tra l’ormai famosissimo iPod e la telefonia cellulare. Il momento ideale per il lancio sarebbe senza dubbio il prossimo Gennaio, mese in cui si volge il MacWorld, il più importante appuntamento annuale per la casa di Cupertino, all’interno del quale vengono presentate le principali novità che caratterizzeranno i mesi successivi.

A dare ulteriore conferma a queste anticipazioni sono le indiscrezioni pubblicate da Forbes, secondo le quali Apple avrebbe commissionato la realizzazione di oltre 12 milioni di cellulari a Hon Hai Precision, un produttore taiwanese fornitore oltre che della stessa Apple anche di colossi dell’elettronica di consumo quali Dell, Nokia e Sony.

La notizia di questo ingresso della Apple nel mondo della telefonia mobile è stata accolta con favore dal mercato, consentendo al titolo di raggiungere al Nasdaq di New York i nuovi massimi storici, con un valore di 88,40 dollari. I risultati positivi derivanti in particolare dalle vendite di di iPod e Mac hanno fatto il resto, consentendo alla Apple di toccare una capitalizzazione di borsa di oltre 75 miliardi di dollari

A convincere la Apple a fare il grande salto potrebbe essere stata anche la chiara tendenza alla convergenza che caratterizza il settore della telefonia mobile e quello della musica digitale: sono infatti sempre più numerosi i cellulari in grado di riprodurre in maniera fedele mp3 e gli altri formasti audio fino a qualche anno fa esclusivo appannaggio di appositi lettori. La Sony in particolare è molto attiva in questo campo con i cellulari della linea Walkman, caratterizzati da memorie espandibili e buone capacità di riproduzione sonora, ma anche il leader di mercato Nokia ha lanciato da tempo i modelli della serie N, realizzati dichiaratamente con una forte vocazione multimediale.

Riuscirà la Apple a farsi largo (se queste indiscrezioni dovessero rivelarsi esatte) nell’affollato ed estremamente competitivo mercato della telefonia mobile? La forte notorietà del brand e di un prodotto come l’iPod, incontrastato leader dei lettori di musica digitale, giocheranno sicuramente a suo vantaggio. Il lancio di un telefono che dovrebbe richiamarsi sia nel nome che nelle caratteristiche ad un prodotto di così grande successo è un ottimo punto di partenza, ma i concorrenti non staranno certo a guardare e per potersi conquistare una quota di mercato la casa della mela dovrà giocarsi bene le sue carte, sfruttando il proprio marchio ma puntando soprattutto sulla qualità che da sempre caratterizza i suoi prodotti.


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Di Roberto Venturini (del 24/11/2006 @ 07:54:30, in Marketing, linkato 4960 volte)

Internet è sempre stato uno strumento usato per innescare dinamiche di relazione sociale (e infatti la posta elettronica è nata prima delle pagine web).
Ed il web è stato subito uno strumento al servizio dello shopping. Molto prima che nascesse l’ecommerce, già si potevano contare numerosissimi siti, forum, liste che riportavano consigli, suggerimenti, dibattiti e condivisioni relative all'acquisto di beni o servizi per il proprio consumo.

Così, proprio per la natura di Internet, è naturale che questi i filoni della socialità e dello shopping abbiano effettuato una convergenza e sia da circa un’anno sotto stretta osservazione il fenomeno del Social Shopping.

Il Social Shopping è una evoluzione dell’e-commerce. Un contesto sociale online dove si massimizza la capacità del consumatore di influenzare negli acquisti gli altri consumatori.

Ha al suo centro la potenza inarrestabile della massa umana collegata e della sua voglia di parlare, di scambiarsi informazioni. Il principio fondante è quello della massa di utenti in grado di decidere, attraverso le interazioni con gli altri utenti, quali prodotti comprare – a livello singolo, a livello di massa e a livello di fenomeno.

E si tratta di tre livelli di influenza che portano con sé delle conseguenze non da poco per il lato dell’offerta.

Il Social Shopping per l’acquisto individuale è la punta dell’iceberg.
Si va su un sito, si parla con i propri pari, si leggono recensioni, si decide. Si compra online o in un negozio vero. E spesso ha più influenza la parola del gruppo sociale o dello sconosciuto amico recensore di quanto influenzi la pubblicità, la comunicazione, l'incentivazione del commesso in negozio.

