Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il bottino della pubblicità web ha toccato un nuovo record in Europa, raggiungendo i 27,3 miliardi di euro nel corso del 2013. L’Italia sio conferma nelle posizioni di vertice nel Vecchio Continente, quinto mercato tra quelli analizzati, con un valore di 1,7 miliardi di euro.
Secondo l’indice AdEx Benchmark di Iab Europe, il Paese più prolifico per banner e affini è il Regno Unito, che in inverno ha raccolto 7,4 miliardi di euro in adv online. A seguire si trovano Germania, con 4,7 miliardi di euro, Francia, a 3,5, e Russia, con 1,8. Il settore a livello continentale è cresciuto dell’11,9%, mentre nel per l’Italia il tasso positivo è stato del 13%.
A influenzare l’andamento della pubblicità internet negli ultimi mesi sono stati soprattutto i nuovi modelli di consumo diffusisi con i dispositivi mobili, ormai presenti in modo capillare in tutta Europa e sempre più appetiti anche dagli investitori. A dimostrazione di ciò ci sono gli ottimi risultati del mobile display (+63% in Italia) e del video advertising (+46%) e più in generale del mobile advertising (+41%).
Via Quo Media
Grazie a un accordo tra la piattaforma Vevo* e Mirriad technologies, i video musicali potranno ora ospitare product placement, da parte di inserzionisti, "a posteriori".
In estrema sintesi, l'idea è di prendere un video musicale esistente (possibilmente che faccia traffico) e - anche a distanza di tempo, piazzarci un bel product placement (ad esempio un bel posterone di prodotto sullo sfondo, mentre il cantante cammina per la città).
Il concetto è simile, per certi versi, a quello storico del placement nei videogames, concetto vecchio di anni.
Ma è un'idea che potrebbe avere delle implicazioni non banali.
Intanto, significa trasformare il video musicale in un "media" digitale - esattamente come un sito o un blog; dove cioè metto a disposizione uno spazio pubblicitario a favore degli inserzionisti. E così, mi immagino, su un qualche video famosissimo potrei vendere per un mese lo spazio a un'automobile, poi tirare giù il product placement e sostituirlo con quello di un soft drinks...
Ovviamente qui parliamo di coda lunga dei contenuti. La manipolazione ex post, su quei contenuti che non muoiono subito ma che permangono nel tempo in rete. Anzi, il fatto che certi content (io penso sempre a "Thriller", vedi mio post di un po' di tempo fa) più che dei pezzi di contenuto ospitati dentro un media sono in fondo diventati dei media essi stessi.
E anche la pianificazione ex post e non ex ante. In Advertising cerco di indovinare chi vedrà il mio programma e se il target coincide con il mio, ci piazzo la mia pubblicità.
Qui invece posso, come inserzionista, analizzare chi abitualmente guarda proprio quel video, quel contenuto (e non quel canale) e decidere che mi interessa piazzare il mio prodotto dentro il videoclip "Mission Impossible (Piano/Cello/Violin)" ma non dentro "Elektronik Supersonik" o viceversa, basandomi su dei dati fattuali e non predittivi.
Tenendo conto che una faccenda è avere i break pubblicitari all'inizio, un'altra è avere il placement dentro il video, inevitabile e non skippabile.
In realtà, nel caso specifico, le case discografiche e gli artisti avranno diritto di parola, esprimendo il proprio parere sull'adeguatezza o meno dell'inserimento di un certo brand nel proprio video.
Ed infine, ecco il primo video modificato a posteriori - con l'inserimento di un poster Levi's che nel filmato non c'era...
di Roberto Venturini
Per la prima volta, nel 2013, la pubblicità online e tramite dispositivi mobile ha superato i 40 miliardi di dollari. Secondo l’Internet Advertising Bureau (IAB) che ha ispirato la ricerca sull’internet advertising condotta dalla società di consulenza statunitense PwC, negli Stati Uniti dal 2004 la crescita del settore dell’advertising digitale ha avuto un tasso di crescita annuo del 18% e quest’anno i ricavi pubblicitari in ambito digitale hanno sorpassato quelli del comparto televisivo. La pubblicità nel comparto digitale è arrivata alla cifra record di 42,8 miliardi di dollari, battendo quella televisiva che si aggira intorno ai 40 miliardi di dollari.
