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 mymarketing.it: e tu cosa ne pensi?... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico : Aziende (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Admin (del 23/08/2016 @ 07:15:05, in Aziende, linkato 1921 volte)

“Siamo particolarmente contenti per il nostro progresso nel video mentre ci muoviamo verso un mondo dove il video è al cuore di tutti i nostri servizi”. Con questa dichiarazione Mark Zuckerberg mette il sigillo al secondo trimestre del 2016, dove Facebook ha superato ancora una volta le attese, e di molto, sul fronte di utili e ricavi. Nel giro di pochi minuti dal rilascio del comunicato, il titolo è naturalmente esploso salendo di oltre il 6% nell’after hour.

 

La pubblicità

La fonte principale di revenue, l’advertising, non dà segnali di voler arrestare il trend positivo e vola del 63% a 6,24 miliardi di dollari, a fronte dei 5,8 miliardi attesi, con la componente mobile in linea con i tre mesi precedenti all’84%, cioè 5,4 miliardi. Con questi numeri, la transizione dal desktop al mobile è definitivamente completata. Il prezzo per singolo annuncio è aumentato del 9%.

Facebook sta investendo molto per migliorare la qualità e ridurre i tempi di caricamento degli annunci. Proprio il caricamento è l’unica nota negativa: Facebook ha riempito il NewsFeed di un gran numero di annunci e questo ha un effetto diretto sulle revenue. Un altro punto affrontato nella conference call è stato quello del search advertising:dopo aver abituato le persone al prodotto Facebook sta vedendo come viene usato dalle aziende in modo organico. L’obiettivo finale è consentire a quest’ultime di promuoversi. “Ci stiamo lavorando”, ha detto Zuck. Il tentativo di aprire alla pubblicità in spazi che non siano il NewsFeed è naturalmente conseguente all’elevato numero di annunci nel NewsFeed.

Per Facebook questo è il sedicesimo trimestre su diciassette al di sopra dei forecast degli analisti da quando si è quotato. Il valore delle azioni è impennato dai 38 dollari del collocamento agli attuali 132 dollari, per una capitalizzazione di 352 miliardi. E dopo essersi dissanguato per assicurarsi WhatsApp, Facebook ha in cassa 22 miliardi cash, un bottino da spendere per qualche società interessante.

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Facebook, lo stato più grande del mondo

Lo “stato” più grande almondo non ha problemi di teste: sono 1,71 miliardi gli utenti attivi su base mensile, di cui 1,57 miliardi accedono anche via mobile. I dati sono in salita rispettivamente del 15% e del 20%. A livello giornaliero la popolazione di Facebook è composta da 1,13 miliardi di persone, +17%.

Gli utenti che si connettono quotidianamente da mobile sono poco più di 1 miliardo. Si tratta di performance significative che confermano l’attrattività della piattaforma anche con l’aumento dell’età e un grado di fidelizzazione davvero sorprendente.

Le pagine Business hanno sfondato quota 60 milioni e sono destinate a conoscere ulteriori incrementi man mano che la piattaforma aggredirà nuovi mercati.

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L’abilità di monetizzare il mobile

Come si evince da questi numeri Facebook è una società sempre più mobile, un canale che è in grado di monetizzare molto bene. Il colosso, infatti, ha registrato un average revenue per user pari a 3,82 dollari, in crescita sui 3,32 dollari dell’ultimo trimestre e sopra le previsioni, fissate a 3,59 dollari, grazie anche alla crescita nei Paesi in via di sviluppo, che hanno comunque una quota limitata. In Europa la raccolta per singolo utente è stata di 4,72 dollari.

 

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Il video si fa live

Sotto i riflettori il tema del video, sempre più nei piani degli attori hi tech della Silicon Valley. Oggi Facebook si trova a competere con YouTube e Snapchat per la leadership in questo settore molto remunerativo in ambito pubblicitario. Ma la vera esplosione si sta avendo nel campo del live streaming, con la società che sta spendendo 50 milioni di dollari per convincere media company, celebrities e giovani influencer a utilizzare la funzione Live.

