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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico : Marketing (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Max Da Via' (del 04/09/2017 @ 07:47:44, in Marketing, linkato 1485 volte)

Ne abbiamo già parlato: il packaging è un venditore silenzioso, ma va preso sempre più sul serio come asset fondamentale all'interno del processo di vendita. Non si tratta solo della lotta allo spreco o dell’allungamento della shelf life, come già rilevato con i trend del packaging design dal Fuorisalone 2017, parliamo anche di una crescente capacità di coinvolgimento e comunicazione della brand identity.

Dagli esperti di TrendHunter ecco allora alcune macro tendenze del settore che, grazie a tecnologia e creatività, stanno rivitalizzando le confezioni del food&beverage ed aprendo a un nuovo engagement alimentare. Il tutto corredato da esempi concreti.

1

Audio packaging 
L'interattività delle confezioni si fa sempre più musicale ed estende il dialogo con il consumatore alla dimensione audio. Il marchio arricchisce così la propria identità sensoriale e di lifestyle. Ad utilizzare questa tecnica sono stati tantissimi brand di rilievo, a partire da Coca-Cola, che ha utilizzato bottigliette ad hoc per riconnettersi ai giovani rumeni attraverso la musica. Qui sotto un video che spiega bene la strategia attuata.

Un altro esempio? La collaborazione tra la realtà musicale Shazam e Nestlè per un packaging promozionale e interattivo dedicato allo snack Kit-Kat e che con una semplice foto permette di partecipare a un concorso a premi.
Altro caso di audio packaging: l'azienda di dolciumi Heshey per la propria barretta Take5, creata dall'unione di 5 sapori diversi, ha creato una confezione "da suonare", che consente ai consumatori di mixare 5 ritmiche diverse. A seguire un video dimostrativo.

2Confezioni "aumentate"
Ovvero: l'utilizzo di elementi della realtà aumentata applicati al packaging sempre per dare vita a nuove forme di coinvolgimento a partire già dalla visita in store. Emblematico in tal senso il caso delle uova Vital Farm, che per enfatizzare il fatto che il prodotto provenga da galline allevate all'aperto ha elaborato un cartone che guardato attraverso lo smartphone si arricchisce di un scenografico prato verde dove gli animali scorrazzano felici. Per vedere il pack delle uova aumentato è necessario scaricare l'apposita app Roar, il cui utilizzo dà diritto anche a un coupon per le uova stesse.

3Packaging artistico-dichiarativo
Dalla grafica esclusiva, impattante e altamente creativa (magari in collaborazione con determinati artisti) passando per forme dal rimando scultoreo. Non parliamo solo di una maggior attrattiva dal punto di vista estetico ma dell'utilizzo di etichette e design capaci di esprimere un messaggio profondamente agganciato ai valori della marca. Un packaging che già da solo è in grado di fare forti dichiarazioni d'identità, come nel caso delle lattine di birra femministe Her, pensate in opposizione all'estrema sessualizzazione della donna in ambito pubblicitario. Ad essere ritratte figure come Frida Kahlo o Yoko Ono.

Parliamo di una tendenza particolarmente vitale proprio nel settore bevande ed alcolici. Si pensi anche alla limited edition di vodka Absolut Mix lanciata dalla nota azienda in occasione del mese del Gay Pride e creata da artisti diversi.

Parafrasando McLuhan in sintesi: il packaging è il messaggio.

Via Mark Up
 
Di Max Da Via' (del 07/07/2017 @ 07:45:06, in Marketing, linkato 2104 volte)
Dati Osservatorio Statistico 2017

Per quanto riguarda la metodologia che sottostà alla redazione dell’Osservatorio Statistico, è bene precisare che il documento è stato realizzato considerando gli invii di email effettuati attraverso la piattaforma MailUp lungo il 2016, ovvero circa 12,4 miliardi di messaggi totali.

Ogni cliente ha potuto selezionare categorie di classificazione differenti per ogni ambiente (lista), indicando sia la tipologia di messaggio…

  • DEM – 25% del totale invii
  • Newsletter – 59%
  • Transazionali – 16%

… che la tipologia di destinatario:

  • B2B
  • B2C
  • Pubblico misto B2B+B2C

NEWSLETTER

Anno su anno, i volumi di invio delle newsletter informative crescono, passando da 7,2 miliardi del 2015 a 8,5 miliardi del 2016. Gli indicatori di performance segnalano una situazione stabile, in cui all’aumento dei volumi non è corrisposto un calo dei risultati, ma piuttosto un lieve miglioramento.