In cima alla classifica delle percentuali di crescita, c’è il mobile che guida gli investimenti più fruttuosi, rispetto alle categorie più classiche dove il digital advertising si è sviluppato nel corso degli ultimi anni.
Come evidenzia la ricerca, però, mentre il web e i ricavi pubblicitari sul mobile battono la televisione, quest’ultima sommata ai ricavi della tv via cavo supera il settore del digitale. Sembra quindi tenere, anche se in forma aggregata, il ruolo della televisione nonostante l’impatto del digital advertising diventi sempre più consistente.
Secondo il Rapporto Pew dello scorso anno, due terzi degli adulti negli Usa accede ad internet via smartphone e tablet: grazie all’aumento delle vendite il mercato pubblicitario in questo ambito ha subito una veloce accelerazione. che sembra non stupire gli addetti ai lavori. Solo lo scorso anno, secondo la ricerca IAB, il mobile advertising ha superato i 7,1 miliardi di dollari di investimenti, con un incremento del 110% rispetto ai 3,4 miliardi di dollari dell’anno precedente. I digital video promozionali, una componente dell’advertising su display, hanno raggiunto i 2,8 miliardi di dollari, con una crescita del 19% rispetto al 2012.
“La notizia che la pubblicità interattiva ha superato le trasmissioni televisive non è una sorpresa” dichiara Randall Rothenberg, presidente e amministratore delegato di IAB, in occasione della pubblicazione del report, “gli schermi digitali hanno ormai il potere di raggiungere e coinvolgere audience sempre più vaste e differenziate”.
Sul fronte degli inserzionisti, le aziende locali continuano a rappresentare la categoria più attiva, con una crescita della spesa pari al 21% nel 2013, seguite dai servizi finanziari e dalle automotive.
“La nostra indagine conferma che siamo in transizione verso l’era post-desktop” dichiara David Silverman, consulente della PwC USA “ la crescita dei ricavi pubblicitari sui dispositivi mobili evidenzia ulteriormente la più tiepida crescita dell’8% dell’advertising sui computer tradizionali. Questo è semplicemente un riflesso del cambiamento, di come i consumatori fruiscono le loro informazioni in movimento!“
Via Quo Media
Autunno interminabile per il mercato pubblicitario nazionale. Secondo i dati raccolti da Nielsen, il settore ha perso il 7,2% (su base annua) durante lo scorso mese di novembre, con proiezioni arrivate al -12,5% per il 2013. Il capitale complessivo disperso, rispetto al 2012, è stato di 870 milioni di euro.
A soffrire maggiormente è stata la carta stampata, che ha registrato un -20% degli investimenti sui quotidiani e un -24,2% sui periodici. Male anche tv (-11%) e radio (-9,5%). Inciampa anche internet, che ha perso per strada il 2,3% della raccolta pubblicitaria a novembre.
In questo panorama desolante, la notizia positiva è la riduzione del decremento rispetto al mese di ottobre, che già aveva diminuito l’emorragia rispetto a settembre. “Si va delineando una chiusura dell’anno vicino a quel -12,5% previsto da più parti nei mesi scorsi, migliorando il -14,3% con cui si era chiuso il 2012”, dice Alberto Dal Sasso, advertising information services business director di Nielsen.
Il lento ricovero del mercato pubblicitario continua: la ripresa è fiaccata dal perdurare della crisi internazionale, anche se il 2014, con l’avvicinarsi di Expo, i Mondiali di calcio e le Olimpiadi invernali, potrebbe fornire spunti per un futuro rilancio.
Via Quo Media
Il mercato dell’advertising mobile nel Regno Unito raddoppierà nel 2013 arrivando al miliardo di sterline, grazie a player come Google, Facebook e Twitter sempre più attivi nel trainare il mercato delle applicazioni smartphone e tablet. Questo è quanto prevede eMarketer, secondo cui l’advertising in UK è destinato a crescere del 90% anno su anno dai 526 milioni di sterline del 2012.
Secondo i dati della ricerca pubblicata su The Guardian, la crescita vertiginosa è stata alimentata dall’incremento dell’uso di dispositivi mobili da parte dei consumatori britannici che risultano essere il popolo che detiene lo scettro per il maggior utilizzo di smartphone e tablet al mondo. Guardando al futuro, poi, le stime riportano che il mercato dell’advertising digitale UK crescerà di quasi 8 miliardi di sterline entro il 2016, di cui 3 miliardi grazie solo alle pubblicità su mobile.
