Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Ancora novità in casa Amazon, dopo le recenti acquisizioni che hanno allargato l’offerta della piattaforma di ecommerce. La compagnia di Jeff Bezos lancia oggi il nuovo store dedicato ai wearable device. Il sito si concentrerà su dispositivi come Shine Misfit, Jawbone UP24 e Narrativa clip, per citarne solo alcuni.
Il portale offre una serie di sezioni, tra cui quella per i dispositivi sanitari, i device per il fitness e il wellness, le telecamere indossabili e gli smart watch. In catalogo molti dispositivi conosciuti come il monitor Lumoback per il controllo della postura, la linea Fitbit, il Pebble smart watch e la gamma di telecamere GoPro. Lo spazio include anche un angolo sponsorizzato da Gizmodo con contenuti presentati dalla editor Sarah Zang.
Nel “microsito” saranno presenti guide e consigli per aiutare i clienti a scegliere il dispositivo indossabile giusto per il loro stile di vita e le proprie esigenze: tutto questo sarà possibile anche grazie all’aiuto di demo che illustreranno i prodotti in vendita e di clip che illustreranno le tecnologia alla base dei device. Recenti studi hanno dimostrato che, nonostante la familiarità con la tecnologia indossabile sia alta, sono ancora poche le persone che in realtà possiedono uno di questi gadget.
Amazon aveva davvero bisogno di lanciare uno store dedicato a questo tipo di device? Solo il tempo ce lo potrà dire. Intanto sarà interessante osservare le mosse di Amazon per la promozione e la vendita di questi particolari dispositivi che saranno parte integrante dell’Internet of Things.
Via Tech Economy
Il sistema operativo mobile di Google controlla il 33,5 per cento delle entrate pubblicitarie a livello mondiale, in crescita del 6 per cento rispetto lo scorso anno.
Gli ultimi dati Mediaworks rivelano che la piattaforma Android ha per la prima volta ha superato iOS nel numero di impressioni pubblicitarie sui dispositivi mobili.
IPhone e iPad di Apple ancora generano più entrate pubblicitarie, però, ricevendo il 52 per cento di tutte le entrate pubblicitarie, malgrado rappresentino solo il 38,2 per cento di tutte le impressioni.
Android è stata una delle piattaforme da cui le entrate pubblicitarie ed il traffico sono aumentate gradualmente negli ultimi anni, in gran parte a scapito di BlackBerry e Symbian. Il sistema operativo mobile di Google è salito di oltre sei punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, e ora controlla il 33,5 per cento delle entrate pubblicitarie a livello mondiale. Ciò è in gran parte grazie al gran numero di dispositivi con sistema operativo Android venduti, che ora rappresentano quasi l'80 per cento di tutti gli smartphone, secondo gli ultimi dati IDC.
Samsung continua a consolidare la sua posizione come fornitore principale di dispositivi Android, che rappresentano circa il 60 per cento di tutte le impressioni pubblicitarie sui dispositivi mobili nel primo trimestre di quest'anno (Q1 2014).
Gli annunci per cellulari sono guidati principalmente dal mercato statunitense, che rappresenta oltre il 50 per cento di tutto il traffico di annunci. La regione Asia-Pacifico arriva al secondo posto con quasi il 23 per cento grazie ai mercati emergenti come la Cina, mentre l'Europa rappresenta solo il 13 per cento.
Via PianetaCellulare.it
Non un paywall, ma un abbonamento low cost che mette a disposizione contenuti extra e chat con i giornalisti della testata, oltre alla partecipazione a eventi speciali organizzati dalla rivista: questa l’idea di Slate, celebre magazine online che ha lanciato Plus, servizio che, con 5 dollari al mese o 50 l’anno, amplia l’esperienza dei lettori.
“Non è un paywall - spiega il direttore, David Plotz -. Il nostro modello è Amazon Prime, che continua ad aggiungere benefit agli iscritti”. E così farà Slate Plus, offrendo ingressi gratuiti a eventi riservati, incontri speciali con il pubblico e approfondimenti ad hoc. La struttura del magazine, invece, rimarrà invariata e ad accesso libero.