Nello spaccato per settore merceologico, spiccano i risultati positivi di Industria ed Enti Pubblici, soprattutto nel segmento B2C. Per quanto riguarda la comunicazione B2B, invece, si distinguono Agricoltura/Alimentare e Assicurazioni/Finanza/ Banche

Andamento newsletter - Osservatorio Statistico 2017

TRANSAZIONALI

Aumentano i volumi di email transazionali inviate nel corso dell’anno. Il dato è legato al crescente utilizzo dei workflow di automazione, che donano dignità e utilità maggiore a queste comunicazioni spesso ritenute “di servizio”.

Email transazionali - Osservatorio Statistico 2017

DEM

Le comunicazioni promozionali vedono un miglioramento dei risultati, che si accompagna a una contrazione dei volumi di invio. Segnale, questo, che la qualità degli invii non è proporzionale alla loro quantità, anzi.

Particolarmente forti sono le comunicazioni promozionali del settore Commercio all’Ingrosso, specialmente su utenza B2B, com’è facile aspettarsi. Bene anche i comparti Gambing/Giochi, Moda/ Abbigliamento/Calzature e Ristorazione.

Newsletter - Osservatorio Statistico 2017

ANDAMENTO PER SETTORE MERCEOLOGICO

Nell’Osservatorio Statistico 2017 analizziamo nel dettaglio anche le performance di ciascun settore merceologico, con lo scopo principale di fornire alle aziende un benchmark accurato con cui comparare le proprie performance.

Oltre a uno spaccato dei risultati dei principali settori, siamo entrati nel dettaglio di alcuni comparti particolarmente significativi, ai quali abbiamo affiancato dei casi studio che rendessero concreto il valore astratto dei numeri.

I focus hanno interessato i seguenti settori:

  • Banking & Finance
  • Onlus & Non Profit
  • Turismo
  • Casa & Giardino
  • Retail

Al fine di fornire un benchmark pratico, è stato creato anche il motore di comparazione che trovi a questa pagina del sito: un modo semplice e interattivo di confrontare i risultati delle tue campagne email con quelli delle aziende del tuo stesso settore. Per consultarlo, assicurati di avere sottomano i dati di clic e aperture delle tue campagne, insieme al dettaglio della tipologia di comunicazione (DEM, newsletter, transazionale) e alla tipologia di pubblico (B2B, B2C, misto).

NOVITÀ: UTILIZZO DI SPECIFICHE FEATURE

Una delle grandi novità introdotte quest’anno nell’Osservatorio Statistico è l’analisi del tasso di adozione di specifiche funzionalità da parte delle aziende italiane. Ce lo chiedete spesso, agli eventi e durante i webinar: si fa un gran parlare di Marketing Automation, A/B test e autoprofilazione, ma quante aziende di fatto sfruttano queste possibilità?

Abbiamo voluto dare una risposta a questa domanda analizzando il grado di utilizzo di alcune feature percepite come avanzate. Nel dettaglio:

  • Campi dinamici
  • A/B test
  • Strumenti di Marketing Automation
  • Form di autoprofilazione

I dati restituiscono uno scenario variegato, che mostra come alcune di queste funzionalità abbiano già trovato terreno fertile (ad esempio i campi dinamici, utilizzati dalla stragrande maggioranza delle aziende), mentre altre abbiano ancora bisogno di tempo per arrivare a piena maturazione (specialmente l’A/B test).

Accanto all’analisi di ciascuna funzionalità, abbiamo stilato una breve classifica dei Best Performer e Worst Performer, ovvero le aziende che maggiormente si discostano dalla media per eccellenza o per arretratezza. Inoltre, troverai approfondimenti e spunti pratici per imparare a mettere in pratica le nozioni prese in considerazione.

Via Tech Economy
 
Di Max Da Via' (del 06/07/2017 @ 07:56:48, in Marketing, linkato 1648 volte)

#1: Attivarsi in contesto stagionale
Le persone in estate si muovono, viaggiano, passano il tempo con la famiglia e gli amici ma rimangono sempre connessi: scattano selfie, condividono i ricordi sui social dal loro smartphone e di tanto in tanto controllano la posta. In un’indagine effettuata da Intel negli Usa il 68% degli intervistati ammette di controllare la posta, sia personale sia di lavoro, almeno una volta al giorno, tutti i giorni. Secondo Facebook il 92,5% delle conversazioni in estate avviene via mobile. Gli argomenti possono variare a seconda della piattaforma (Facebook rispetto a Instagram), genere, età e giorno della settimana. Su Instagram, ad esempio, durante i weekend prevalgono le discussioni su salute, bellezza, moda e accessori, mentre il venerdì e sabato si parla di bevande. È vero quindi che le persone hanno sempre con sé lo smartphone, ma le situazioni sono diverse rispetto al resto dell’anno: vogliono rilassarsi, vogliono interagire e che gli altri interagiscano con loro. Quando si inviano messaggi, dunque, bisogna tenere a mente questi aspetti cercando di mantenerli brevi e allo stesso tempo accattivanti, così da invogliare il lettore ad aprirli e dare loro un’occhiata: emoji, notifiche push ben fatte e immagini coinvolgenti saranno più efficaci di lunghe email testuali. E non dimenticate: tutte le strategie di marketing, qualunque sia il canale utilizzato, saranno molto probabilmente aperte su un dispositivo mobile.