Ma la parte sommersa dell’iceberg la cominciamo a vedere se consideriamo che l'effetto accumulato di questi acquisti individuali innesca il comportamento di gruppo.

Il passaparola quindi diventa un fenomeno di comunicazione di massa, fino a innescare il terzo livello, quello della moda, del badge value, del prodotto di cui non si va a cercare conferma su un sito ma di cui si viene avvertiti proattivamente dagli amici con una mail o durante una chat, quel prodotto di cui si sente parlare sui mass media - il prodotto che la massa collegata, attraverso le proprie interazioni online, ha decretato essere il nuovo status, la nuova killer application, il gadget o il capo d'abbigliamento irrinunciabile.

E qui si intrecciano strettamente i temi del Viral Marketing e del Social Shopping.

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Di Altri Autori (del 23/11/2006 @ 07:50:58, in Prodotti, linkato 5687 volte)

E' considerato il re della cucina mediterranea,, sempre più se ne scrive e la quasi totalità delle famiglie italiane lo porta in tavola ogni giorno. Stiamo parlando dell'olio d'oliva. Ma gli italiani quanto conoscono davvero questo alimento? E' la domanda che si è posto l'Osservatorio Bertolli.

Il gusto del benessere', centro di studio e ricerca nato nel 2001 con l'obiettivo di esplorare il mondo dell'olio d'oliva dal punto di vista delle valenze nutrizionali ma anche del gusto e del piacere, oltre che per promuoverne la diffusione della cultura. L'Osservatorio Bertolli ha quindi commissionato all'istituto Astra Ricerche un'indagine per rilevare il grado di conoscenza degli italiani in materia di olio.

Sorprendenti i risultati: in Italia solo il 13% degli abitanti (dai 15 anni in su) sarebbe promosso a pieni voti, il 35% passerebbe con sufficiente, il 46% sarebbe rimandato e il 7% bocciato. C'è quindi un forte divario tra coloro che utilizzano l'olio nelle preparazioni di tutti i giorni e chi ne conosce realmente caratteristiche e virtù. Oltre ad una scarsa conoscenza della materia da parte degli italiani, l'indagine ha fatto emergere anche una serie di luoghi comuni sul mondo dell'olio d'oliva, ancora oggi fortemente radicate in gran parte della popolazione. Come l'utilizzo degli oli in cucina: il 44% degli italiani erroneamente ritiene, infatti, che in frittura sia da preferire l'olio di semi perché più leggero e digeribile.

Pensando poi a quanto il consumatore oggi sia sempre più attento alla propria alimentazione, sia per una questione salutistica sia per motivazioni puramente estetiche, sorprende il fatto che il 45% degli intervistati coltivi convinzioni errate in tema di calorie, grassi e colesterolo in relazione al mondo dell'olio. Il 47% non sa che l'olio di oliva contiene delle sostanze naturali (i polifenoli) che agiscono come anti-ossidanti e sono un valido aiuto contro l'invecchiamento. Ma ancora di più stupisce che il 34% per cento creda che l'olio extra vergine di oliva apporti più calorie rispetto a un olio di semi. Altro argomento risultato sconosciuto agli italiani riguarda la produzione dei diversi olii: l'indice di esattezza circa la conoscenza della produzione dell'olio è risultato infatti basso/nullo per l'86% degli intervistati. Sempre più spesso, quando si parla di alimentazione, viene sottolineato anche il concetto di qualità.

Ma quanti sanno riconoscere realmente se un olio è di qualità? Dall'indagine di Astra risulta che l'84% della popolazione appare disinformata sull'argomento, il 67% crede che un olio che pizzica in gola abbia un'acidità più elevata e il 38% considera in maniera negativa il gusto amaro, valutando entrambi come difetti di qualità dell'olio, il 45% non sa che solo un gruppo di assaggiatori esperti può riconoscere la vera qualità dell'olio. Infine qualche valutazione positiva: il livello della conoscenza è buono se si parla di gusto, anche se il 25% non sa ancora cogliere le sfumature dell'olio, come per i vini, e una minoranza crede ancora che l'olio prodotto da olive senza nocciolo sia migliore.

Buone le conoscenze anche sulla conservazione dell'olio: la maggior parte degli italiani sa che l'olio va conservato al buio, ben chiuso e che soffre il caldo. Dura a morire rimane però l'errata convinzione che sia corretto conservare l'olio in un'oliera, magari con continui rabbocchi: questo è in realtà solo un ottimo sistema per far diventare rancido anche il migliore degli oli.