Altri dati della ricerca portano a prevedere che Facebook guadagnerà in Gran Bretagna 279 milioni di sterline dalle entrate per la pubblicità digitale complessiva di quest’anno, con un aumento del 25% anno su anno. Potenzialmente metà di questo guadagno arriverà dalla sola pubblicità su mobile. “Le principali piattaforme di advertising hanno notevolmente migliorato gli annunci pubblicitari mobili per gli inserzionisti nel corso degli ultimi due anni, il che ha contribuito a generare una ridistribuzione di risorse dal desktop al mobile“, ha riferito Clark Fredricksen, vice presidente delle comunicazioni di eMarketer. ”Due anni fa, Facebook e Twitter non avevano un business all’interno del mercato dell’advertising mobile. Oggi, invece, le aziende guadagnano tra un terzo e la metà di tutti i ricavi dalle pubblicità mobile“.
Nonostante i guadagni di Facebook e Twitter, il vincitore della pubblicità digitale rimane Google, che, secondo eMarketer, guadagnerà quest’anno 2,65 miliardi di sterline per l’advertising search e display.
“Anche Google ha visto aumentare drasticamente le ricerche mobili grazie agli smartphone, e quindi la società sta riscontrando introiti maggiori dalla pubblicità su dispositivi mobili” ha dichiarato Fredericksen.
Si stima, infine, che Google UK rappresenti il 44% del mercato complessivo degli annunci digital in UK che si aggira, quest’anno, intorno ai 6,1 miliardi di sterline, in aumento del 12% rispetto allo scorso anno.
Via Tech Economy
Secondo un recente studio condotto dalla società di ricerca Gartner, i profitti del mobile advertising raggiungeranno, a livello mondiale, 11,4 miliardi di dollari entro il 2013, superando i 9,6 miliardi di fatturato del 2012. Nel 2016, invece, secondo le previsioni, la cifra arriverà a toccare i 24,5 miliardi e la pubblicità su mobile creerà nuove opportunità per gli sviluppatori di app, piattaforme mobile ed agenzie specializzate.
“Il mercato della pubblicità su mobile è cresciuto più velocemente di quanto ci aspettassimo dovuto sicuramente all’incremento delle vendite di smartphone e tablet” ha affermato Stephanie Baghdassarian, direttore della ricerca a Gartner, che continua sostenendo: “la crescita del mobile advertising viene in parte a spese del formato cartaceo, soprattutto per i giornali locali che devono affrontare rendimenti più bassi a seguito delle iniziative editoriali su mobile”.
“Smartphone e tablet estendono il mercato indirizzabile per la pubblicità su mobile in aree geografiche sempre più estese e in questo modo il mercato sarà più facilmente segmentabile. Questo guiderà la crescita del mobile advertising in modo che le aziende possano investire in modo più intelligente” ha dichiarato Andrew Frank, Vice Presidente della ricerca a Gartner.
Le regioni geografie si evolveranno ad un ritmo diverso e verso varie direzioni. Storicamente, l’atipico utilizzo di cellulari per il consumo di contenuti digitale da parte di giapponesi e coreani, ha dato alla regioni dell’Asia del Pacifico una prematura leadership nel mercato del mobile advertising. Guardando avanti, però, la veloce crescita economica della Cina e dell’India, permetterà molto probabilmente di incrementare anche qui lo sviluppo di un fiorente mercato della pubblicità.
Tuttavia, Nord America ed Europa stringeranno il gap con l’Asia del Pacifico quando i canali mobile saranno integrati a 360° con campagne pubblicitarie che succhieranno i finanziamenti storicamente allocati per la stampa e per la radio.
Nel resto del mondo e, quindi, in America Latina, Europa dell’Est, Africa e Medio Oriente, il mobile advertising crescerà in base alle tecnologie adottate e alla stabilizzazione delle emergenti economie, ma molto probabilmente verranno guidate da mercati pi grandi come quello della Russia, Brasile o Messico.