#2: Creatività e nuovi spazi!
Se si vuole catturare l’attenzione dei clienti non si può prescindere dalla creatività. Un esempio virtuoso potrebbe essere il Summer Snapshot Contest di Coca Cola, per il quale l’azienda ha chiesto ai suoi fan di scattare immagini a tema estivo contenenti una lattina di Coca. La campagna è diventata presto virale, conquistando nuovi fan (e vendendo lattine!). I partecipanti sono stati inoltre coinvolti in un processo di condivisione: nel concorso Coca Cola, ad esempio, tutti potevano votare le foto. Ikea, invece, ha deciso di approfittare del trentesimo compleanno della libreria Billy. Per portare il brand ai suoi clienti sono stati collocati 30 scaffali Billy sulla spiaggia di Bondi, a Sydney, offrendo a surfer e bagnanti l’opportunità di scegliere qualche lettura estiva. Quando si dice la comodità.

#3: Diventare una farfalla social
In base a una recente indagine svolta da Facebook, in estate la condivisione di post sui social cresce del 26% e la condivisione di video del 43% rispetto al resto dell’anno. Questo, dunque, è più che mai il momento di essere social. Durante la bella stagione il lavoro consiste nel trovare il modo per entrare nel ciclo di condivisioni e connettere il brand agli obiettivi del cliente vacanziero, ad esempio puntando sugli interessi di gran parte delle persone: dieta e attività fisica in vista della prova costume.

#4: Sconti e promozioni da evento
L’estate è un’ottima opportunità per offrire sconti e promozioni creative. C’è un particolare evento che attira il proprio pubblico di riferimento come un concerto o un evento particolare? Se sì, bisogna prenderlo in considerazione. Così ha fatto Asos che per una pubblicità si è unita a MasterCard creando un incentivo a taggare le immagini con #EPICSUMMER. Gli utenti sono stati incoraggiati a seguire Asos, avendo la possibilità di vincere un buono acquisto da 750 dollari.

#5: Organizzare un TweetUp (con tocco esclusivo)
L’azienda può organizzare un TweetUp, vale a dire un meeting reale con i propri utenti in una particolare location. Se si vuole solleticare al massimo l’interesse delle persone, si può creare un hashtag memorabile, ad esempio Msc Cruise Usa ha invitato le persone a partecipare al loro primo #CruiseChat #Tweetup. In questo modo si entrava a fare parte della lista degli ospiti della #CruiseChat con la possibilità di vincere premi durante la navigazione verso Cozumel, in Messico.

#6: Strategie multicanale
Oggi chi si occupa di marketing ha il compito importantissimo di raggiungere i clienti attraverso i loro canali preferiti. Ciò significa raggiungerli sia online sia offline, identificando i canali che stanno usando e indirizzandoli di conseguenza. È possibile usare strategie multicanale per colpire i clienti sia sui loro smartphone sia nei punti di vendita ad esempio integrando le smart tv presenti sul punto vendita con la app mobile per modificare in tempo reale ciò che viene visualizzato sullo schermo in funzione del tipo di persone presenti nel punto vendita, delle loro preferenze, degli acquisti passati, ecc. La multicanalità si applica anche a chi non dispone di negozi fisici. Infinity, il canale di streaming video italiano ha creato un programma di benvenuto responsive multicanale. La campagna, che ha avuto una percentuale di apertura del 30%, comprendeva messaggi push personalizzati che hanno aumentato l’engagement del 20% e advertising su Facebook per l’acquisizione di nuovi clienti.

#7: Carpe diem
Chi si occupa di marketing o di vendite sa bene che l’estate è il periodo peggiore per ingaggiare i clienti. Come fare per risolvere la questione? Bene, Udi Ledergor ha avuto un’idea brillante. Ha deciso di inviare un’email che sapeva avere un’alta percentuale di aperture e poi si è messo ad aspettare chi l’avrebbe aperta. Il suo team commerciale era lì di fianco in attesa dell’interazione. Quando un cliente apriva la mail, veniva prontamente contattato da un sales. La conversazione andava più o meno così: “Salve John, vedo che hai appena dato un’occhiata al nostro sito”.  “Maaa, come diavolo fate a saperlo?”, rispondeva il cliente senza troppo nascondere il nervosismo. Ma le quote di vendita erano fatte. Il sistema è utile per esempio nel settore del turismo, dove spingere il cliente e pre-prenotare delle attività può davvero alzare il Roi. Se un cliente ha appena prenotato un viaggio e gli inviate un’email con le attrazioni disponibili e il cliente apre l’email, questo è il segnale. I commerciali sanno per certo che il cliente è al computer o sullo smartphone e sta interagendo con il brand.