C'è anche un 19% che crede sia meglio consumare l'olio dopo alcuni mesi dall'acquisto, mentre è vero che si possono apprezzare le proprietà dell'olio proprio quando è giovane e che con il tempo i benefici e la qualità diminuiscono sensibilmente.

Barbara Tomasi

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Di Altri Autori (del 22/11/2006 @ 07:42:54, in Internet, linkato 3536 volte)
Il futuro del Web è amatoriale. Ne sono convinti gli esperti del settore e lo confermano anche gli ultimi dati raccolti da Google. Stando a Nikesh Arora, a capo della divisione europea del colosso di Mountain View, presto la Rete potrebbe infatti assistere a uno storico sorpasso dei contenuti autoprodotti su quelli professionali. Un fenomeno che ripropone la centralità dei cybernauti nella crescita e nell'evoluzione del Web e che sottolinea ancora una volta l'importanza dei contributi home-produced su Internet.

"Diciotto mesi fa YouTube non esisteva, e ora milioni di persone guardano video su quel sito. - ha spiegato Arora, sottolineando che molti cantanti e attori amatoriali adesso hanno un pubblico più ampio di artisti affermati - Per la prima volta, Internet consente alla gente di dire: ho sentito cos'hai detto, ora lascia che ti dica quello che penso io".

Ma quali sono i materiali autoprodotti più diffusi in Rete? Prevalentemente si tratta di video, canzoni, blog, articoli e commenti. Il tutto, ovviamente, diffuso gratuitamente e senza l'intervento di alcun soggetto che funge da tramite tra chi realizza il contributo online e chi ne usufruisce. Una realtà con cui i media tradizionali dovranno inevitabilmente confrontarsi.

"Il Web che parte dal basso finirà per essere il terreno di coltura di altri contenuti prodotti professionalmente", ha spiegato ancora Arora, indicando la via dei nuovi business online del motore di ricerca più cliccato al mondo e del futuro della comunicazione su Intenet. "Già il 15% dell'informazione mondiale è disponibile online, ma che ci vorranno altri 300 anni perché il resto dell'informazione globale in tutte le sue forme sia in Rete", ha concluso Arora. La parola ora passa ai cybernauti, sempre più protagonisti del Web.

Via Marketing Journal
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Di Max Da Via' (del 20/11/2006 @ 07:00:23, in Prodotti, linkato 3729 volte)
Di console abbiamo già parlato in più di un’occasione (Microsoft e la nuova Xbox 360, Aria di Revolution in casa Nintendo, Playstation 3 contro tutti, ...), affrontando anche il tema della vendita sottocosto da parte dei produttori di hardware.

I ricchi margini su accessori (controller, cavi, adattatori…), videogiochi e servizi on-line rendono incandescente la battaglia per le quote di mercato, spingendo Sony, Microsoft e Nintendo a rinunciare ai profitti derivanti dalle vendite delle singole console. Le ulteriori possibilità derivanti dall’utilizzo di queste piattaforme, una volta collegate a internet, come canale distributivo per l’accesso a contenuti multimediali come musica e film, aggiungono ancora più importanza alla conquista di nuovi utenti, anche a costo di notevoli sacrifici economici.

Questo vale in modo particolare per la Sony, che secondo una recente ricerca pubblicata da iSuppli, che analizza nel dettaglio la nuova Playstation 3, perderebbe oltre 300 $ per ogni console a 20 Gb venduta.

The combined materials and manufacturing cost of the PlayStation 3 is $805.85 for the model equipped with a 20Gbyte Hard Disk Drive (HDD), and $840.35 for the 60Gbyte HDD version. (…)
This total doesn’t include additional costs for elements including the controller, cables and packaging. At these costs, Sony is taking a considerable loss on each PlayStation 3 sold.
At these costs, Sony is taking a considerable loss on each PlayStation 3 sold. Materials and manufacturing costs for the 20Gbyte model exceed the suggested retail price of $499 by a total of $306.85, iSuppli’s Teardown Analysis service estimates. For the 60Gbyte version, costs exceed the $599 price by $241.35.