“La pubblicità rimane centrale per il nostro successo”, ha proseguito Plotz, ribadendo la scelta di non far pagare le pagine del sito principale. Per tutto il resto, invece, c’è l’abbonamento.
Via Quo Media
La messaggistica istantanea su piattaforma mobile è il vero cruccio dei padroni del web. Il core business su cui puntare senza esitazioni. Chiedere a Mark Zuckerberg, che per accaparrarsi WhatsApp ha staccato un assegno da 19 miliardi di dollari, e non contento sta facendo di tutto per trasformare la chat di Facebook in una App con chissà quali intenzioni. Cosa fanno, dunque, le altre big del Web per contrastare l'ascesa indisturbata del social network di Palo Alto? Mentre Microsoft annuncia che i telefonini Nokia d'ora in poi porteranno il suo marchio, la mossa più a sorpresa la cala Google che con un aggiornamento di Hangouts mira a prendersi gli Sms dei dispositivi basati su Android.
Per adesso l'aggiornamento in questione riguarda solo i possessori dei device più evoluti, cioè quelli su cui gira Android 4.4 KitKat. Ma nel giro di qualche settimana sarà disponibile per tutte le versioni. Proprio stamattina Google ha rilasciato la nuova release della celebre App che in principio era nata per portare sul mobile la chat di Google Talk. Oggi, scaricando l'aggiornamento, Hangouts chiede all'utente se voglia inglobare gli Sms o meno. Inglobare gli Sms in Hangouts significa dare l'ok a Google per la gestione dei tuoi messaggi di testo. In caso affermativo, Hangouts diventa immediatamente la App unica dalla quale gestire Sms e chat di Google. E se l'esperienza non sarà così esaltante, all'utente viene concessa la possibilità di tornare indietro.
Ad annunciare l'aggiornamento di Hangouts era stato qualche ora fa, sul suo profilo Google+, uno degli sviluppatori di Mountain View, Mike Dodd. Proprio dalle parole di Dodd si capisce chiaramente cosa cambia per gli androidiani: «Gli Sms e gli hangout con lo stesso destinatario vengono uniti in una sola conversazione. – ha scritto Dodd - Potete scegliere se inviare un messaggio tramite Hangouts oppure via Sms, semplicemente agendo su un pulsante. Inoltre, è facile separare in ogni momento i diversi tipi di messaggi all'interno delle conversazioni. In altre parole, potete unirle o dividerle quando volete». Un aggiornamento che riguarda anche l'area contatti: «D'ora in poi i contatti saranno divisi in due sezioni principali, quelli con i quali si è comunicato via Hangouts e quelli telefonici, rendendo più semplice la navigazione nell'elenco e l'invio degli Sms».
L'aggiornamento riguarderà tutti i dispositivi Android nel giro di qualche giorno. E l'obiettivo di Big G pare abbastanza chiaro: mettere le mani sugli Sms e cercare di contrastare l'ascesa mobile di Facebook. Anche perché per ora gli Sms, seppur inviati tramite la App di Hangouts, resteranno a pagamento. Ogni utente continuerà a pagarli in base al suo piano telefonico. Google offrirà soltanto la piattaforma. Ma si fa largo un'ipotesi molto affascinante. Pare che da Mountain View vogliano lanciare la sfida al titano WhatsApp, rendendo gratuiti gli Sms. Zuckerberg è avvisato.
Via IlSole24Ore.com
L’annuncio sarebbe alle porte, precisamente il 30 aprile in occasione di una conferenza dedicata agli sviluppatori prevista a San Francisco: in questa occasione, secondo indiscrezioni da Recode, Facebook annuncerà il piano per la realizzazione di una sua piattaforma pubblicitaria per mobile, che vada al di là del social network, da proporre agli investitori come un modo per trarre vantaggio dal suo enorme database di informazione sugli utenti.