Via Mark Up
 
I location data sono «il tassello mancante» e «il ponte tra mondo fisico e digitale», ma il segmento non ha ancora finito di affinare le sue armi. Il focus sul mobile è stato prevaricato da quello sulla mobilità, e gli advertiser si aspettano di avere sempre le informazioni di cui hanno bisogno dagli utenti. «Questo tipo di dati non porta necessariamente a fare pubblicità su smartphone o tablet, ma apre a una serie di media come digital out of home, audio e così via. La geolocalizzazione è diventata sempre più un fattore per conoscere il consumatore», dice Anna Bager, senior vice president mobile e video di IAB USA, in un panel organizzato all’interno del Palais di Cannes. “Da parte nostra c’è ancora molto lavoro da fare, specie in ambito programmatic. La microlocation per esempio è molto precisa, e in qualche modo una pubblicità disegnata in modo così aderente su un utente potrebbe spaventarlo», continua.

«Le grandi aziende del digitale considerano questo tipo di dati come un elemento critico per conoscere i loro consumatori. I colossi non si basano su dati di terza parte, target per età stimata, e così via, ma attraverso il login e le informazioni comunicate direttamente dagli utenti. La geolocation riesce invece a dare parametri precisi legati ai loro comportamenti, riuscendo a sopperire alla mancanza di login e quindi rendendo le aziende competitive», spiega Terrence Kawaja, ceo e founder di Luma.

Ci sono però alcuni fattori che rappresentano una preoccupazione: «È facilissimo recuperare i location data, attraverso GPS o le telco, ma ogni modo presenta vantaggi e svantaggi. I primi sono molto precisi, ma l’attivazione della posizione fa consumare parecchia batteria, i secondi invece sono talvolta poco precisi. Il 70% dei dati raccolti non sono affidabili: se il data set non è adatto, allora è impossibile farsi un’idea del consumatore. Un secondo problema riguarda la privacy. Alcuni dati sono raccolti attivamente, dopo aver chiesto l’autorizzazione agli utenti, altri invece passivamente in set di dati secondari. E se le informazioni sulla location sono le più precise per la costruzione di un’identità, allora qualcosa non va», racconta Andrè Ferraz, founder e ceo di In Loco Media.

Durante il panel, Ferraz ha presentato la nuova soluzione RW, capace di analizzare attraverso i location data le azioni che avvengono in determinate aree della città e segmentando gli utenti che le compiono in modo preciso (per fascia di età, reddito, abitudini, ecc) in modo da offrire ad advertiser interessati la possibilità di generare campagne programmatiche. In questo modo è possibile pubblicizzare un’attività in una fetta di città agli utenti che la frequentano abitualmente o che si trovano in zona al momento dell’erogazione dell’impression, spostando il focus dall’utente alla coppia user-zona geografica.

via DailyOnline
 
Di Max Da Via' (del 01/06/2017 @ 07:26:13, in Marketing, linkato 1558 volte)

Nate tra i primi anni Ottanta e la metà degli anni Novanta, le mamme della generazione Y rappresentano un gruppo demografico sempre più rilevante in ambito di decisioni d'acquisto. Uno studio di Weber Shandwick evidenzia che, ad oggi, 1 mamma su 5 appartiene già alla fascia delle millennial.

Parliamo di un target destinato a guadagnare peso sullo shopping globale e che, come tale, va compreso e conosciuto nella propria evoluzione. A tracciare un quadro di queste consumatrici è l'indagine effettuata dal portale online Tiendeo, che con il supporto anche di altre ricerche evidenzia alcune modalità comportamentali in relazione alla spesa.

1 - Democratizzano le decisioni d'acquisto
Il 33% delle millennial mum sono le capofamiglia nella gestione della casa, ma rispetto alle mamme della generazione X tendono a democratizzare molto di più le decisioni d'acquisto. Mentre il 77% delle loro predecessore è infatti pienamente responsabile della gestione della pianificazione e degli acquisti per la casa, nel caso delle millennial mum la percentuale crolla al 66%. Questo perché 1 mamma su 4 della generazione Y preferisce condividere le responsabilità con il resto della famiglia.

2 - Il 90% pianifica in anticipo gli acquisti, soprattutto via online
Durante la pianificazione, le nuove mamme seguono il comportamento delle loro mamme: il 90% pianifica i propri acquisti in anticipo e 1 mamma su 5 tra coloro che pianificano ha fiducia negli strumenti di pianificazione. Tra i più usati ci sono le piattaforme che geolocalizzano cataloghi e brochure digitali, visitate dal 58% delle mamme della generazione Y.