L’elevato costo di produzione della PS3, derivante dalla qualità e dall’innovatività dei componenti utilizzati, ha quindi un impatto fortemente negativo sui margini derivanti dalla vendita dei singoli pezzi. Un problema simile affliggeva anche la console di casa Microsoft, che però a distanza di oltre un anno dall’esordio (grazie anche alla diminuzione dei costi dei componenti), è riuscita finalmente ad annullare le perdite e ora la multinazionale americana porta a casa 75 $ per ogni Xbox 360 che lascia gli scaffali.

(…) The HDD-equipped Xbox 360 has a manufacturing and materials total of $323.30, based on an updated estimate using costs in the fourth quarter of 2006. This total is $75.70 less than the $399 suggested retail price of the Xbox 360.

Un altra difficoltà commerciale che dovrà affrontare la Sony deriva dal non poter sfruttare il promettente periodo natalizio in Europa, a tutto vantaggio delle console dei concorrenti. Ma anche in USA, dove invece è disponibile, la situazione è comunque delicata. I continui ritardi nel debutto e un numero complessivo di pezzi disponibili limitato potrebbero infatti scoraggiare molti potenziali acquirenti.

Alcun analisti si aspettano infatti che le poche PS3 disponibili nei negozi finiscano in fretta e che la Microsoft, ormai da un anno sul mercato con la sua Xbox 360 e con un catalogo di titoli disponibili già consolidato, possa beneficiare dell’esubero della domanda, aggiudicandosi così l’importante sfida natalizia.

Via Blogs4biz

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Di Altri Autori (del 18/11/2006 @ 16:06:42, in Strategie, linkato 3829 volte)
Dopo le prime informazioni, arrivano tutti i dettagli con il comunicato. Grazie ad una partnership globale con nomi dello spessore di Skype, Sling Media, Yahoo!, Nokia, Google, eBay, Microsoft, Orb e Sony Ericsson, la Hutchison Whampoa ha annunciato ieri pomeriggio il lancio su scala globale della X-Series.

Gli utenti potranno effettuare chiamate senza limiti dal proprio telefonino grazie a Skype, guardare la televisione con Sling, accedere al proprio PC con Orb e accedere ad internet con Google, Yahoo! e Windows Live Messenger.
Grazie a X-Series, il Gruppo 3 condivide la potenza di Internet mobile a banda larga con i propri partner Internet e soprattutto con i propri clienti, che potranno utilizzare una quantità maggiore di servizi, quando vogliono, come vogliono, senza la paura di pagare, durante l’utilizzo, costi nascosti.

Il cliente pagherà un canone, come accade per la linea fissa, senza sborsare più alcun centesimo. Tutto questo a partire dai primi mesi del 2007.

Questa struttura di addebito ribalta completamente il tradizionale sistema applicato alla telefonia mobile di tariffazione al minuto, a messaggio, a click, ad evento e a megabit. Tutto ciò è possibile grazie al rapido sviluppo delle reti mobili "all IP", agli aggiornamenti della velocità sulle reti HSDPA e HSUPA, delle tecnologie peer-to-peer e ai numerosi miglioramenti nell’efficienza in qualsiasi ambito di attività degli operatori mobili. Come risultato, il costo di fornitura di Internet mobile a banda larga e dei servizi multimediali in mobilità potrebbe continuare a scendere, come è accaduto per la banda larga su linea fissa.

A supportare appieno tutta questa tecnologia ci sono già due terminali: il Nokia N73 e il Sony Ericsson W950i.

via mobileblog
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Di Roberto Venturini (del 16/11/2006 @ 08:19:51, in Marketing non convenzionale, linkato 3011 volte)

Grazie alla digitalizzazione dei contenuti, diventa sempre più facile evitare la pubblicità in TV, con il TiVo o comunque con l'adozione della visione differita dei programmi, grazie ai sempre piu' avanzati VCR digitali (lo so, si faceva anche con il vecchio VHS analogico, ma con il digitale è tutta un'altra cosa...

Forse lo facciamo anche per reazione all'eccesso di pubblicità cui siamo sottoposti. O se non usiamo la visione time shifted, magari evitiamo la TV stupida per guardarci un buon DVD.

E se noi saltiamo la pubblicità tradizionale, mettiamo in crisi il modello televisivo. Che deve reinfilarci per forza dalla finestra la pubblicità che abbiamo fatto uscire dalla porta.

La conseguenza è che la pubblicità cerca di arrivare a noi in forme diverse, ad esempio attraverso il product placement, un mercato in netta crescita.

