Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Initiative ha effettuato una ricerca, denominata ‘The Game Changer’, su come la recessione economica condiziona i consumatori di 7 Paesi (Italia, Francia, UK, Germania, Spagna, US e Cina). La ricerca è stata effettuata attraverso Connections panel (online panel proprietario). 3.200 (di cui 400 in Italia) le persone che hanno risposto alle 37 domande dell’indagine.
La recessione sta cambiando i comportamenti dei consumatori in modo permanente e avrà effetto anche sulle attività di marketing e in particolare di comunicazione delle aziende. E’ questo il risultato principale della ricerca di Initiative.
In questo periodo di crisi durante il quale la fiducia dei consumatori verso la classe dirigente è in continuo declino, assume sempre più importanza il parere degli amici e dei familiari (per il 76% degli intervistati) ma anche tutte le informazioni e pareri raccolti online (43%). Solo il 20% degli intervistati dichiara invece di fidarsi dei contenuti veicolati dai media tradizionali. Ciò rappresenta una grande opportunità per le aziende che possono utilizzare il buzz marketing come parte integrante delle loro strategie di comunicazione.
La fiducia nelle aziende non è più legata alla notorietà e al vissuto di marca. Affidabilità, trasparenza e onestà sono le qualità che i consumatori di oggi apprezzano nelle brand che scelgono di acquistare. Questo ha una importante implicazione per le aziende che devono focalizzare la comunicazione maggiormente sull’integrità e trasparenza e meno sul vissuto di marca. Ancora una volta, il WOM (word of mouth) gestito come importante leva di marketing non potrà che portare grandi benefici alle brand.
In questo periodo di recessione è cresciuto l’utilizzo di tutte le aree di Internet: i consumatori si sono rivolti più spesso ai siti di news on line, ai forum e ai motori di ricerca per informarsi sulla situazione economica. La rete è ancora seconda alla tv come mezzo di informazione (il 41% degli intervistati dichiara che la televisione è la principale fonte di informazione), ma è prima in quanto ad affidabilità delle notizie divulgate (è considerata del 35% più affidabile). I consumatori fanno ancora affidamento ai quotidiani, ma si rivolgono sempre più spesso alle loro versioni web.
Il web, che per il 75% degli intervistati è la tecnologia più essenziale, non è utilizzato soltanto in modo razionale, poichè i consumatori hanno un legame emozionale sempre più forte con l’on line. Le aziende pronte a cogliere questi cambiamenti potranno a loro volta adeguare le strategie di comunicazione: non più messaggi price based ma emotionally based brand communications.
I cambiamenti economici hanno avuto un impatto significativo anche sulle modalità di spesa dei consumatori. In particolare, la fedeltà alla marca ha raggiunto il livello più basso poichè i consumatori sono più disposti a risparmiare acquistando beni in promozione o marche più economiche. Al contrario, dall’indagine è emerso che gli individui sono ancora disposti a spendere per il proprio piacere (viaggi, ristorante etc.)
I cambiamenti nel comportamento dei consumatori evidenziati dalla ricerca saranno duraturi, come emerge dal fatto che il 26% degli intervistati ha detto che continuerà sotanzialmente a comportarsi come ha fatto negli ultimi mesi.
In sintesi, i cambiamenti sono davvero impattanti e duraturi ed esistono grandi opportunità per le aziende che sapranno gestire il post crisi con tecniche diverse e innovative rispetto a quelle utilizzate in passato. I risultati dell’indagine di Initiative possono aiutare le aziende a comprendere le modalità e i touch points più idonei per gli obiettivi di comunicazione in questo periodo storico.
Via Marketing Journal
Prime reazioni alla relazione dell’autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni presentata quest’oggi, che mostra come Sky Italia sia ormai la seconda televisione del nostro paese per ricavi ottenuti. A farne le spese è stata Mediaset, scesa al terzo posto, mentre la Rai resta il primo network.