Il terreno di battaglia, nel caso del live, vede impegnati Twitter e la controllata Periscope, con la piattaforma da 140 caratteri che si è accaparrata i diritti di trasmissione di una serie di eventi sportivi e politici, con programmazioni talvolta esclusive. A Wall Street non stanno aspettando altro se non l’annuncio dell’introduzione della pubblicità nei Live, una novità capace di accontentare anche i content creators forse più vicina di quello che tutti si aspettano.

 

Il video si fa breve

Nella conference call con gli analisti il chief operating officer, la carismatica Sheryl Sandberg, ha ammesso che la società ha intavolato discussioni con i marketer per produrre video pubblicitari brevi, di massimo 10 secondi. Una strategia avvalorata dalle affermazioni dello stesso Zuckerberg, secondo cui nel giro di cinque anni i contenuti che si condivideranno online saranno per la gran parte brevi filmati.

E da quelle del vp Emea Nicola Mendelshon, secondo cui prima del previsto il NewsFeed di Facebook sarà esclusivamente video. Quasi come una sorta di selezione naturale dei contenuti e della loro capacità di affermarsi nel complicato algoritmo che si è appena rinnovato privilegiando i post di amici e familiari a quelli di editori e pagine di aziende.

 

L’impero di Facebook

Se la piattaforma di Facebook viaggia molto bene, altrettanto si può dire per i suoi gioiellini. La scommessa di scorporare Messenger e renderla un’applicazione ha pagato: sono ormai oltre 1 miliardo gli utilizzatori dell’app di messaggistica, così come lo sono quelli di WhatsApp. Instagram, invece, ha appena superato i 500 milioni di accessi mensili e le continue innovazioni pubblicitarie potrebbero presto portare risultati, eMarketer parla di una raccolta di 1,6 miliardi nel 2016. Nella conference call Zuckerberg ha rivelato che sono oltre 10mila i bot su Messenger, strumenti che per il ceo di Facebook aiutano le aziende a costruire vie automatiche per comunicare con la persone e hanno già registrato risultati interessanti, seppur ancora in fase di test.

 

I dati per la leadership

A tutto ciò si aggiungono i numerosi dati che Facebook è in grado di immagazzinare e riutilizzare per migliorare il targeting e la qualità pubblicitaria, un vero e proprio tesoro che sta facendo la fortuna della company: secondo eMarketer quest’anno Facebook assorbirà il 67,9% della spesa in social advertising, raccogliendo oltre 22 miliardi di dollari di pubblicità. Se si guarda alla display, Facebook è il leader assoluto, di gran lunga davanti a Google.

 

La ristrutturazione del business pubblicitario

In tutto questo Facebook ha compiuto una serie di decisioni strategiche volte a rimodellare la fisionomia pubblicitaria nel corso del secondo trimestre. A maggio ha comunicato l’intenzione di chiudere FBX e di LIveRail, il programmatic video ad exchange acquisito in precedenza. Due mosse che hanno permesso di concentrare l’attenzione e gli investimenti verso Facebook Audieence Network.


Via DailyOnline
 
Di Altri Autori (del 31/05/2016 @ 07:31:12, in Aziende, linkato 1948 volte)
Creare un ambiente di lavoro ottimale – in grado di favorire la crescita professionale e umana delle persone – non fa solo bene ai dipendenti, ma anche all’azienda in termini di fatturato e di capitalizzazione di Borsa. È il risultato di una ricerca Top Employers-Hrci che, svolta per cinque anni (2011-2015) monitorando i principali indici di Borsa internazionali, documenta un sensibile incremento di valore dei titoli azionari e del fatturato delle aziende che investono in ambito HR.