Non si tratta di una notizia completamente nuova, se è vero, spiega Recode, che già a gennaio il colosso aveva annunciato la sperimentazione di nuovi modi per vendere pubblicità su app di terzi, definendo il test “come una rete di pubblicità mobile”. In passato Facebook si era tenuta alla larga dal costruire una rete di pubblicità esterna al social network perchè impegnata a venderla sul suo sito. E non era possibile, secondo Recode, contemplare una rete di advertising mobile fino ad oggi che lo scenario è completamente cambiato. Negli ultimi tre mesi del 2013, infatti, la pubblicità da mobile ha generato 1,24 miliardi per Facebook, una cifra record anche per i numeri a cui è abituata la creatura di Mark Zuckerberg. Di cui una buona fetta, forse il 50%, sarebbe arrivata da quegli annunci pubblicitari che suggeriscono agli utenti applicazioni da scaricare. Al momento Facebook non commenta l’indiscrezione.
Via Tech Economy
La rete si conferma uno dei canali preferiti dagli italiani per fare shopping, soprattutto nel settore della moda. A sostenerlo è una nuova indagine condotta da Human Highway per Netcomm, il Consorzio del Commercio Elettronico Italiano, presentati nel corso del Digital Fashion & Design, appuntamento che per la prima volta analizza anche il mercato online dell’arredamento e del design.
Su 30,5 milioni di individui che compongono l’universo di Internet (sopra i 15 anni), 16,2 milioni hanno fatto un acquisto online negli ultimi 3 mesi e di questi quasi 11 milioni sono acquirenti online abituali, il 36% dell’universo degli utenti Internet in Italia. In un anno, tra aprile 2013 e aprile 2014, oltre 3,3 milioni di utenti Internet sono diventati eShopper nella moda: 1,7% in più gli “sporadici” con uno o due acquisti nell’ultimo trimestre (5,3 milioni in totale) e ben 22,8% in più gli abituali con tre o più acquisti nell’ultimo quarto (sono 10,9 milioni in totale). Aumentano anche i volumi delle transazioni nei prodotti fashion del +80% in occasione dell’ultimo Natale, ma il trend si mantiene con lo stesso ritmo di crescita, registrando nei primi soli due mesi 73 milioni di euro (+79% rispetto allo stesso periodo del 2013).
Per lo specifico comparto del Fashion (abbigliamento, scarpe, borse, accessori) è significativa la crescita anno/anno di coloro che almeno una volta hanno fatto acquisti: +42%, pari a 3,3 milioni di nuovi acquirenti in 12 mesi. L’indagine rileva inoltre una consistente sovrapposizione tra eShopper di prodotti di moda e eShopper di prodotti di Design e Arredamento. Da osservare anche il valore dello scontrino medio, che, se per il Fashion raggiunge un massimo con gli 80 euro, per le borse da donna, è di ben 140 euro per i prodotti di arredamento (80 euro per prodotti di Design).
“L’aumento significativo degli eShopper abituali – commenta Roberto Liscia, Presidente di Netcomm – Consorzio del Commercio Elettronico Italiano – è un dato che deve farci riflettere. Da una parte è significativo il fatto che aumentano gli utenti Internet disposti a fare acquisti online e quindi ad affidarsi alla tecnologia, ma dall’altro possiamo forse leggerlo come una risposta delle famiglie alla crisi, con la ricerca sulla Rete di prodotti a prezzi più vantaggiosi rispetto all’esperienza di acquisto nel negozio tradizionale. L’aumento esponenziale in un anno degli acquisti di abbigliamento è anche frutto di una maturità del settore in termini di ampiezza del catalogo, di disponibilità di servizi e naturalmente di maggiore convenienza”.
Chi acquista arredamento o design in rete, infatti, lo fa principalmente per la convenienza (40-43%, buon rapporto qualità/prezzo), ma anche in virtù della credibilità del sito di vendita (32-33%). Un dato questo interessante: per il design un motivo importante nella decisione d’acquisto è l’occasione, un’offerta precisa che non si sarebbe ripresentata in futuro, elemento che attrae il 31% degli eShopper. Per l’arredamento l’occasione è un buon motivo per il 23% degli acquirenti.