“E’ solo l’inizio - dice sorridendo James Murdoch, presidente di Sky Italia - L’azienda va bene e siamo molto orgogliosi. Il mercato è ampio, c’è spazio per altri soggetti: più competizione vuol dire più dinamismo. Speriamo di continuare a crescere, potranno farlo anche gli altri. I clienti sono felici e vogliamo renderli ancora più soddisfatti” ha concluso il figlio di Rupert.
Una visione forse un po’ ottimistica, quella della rete satellitare, che comunque dimostra come i numeri della tv a pagamento si stiano facendo sempre più importanti. Non a tal punto, però, da spaventare Mediaset.
“Prendiamo atto del sorpasso” ha dichiarato il presidente del gruppo di Cologno Monzese, Fedele Confalonieri, ricordando però che “l’importante è la bottom line, ossia fare gli utili”. In questo senso, le tv della famiglia Berlusconi sono ancora una potenza senza eguali in Italia. La crescita del polo pay potrebbe però cambiare, almeno in parte, le carte in tavola.
Anche perché, le alte sfere Mediaset sembrano aver preso un granchio quanto alla lettura degli equilibri di settore. Non meno di una settimana fa, infatti, presentando gli ottimi dati del digitale terrestre del Biscione, Pier Silvio Berlusconi aveva dichiarato: “La crescita di Sky si è fermata”.
La tempistica è, a posteriori, quanto meno rivedibile.
Via Quo Media
Via Quo Media
Microsoft ha annunciato un accordo con il gruppo di pay-tv francese Canal Plus, che consentirà di guardare film e partite di calcio attraverso la console Xbox 360 prodotta dalla compagnia americana. Oltre un milione di utenti francesi di Xbox potranno accedere ai servizi di video on demand, scegliendo tra film, soap opera, serial e lungometraggi, oltre al campionato di calcio nazionale, alla Champions League e alla Europe League. L’accordo con Canal Plus, fa seguito a quello siglato il mese scorso tra Microsoft e l’emittente inglese a pagamento BskyB.
Via Quo Media
The New York Times ha lanciato quest’oggi Times Wire, servizio online di notizie e attualità in tempo reale.
Il sito raccoglie articoli destinati alla pagina web del quotidiano ed eventualmente, l’indomani, all’edizione cartacea. Servizi e notizie vengono pubblicati senza soluzione di continuità, in diretta, una voltà scritti dai giornalisti della testata.
Times Wire debutta in un periodo non facile per il foglio newyorkese, indebolito dalla crisi economica e dall’emorragia pubblicitaria: il nuovo servizio sarà gratuito, almeno per il momento, perché l’editore sta pensando a un contributo d’iscrizione a tutte le attività web marcate New York Times, per avere un guadagno garantito dal giornalismo online.
Il sito principale del giornale, nytimes.com, nel mese di marzo è stato il più visitato in America nella sua categoria, con 20,1 milioni di utenti unici.
Via Quo Media
Per la prima volta nella sua storia, Google ha deciso di intraprendere una campagna pubblicitaria via tubo catodico.
La compagnia informatica ha girato uno spot per promuovere Chrome, il suo browser per la navigazione internet. Il filmato, 30 secondi nello stile sobrio e comunque fresco della società di Mountain View, è apparso nello scorso fine settimana su una serie di reti televisive statunitensi.
Una pubblicità anomala, che non fa uso di alcuna voce, né specifica che il prodotto di cui si parla è un browser internet, e mostra il riconoscibile logo della compagnia solamente in coda.
“Dopo aver realizzato questo video per il web, abbiamo avuto molti riscontri positivi - ha detto un portavoce dell’azienda - Così abbiamo realizzato una campagna tv che ci auguriamo farà conoscere il nostro browser...siamo curiosi di vedere come andrà questa prova e quali effetti concreti può avere la televisione sulla fama del nostro prodotto”.