Secondo una ricerca pubblicata quest'estate da PQ Media, una società di ricerca americana, il placement è cresciuto in tutto il mondo, con un salto del 42% nel 2005 - per un valore totale di 2,2 miliardi di dollari.

Crescite a due cifre sono attese anche per il 2006 (si parla di un 39%) per arrivare ad un valore combinato (TV, cinema e altri media) sui 7,5 miliardi di dollari (sommando i principali mercati mondiali) e con una previsione per per il 2010 di 14 miliardi di $ (attenzione, la ragione della forte crescita percentuale deriva anche dal fatto che si sta passando da un modello in cui si barattavano gli spazi nei programmi o nei film ad un modello dove sempre più comunemente il placement si paga ).

Per l'Italia il valore del product placement è definito dalla ricerca come "minuscolo" (si veda questo articolo).

Sarà dunque sempre più difficile godersi un contenuto in cui non si sia infiltrato un messaggio pubblicitario ( si veda il mio post precedente sul product integration).

Ma sarà davvero più difficile? Per me tutto sommato no - probabilmente continuerò con il mio trend: sempre meno TV, sempre più Internet...

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Di Altri Autori (del 14/11/2006 @ 07:41:12, in Marketing, linkato 11303 volte)
Il punto vendita, cioè il così detto PDV o anche POP (point of purchase), un luogo che ha subito profonde trasformazioni, sia dal punto di vista delle teorie dottrinali che lo riguardano, sia per quel che concerne le azioni che in esso vengono condotte, proprio in ragione della nuova prospettiva in cui viene interpretato il rapporto azienda - cliente.

La sempre crescente complessità dei mercati , la scarsità della domanda rispetto all'offerta, la difficoltà di sviluppare un prodotto/servizio che disponga davvero di vantaggi competitivi tali da differenziarlo dai prodotti dei competitors, la facilità con cui gli elevati costi di ricerca e sviluppo vengono abbattuti dai followers che entrano nel mercato "copiando" il prodotto innovativo (soprattutto per beni ad alta tecnologia), sono solo alcuni dei tanti fattori che spingono le aziende a curare il rapporto con i client acquisiti in modo approfondito e costante, cercando di interpretarne quei bisogni e deisideri che spesso anche lo stesso cliente non avverte in maniera chiara, o dei quali non apprezza fino in fondo le origini o la natura.

Molto si è scritto circa il così detto "killer silenzioso" (il cliente insoddisfatto che, attraverso un processo "viral" di passaparola negativo, è in grado di influenzare i prospect dell'azienda), e altrettanto si è detto sulla maggior difficoltà delle tecniche finalizzate ad acquisire nuovi clienti rispetto a quelle, meno onerose, per trattenere i clienti acquisiti (il che, in mercati saturi, appare assolutamente basilare).

La popolarità di questi temi (CRM, loyalty programs, brand awareness, etc), testimonia come il marketing sia definitivamente orientato ad un' ottica relazionale piuttosto che, come in passato, ad una di carattere transazionale; se in un primo momento le azioni poste in essere sono finalizzate a determinare un flusso di cassa in entrata per l'azienda, e cioè a conseguire un risultato economico immediato che si realizza con la vendita, successivamente ci si convince che la relazione tra cliente ed azienda debba andare oltre il trade momentaneo, costruendo un rapporto, una reciproca conoscenza.

L'obiettivo non è più, soltanto, quello di vendere e conquistare nuove porzioni di mercato, ma anche acquisire informazioni su preferenze, abitudini d'acquisto, moventi d'acquisto del consumatore, in modo che i dati raccolti possano orientare l'azienda nell'adozione delle proprie scelte strategiche.

In quest'ottica il POP non è più il luogo dove un bene incontra il proprio acquirente, ma quello in cui: il consumatore, appagate le proprie esigenze funzionali, ricerca la soddisfazione di bisogni ulteriori rispetto a quelli direttamente connesi alle caratteristiche tecnico-naturali del bene; l'azienda continua nella costruzione di un rapporto dialettico con il suo cliente, alla ricerca di indicazioni ed informazioni in grado di comporre o ridurre la complessità dello scenario in cui si trova ad operare.

Gian Maria Sulas


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Di Eli (del 13/11/2006 @ 20:41:43, in Viral Marketing, linkato 5859 volte)
I video virali su YouTube non sono certo una novità, ma vi consiglio di dare un'occhiata a questo, realizzato per promuovere la Coca Cola.
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