Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Si attestano a 74 gli oggetti venduti al minuto, contro i 60 del 2011. Ma l’anno scorso è stato anche l’anno dell’m-commerce, il commercio via dispositivi mobili. L’e-commerce nel 2012 registra un incremento delle compere via smartphone: ogni 17,5 secondi, contro i 34 del 2011, avviene una transazione via mobile. Lo shopping online sta rivestendo un ruolo importante nel risparmio, diventando il motore principale degli acquisti degli italiani, sia da cc che da mobile.
eBay che, forte delle 6.700 categorie merceologiche, offre un osservatorio per studiare le abitudini d’acquisto degli italiani. La tecnologia è la categoria più gettonata dai suoi utenti. Ammontano a 26 acquisti all’ora i prodotti tecnologici. Questa categoria sta galoppando di gran lena, visto che nel 2009 trascorrevano 4 secondi fra un acquisto e l’altro, che ora si sono assottigliati ad appena 2,3 secondi.
Gli oggetti più comprati dagli appassionati di hi-tech sono gli accessori: vengono comprati al ritmo di uno ogni 41 secondi, e conquistano la palma d’oro cover e custodie, seguite da proteggi schermo per i dispositivi touch screen che registrano un acquisti ogni minuto. Apple, Samsung e Nokia sono i brand più richiesti.
Via Quo Media
Provenendo da una lunga carriera come pubblicitario, naturale che il tema m’interessi, molto. E ogni tanto ne scriva. Anche perché regolarmente mi capita di imbattermi in opinionisti che predicano la fine di questa disciplina, sorpassata dalle magnifiche sorti del social/digitale.
Un digitale, mi permetto di aggiungere, che ancora raggiunge poco più di una metà degli italiani. E che quindi è inutile per comunicare con l’altra metà. Sulla metà che c’è, ci sono da fare un po’ di distinguo.
La parte più visibile e glorificata dell’utenza è quella che spinge l’innovazione nei modi di rapportarsi socialmente col prossimo, di relazionarsi con marche e prodotti. L’italiano 2.0, se volete. Ma facendo un giro in Rete in occasione di eventi nazional popolari, ascoltando quella maggioranza che normalmente interagisce poco, scopriremo un’Italia (ovvio, dati i tempi dei movimenti culturali epocali) ancora parecchio 1.0. Specialmente al di sopra di una certa età. Su questa fascia di utenza, tanti dei discorsi che leggiamo non si applicano molto. Non basta comprare ogni tanto i biglietti per le vacanze online per essere dei veri e propri digitali.
Niente push, non facciamoci notare Potremmo tentare di farli interagire con iniziative social, aprendo per esempio una nuova pagina Facebook; ma come farlo sapere? Non a caso ormai sappiamo che la maniera migliore per lanciare un’iniziativa social è quello di fargli un po’ di pubblicità. Così facciamo della metacomunicazione, pubblicizziamo una nostra forma di comunicazione commerciale… ma ormai il mondo funziona così.
Non possiamo poi negare il fatto che uno spot potente possa arrestarci, emozionarci, farci di botto pensare, prendere coscienza. Possa convertirci a una causa sociale, farci cambiare idea su un prodotto, con una potenza emozionale che spesso il digitale si sogna. Ma nemmeno sorvolare su un altro fatto: che la pubblicità è più superficiale del digitale, che non è un buon strumento per dare informazione e approfondimento e che non è una verità indipendente essendo pagata da una parte in causa.
Ci sono alternative? Potremmo tentare di farli interagire con iniziative social, aprendo per esempio una nuova pagina Facebook; ma come farlo sapere? Non a caso ormai sappiamo che la maniera migliore per lanciare un’iniziativa social è quello di fargli un po’ di pubblicità. Così facciamo della metacomunicazione, pubblicizziamo una nostra forma di comunicazione commerciale… ma ormai il mondo funziona così.