Nonostante sia, senza ombra di dubbio, il motore di ricerca più popolare e utilizzato del globo, Google ha estremo bisogno di incrementare l’utenza di Chrome, lanciato in pompa magna lo scorso settembre, ma fino a oggi incapace di impensierire i rivali di mercato come Explorer e Firefox.
Secondo i numeri raccolti da Net Application, Chrome è usato dall’1,4% degli internauti. Un’inezia se paragonato al 66% del leader Microsoft Explorer e al 22% del programma di Mozilla.
Via Quo Media
Warner Brothers lancia oggi un servizio di dvd masterizzati a richiesta, consentendo così agli appassionati di acquistare i film più vecchi del proprio catalogo (spesso mai uscite su dvd) senza mediatori.
Warner è il primo tra gli studios hollywoodiani ad aprire il suo magazzino a una simile iniziativa, e renderà disponibili 150 titoli direttamente sul sito warnerarchive.com: tra questi, pellicole che risalgono alla fabbrica dei sogni di Hollywood con, ad esempio, Cary Grant nei panni di Mr. Lucky (1943).
Il servizio non dovrebbero riguardare le uscite più recenti, almeno per ora, ma ma permette alla casa di produzione di utilizzare in un altro modo i suoi archivi, generando entrate da materiale di giacenza pressoché inutilizzato.
Il servizio on demand consente anche alla società di evitare il rischio di stampare troppe copie di film vecchi o sconosciuti per poi doverle stoccare in magazzino, invendute. Warner Bros. ha annunciato che renderà disponibile ogni mese 20 tra film e programmi tv da acquistare in dvd, tra i quasi 7 mila titoli a sua disposizione.
L’iniziativa cade in un periodo di stanca delle vendite di dvd, che nel 2008 sono scese del 7%, secondo i dati del Digital Entertainment Group. Gli studios puntano dunque sul mercato blu-ray disc, quadruplicato negli ultimi dodici mesi, per contrastare il calo del dvd.
Ma forse è la strategia di mercato basata sui supporti, nell’era del peer to peer e del digitale a banda larga, ad avere in sé una falla.
Via Quo Media
Cala la diffusione dei quotidiani italiani. Nel febbraio 2009, rispetto a dodici mesi prima, Rcs vede il Corriere della Sera scendere a 590.375 copie (-8,5%, ma comunque il primato di giornale più letto d’Italia) e la Gazzetta dello Sport a 337.642 (-4%).
La Repubblica, che non viene più distribuita nelle scuole, cala a 505.957 (-19%), ma il Gruppo Espresso dice di aver reinvestito nella testata online. Scende il Sole 24 Ore: 321.428 e -3,2%.
Male anche Il Giornale, che si assesta a quota 170 mila, registrando un calo del 9,8%. Fa eccezione La Stampa, che cresce dello 0,9% e, grazie agli abbonamenti nel nord-ovest, raggiunge le 309 mila copie mensili.
Via Quo Media
I programmi televisivi maggiormente visti sul web durante il mese di dicembre 2008 sono stati Lost, Saturday Night Live e Grey’s Anatomy, stando ai dati delle ricerche Nielsen Online. Nel dettaglio, sulla Abc.com Lost ha registrato circa 1,4 milioni di utenti unici, sulla Nbc.com Saturday Night Live 1,1 milioni e sempre sulla Abc.com Grey’s Anatomy ha avuto 879 mila visitatori unici.
Per visitatori unici si intende in questo caso visitatori che hanno visto tutto l’episodio del programma in questione, parte dell’episodio o un video sull’episodio. “Mentre per la popolarità online di alcuni programmi, come Grey’s Anatomy, si può supporre che alcune persone facciano uso di internet per vedere gli stessi programmi che guardano in televisione, la popolarità online di programmi come Saturday Night Live indica che c’è un’audience web che potrebbe superare quello tv, poiché include spettatori che non seguono il programma sugli schermi televisivi”, ha commentato Jon Gibs della Analisi Media Nielsen Online. Gli spettatori di Lost invece, sembrano voler familiarizzare con lo show su internet prima che riprenda la messa in onda in televisione (il telefilm è stato visto sul web a dicembre, mentre in televisione ha ripreso solo a gennaio).