L’analisi ha messo a confronto 289 società internazionali quotate in Borsa e certificate Top Employer-Hrci con aziende analoghe, ma non certificate. I dati dimostrano come le aziende certificate ottengano performance sensibilmente migliori rispetto agli indici di Borsa e all’andamento medio di mercato delle aziende non certificate.
In particolare, emerge non solo il dato dell’aumento di valore del singolo titolo azionario delle aziende certificate (+57,5% in cinque anni), ma ancora di più la performance del +51,2% (+8,6% annuo) rispetto alla media degli indici di Borsa. L’incremento del fatturato rispetto ad aziende analoghe non certificate è invece del 14,1% in cinque anni (+2,8% l’anno). “Attenzione”, precisa David Plink, Ceo di Top Employers Institute, “non stiamo dicendo che esista un rapporto diretto tra Best Practice in ambito HR e incremento del valore azionario o fatturato aziendale, ma che una gestione coinvolgente, motivata e diffusa della politica HR e una profonda attenzione al valore del capitale umano può contribuire positivamente ai risultati aziendali. Un ambiente di lavoro ottimale e una politica mirata alla crescita umana e professionale delle persone si traduce, in ultima analisi, in benessere diffuso e quindi anche in una proficua crescita aziendale”.

Via Business People
 
Di Altri Autori (del 09/02/2016 @ 07:20:32, in Aziende, linkato 1802 volte)
Just Eat continua il suo percorso di espansione tramite acquisizioni di startup nel campo della consegna di cibo a domicilio. E per la seconda volta in pochi mesi la strategia passa dall’Italia. Nei mesi scorsi l’azienda nata in Danimarca nel 2001, trasferita a Londra nel 2006 e quotata alla Borsa britannica dal 2014 (ai tempi era valutata 2,4 miliardi di dollari, oggi sono 3,7) aveva comprato Clicca e Mangia a Milano e DeliveRex a Roma. «L’operazione di oggi è più importante ed è un passo avanti per il consolidamento del mercato» spiega al Sole 24 Ore Daniele Contini, Country Manager di Just Eat in Italia.

L’acquisizione riguarda HelloFood Italia e PizzaBo, due marchi diversi di proprietà di Rocket Internet e integrati nel servizio.Rocket Internet - holding berlinese quotata alla Borsa di Francoforte - aveva rilevato Pizzabo a inizio 2015. Si tratta di una startup bolognese fondata da ragazzi fuorisede che a suo tempo aveva fatto molto discutere per la cifra dell’operazione: 51 milioni e 272mila euro (il dato si evince dalla novestrale 2015 di Rocket Internet). Sulla singola acquisizione odierna non si hanno dettagli, ma rientra in un più vasto take over di servizi di consegna online da Rocket Internet e foodpanda: oltre all’Italia ci sono Spagna (La Nevera Roja), Brasile (hellofood Brazil) e Messico (hellofood Mexico).

L’acquisizione delle quattro attività si chiude per un importo pari a 125 milioni di euro. «Posso dire che l’Italia è uno dei mercati più importanti per Just Eat, investiamo molto - continua Contini -. Valutiamo che Italia e Spagna, insieme, possano valere il 70% del Regno Unito, nostro primo mercato». Nello specifico, «il food delivery in Italia ha una potenzialità di 2 miliardi di euro, tenendo conto che il digitale ha ancora ampi margini di sviluppo».

Su Just Eat già oggi è possibile ordinare da 3500 ristoranti in varie città italiane. Conta una cinquantina di dipendenti, all’incirca lo stesso numero di PizzaBo. «Ci saranno innanzitutto sinergie di marketing, di talenti e operative. L’obiettivo è avvicinare la profittabilità dopo gli importanti investimenti che nel Paese vanno avanti dal 2001» conclude Contini, secondo cui il grande valore di Pizzabo (la valutazione ha sorpreso non poco gli addetti ai lavori) è legato al fatto di «aver creato un mercato dove non c’era». Contatti con i ristoranti, fidelizzazione con i clienti.

Just Eat si aspetta che l’acquisizione delle quattro realtà, al netto dei costi una tantum relativi alla transazione e per l'integrazione, porterà ad un miglioramento dell'adjusted Eps per l'anno fiscale 2016 e un Ebitda 2017 migliore per 5 milioni di sterline. Sono attesi ulteriori sinergie e miglioramenti dei margini con miglioramenti all'Ebitda nell'ordine di 10 milioni di sterline l'anno nel 2018.