Via Tech Economy
Brutte notizie per il mercato pubblicitario italiano nella rilevazione del mese di novembre. Nel penultimo mese dell’anno scorso – rileva Nielsen – il calo dell’advertising in Italia è stato del 23% portando la variazione complessiva rispetto al 2011 al 14%.
Negli 11 mesi del 2012, gli investimenti in televisione registrano una flessione del 15,3%, ma all’interno del piccolo schermo sono da sottolineare i risultati positivi di molte emittenti tematiche e digitali.
Perdono il 16,9% i quotidiani, il 17,8% i periodici, il 10,2% la radio e ben il 24,9% il cinema. Internet si conferma in crescita (+7,1%), ma con un ritmo più contenuto rispetto alla prima parte dell’anno. In termini di settori merceologici il calo coinvolge le principali Industry (alimentari, automotive, TLC e abbigliamento).
In tutti i settori, Largo Consumo in particolare, è riscontrabile una riduzione ma anche una redistribuzione dei budget, a favore di nuove emittenti tv e dei media digitali in generale. Tra i pochi settori merceologici in crescita in termini di advertising si distingue Turismo/Viaggi (+8,3%).
Via Tech Economy
Si avvicina il periodo delle feste natalizie, miniera d’oro per le compagnie hi-tech, che con i loro dispositivi negli ultimi anni hanno dominato le liste dei regali per amici e parenti. Samsung, Apple, Amazon e Microsoft si preparano alla grande abbuffata con investimenti pubblicitari da capogiro, nella speranza che gli spot convincano gli utenti.
Lo scontro frontale comincia il prossimo fine settimana, con Microsoft che si appresta a vivere una tre giorni intensa come mai prima, con il lancio di Windows 8 in versione desktop e mobile. Redmond vorrebbe così iniziare la sua rivoluzione tecnica e commerciale, aiutata anche da una campagna da 1,6 miliardi di dollari su scala mondiale (“come nemmeno durante le elezioni presidenziali”, dicono dalla compagnia). Samsung foraggerà la linea Galaxy con un investimento di poco inferiore a quello di Mircosoft: la casa sudcoreana ha previsto un budget pubblicitario di 2,7 miliardi di dollari per il 2012, la sfida ad Apple è anche questione di marketing. Da parte sua, la Mela si limita a campagne di contenimento, forte dell’aura del suo marchio, cui basta un accenno per rendere i prodotti riconoscibili e appetibili. Così, a Cupertino non spenderanno più di 1 miliardo di dollari in pubblicità, nell’anno in corso. Nella lotta tra giganti, non può mancare Amazon, che non può contare sulle rivendite fisiche dei suoi ammennicoli, ma ha una base di clienti invidiabile. Jeff Bezos ha messo a disposizione 1,4 miliardi di dollari per lanciare Kindle Paperback e Fire Hd. Il basso costo dei due prodotti potrebbe aiutare a farne due best seller natalizi.
Un caso particolare è invece quello di Google. A Mountain View vendono prodotti o, meglio, contenuti (tramite Play) e software per dispositivi mobili (Android), ma fanno anche da principale collettore di pubblicità online (con il motore di ricerca). Da una parte, Google spende 1,5 miliardi di dollari per spingere la linea Nexus e i suoi servizi, dall’altra è il primo beneficiario degli investimenti in adv dei suoi rivali. Gli americani la chiamerebbero una ‘win win situation’: BigG vince in ogni caso. Non a caso l’Antitrust Usa sta spulciando bilanci e strategie del motore di ricerca. I dominatori, spesso, hanno qualche scheletro nell’armadio.
Via Quo Media
Google ha rilasciato un interessante report sull’andamento del display advertising digitale. Il report, “Display Business Trends: Publisher Edition” mira a gettare un po’ di luce sui trend del segmento, e in particolare su cosa risulta più efficace al momento e cosa al contrario non funziona. Pensato principalmente per gli editori, offre numero informazioni interessanti ed utili.
“Mentre l’industria del display evolve, stiamo collettivamente scoprendo ed analizzando trend che promettono opportunità e strade verso la crescita.” Scrive Google all’inizio del post sul blog ufficiale di DoubleClick.