Non possiamo poi negare il fatto che uno spot potente possa arrestarci, emozionarci, farci di botto pensare, prendere coscienza. Possa convertirci a una causa sociale, farci cambiare idea su un prodotto, con una potenza emozionale che spesso il digitale si sogna. Ma nemmeno sorvolare su un altro fatto: che la pubblicità è più superficiale del digitale, che non è un buon strumento per dare informazione e approfondimento e che non è una verità indipendente essendo pagata da una parte in causa.
Quello che cambia è prendersi i rischi La vera differenza è che la pubblicità è sempre (o quasi) stata fatta facendo attenzione a non rischiare troppo, prioritario non fare un autogol. Mentre online il perbenino non buca, non se lo fila nessuno, non interessa e non funziona. Ma soprattutto quello che conta è avere un’idea. Senza di quella, ne’ la pubblicità ne’ i social cosi funzioneranno mai.
Via Tech Economy
La prima conferma del 2013 è che i media e la politica nostrana hanno scoperto i social network, e sopratutto Twitter, in chiave di comunicazione elettorale, abbandonando le ultime resistenze sotto i colpi dei cinguettii del premier Monti, che si è dato anche a una sessione di “conversazione” live di cui trovate un’accurata trascrizione qui.
In molti si sono subito attivati per discutere dei pro e dei contro di questi nuovi canali di comunicazione politica, sia in chiave negativa in quanto non sposterebbero voti e sarebbero solo un simulacro della democrazia, sia in ottica positiva per l’apertura al nuovo (e con qualche stoccata ai critici).
Visto che in rete c’è ottima documentazione circa i fatti digitali in questione non ho interesse a analizzare i particolari e le scelte di Monti e degli altri leader italiani, mi piace però fare qualche considerazione sui social media in politica ma anche negli argomenti sociali e civili in genere.
La prima nota è che Facebook, Twitter e compagnia non possono essere un mezzo auto consistente come pretenderebbe qualcuno e quindi è ovvio e naturale che siano una parte di un insieme di strumenti più vasto e che lo scopo sia prima di tutto quello di amplificare un messaggio e una storia che nascono altrove. Lo si può fare poi più o meno bene, e secondo me chi lo fa in modo coordinato con altri mezzi di espressione dimostra di avere capito meglio, e non peggio.
Secondo punto, un media come Twitter si presta magnificamente all’aggregazione di persone che discutono su di un argomento ma è non così adatto all’approfondimento in quanto 140 caratteri sono pochi e ancora meno sono gli utenti che seguono eventuali link (i più fanno RT o commenti senza leggere). Facebook invece non permette facilmente questo tipo di aggregazione, anche a causa del rumore di fondo che genera, mentre gli altri mezzi in Italia sono di nicchia. Difficile dunque pensare a dibattiti articolati e documentati, l’output non può che essere invece quello di concetti brevi e, nel caso peggiore, di slogan. Basta dunque non aspettarsi altro e intercettare piuttosto quanto può uscire di buono dalla conversazione globale sui diversi argomenti (tema non nuovo ma ancora piuttosto disatteso). Come giustamente rileva Vincenzo Cosenza analizzando la presenza web dei nostri politici, finora invece poco si è ascoltato, a differenza di quanto è stato fatto negli Usa dallo staff di Obama.
Ancora, è piuttosto ovvio che in un paese disamorato della politica a interagire siano soprattutto i relativamente pochi supporter, oppositori e influencer/media/giornalisti e il fatto che la stampa e la tv riprenda gli slogan (in 140 caratteri o meno) non è altro che la prosecuzione di talk show, giornali e commenti televisivi vari in cui non c’è ormai più alcun tipo di approfondimento. Anche perché tale prodotto giornalistico ha poca domanda. Episodi come quello raccontato qui nascono, a mio avviso, anche dall’abitudine di sentire attacchi vuoti e offensivi perché tale è la modalità di comunicazione cui siamo esposti.