3 - Usano lo smartphone per tutto
Il 67% delle nuove mamme fa del proprio smartphone lo strumento preferito per pianificare gli acquisti. Tuttavia, l’uso di questi strumenti mobili non è solo relegato alla fase di pianificazione: il cellulare serve anche alle mamme quando acquistano. I report di Iab e BabyCenter sottolineano che le principali operazioni svolte dalle millennial mum con lo smartphone nei negozi fisici sono la ricerca e il download di coupon per lo sconto (62%); il confronto tra i diversi marchi e negozi per individuare i prezzi migliori (51%) e la ricerca di ricette (51%).

4 - Alla ricerca del risparmio in store
Il 65% delle millennial mum conferma di pianificare i propri acquisti nei supermarket e negli ipermercati allo scopo principale di risparmiare il più possibile durante la visita in store e rintracciare le promozioni più convenienti. Il 41% pianifica gli acquisti anche per non dimenticare nulla di ciò che deve acquistare. Alimenti, prodotti di farmacia e profumeria sono tra le categorie su cui si concentra il maggiore sforzo di risparmio.


Via Mark Up
 
Di Max Da Via' (del 28/04/2017 @ 07:40:04, in Marketing, linkato 1660 volte)

La spesa globale in digital advertising è in continua crescita. Secondo le stime negli Stati Uniti quest'anno arriverà a 83 miliardi di dollari (eMarketer): una torta spartita al 90% da Google e Facebook, i due maggiori player che confermano la crescente tendenza al duopolio nel settore.

Una delle conseguenze di questa concentrazione di potere è il rischio di un calo di fiducia da parte degli utenti. Non è un caso che i due colossi della rete stiano prendendo provvedimenti al riguardo, da ultimo Google con un cambio di algoritmo volto ad arginare le fake news.

Il trend delineato è solo una delle evoluzioni che contribuiscono a creare un nuovo scenario d'azione per il digital marketing, come evidenzia Business2Community. Tra quelle in atto vediamone allora tre fondamentali.

  • La necessaria automazione del marketing
    Nonostante la concentrazione di potere tra i due player, i social network e le piattaforme di relazione sono molto più numerose di un tempo. Ne deriva la necessità di creare un maggior numero di contenuti, diversi tra loro, e di gestire una complessità crescente. L'unica risposta sul lungo termine è l'automazione del marketing attraverso strumenti ad hoc: da quelli per aumentare in automatico i follower come Social Quant per Twitter e SociallyRich per Instagram, a piattaforme in stile "tutte in uno" come Marketo e Hubspot. Una multinazionale del calibro di Coca-Cola sta addirittura sperimentando la creatività automatizzata in sostituzione parziale al genio umano.
  • L'ascesa dell'intelligenza artificiale
    Ricollegandoci al trend precedente, anche il volume di dati a nostra disposizione è in aumento esponenziale. Per dare un senso a tutto questo "rumore" servono intelligenza artificiale e macchine con processori potenti. Oggi incontriamo l'AI già in diversi casi, come quando su Facebook ci viene proposto di taggare un amico in base al riconoscimento facciale della foto.
    Secondo una ricerca condotta da Demand Base, sono almeno tre i vantaggi per i marketer nell'utilizzo dell'intelligenza artificiale:
    benefici AI marketing
  • Il continuo prosperare dei video...live!
    Il boom dei video è già una tendenza assodata che continua a restare sull'onda. Quello che però emerge man mano è la crescente efficacia del live e dello streaming. Mark Zuckerberg sostiene che gli utenti li guardino il 300% più a lungo e li commentino 10 volte di più rispetto ai video "ordinari". Tradotto in termini di marketing, si tratta di preziosissimo engagement.
    live video streaming


Via Mark Up
 
Di Max Da Via' (del 07/02/2017 @ 07:35:23, in Marketing, linkato 2163 volte)

Le campagne people-based restituiscono risultati migliori rispetto a quelle costruite a partire dai cookie: ad affermarlo è il rapporto “Power of People” pubblicato da Viant, compagnia ad tech di Time, e ripreso da Campaign. A differenza dei cookie, infatti, le campagne people-based targettizzano le persone in ottica multi-device e sulla base di dati registrati.

E per questo ritenuti superiori grazie alla capacità di consentire ai marketer di raggiungere il proprio pubblico su tutti i canali e di misurare anche le vendite offline. Lo studio è stato condotto negli USA, mentre in Europa l’Unione si appresta a rivedere le regole di tracciamento per la profilazione pubblicitaria, ponendo dei paletti più severi alle compagnie Over The Top e in generale a tutta la filiera.


Perché le campagne people-based sono migliori?

Perché le campagne people-based sono migliori? I marketer intervistati non hanno dubbi: un targeting migliore (58%) e la sicurezza di raggiungere persone reali (40%) sono gli elementi reputati centrali. Tutto ciò è ancor più vero in ambiente mobile, dove circa due device su tre non accettano cookie e nel quale ormai gli utenti del web trascorrono la stragrande maggioranza del proprio tempo. I social (75%) sono il media preferito da chi investe in people-based marketing. Segno che le potenzialità del settore sono pressoché inesplorate al di fuori di questo canale.