È molto probabile che i tedeschi nella vendita abbia incassato una perdita, ma hanno guadagnato in Borsa sia Rocket Internet (+10,38%) che Just Eat (+5,4%). A convincere il mercato sarebbe lo scenario più chiaro e meno competitivo: i tedeschi si concentrano sui Paesi emergenti, mentre gli inglesi sull'Europa continentale.

«Nel medio termine i due servizi resteranno distinti, in futuro è presto per dirlo – spiega Christian Sarcuni, 29 anni, fondatore e ora ad di PizzaBo -. Siamo stati valutati molto perché il nostro fatturato è sbilanciato rispetto alla dimensione aziendale, inoltre abbiamo previsioni di raddoppiare il business anno su anno. Nel 2015 abbiamo consegnato più di 3 milioni di pizze».

Via IlSole24Ore.com
 
Di Altri Autori (del 04/11/2015 @ 07:36:48, in Aziende, linkato 1397 volte)

Quella della rapidità nelle spedizioni, per Amazon, è un'autentica ossessione. Il progetto dei droni è vivissimo - e anche Google è della partita -, ma impatta con regole e limiti di un mondo forse ancora non troppo pronto a certe tecnologie. Anche per questo, però, il colosso di Bezos spinge forte su Prime Now, il servizio dedicato ai clienti Prime che assicura la consegna in un'ora (o al massimo in due), dalle 8 del mattino a mezzanotte, sette giorni alla settimana. Oggi Prime Now arriva in Italia. Lo ha annunciato la stessa società californiana attraverso un comunicato. Il servizio è immediatamente attivo a Milano e in alcune città del suo vasto hinterland, tra le quali Cinisello Balsamo e Paderno Dugnano, e può già contare su 15.000 prodotti, alcuni dei quali sono disponibili solo tramite il nuovo servizio, per esempio pane, yogurt, gelato o minestrone surgelato.

Con un ordine minimo di 19 euro, i clienti Prime possono acquistare prodotti di uso quotidiano come pasta, caffè, pannolini e prodotti per l'infanzia, per la bellezza e la cura della persona, vini e alcolici, ma anche altri prodotti bestseller come videogiochi per console, giocattoli ed attrezzatura sportiva, che saranno consegnati direttamente a casa.

«I clienti Amazon dell'area di Milano possono usare l'app Prime Now da oggi e scoprire più di 15.000 prodotti che possono essere consegnati in un'ora» ha dichiarato François Nuyts, Country Manager di Amazon.it e Amazon.es. «L'Italia è il secondo Paese in Europa dove Prime Now è stato lanciato e siamo molto orgogliosi di offrire ai nostri clienti Prime una consegna ultra-veloce, oltre ai benefici di cui possono già godere grazie al loro abbonamento Prime».«Tutti noi abbiamo vite molto impegnate e talvolta è facile dimenticare di comprare una bottiglia di vino per una cena con gli amici oppure scoprire che abbiamo finito lo shampoo proprio prima di entrare in doccia. Grazie a Prime Now questo non è più un problema» ha spiegato Mariangela Marseglia, EU Director Prime Now.
Prime Now è disponibile attraverso una App (per iOS e Android) attraverso la quale si possono scegliere i prodotti e ordinarli. La consegna in un'ora ha un costo aggiuntivo di 6,90 euro, mentre quella in due ore è gratuita. L'abbonamento ad Amazon Prime è disponibile per 19,99 euro all'anno, incluso un periodo di prova di 30 giorni per i nuovi iscritti. Si parte oggi da Milano e da alcune cittadine dell'hinterland meneghino. Ma una copertura molto più vasta per l'Italia è prevista entro il 2016. Lo scoglio più visibile rimane il costo: i 6,90 euro per avere un prodotto in un'ora sono un esame importante da superare.