Via Tech Economy
Dopo il colpo di Facebook che per la cifra record di 19 miliardi di dollari lo scorso febbraio ha messo le mani su WhatsApp, sembra che il mercato delle applicazioni di messaggistica e videochiamate sia diventato il nuovo terreno di conquista dei gruppi hi-tech. Oggi il colosso cinese dell'e-commerce, Alibaba, ha investito 215 milioni di dollari in Tango, l'applicazione californiana di videochat che conta 200 milioni di utenti in tutto il mondo ed è stata valutata un miliardo di dollari.
Nulla rispetto ai numeri di WhatsApp (si parla di 450 milioni di utenti attivi al mese e di 1 milione di nuovi iscritti al giorno), ma la mossa rappresenta un passaggio strategico per il gruppo cinese: entro la fine dell'anno dovrebbe arrivare a Wall Street con un Ipo che potrebbe raccogliere fino a 25,1 miliardi di dollari, diventando la più grande della storia. Quella di Facebook nel maggio 2012 aveva raccolto la cifra record di 16,1 miliardi di dollari.
Il co-fondatore di Tango, Eric Setton, ha dichiarato in un'intervista al Financial Times che l'investimento servirà per espandere il gruppo e poter competere con i grandi del settore: "Siamo ancora sfavoriti, abbiamo molto lavoro davanti a noi", ha detto Setton, ricordando che non ha ancora un piano strategico di cooperazione con il colosso cinese, ma che immagina e spera "che ci saranno un numero di iniziative da lanciare insieme".
Tango, fondata nel 2009 a Mountain View, ha 110 dipendenti: una struttura molto più grande rispetto a WhatsApp che con solo 55 impiegati è riuscita a conquistare il settore. Inoltre Tango si sostiene anche grazie alle entrate della pubblicità, a differenza del gruppo fondato da Jim Koum che ha di recente ricordato di non voler ospitare messaggi promozionali.
Ma il mondo delle applicazioni di messaggistica continua ad attrarre investimenti, soprattutto dopo l'esplosione del mercato mobile che rappresenta per i grandi gruppi hi-tech un treno su cui saltare per continuare a espandersi: la società giapponese di commercio online, Rakuten, ha comprato per 900 milioni di dollari la startup di messaggistica Viber che conta oltre 100 milioni di user attivi ogni mese. E ancora il rivale cinese di Alibaba, Tencent, sta investendo capitali sulla sua applicazione WeChat che di recente ha raggiunto i 350 milioni di utenti mensili (molti di essi all'interno del Paese orientale) mettendo in pericolo il primato di WhatsApp.
Pur essendo usata soprattutto in Cina, WeChat si sta espandendo anche in altri Paesi dell'Asia e in Sud America. Inoltre Trecent ha delle partecipazioni nella popolare startup di messaggistica nata in Corea del Sud, Kakao Talk. Ma il primo acquisto in questo mercato era stato messo a segno da eBay, che nel 2005 aveva comprato Skype per 2,6 miliardi di dollari, poi nel 2011 passata nelle mani di Microsoft per la cifra di 8,5 miliardi.
Intanto WhatsApp non sta a guardare: il gruppo comprato da Facebook userà infatti parte dei soldi arrivati nelle sue casse per sviluppare un sistema di telefonate Voip e così poter conquistare anche questo settore dominato da Viber e Skype. Il motivo? Secondo alcuni analisti ci sarebbero ormai troppe alternative alla semplice applicazione di messaggistica (tra queste WeChat, la giapponese Line, la tedesca Telegram e la neonata Kik) e WhatsApp, adesso che è diventata grande, deve cambiare per poter sopravvivere.
Via America 24
Più volte, nel corso di una giornata, ci colleghiamo a Facebook per leggere gli aggiornamenti di stato, guardare le foto o cliccare sui link pubblicati dagli amici. Oppure chattiamo senza sosta su WhatsApp, fresco acquisto miliardario del sempre più ambizioso Mark Zuckerberg. Bene: in futuro potremo andare molto oltre, sarà possibile usare il social network più affollato del mondo come una banca. La notizia è che il social network avrebbe chiesto in Irlanda, Paese delle sua sede europea, l’autorizzazione per trasformarsi in un’enorme cassaforte virtuale di denaro dei suoi utenti. Che potranno custodirlo o indirizzarlo verso vari scopi. Proviamo a capire cosa significa questa mossa e quali implicazioni, prospettive e rischi porterà con sé.