Considerando invece il tempo trascorso sui vari programmi, Cwtv.com con Privileged si trova al primo posto e ha registrato 215 minuti per visitatore, seguito da Nbc.com con Churck e Lipstick Jungle per 163 e 153 minuti rispettivamente. YouTube resta comunque il mezzo maggiormente usato per scaricare i vari video.
Via Quo Media
La televisione tradizionale generalista può dirsi ancora una solida realtà in Italia, dove è seguita abitualmente (frequenza settimanale di almeno tre volte) dall'85,6% dei cittadini, e in Francia, dove l'utenza si attesta al 91% (in Gran Bretagna scende al 79,3% e in Germania al 49,7%).
Tuttavia, il 20,6% degli italiani guarda abitualmente la Tv satellitare e il 7,7% usa il digitale terrestre. Il 41,6% degli italiani usa il telefonino nelle sue funzioni di base, contro un 29,4% che utilizza abitualmente apparecchi che permettono le funzioni più sofisticate. Cresce l'uso dello smartphone tra gli uomini (il 31,7% contro il 27,3% delle donne) e soprattutto tra i soggetti più istruiti (il 37,7% rispetto al 20,2% dei meno istruiti). Poco più della metà degli italiani legge abitualmente quotidiani acquistati in edicola, e la quota dei lettori della free press si attesta a circa il 18%.
Il balzo in avanti nell'uso di Internet da parte dei giovani italiani tra 14 e 29 anni è stato enorme: tra il 2003 e il 2007 l'utenza complessiva (uno o due contatti la settimana) è passata dal 61% all'83%, e l'uso abituale (almeno tre volte la settimana) dal 39,8% al 73,8%. Il cellulare è usato praticamente da tutti i giovani (il 97,2%), il 74,1% legge almeno un libro l'anno (esclusi ovviamente i testi scolastici) e il 62,1% più di tre libri.
Il 77,7% dei giovani legge un quotidiano (a pagamento o free press) una o due volte la settimana (il 59,9% nel 2003), mentre il 57,8% legge almeno tre giornali la settimana. La flessione che si registra nell'uso della televisione tradizionale rispetto al 2003 (dal 94,9% all'87,9%) è ampiamente compensata dall'incremento conosciuto in questi anni dalla Tv satellitare (dal 25,2% al 36,9% dei giovani).
Solo il 37,4% degli spagnoli ritiene che la Tv generalista sia vecchia e inutile, percentuale che scende al 31,6% in Francia, al 31% in Gran Bretagna, al 28,8% in Italia e al 18,9% in Germania. Sono altri i problemi con cui devono confrontarsi i canali generalisti. Il loro difetto peggiore per spagnoli (86,8%) e italiani (73,1%) è la volgarità.
Inoltre, per l'82,6% degli spagnoli e l'82% degli italiani i Tg messi in onda dai canali televisivi generalisti sono troppo legati al potere politico, mentre in Francia il valore scende al 69,9%, per diminuire ancora al 49,5% in Gran Bretagna e al 40,1% in Germania. Solo il 30,7% degli spettatori italiani ritiene che i Tg siano effettivamente rispettosi del pluralismo, in Spagna il 44,5%, in Francia il 55,3%, in Gran Bretagna il 61,2% e in Germania il 64,2%.
Ci si informa usando un menù assortito che va dalle Tv ai quotidiani, dai periodici ai portali Internet, alle emittenti locali. Si contano a livello locale 538 Tv, 1.244 radio, 133 quotidiani regionali e provinciali (quasi 2,6 milioni di copie medie giornaliere, considerando solo le testate rilevate dall'Ads). Per il 35% dei cittadini il Tg regionale della Rai è la principale fonte informativa sulla propria città e il territorio, al secondo posto si collocano i quotidiani locali (25%), seguono le televisioni e le radio locali (15,4%), poi la cronaca locale presente nelle pagine dei quotidiani nazionali (11,9%).