Via IlSole24Ore.com

 
Di Altri Autori (del 26/10/2015 @ 07:10:24, in Aziende, linkato 1620 volte)

Facebook accelera sulle news: negli USA al via “instantarticles”

Prende velocità il progetto di Facebook di diventare forniture di contenuti informativi. “InstantArticles”, il nuovo prodotto che consente di leggere news e altri articoli di taglio giornalistico dentro al social network grazie a un accordo già sottoscritto con 14 realtà editoriali come per esempio il New York Times, esce dalla fase beta e ora è disponibile sul mercato americano per chiunque abbia un iPhone e la app di Facebook mentre l’arrivo sugli smartphone Android avverrà entro la fine dell’anno. Il nuovo servizio informativo consente di caricare più rapidamente le notizie, che sono interattive e arricchite da video, gallerie di foto, immagini correlate e perfino mappe per vedere il luogo degli avvenimenti raccontati. Il tutto molto rapidamente perché i vertici di Facebook sottolineano che tutti gli Instant Articles dovrebbero caratterizzarsi per una velocità di caricamento dieci volte superiore a quella di una notizia presente all’interno dell’interfaccia web mobile. Ai 14 partner editoriali, tra cui anche National Geographic, Huffington Post e Washington Post, nelle prossime settimane se ne aggiungeranno una cinquantina, da People a Cbs, da Time a Rolling Stones. Gli articoli del nuovo servizio “Instant Articles” saranno contrassegnati dal simbolo di un fulmine: gli editori, che rinunciano al traffico generato sui propri siti, potranno contare sulle entrate pubblicitarie raccolte e veicolate da Facebook che tecnicamente, con questa operazione, sbarca sul mercato editoriale come editore capace di veicolare i propri contenuti ad una platea di oltre un miliardo di utenti in tutto il mondo.

Via Spot and Web

 
Di Altri Autori (del 07/09/2015 @ 07:26:41, in Aziende, linkato 1528 volte)

Facebook ha presentato K-12 Education Project, iniziativa dedicata alle scuole ed ai software per l'educazione.

Il progetto è stato portato avanti insieme all'associazione californiana Summit Public School e vede Facebook offrire agli istituti scolastici software per supportare l'apprendimento, basato in particolare sul principio che ciascun discente ha i propri ritmi: in pratica permette agli studenti di creare con gli insegnanti lezioni personalizzate e progetti specifici ed ai professori di utilizzarlo per organizzare e tener traccia di punteggi e quiz svolti.

Come racconta lo stesso social network, si tratta di un progetto a cui hanno lavorato nel corso degli ultimi anni un piccolo team di suoi sviluppatori insieme ad un gruppo di educatori locali: il tutto è partito dall'idea di ricreare l'esperienza di una classe e "metterci al centro l'ambizione degli studenti di poter sfruttare tutta la tecnologia e le informazioni disponibili per crescere nel mondo di oggi".

L'interesse di Facebook, oltre a provare sul campo nuovi possibili strumenti di collaborazione (eventualmente anche in ottica sviluppo di suite per il mondo del lavoro), è probabilmente legato anche alla sua base utenti: arrivato al record di avere connessi in una sola giornata un miliardo di persone, ovvero una persona su sei sulla Terra, i suoi unici limiti appaiono quelli strutturali, quelli costituiti dal digital divide (per cui sta già lavorando) ed i limiti di età che gli impediscono di raggiungere una non trascurabile fetta della popolazione.

Non si tratta tanto un limite autoimposto, quanto una conseguenza dei dettami del Children' s Online Privacy Protection Act (COPPA), lo strumento normativo che negli Stati Uniti regola i prodotti ed i servizi online destinati ai minori di 13 anni e che tramite il passaggio per gli strumenti educativi il social potrebbe ora puntare a superare. Certo, i nuovi strumenti rappresentano per il momento una piattaforma del tutto disgiunta dal social network e per il momento limitata a solo ad una ventina di scuole: ma anche la cavalcata di Zuckerberg è iniziata da una sola università.

Per conquistare le scuole, d'altra parte, stanno lavorando anche altri attori della Rete: Dropbox ha annunciato da poco un nuovo vertice per i servizi all'educazione, Jason Katcher, e Google - dopo aver già predisposto una versione dei propri servizi e del proprio browser tagliate su misura dei più piccoli - ha ora lanciato una nuova estensione per Chrome a disposizione degli insegnanti per condividere istantaneamente link con l'intera classe, per chattare con gli studenti e tener traccia ti quanto fatto a lezione.