Una delle sezioni più interessanti del report riguarda i formati degli annunci display, si scopre ad esempio che il banner 468×60 è sostanzialmente morto e rappresenta ormai solo il 3% delle impressioni di Google, per di più in diminuzione del 16% durante il 2011. Trend almeno parzialmente dovuto alla crescita notevole di formati non standard, avvenuta proprio a scapito dei formati tradizionali, come i banner 468 x 60 banner. Google, nel 2011, ha, infatti, riscontrato circa 1000 formati utilizzati di cui 300 hanno generato più di un milione di impressioni.
I tre formati più diffusi (rettangolo medio, leaderboard e skyscraper) rappresentano, in ogni caso, complessivamente quasi l’80% delle impressioni. Il rettangolo medio (300×250) rappresenta il 33% delle impressioni, che hanno registrato una crescita durante il 2011 del 18%. Il leaderboard (728×90) è il secondo formato per numero di impressioni (32%), ma registra una crescita minore di queste rispetto agli altri due formati (10%). I skyscraper (160×600), al contrario, hanno una quota minore (13%) di impressioni, ma queste crescono in misura maggiore rispetto agli altri due formati (21%).
Il resto delle impressioni provengono dalla vasta varietà di formati meno comuni. Forte e particolarmente interessante la crescita dei formati di grosse dimensioni, “Premium”, che offro la possibilità di creare ad di maggior appeal visuale e più spazio alla creatività dei pubblicitari. Al trend positivo per i formati ampi, si contrappone quello negativo per i formati minori.
L’advertising display mobile, continua secondo la compagnia, a registrare trend di crescita impressionanti. Al momento rappresenta ancora soltanto 1% delle impressioni generate da display advertising digitale, ma si registra una crescita di queste durante l’anno pari al 119%. Il trend positivo sembra aver inoltre accelerato ancora, visto che l’incremento di impressioni nell’ultimo trimestre del 2011, rispetto al precedente, è stato pari al 250%.
(Google, oltre al report scaricabile, mette a disposizione degli interessati la possibilità di partecipare il 5 Giugno, previa registrazione, ad un livestream sull’argomento, DoubleClick “Insights”.)
Via Tech Economy
General Motors ha deciso di non comprare più spazi pubblicitari su Facebook. La società continuerà, però, a mantenere una pagina sul social network. La decisione, secondo una fonte vicina alla compagnia riportata da The Wall Street Journal, nasce dal fatto che il produttore di autoveicoli ritiene che la pubblicità su Facebook abbia poco impatto sui consumatori.
GM, terzo inserzionista pubblicitario negli USA dopo Procter & Gamble e AT&T, ha speso lo scorso anno 1.1 miliardi di dollari in advertising, di cui $271 milioni in online display e search, budget succulento da cui Facebook verrebbe escluso.
La mossa di GM, più di tutto però, sottolinea e rende evidenti dubbi, già circolati, sulla strategia economica di Facebook, a breve distanza dall’IPO, e le incertezze sulla reale efficacia degli ad sul social network. “Mette in risalto quello su cui stavamo discutendo, la pericolosità dell’intero business model di Facebook.” ha commentato Brian Wieser, analista Internet e media presso Pivotal Research Group.
GM non è l’unica compagnia a nutrire dubbi. Un dirigente di un’altra azienda produttrice di un prodotto di largo consumo avrebbe affermato che è difficile capire se gli ad valgono i soldi spesi. “È solo un nuovo brillante oggetto, o una reale proposta di valore?”.
I pareri non sono unanimi e Ford, ad esempio, sta incrementando la propria spesa su Facebook. Scott Monty , portavoce della società, ha spiegato che il punto è cosa si fa nel social network e come. “Non si può comprare l’ingresso in Facebook. Si deve avere una credibile presenza e fare cose innovative.”
Michael McHale, portavoce Subaru, è altrettanto entusiasta dei risultati. “Advertising più contenuti equivale a più click al nostro sito web, il che ci piace.”
“GM è un colpo di avvertimento” secondo John Battelle, presidente del network di advertising Internet Federated Media. Battelle ritiene che Facebook debba investire di più nella costruzione di relazioni con i principali inserzionisti e sviluppare un’offerta di advertising più ricca e personalizzabile.
Facebook si è rifiutata di commentare. Di certo la vicenda getta ombre sul futuro della compagnia e rischia di influenzare l’imminente quotazione in borsa.
Via Tech Economy
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