Non che per questo i social media siano inutili alle cause politiche e anche sociali: il successo della campagna elettorale di Obama (e soprattutto del fund raising collegato) ne è un esempio clamoroso, come per certi versi lo sono state anche le primavere arabe o altri movimenti democratici. Altrettanto corretto poi è evidenziare come non sia tutto trasparente e come ci sia un hype mediatico su questo settore.
Ma ogni cosa nasce prima di tutto da un contesto: i social media sono solo uno dei tanti mezzi con cui una società esprime i propri valori e le proprie priorità ma non sono un mondo separato, anzi, ormai sono parte della realtà di un pubblico meno elitario e addicted di un tempo (che spesso fatica a concepire questa “volgarizzazione”). Dove questa società si muove attorno a qualcosa che veramente unisce, entusiasma e coinvolge anche un piccolo cinguettio può assumere un significato rilevante. Altrimenti diventa una recita online, e ancora una volta che cosa c’è di nuovo rispetto a un comizio politico?
Molti leader e capi di Stato ormai sono su Twitter o su altri social, ma non è questo a fare la differenza. Il digitale non può dare sostanza a ciò che non ne ha e lo stato di salute della nostra democrazia dubito passi solo dal livello di competenza nell’usare i social o nel fatto che i nostri politici twittino in prima persona o meno.
Che ne dite?
Gianluigi Zarantonello via internetmanagerblog.com
Secondo un recente studio condotto dalla società di ricerca Gartner, i profitti del mobile advertising raggiungeranno, a livello mondiale, 11,4 miliardi di dollari entro il 2013, superando i 9,6 miliardi di fatturato del 2012. Nel 2016, invece, secondo le previsioni, la cifra arriverà a toccare i 24,5 miliardi e la pubblicità su mobile creerà nuove opportunità per gli sviluppatori di app, piattaforme mobile ed agenzie specializzate.
“Il mercato della pubblicità su mobile è cresciuto più velocemente di quanto ci aspettassimo dovuto sicuramente all’incremento delle vendite di smartphone e tablet” ha affermato Stephanie Baghdassarian, direttore della ricerca a Gartner, che continua sostenendo: “la crescita del mobile advertising viene in parte a spese del formato cartaceo, soprattutto per i giornali locali che devono affrontare rendimenti più bassi a seguito delle iniziative editoriali su mobile”.
“Smartphone e tablet estendono il mercato indirizzabile per la pubblicità su mobile in aree geografiche sempre più estese e in questo modo il mercato sarà più facilmente segmentabile. Questo guiderà la crescita del mobile advertising in modo che le aziende possano investire in modo più intelligente” ha dichiarato Andrew Frank, Vice Presidente della ricerca a Gartner.
Le regioni geografie si evolveranno ad un ritmo diverso e verso varie direzioni. Storicamente, l’atipico utilizzo di cellulari per il consumo di contenuti digitale da parte di giapponesi e coreani, ha dato alla regioni dell’Asia del Pacifico una prematura leadership nel mercato del mobile advertising. Guardando avanti, però, la veloce crescita economica della Cina e dell’India, permetterà molto probabilmente di incrementare anche qui lo sviluppo di un fiorente mercato della pubblicità.
Tuttavia, Nord America ed Europa stringeranno il gap con l’Asia del Pacifico quando i canali mobile saranno integrati a 360° con campagne pubblicitarie che succhieranno i finanziamenti storicamente allocati per la stampa e per la radio.
Nel resto del mondo e, quindi, in America Latina, Europa dell’Est, Africa e Medio Oriente, il mobile advertising crescerà in base alle tecnologie adottate e alla stabilizzazione delle emergenti economie, ma molto probabilmente verranno guidate da mercati pi grandi come quello della Russia, Brasile o Messico.
Via Tech Economy
Nel 2012 l’online raggiunge il 79,6% della popolazione italiana tra gli 11 e i 74 anni, con 38,4 milioni di individui che dichiarano di accedere a internet da qualsiasi luogo e strumento. 16,8 milioni di Italiani possono accedere a internet da cellulare e 2,7 milioni da tablet.