Via Punto Informatico

 

La spesa casalinga da oggi si può fare online su Amazon anche in Italia. Il colosso dell'e-commerce apre nel nostro Paese la vendita online di prodotti alimentari a lunga conservazione e per la cura quotidiana della casa, dai pacchi di pasta ai biscotti, dalle bibite allo shampoo. La mossa potrebbe spingere un comparto - quello alimentare nell'e-commerce - già dinamico. Lo evidenzia una ricerca pubblicata oggi dall'Osservatorio eCommerce B2c Netcomm - Politecnico di Milano, secondo la quale in Italia crescono sia il Grocery (spesa da supermercato), che nel 2015 supera i 200 milioni di euro, sia il Food and Wine enogastronomico, che sfiora i 260 milioni di euro.

«Il comparto alimentare è nel 2015 uno dei settori più dinamici nel panorama dell'eCommerce B2c italiano», afferma Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano. «Negli ultimi due anni -aggiunge Perego- sono diverse le insegne della grande distribuzione che hanno attivato iniziative di Click&Collect, con la possibilità di ordinare online e di ritirare presso il punto vendita. Anche nel Food&Wine enogastronomico rileviamo un certo fermento grazie all'intraprendenza di produttori, «presidi territoriali» (che valorizzano prodotti locali), retailer, enoteche e start up, come ad esempio nella vendita di prodotto fresco (soprattutto frutta e verdura), nella consegna del pranzo pronto a domicilio, e nella vendita di prodotti in nicchie molto specifiche. L'ingresso di Amazon non può che incrementare ulteriormente la vitalità del comparto. Ne beneficeranno anche le Pmi del settore food, che con il Marketplace potranno avere un ulteriore canale di accesso all'eCommerce e all'Export online.»

Via IlSole24Ore.com

 
Di Altri Autori (del 03/08/2015 @ 07:42:07, in Aziende, linkato 1947 volte)

Ci sono voluti trent’anni per stabilizzare il comparto dei supermercati in Italia. Ce ne potrebbero volere molti meno per cambiare ancora tutto, dopo l’ingresso di Amazon. Il grocery (la spesa del supermercato) è un paniere sociale, un motore economico, non c’è praticamente nessuno che non la faccia almeno una volta ogni tanto. Ora che un colosso dell’ecommerce venderà prodotti alimentari e per la casa come reagiranno gli altri? Lo spiega il presidente di Netcomm, Roberto Liscia.

Il negozio di Amazon.it è una specie di minimarket online che prende il click and collect dei supermercati italiani -il massimo raggiunto finora in termini di innovazione: ordinare online e ritirare presso il punto vendita – e lo fa sembrare di punto in bianco archeologia del commercio. Dalle strategie difensive, quindi, probabile che i supermercati passeranno a iniziative concorrenziali. D’altra parte secondo l’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm-Politecnico di Milano il comparto alimentare è nel 2015 uno dei settori più dinamici nel panorama eCommerce italiano con 200 milioni per grocery e 260 milioni per l’enogastronomico. Crescono del 27% rispetto al 2014.

Roberto Liscia: formarsi per reagire
Il presidente di Consorzio Netcomm era ovviamente a conoscenza delle strategie di Amazon e conosce bene la realtà dell’eCommerce italiano che da questa novità sarà senza dubbio coinvolta. Prendendo spunto dall’analisi degli Osservatori del Politecnico di Milano, considera il fermento quasi startup dei presidi territoriali, delle nicchie di mercato legate al cibo, come perfettamente integrate a un sistema più grande, ma quando si parla di grocery online la verità è che prima dell’ingresso di Amazon l’Italia era in ritardo.

Quanti italiani comprano pasta e caffè online? Alzi la mano chi ne conosce qualcuno…

Al contrario di altri settori, il grocery non è riuscito ad organizzarsi in maniera adeguata: dal nostro indice mensile che monitoriamo con Human Highway, negli ultimi tre mesi, gli acquisti online nell’alimentare rappresentano solo l’1,2%, fanalino di coda dell’intero eCommerce italiano.