La televisione è il principale strumento utilizzato per formarsi un'opinione sull'offerta politica in campagna elettorale (il 78,3% degli elettori, in crescita rispetto alla precedente tornata elettorale del 2006). Segue la carta stampata (20,8%). I rapporti non mediati, come il confronto con familiari e parenti (16,7%), la partecipazione diretta a incontri politici, comizi e assemblee (9,8%), o anche le discussioni con amici e colleghi (9,2%), sono canali preferenziali per quote via via decrescenti di elettori.
Internet è la fonte informativa per una fetta ancora minoritaria del corpo elettorale (7,6%, in crescita rispetto alla precedente rilevazione), con un livello di importanza assimilabile ai tradizionali volantini e materiali di propaganda dei partiti, e maggiore di quella attribuita a un altro mezzo tradizionale come la radio (6,3%, in netta flessione rispetto al 13% registrato alle elezioni del 2006).
Nel complesso rapporto tra potere politico e media, si nota anche che nell'ultima legislatura si contano 64 deputati giornalisti (la quarta professione rappresentata alla Camera, dopo avvocati, dirigenti e imprenditori, prima dei funzionari di partito) e 28 giornalisti senatori (la sesta professione attualmente rappresentata al Senato): praticamente c'è un giornalista ogni dieci parlamentari. Ma si registra anche un pericoloso crollo della fiducia nei media (senza eccezioni per nessun mezzo), più bassa in Italia che negli altri Paesi europei.
La stampa gode della fiducia del 36% dei cittadini (il valore medio in Europa è pari al 44%); la televisione è il mezzo di cui gli italiani si fidano di meno (solo il 35% la ritiene affidabile, valore che sale al 53% nella media europea); si fida della radio il 42% degli italiani (è il mezzo di comunicazione considerato più attendibile, ma con un consenso comunque inferiore al 61% medio europeo); infine, Internet è pienamente apprezzata dal 35%.
Secondo una indagine realizzata dal Censis in dieci metropoli del mondo, solo un quarto del campione (25,8%) sostiene che la propria paura deriva dall'individuazione di un rischio effettivo che si possano verificare eventi indesiderati. Il 25,6% dichiara che la paura deriva dal fatto che giornali e televisioni non parlano d'altro. Interrogati su quali sono i soggetti responsabili dell'aumento dell'insicurezza, il 20,4% afferma che il circuito informativo-mediatico cavalca le paure, attraverso la presentazione selettiva delle notizie, per catturare l'audience.
Prima, però, vengono i politici, ritenuti tra coloro che più fomentano le paure per distogliere l'attenzione dai problemi reali, favorire il consenso, legittimare il proprio ruolo (la pensa così il 29,6%). In particolare, quasi un romano su due (47,8%) imputa ai media la responsabilità di creare allarme sociale, più di un quarto (28,6%) alla politica, mentre i gruppi terroristici vengono indicati solo dal 7%. Il ruolo dei media viene sottolineato da quote rilevanti di intervistati anche a Parigi (27%) e New York (22,2%), mentre chiamano in causa soprattutto la politica gli abitanti di Parigi (il 31,9% indica al primo posto proprio i politici), San Paolo (49,4%), Tokyo (37,3%) e Mosca (23,8%).
Fonte Censis via Blogosfere.it
La grande distribuzione organizzata può scegliere tra due modelli: uno è incentrato sul ruolo del consumatore, l’altro sulla relazione. Il dilemma della business community sembra questo: è bene moltiplicare i format a seconda dei segmenti di popolazione da servire? Addirittura ibridarli?