L’audience online da PC nel 2012 ha registrato un valore medio giornaliero di 13,8 milioni di utenti, +8,4% rispetto alla media del 2011.
Ricerca di Base sulla diffusione dell’online in Italia, Audiweb Trends*, e i dati di audience online del mese di dicembre 2012, distribuendo il nastro di pianificazione Audiweb Database** con la stima della fruizione di internet. Sono inoltre disponibili, su Audiweb Database e su Audiweb View (report mensile), anche i nuovi dati Audiweb Objects Video sulla fruizione dei contenuti video online a dicembre 2012.
Sintesi dei dati sulla diffusione dell’online in Italia – Audiweb Trends dicembre 2012
In base ai nuovi dati di Audiweb Trends, il report di sintesi della Ricerca di Base realizzata in collaborazione con Doxa, nel 2012 sono 14,5 milioni le famiglie italiane che dichiarano di avere accesso a internet da casa attraverso computer, televisore o console giochi, il 67,4% delle famiglie con almeno un componente fino a 74 anni.
La disponibilità di un accesso a internet da casa attraverso computer di proprietà risulta direttamente proporzionale alla dimensione del nucleo familiare: più è numerosa la famiglia più tendenzialmente cresce la possibilità di connettersi alla rete da casa. In particolare, il tasso di penetrazione supera l’85% per i nuclei familiari di quattro-cinque componenti. Sono 10,2 milioni le famiglie che possono accedere a internet con connessione ADSL/Fibra ottica (il 71% delle famiglie che dichiarano di avere un accesso a internet da casa attraverso computer di proprietà) e quasi la totalità di queste dichiara di aver sottoscritto un abbonamento flat (9,6 milioni di famiglie).
Analizzando i dati di diffusione sugli individui, sono 38,4 milioni gli Italiani che hanno dichiarato di accedere a internet da qualsiasi luogo e device (da casa, ufficio, da luogo di studio o altri luoghi), pari al 79,6% della popolazione tra gli 11 e i 74 anni. Più in dettaglio, emerge una maggiore disponibilità di accesso da casa attraverso computer (35,8 milioni di individui tra gli 11 e i 74 anni), mentre l’accesso da luogo di lavoro è indicato dal 48,2% degli occupati (10,9 milioni di individui) e l’accesso da luogo di studio è indicato dal 7,7% dei casi (3,7 milioni). Il 34,8% degli individui ha dichiarato di avere un cellulare con accesso a internet (16,8 milioni) e il 5,6% (2,7 milioni) da tablet.
L’accesso alla rete si conferma ampiamente diffuso su tutto il territorio e a tutti i livelli socio-demografici, con una concentrazione quasi totale tra i giovani (oltre il 92% degli individui di età compresa tra gli 11 e 34 anni) e tra i profili più qualificati in termini di istruzione e condizione professionale. Infatti, il 100% dei dirigenti, quadri, docenti e degli studenti universitari hanno dichiarato di poter accedere alla rete. In particolare: il 98% dei laureati, il 93,2% dei diplomati, il 97,7% degli imprenditori e liberi professionisti, il 97,9% degli impiegati e insegnanti e il 95,2% degli studenti di scuole medie e superiori.
Sotto il profilo socio-demografico tra gli individui connessi a internet da cellulare\smartphone, risultato esposti soprattutto i giovani (oltre la metà degli individui di età compresa tra gli 11 e 34 anni), i residenti del Centro Italia (39,8% della popolazione di quest’area) e del Nord Ovest (37,5%) e coloro che vivono nei centri più popolosi (con più di 100.000 abitanti). I tassi di concentrazione più elevati si riscontrano tra i profili più qualificati in termini di istruzione e condizione professionale. Si segnala, in particolare, un tasso di penetrazione del 53,4% per i laureati, del 46% per i diplomati, del 61,6% per gli imprenditori e liberi professionisti, del 56,5% per i dirigenti, quadri e docenti universitari e tra gli studenti (60,9% per gli studenti universitari e 54,5% per gli studenti di scuole medie e superiori).