Le criticità

Le criticità maggiori che stanno frenando l’adozione di questa tipologia di targeting è legata alla mancanza di partner affidabili (48%), seguita da difficoltà ad accedere e utilizzare dati di prima parte: infatti, oltre metà degli intervistati, il 53% dichiara di non utilizzare first-party data nelle sue campagne. A fare da ulteriore sbarramento al people-based marketing, secondo il campione intervistato, sono state le agenzie, le quali in passato non hanno promosso tra i clienti le opportunità di questa comunicazione.

Secondo Toby Benjamin, vice-president of platform partnerships di Viant, la ricerca dimostra che “la fede dei marketer nei confronti dei cookie sta scendendo”. Ed è probabile che nei prossimi anni la transizione da strategie cookie-based ad altre di people-based marketing si completi con successo.

Via DailyOnline
 
Di Altri Autori (del 30/11/2016 @ 07:31:49, in Marketing, linkato 2923 volte)

Quando si parla di trasformazione digitale, si fa immediato riferimento al settore business to consumer (B2C), che ha visto negli ultimi anni la radicale modifica delle abitudini di acquisto da parte dei consumatori. Anche nel mercato  (business to business) si sono rilevati cambiamenti significativi: marketing online, e-commerce e social media sono ormai entrati nelle strategie aziendali. L’obbligatorietà della fatturazione elettronica nei rapporti con la PA, poi, avrebbe potuto rappresentato una grande occasione per le imprese di lanciarsi in maniera incisiva nella trasformazione digitale senza fermarsi al singolo adeguamento imposto, ma non è stato così.

Secondo i risultati di una ricerca dell’Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione della School of Management del Politecnico di Milano appena il 6% di tutte le fatture scambiate in Italia (1,3 miliardi) è in formato elettronico e solo il 17% delle imprese ha sfruttato l’occasione per re-ingegnerizzare i processi in chiave digitale.

La ricerca Il Futuro Digitale del Business tra Aziende” di Casaleggio Associati mette in evidenza come la trasformazione del digitale nel B2B investa tutte le aree della strategia aziendale: brand, vendita, fidelizzazione e organizzazione. In particolare, per quanto concerne il marketing online, le aziende hanno necessità di adeguarsi ai nuovi strumenti. A livello internazionale il grado di adozione è il seguente: e-mail (87%), registrazione online (70%), social media (68%), content marketing (67%), fiere e conferenze (62%), direct mail (49%), webinars (44%), pubblicità online (43%), telemarketing (37%), indirizzari online (36%), retargeting (32%) ed eventi dal vivo (28%).

Riguardo i social media, il parere delle imprese è controverso: in termini di rapporto tra investimenti e ROI, il 24% delle aziende si dichiara soddisfatta, il 59% riscontra difficoltà nella gestione dei canali social, mentre il restante 17% si dichiara insoddisfatto del ritorno sull’investimento. Il social più efficace è LinkedIn, mentre Facebook è in seconda posizione, seguito da YouTube.

Dagli elementi che emergono dal rapporto si può dire sicuramente che la  non può procedere con programmi settoriali, ma richiede un progetto unitario che coinvolga tutte le componenti aziendali.

Social

Fonte: Casaleggio Associati, 2016

Via Tech Economy
 

Negli ultimi anni abbiamo più volte assistito a esempi più o meno vincenti di : dall’epico tweet di Oreo durante il blackout del Super Bowl 2013 ai consigli alimentari di McDonald’s dopo il morso di Suarez a Chiellini agli ultimi Mondiali, sono tanti i brand che hanno capito come entrare a gamba tesa in una conversazione globale e sfruttarne l’effetto virale per far guadagnare un’improvvisa “fiammata” di visibilità.

Sappiamo anche che l’instant marketing nasce attorno a eventi di interesse globale, che trascendono nazionalità, barriere linguistiche e differenze geografiche e che catalizzano l’attenzione di tutti per un periodo relativamente breve, durante il quale però la conversazione intorno a questo argomento è estremamente vivace e, soprattutto, univoca. Non ci si può sbagliare: quando si parla di quella cosa si sta proprio parlando di quella cosa lì, senza possibilità di dubbio né margini di errore.

Così, quando un paio di giorni fa sul web è diventata virale questa foto, nessuno ha dovuto spendere più di un secondo per capire di cosa si stesse parlando:

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Si tratta di una promozione lanciata da Norwegian Air, compagnia aerea low cost norvegese che, all’indomani della “notizia-bomba” del divorzio tra Angelina Jolie e Brad Pitt, ha pensato bene di comprare un’inserzione su diversi quotidiani, al grido di “Brad Pitt è tornato single”, per lanciare l’offerta sulle proprie tratte verso Los Angeles.