Dunque pensa che l’ingresso di Amazon sia salutare?

Amazon oggi va a colmare un vuoto nell’offerta: velocità, puntualità, delivery sono stimoli per la piccola, media e grande distribuzione organizzata italiana che deve reimpostare la propria strategia distributiva.

Veniamo a questa strategia: esempi?

Ne parliamo nelle nostre riunioni e coi nostri associati. In sostanza ci sono tre strategie concorrenziali da mettere in campo: la prima è fornire servizi aggiuntivi al tuo prodotto; la seconda è trovare nuovi clienti; la terza è puntare di più ai mercati internazionali se hai un prodotto con un brand made in Italy.

Tutte strategie che comportano investimenti, sforzi manageriali…

Indubbiamente. Attenzione però, ci sono anche notevoli opportunità. Ad esempio l’offerta tipica dei prodotti Made in Italy continua a soffrire di una restrizione geografica nazionale e anche regionale. Il food italiano deve trovare una strategia multicanale per poter uscire dai propri limiti. E probabilmente anche l’arrivo dell’eCommerce b2c a questi livelli può stimolare il comparto.

Se non altro perché Amazon è anche un marketplace, quindi un partner di questi produttori…

Precisamente.

A quale livello di innovazione si era arrivati all’indomani della novità di Amazon che ora venderà alimenti e prodotti per la casa? Si poteva fare lo stesso anche prima con altre realtà?

Esselunga già lo faceva. E anche qualcun altro. I grandi distributori avevano già notizia dell’arrivo di Amazon e si sono preparati con servizi di consegna a casa, a dire il vero ancora parziali. Questo però dimostra come sia questione soprattutto di formazione, di preparazione tecnica, non manca la capacità nel commercio italiano di comprendere l’importanza dell’eCommerce. Certo, da oggi le mosse non potranno essere più soltanto difensive, e a guadagnarne saranno i clienti.

Si può dire che si conclude un’era commerciale?

È presto per queste affermazioni. Si può dire che finisce l’era in cui il settore dei supermercati si concentrava esclusivamente sull’occupazione fisica dei territori. E quando la logistica è innovata, quando invece dell’in – le merci che riesco a immagazzinare nel mio centro – conta di più l’out – le merci che riesco a portar fuori ovunque le voglia il cliente – cambiano gli equilibri sorti da quella battaglia. Ecco perché la distribuzione digitale è la 3.0: dal negozio al supermercato all’online.

Via Webnews

 
Di Altri Autori (del 01/07/2015 @ 07:24:35, in Aziende, linkato 1613 volte)

Il rivoluzionario servizio di consegna entro un'ora di Amazon, chiamato Prime Now, è sbarcato in Europa. Si comincia dal Regno Unito, più precisamente da Londra. Il servizio al momento è limitato solo a poche zone all'interno della città di Londra e solo a coloro che sono iscritti al programma Amazon Prime.

Amazon ha annunciato il suo servizio che offre la consegna di 'prodotti essenziali quotidiani' entro un'ora o due ore lo scorso Dicembre, negli Stati Uniti. Soprannominato Prime Now, il servizio è disponibile solo per clienti Amazon Prime, che possono utilizzare per ricevere prodotti come asciugamani di carta, shampoo, libri, giocattoli, batterie e altri del genere dalle 6 del mattino a mezzanotte, sette giorni su sette.

Negli USA, il servizio è attualmente disponibile in aree selezionate di Manhattan, anche se la società sta incoraggiando tutti i membri di Prime (anche nelle aree non al momento coperte dal servizio) di scaricare la nuova app Prime Now, che è disponibile sia per iOS che Android, promettendo che saranno avvisati quando il servizio sarà lanciato nella loro area. Il servizio, infatti, è fruibile attraverso l'apposita app mobile.

"Ci sono momenti in cui non si può andare in negozio e altre volte in cui semplicemente non si vuole andare. Ci sono tanti motivi per non iniziare un viaggio e i membri di Prime Now a Manhattan possono ottenere gli elementi di cui hanno bisogno consegnati in un'ora o meno", ha dichiarato Dave Clark, senior vice presidente delle operazioni internazionali della società.