La domanda non è raminga, soprattutto con la crisi dell’ipermercato. Carrefour con la strategia del “mass del marge” ha tentato di dare una risposta cercando la giusta efficienza e declinando una parte di assortimento comune ai diversi formati-canali.
Nell’alimentare siamo arrivati a una diversificazione verticale (dalla grande alla piccola superficie: ipermercato, superstore, supermercato, superette, discount) e orizzontale (a seconda della location e del bacino di utenza) esaustiva. C’è un altro canale che ha lavorato a una così forte segmentazione: è quello delle librerie con Feltrinelli.
Questo il suo portafoglio: Tradizionale, Multistore (con musica), Village (per i centri commerciali), Express (tipologia adatta ai luoghi di scambio). Avrà anche un’insegna di cartoleria e design e il negozio virtuale. Saranno sufficienti ad affrontare il futuro e le ricerche intellettuali dei suoi clienti? Ma sì che lo sono, perché il Multistore ha il caffè, la toilette in store e soprattutto un visual di servizio adeguato (da vedere l’ultimo negozio di Bergamo città) per guidare il cliente dalle directory allo scaffale, al ripiano, al libro, al prezzo.
Costruisce in questo modo un’identità di formato che si basa sullo sviluppo dei particolari. Per esempio con la recensione scritta a mano dei principali libri in graduatoria. È quello che ha sempre fatto nel food Marco Brunelli nei suoi ipermercati, che, adesso, sta cercando di riproporre nel non-food: la cura dei profumi, il modo di scrivere il prezzo, l’accostamento dei prodotti e dei colori (insomma: il micromarketing).
Però l’innovazione del formato è meglio che parta dal miglioramento del formato attuale piuttosto che da un nuovo formato tout court. Per spiegarlo con la matita e un disegno, come ha detto Giuseppe Brambilla di Civesio, ad di Carrefour: «Noi crediamo nella multicanalità: il cliente al centro e noi intorno».
Il format basato sulla relazione Il moltiplicarsi dei luoghi di acquisto (fisici e online) 7 giorni su 7 e 24 ore su 24, 365 giorni all’anno complica il futuro e la lunghezza del ciclo di vita del format. L’obsolescenza del punto di vendita è ormai da scatoletta di tonno. I negozi si somigliano sempre più, soprattutto se, sbagliando, scelgono di inserire corner di marche di fornitori vieppiù esigenti e onnivori. C’è una sola tipologia di vendita che può lavorare come un contenitore multimarca: il department store (banalizzando, la Rinascente e Coin). Come si affronta questo problema per tutte le altre tipologie? A giudizio di Mark Up costruendo una relazione con la R maiuscola con il consumatore, il cliente e il cittadino, dando una risposta di efficienza, prezzo, risparmio di tempo e soddisfazione in termini merceologici dell’acquisto.
L’efficienza è un insieme di comportamenti e tecnologie per portare il prodotto giusto, al momento giusto, nel luogo giusto, al prezzo giusto all’acquirente. Di prezzo oggi si può anche morire: inflazione e pressione promozionale stanno imballando il sistema del largo consumo e il prezzo è diventato un rebus e un momento tattico più che strategico. Il tempo è un’altra cosa: il vicinato e il discount sono scelti dagli acquirenti di ipermercati e supermercati anche perché fanno risparmiare tempo (per il trasferimento in auto, per la complessità dell’assortimento, per la difficoltà di leggere la scala prezzi, per il numero di passi fare, per la coda alle casse). Risparmiare tempo è un dovere.
La soddisfazione dell’atto di acquisto è la parte più difficile: bisogna lavorare sul contenitore (l’ambiente, il layout fisico e quello merceologico), sui mix assortimentali, sul personale. Sintetizzando: la relazione dovrà mettere al centro il consumatore e non il negozio o tanto peggio i fornitori: si baserà su ascolto del cliente (con diverse leve), Crm non invasivo, consiglio-informazione da dispensare nel negozio fisico e in quello virtuale.
Via Marketing Journal
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