L’inserzione, pubblicata originariamente sul tabloid norvegese VG e poi replicata anche sui tabloid britannici con l’offerta in sterline, ha letteralmente “spaccato l’Internet” diventando un caso da manuale: il creativo di Norwegian ha saputo sfruttare l’improvviso interesse per la coppia vip in crisi matrimoniale e con sapienza l’ha tradotta in una campagna pubblicitaria comprensibile a tutti, che strizza l’occhio al pubblico femminile ma che non può non essere ben recepita anche da quello maschile.

E infatti la campagna si è inserita perfettamente nel discorso sul divorzio di “Brangelina” per poi costruirsi una conversazione tutta sua: in capo a poche ore, dopo che molti utenti hanno semplicemente twittato le foto dell’inserzione, mezzo web europeo stava parlando della geniale campagna di Norwegian Air, che senza manco usare direttamente i social e facendo fare tutto il lavoro sporco agli utenti, ha tirato in piedi il viralone del mese guadagnandosi una bella fetta di visibilità e probabilmente anche qualche cliente in più (non necessariamente sulle proprie tratte per Los Angeles).

Fino a qui tutto bene. Grandi applausi a Norwegian da parte di tutto il mondo.

Ma a qualche ora di distanza succede qualche cosa:  risponde. E lo fa con un’immagine pubblicata sulle proprie pagine social, questa:

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A voler vedere, la “risposta” di Alitalia non viene nemmeno recepita tanto male, almeno a giudicare dai commenti che sono iniziati a piovere sulla pagina Facebook della compagnia aerea:

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Ma, dietro la facciata innegabilmente sagace, a uno sguardo più approfondito la risposta Alitalia nasconde un paio di questioni che vale la pena di approfondire.

La prima è che in realtà Alitalia non offre nessuna reale promozione: la differenza tra la campagna di Norwegian e quella di Alitalia è che la prima prende pubblicamente parola per dire che i propri voli verso Los Angeles sono a un prezzo stracciato, la seconda invece si limita ad aggiungere un generico acquistate su Alitalia.com. E infatti non manca chi lo fa notare:

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Il fatto è che quando s’innesca un botta e risposta con un altro brand sui social media, solitamente lo si fa con l’obiettivo di risultare i più competitivi sul mercato, quelli che offrono il servizio più piacevole, insomma: si vuole dimostrare di essere i migliori. Ma con la sua risposta Alitalia “si mette in mezzo” senza offrire nulla per convincere gli eventuali clienti a volare con Alitalia e non con un’altra compagnia.

Si potrebbe obiettare che nemmeno Oreo, quando invitò tutti gli spettatori del Super Bowl a “inzuppare i biscotti al buio” perché per colpa di un blackout nello stadio il match si era interrotto per più di mezz’ora, aveva lanciato un’offerta speciale sul proprio prodotto. Ma la differenza sta nel fatto che Oreo – come Norwegian – è stata la prima a conquistarsi il proscenio dell’attenzione di migliaia di persone, in un luogo e un momento preciso. E a quel punto chi arriva prima detta le regole: quelli che seguono possono solo tentare di giocare al rialzo e cercare di fare meglio dei primi non soltanto in termini di viralità, ma anche di una reale offerta sui propri servizi. Sui social non si dovrebbe parlare se non si ha nulla da dire. Soprattutto se sei una compagnia aerea nota per le sue tariffe non esattamente a buon mercato.

Il secondo “inghippo” della risposta di Alitalia a Norwegian sta nel fatto che la foto è stata twittata sull’account ufficiale della compagnia aereataggando le principali testate giornalistiche italiane e perfino ad Aftenposten, il più diffuso quotidiano norvegese:

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Anche questo aspetto, da un punto di vista strettamente comunicativo, risulta piuttosto stridente e quasi fastidioso: la campagna di Norwegian è diventata virale online partendo da un contesto completamente offline – tanto è vero che l’ormai famoso “Brad is single” ha trovato pochissimo spazio sulle pagine social della compagnia norvegese. Alitalia invece ha scelto di gestire la faccenda con l’equivalente social del comunicato stampacon preghiera di cortese diffusione: e cioè taggando “gente importante” per fare in modo che la risposta a Norwegian venisse notata e ripresa subito dal web italiano.

Inutile dire che i meccanismi della viralità sono ben diversi e che taggare i giornali per mostrare le proprie prodezze invece che puntare su un genuino apprezzamento e coinvolgimento da parte degli utenti suona un po’ gigione. La risposta di Alitalia sarebbe diventata virale anche senza quei tag? Probabilmente sì. Ma bisogna anche riconoscere che un “Mi Piace” implica un impegno decisamente minore rispetto al fotografare una pagina di giornale e twittarla sul proprio account personale.