Per quanto riguarda i prezzi, negli USA la consegna di due ore è gratuita per i clienti Amazon Prime, mentre la consegna entro un'ora costa 7,99 dollari. Nel Regno Uniti, la consegna entro un'ora dall'ordine ha un costo di 6,99 sterline, mentre la consegna "lenta" entro due ore dall'ordine o nell'arco della giornata è gratuita.

Amazon testa consegne in bici a New York

Amazon sta, nel frattempo, testando la consegna in bicicletta a New York City, il che significa che la società potrebbe consegnare i prodotti ai clienti nel giro di poche ore dall'ordine, addirittura un'ora, secondo quanto riferisce il Wall Street Journal. Sono già in atto delle prove a tempo su un edificio nei pressi dell'Empire State Building nella Grande Mela. Il sito funge da base operativa per coloro che effettueranno le consegne in bicicletta, stando a quanto hanno riferito fonti anonime al giornale.

Se Amazon persegue questo tipo di servizio di consegna andrebbe a togliere uno dei pochi vantaggi che ha ancora un negozio: attirare i clienti. Mentre un consumatore può acquistare un oggetto e lasciare il negozio con in mano subito il prodotto, il nuovo servizio di consegna di Amazon potrebbe offrire il vantaggio di acquistare da casa comodamente ed avere il prodotto in consegna entro la fine della giornata: in tal caso perchè andare ancora in un negozio?

Via PiavetaCellulare

 
Di Altri Autori (del 30/06/2015 @ 07:26:52, in Aziende, linkato 1786 volte)

Amazon espande il suo programma di prestiti ai rivenditori: entro la fine dell’anno Amazon Lending arriverà in altri otto paesi, mentre in Usa e Giappone è attivo già dal 2012. Si tratta di Canada, Cina, Francia, Germania, India, Italia, Spagna e Regno Unito che, secondo quanto riportato da Reuter, potranno beneficiare dei prestiti Amazon pensati per aiutare i venditori ad accrescere il loro magazzino e incrementare il loro business su Amazon. Il programma non è però aperto a tutti i venditori: si procede per invito e si viene “scelti” in base a determinate caratteristiche tra cui la sulla frequenza con cui esauriscono le scorte e la popolarità dei loro prodotti. Peter Faricy di Amazon, infatti, ha spiegato che il colosso è diventato più abile nel comprendere quali siano i momenti cruciali nel business di un venditore dove una maggiore disponibilità di capitale potrebbe fare la differenza: ”Sappiamo molto sui nostri venditori e invitiamo solo coloro che pensiamo si trovino nella posizione migliore per ottenere capitale e crescere.”

Amazon offre prestiti da tre a sei mesi, del valore di mille dollari fino a 600 mila dollari, per aiutare i venditori guadagnando sugli interessi. La società ha dichiarato di aver prestato centinaia di migliaia di dollari nel corso degli anni con più della metà dei venditori che hanno replicato la richiesta di un nuovo prestito. Ma, sottolinea Reuter, non ci sono numeri o statistiche più precise a disposizione.

Secondo gli esperti i tassi di Amazon non sono inferiori a quelli di altri attori bancari e affini. Lo dicono, riporta Reuter, anche i venditori stessi: ci si muoverebbe su percentuali che vanno dal 6% al 14% ma quello che conta, sostiene ad esempio  Stephan Aarstol, chief executive della Tower Paddle Boards, un venditore di Amazon, è la velocità e facilità con cui si ottengono i prestiti: cinque giorni per avere il primo. “Il problema per il gestore di una piccola attività non è il tasso di interesse, è la disponibilità del credito.”

Amazon non è il solo colosso del commercio elettronico che sta affiancando al suo business anche sistemi di prestito e finanziamento alle imprese: recentemente anche Alibaba, il rivale cinese di Google, ha lanciato MYBank proprio per supportare le piccole e medie imprese.

Via Tech Economy

 
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