Anche il profilo di coloro che accedono a internet da tablet è decisamente più elevato: a fronte di una penetrazione media del 5,6% sull’intera popolazione dagli 11 ai 74 anni (2,7 milioni di individui), si registra un tasso di concentrazione del 19% per i dirigenti, quadri e docenti universitari, del 12,6% per gli imprenditori e liberi professionisti e del 12% per i laureati.
Entrando nel dettaglio delle attività effettuate da cellulare da chi dichiara di accedere a internet via mobile, “navigare su internet” è l’attività più citata (il 60,4% dei casi), seguita da “inviare/ricevere e-mail” (il 36% dei casi), “accedere ai social network” (33,9%), “consultare motori di ricerca” (33,3%). Sono 4,8 milioni coloro che hanno dichiarato di aver scaricato almeno una volta un’applicazione e tra quelle più utilizzate negli ultimi 30 giorni risultano i giochi (57,3%), le applicazioni sul meteo (48,1%), quelle che permettono di accedere e chattare sui social network (45%), le mappe, itinerari, informazioni sul traffico (41,2%) e le applicazioni per foto e immagini (39,2%).
Sintesi dei dati di audience online, Audiweb Database dicembre 2012
Il 2012 ha registrato un valore medio di audience online di 28,3 milioni di utenti nel mese (+6,9% rispetto all’audience media mensile del 2011) e 13,8 milioni di utenti nel giorno medio (+8,4% rispetto all’audience media giornaliera del 2011). Nel 2012, gli utenti hanno speso online 1 ora e 23 minuti nel giorno medio, consultando 145 pagine.
In base ai nuovi dati di audience online da PC, nel mese di dicembre 2012 sono stati 28,9 milioni utenti unici, con un incremento del 6,3% rispetto allo stesso periodo del 2011. Nel giorno medio erano online 14,1 milioni gli utenti collegati in media per 1 ora e 25 minuti con 136 pagine viste per persona.
Per quanto riguarda i dati di sintesi sulla fruizione dei contenuti video online (Audiweb Objects Video), nel mese di dicembre 2012 sono state 45,9 milioni le stream views e 5,9 milioni gli utenti che hanno visualizzato almeno un contenuto video online su uno dei siti degli editori iscritti al servizio, con una media di 28 minuti e 29 secondi di tempo speso per persona. Nel giorno medio le stream views sono state 1,5 milioni, visualizzate da 654 mila utenti che hanno dedicato in media alla visione dei contenuti video 8 minuti e 21 secondi per persona.
Via Audiweb
Più passa il tempo e più lo scenario degli strumenti di marketing e dei punti di contatto con il cliente si fa complesso, veloce e difficile da comprendere in tutte le sue parti.
Molta di questa realtà è fatta da strumenti digitali, per i quali nelle organizzazioni solitamente si prefigura o un’area dedicata o un totale outsourcing, con il rischio però in entrambi i casi di percepire questo settore come un’entità a parte con obiettivi e strategia propria.
Gli analisti di Forrester invece prevedono (almeno per molti paesi) un contesto in cui il digital marketing diventerà semplicemente “marketing” in quanto sarà tutt’uno con gli altri strumenti rispetto al quale si avvia a diventare preminente. Per questo, secondo una ricerca IDC qui ben commentata, a livello internazionale nel 2013 il 50% dei nuovi assunti in area marketing avrà un background tecnico.
immagine tratta ed elaborata da http://venturebeat.com/2012/08/23/the-hot-new-cxo-chief-marketing-technology-officer-infographic/
Al di là degli aspetti organizzativi, di cui già mi sono occupato in passato, che cosa significa tutto questo? Io ho alcune idee.