COSA SI POTRÀ FARE L’uso più immediato e scontato sarà la possibilità di trasferire denaro a un altro iscritto. Svolgere tutte quelle operazioni che oggi sono possibili con servizi come Paypal o, in punti vendita fisici, su Western Union e affini verso un bacino di 1,2 miliardi di persone. Acquirenti di oggetti di seconda mano, amici, congiunti, società. La sensazione, per una pure questione di logica, è che Zuckerberg vorrà offrire il servizio a commissioni molto più basse rispetto a quelle attuali e, soprattutto, integrare il tutto in modo armonico nella sua piattaforma. Per esempio, una madre indiana che lavora in Italia potrà mandare una somma ai figli a Nuova Delhi dal suo conto Facebook come allegato di un messaggio privato del social network. L’esempio non è casuale, perché le rimesse, i soldi inviati dall’Occidente verso i Paesi in via di sviluppo, sono una costante e un’opportunità di business gigantesca. Naturalmente il proprio conto potrà essere utilizzato per tutti i fini tipici della valuta virtuale: dal più classico e-commerce all’acquisto di applicazioni, contenuti multimediali (film, musica) o per pagare abbonamenti a piattaforme streaming, giornali e affini. Il tutto, è qui la differenza, con sconti o pacchetti pensati ad hoc per chi usa questo strumento anziché le classiche carte di credito. I fornitori di servizi faranno la fila.
QUANDO SI COMINCIA In verità è opportuno chiedersi se si comincia, poiché si tratta pur sempre di un’indiscrezione rivelata dal quotidiano Financial Times e che l’azienda californiana si è rifiutata di commentare. Comunque, ottenuto il via libera delle autorità, tra test e partnership, potrebbero volerci come minimo alcuni mesi. Sebbene una fase beta per un numero ristretto di persone, come da tradizione per le nuove iniziative targate Menlo Park, potrebbe partire quasi subito.
COSA CI GUADAGNIAMO NOI In verità, parecchio. Chi è abituato a spedire soldi all’estero sa benissimo quanto fastidiose e spesso poco giustificabili siano certe commissioni. Ma anche pagare con un bonifico oppure usare strumenti virtuali di trasferimento fondi, specie se le cifre si alzano, è un piccolo salasso. Facebook potrebbe rinunciare a fare margini sulle transizioni, secondo le ipotesi più ardite azzerando del tutto le commissioni, per fare denaro in altro modo.
COSA CI GUADAGNA FACEBOOK E qui è il vero nodo. La piattaforma di Mark Zuckerberg fa cassa soprattutto vendendo pubblicità. Com’è noto, non indifferenziata ma cucita su misura sui gusti, le preferenze, le fasce d’età e altre caratteristiche precise dei suoi utenti. Avere a disposizione uno storico dei loro pagamenti – per gli articoli di un sito di e-commerce ma anche per quel film, quel particolare disco, quel libro – significherebbe profilarli ancora meglio. Perché riflettiamoci: un conto è un generico "mi piace" lasciato sulla pagina di un cantante o un brand, un altro è la prova che sono disposto a spendere per un suo prodotto. Il coinvolgimento è maggiore, quasi totale. Ed è oro per i pubblicitari. Come gli inserzionisti sono oro per Facebook: che pur sì ha guadagnato 900 milioni di dollari nel 2013 dalle transazioni svolte all’interno del social network, per esempio per gli acquisti di vite extra e armi speciali per i popolari videogame che ospita, ma smartphone e tablet con i loro negozi digitali sono concorrenti sempre più spietati. Questo tipo di articoli digitali pesava per il 18 per cento sul totale dei ricavi a inizio 2012; si è dimezzato, scendendo al 9 per cento alla fine del 2013.