1) Non si può più confondere il marketing con la sola comunicazione: ci sono dietro sempre più aspetti di analisi, di gestione dei dati, di visione di insieme dell’ecosistema di business (compresi gli strumenti tecnologici che lo fanno girare). Insomma, senza arrivare al big data, non è solo creatività.
2) È sempre più essenziale un’integrazione con le basi dati aziendali e con tutti gli altri strumenti: non è pensabile ancora a lungo che gli strumenti di marketing digitale delle aziende non dialoghino con i sistemi IT (e con i CIO) sia per prendere le informazioni necessarie a comunicare in modo mirato al cliente sia per fornire all’indietro preziosi insight per tutta l’organizzazione. Per non parlare poi della gestione degli asset digitali, ormai cruciale da razionalizzare e padroneggiare.
3) L’attenzione ai particolari non può essere più rivolta solo alla presentazione estetica: ogni dettaglio è fondamentale in un mercato super competitivo e l’attenzione va posta in tutto, compresa la velocità, correttezza ed efficacia delle informazioni e dei processi di marketing, digital e CRM. La “cosmesi” della facciata non può realisticamente nascondere a lungo i limiti di performance.
4) Non si può più temere la tecnologia: è un altro mio cavallo di battaglia, di cui ho già parlato e su cui sono in buona compagnia. Non è necessario essere dei tecnici per diventare delle valide persone di marketing ma altrettanto non si può più fare business senza un minimo di cognizione dei nuovi strumenti, solo perché “non ci capisco nulla”. Direste a un colloquio di lavoro “non ci capisco nulla”?
5) Siamo nell’era della condivisione e della visione di insieme: ci sono tutti i modi di comunicare all’interno delle organizzazione a patto di essere pronti a collaborare. Inoltre, i ruoli sono così fluidi e in divenire che la capacità chiave sta diventando quella di unire i vari elementi, non certo di produrre attività a compartimenti stagni. Ma senza collaborazione è piuttosto difficile.
Si potrebbe continuare ancora ma il punto penso sia chiaro, si spendono tante belle parole sulla teoria di marketing, che ancora assolutamente ci serve, ma ormai non si può ignorare che senza processi, informazioni, tecnologie e pragmatismo non si va da nessuna parte. Leggete un po’ questo decalogo… e poi scrivete i qui i vostri commenti!
Gianluigi Zarantonello via internetmanagerblog.com
Secondo un ultima analisi condotta da Flurry, la startup delle statistiche su mobile, a dicembre i consumatori hanno usato applicazioni per acquisti online sei volte in più rispetto allo scorso anno. Questo a dimostrazione che lo shopping su mobile sta cominciando a crescere come usanza tra gli utenti.
La ricerca è stata effettuata prendendo un campione di 1.800 applicazioni iOS e Android nel periodo da dicembre 2011 a dicembre 2012, che sono state, poi, suddivise in 5 categorie: app di retailer, comparazione di prezzi, assistenza d’acquisto, mercato online e le migliore offerte del giorno.
In generale, il tempo trascorso su questo tipo di applicazioni è cresciuto del 132% di anno in anno. Nel dettaglio, invece, le applicazioni di retailer come quelle direttamente associate a Wal-Mart, Target, Macy, Victoria’s Secret, Gap e Saks 5th Avenue, sono cresciute maggiormente in termini di tempo trascorso. Le applicazioni di confronto prezzi come RedLaser di eBay, e Grocery IQ hanno visto un incremento di utilizzo del 247% anno su anno, così come le app di assistenza d’acquisto come ShopSawy e ShopAdvisor sono cresciute del 228%.
Per quanto riguarda le applicazioni delle offerte giornaliere come Groupon, invece, nonostante abbiano speso milioni per l’acquisizione di un numero sempre maggiore di clienti, vedono nel corso dell’anno, scendere la loro quota di mercato. Questo però non ha inciso sul tempo trascorso dagli utenti su questo tipo di piattaforma, che anzi, è moltiplicato rispetto all’anno precedente. Non a casa Groupon ha dichiarato che un terzo dei suoi ricavi provengono dagli acquisti su mobile nel Nord America.
Via Tech Economy
Brutte notizie per il mercato pubblicitario italiano nella rilevazione del mese di novembre. Nel penultimo mese dell’anno scorso – rileva Nielsen – il calo dell’advertising in Italia è stato del 23% portando la variazione complessiva rispetto al 2011 al 14%.
Negli 11 mesi del 2012, gli investimenti in televisione registrano una flessione del 15,3%, ma all’interno del piccolo schermo sono da sottolineare i risultati positivi di molte emittenti tematiche e digitali.
Perdono il 16,9% i quotidiani, il 17,8% i periodici, il 10,2% la radio e ben il 24,9% il cinema. Internet si conferma in crescita (+7,1%), ma con un ritmo più contenuto rispetto alla prima parte dell’anno. In termini di settori merceologici il calo coinvolge le principali Industry (alimentari, automotive, TLC e abbigliamento).
In tutti i settori, Largo Consumo in particolare, è riscontrabile una riduzione ma anche una redistribuzione dei budget, a favore di nuove emittenti tv e dei media digitali in generale. Tra i pochi settori merceologici in crescita in termini di advertising si distingue Turismo/Viaggi (+8,3%).
Via Tech Economy
Molti tendono a pensare al digitale (solo) come a uno strumento per fare comunicazione, per affascinare, per vendere di più.
Tutte cose sanissime, non fosse che il digitale può fare un altro miliardo circa di cose. Ad esempio tagliare i costi, dare un servizio migliore.
Ottimo esempio il caso di Hointer, negozio che a Seattle impiega un sistema tecnologico per ridurre code e attese, mucchi di jeans e orde di commessi.
Il video qui sotto spiega bene il processo, che in sostanza funziona così:
1) Per comprare un jeans (che detto fra noi mi sembra si posizioni in una fascia abbastanza alta di prezzo) si esaminano i 150 campioni esposti.
2) Per provare il modello che piace, si scansiona il suo QR code e si sceglie la taglia. Il magazzino automatico va a pescare il jeans in magazzino e (circa 30 secondi dopo) lo fa cadere direttamente nel camerino di prova (indicato anche questo dall'app).
3) Se decidiamo di acquistarlo, lo si compra direttamente in camerino (dotato di un lettore di carta di credito) e si esce, potenzialmente senza avere contatto alcuno con esseri umani. Ideale per chi detesta i contatti personali...
Anche il concetto di negozio ne esce cambiato, da luogo dove accumulo sui banchi i prodotti da vendere a store dove espongo i campioni... un modello che a me fa pensare molto a certi altri modelli di business dove il negozio (o meglio il flagship store) serve per farmi esplorare il prodotto, che poi sono libero di comprare online o offline scegliendo il retailer più competitivo...
Non passa giorno senza che non emergano nuove indicazioni su quello che sarà il futuro del mercato degli smartphone. I più recenti dati forniti da Abi Research evidenziano come nel 2014 il 50% dei telefoni cellulari venduti sul mercato sarà riconducibile a questa categoria di prodotti, cifra che aumenterà sino al 69% per l'anno 2018. In questo periodo si raggiungerà anche un picco di 2,4 miliardi di dispositivi cellulari venduti in 12 mesi.
Se al momento attuale il mercato degli smartphone vede una contrapposizione tra Android e iOs, il mondo dei sistemi operativi vedrà una evoluzione nel corso dei prossimi anni che potrebbe portare ad avere un maggior numero di soluzioni disponibili sul mercato.
Segnaliamo in questa direzione sia Windows Phone, per il quale Microsoft sta iniziando a raccogliere i primi frutti del lavoro svolto negli ultimi 12 mesi, sia Tizen, sistema operativo su base Linux che punta tutto sulla notevole flessibilità di configurazione che offre tanto ai produttori di telefoni smartphone quanto ai carrier internazionali.
Via Quo Media
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