QUALI RISCHI CI SONO Il più evidente è che Mark Zuckerberg sappia davvero tutto di noi, senza eccezioni e più zone franche. Il punto, inutile girarci intorno, è sempre lo stesso: capire a quanta privacy siamo disposti a rinunciare per avere servizi che già oggi ci sono familiari ma a tariffe più convenienti. Di sicuro Facebook non è un ente senza fine di lucro o con velleità di beneficenza, non raccontiamoci storie diverse. In questo caso farà soldi facendoci lo sconto. In passato è andata anche peggio.
Via Panorama.it
Curare i social network diventa sempre più importante per le case automobilistiche, tutti gli utenti di Facebook infatti frequentano le loro pagine e quelli soddisfatti rimangono fedeli al marchio. E’ quanto emerge dal Power's 2014 Social Media Benchmark Study della società di consulenza J.D. Power, secondo cui le campagne pubblicitarie sui social network hanno un impatto rilevante sulle vendite.
Facebook è il social network che offre di più, seguito da YouTube e da Twitter. In particolare, dalla ricerca di mercato in cui sono stati monitorati più di 10mila consumatori americani nelle loro attività online, è risultato che il 29% dei partecipanti ha frequentato i social media per consigli sui prodotti e sui servizi, mentre il 20% lo ha fatto per informarsi sulle case auto e sui loro prodotti.
Infine tutti gli intervistati hanno risposto di avere interagito almeno una volta con un canale social delle case automobilistiche.
Via Quo Media
Per la prima volta, nel 2013, la pubblicità online e tramite dispositivi mobile ha superato i 40 miliardi di dollari. Secondo l’Internet Advertising Bureau (IAB) che ha ispirato la ricerca sull’internet advertising condotta dalla società di consulenza statunitense PwC, negli Stati Uniti dal 2004 la crescita del settore dell’advertising digitale ha avuto un tasso di crescita annuo del 18% e quest’anno i ricavi pubblicitari in ambito digitale hanno sorpassato quelli del comparto televisivo. La pubblicità nel comparto digitale è arrivata alla cifra record di 42,8 miliardi di dollari, battendo quella televisiva che si aggira intorno ai 40 miliardi di dollari.
In cima alla classifica delle percentuali di crescita, c’è il mobile che guida gli investimenti più fruttuosi, rispetto alle categorie più classiche dove il digital advertising si è sviluppato nel corso degli ultimi anni.
Come evidenzia la ricerca, però, mentre il web e i ricavi pubblicitari sul mobile battono la televisione, quest’ultima sommata ai ricavi della tv via cavo supera il settore del digitale. Sembra quindi tenere, anche se in forma aggregata, il ruolo della televisione nonostante l’impatto del digital advertising diventi sempre più consistente.
Secondo il Rapporto Pew dello scorso anno, due terzi degli adulti negli Usa accede ad internet via smartphone e tablet: grazie all’aumento delle vendite il mercato pubblicitario in questo ambito ha subito una veloce accelerazione. che sembra non stupire gli addetti ai lavori. Solo lo scorso anno, secondo la ricerca IAB, il mobile advertising ha superato i 7,1 miliardi di dollari di investimenti, con un incremento del 110% rispetto ai 3,4 miliardi di dollari dell’anno precedente. I digital video promozionali, una componente dell’advertising su display, hanno raggiunto i 2,8 miliardi di dollari, con una crescita del 19% rispetto al 2012.
“La notizia che la pubblicità interattiva ha superato le trasmissioni televisive non è una sorpresa” dichiara Randall Rothenberg, presidente e amministratore delegato di IAB, in occasione della pubblicazione del report, “gli schermi digitali hanno ormai il potere di raggiungere e coinvolgere audience sempre più vaste e differenziate”.
Sul fronte degli inserzionisti, le aziende locali continuano a rappresentare la categoria più attiva, con una crescita della spesa pari al 21% nel 2013, seguite dai servizi finanziari e dalle automotive.
“La nostra indagine conferma che siamo in transizione verso l’era post-desktop” dichiara David Silverman, consulente della PwC USA “ la crescita dei ricavi pubblicitari sui dispositivi mobili evidenzia ulteriormente la più tiepida crescita dell’8% dell’advertising sui computer tradizionali. Questo è semplicemente un riflesso del cambiamento, di come i consumatori fruiscono le loro informazioni in movimento!“
Via Quo Media
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