La risposta di Alitalia a Norwegian si deve quindi considerare un “EpicFail”? Non necessariamente. Ma non è neanche un “EpicWin”: perché se da una parte non si può negare che la trovata sia stata ben accolta dagli utenti, dall’altra non ha nemmeno prodotto un reale valore per il brand. Alitalia, infatti, non ha saputo (o potuto, o voluto) mettere veramente in mostra la competitività della compagnia aerea, non offrendo niente che incentivasse l’utente a pensare che Alitalia abbia voli particolarmente competitivi. Norwegian ha dato a tutti una buona ragione – seppur ipotetica – per usufruire del proprio servizio: un volo intercontinentale a un prezzo stracciato e l’idea che anche le altre tratte coperte dalla compagnia potessero essere a un costo interessante. Ma con la sua risposta Alitalia non ha offerto, nemmeno implicitamente, non solo nessun buon motivo per essere presa in considerazione per un viaggio aereo, ma neanche per dare un’occhiata al sito a caccia di promozioni come, ad esempio, uno sconto del 20% sulle destinazioni nazionali per chi prenota entro il 26 settembre:

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Certo, se ne sarebbe potuto fare un accenno nella risposta a Norwegian. Ma siccome questi sconti non ci azzeccano nulla con Los Angeles e #BradIsSingle, parlarne rovinato il calembour o quantomeno si sarebbe dovuto studiare una risposta più elaborata, quindi tanti cari saluti e vai con la battuta sulle ragazze che corrono in massa da Brad Pitt.

E così, mentre nel giro di 24 ore Norwegian si è costruita l’immagine di una compagnia aerea particolarmente conveniente, per Alitalia tutto finisce con una risata e un effimero bottino di “Mi Piace” che, come prima o poi accade a tutti, verranno presto dimenticati alla prossima polemica su un volo in ritardo o dopo una campagna social finita male.

Lesson Learned: Non cercare la viralità a tutti i costi se sotto sotto non hai niente da dire o da offrire. Nella migliore delle ipotesi avrai fatto sì parlare di te, ma sprecando un’occasione di far conoscere concretamente il tuo brand al tuo pubblico di riferimento.

Via Tech Economy
 
Di Altri Autori (del 23/09/2016 @ 07:39:19, in Marketing, linkato 1937 volte)

“Una sfida affascinante”. Così FederlegnoArredodefinisce la generazione dei Millennials o “generazione Y”, intesa come la generazione di giovani nati tra il 1980 e la metà degli anni ’90, che in Italia rappresenta una platea superiore agli 11 milioni di abitanti e non può più essere trascurata per il sistema economico. I valori che muovono questa generazione sono però differenti, spesso in contrasto con quelle precedenti. A tal proposito la federazione di rappresentanza delle imprese del mobile e dell’arredamento ha commissionato a Pambianco Strategia di Impresa una ricerca qualitativa che possa fornire alle aziende del settore una chiave di lettura sugli stili vita e i comportamenti d’acquisto di questa generazione per aprire con essa un canale di comunicazione e di vendita.

I VALORI DELLA GENERAZIONE Y. Secondo i risultati dell’indagine, intitolata Millennials e il mercato italiano del mobile, la generazione dei Millennials può essere rappresentata secondo alcuni valori di riferimento: effettuano scelte di acquisto in maniera condivisa con il partner, hanno un ruolo attivo nell’acquisto dei prodotti, amano sperimentare, vivono più intensamente il presente delle precedenti generazioni perché ritengono che ricchezza e posto fisso possano venire meno, sono più sensibili alla social responsability e alla green economy, il concetto di “lusso” è più legato a “esperienza e autenticità” che al costo elevato.

NUOVE MODALITÀ D’ACQUISTO.
Nuovi valori significano innanzitutto nuove modalità di acquisto: per un millennial, infatti, internet (e l’e-commerce) è la fonte principale di informazione sui prodotti, e Instagram è il social media più usato per conoscere le ultime tendenze; il passaparola è fondamentale per la formazione delle loro opinioni, insieme ai redazionali delle riviste di settore che offrono spunti su accostamenti e progettazione degli spazi; gli showroom orientano in misura importante la scelta; architetti e interior designer non sono considerati da questi consumatori tre le prime fonti di orientamento. Se per un “adult” l’acquisto di arredamento è spesso considerato “per sempre”, per un millennial prevale l’esigenza di un “mix & match” tra elementi costosi e occasioni, magari da cambiare in un secondo momento. Nella scelta di un prodotto la personalizzazione ha un ruolo fondamentale; il design è parte integrante della vita quotidiana di un millennial, e per questo è un visitatore stabile del Salone del Mobile di Milano.
La ricerca evidenzia infine una duplice caratteristica del millennial: elevata sensibilità ai prodotti eco-friendly e forte spinta a soluzioni hi-tech.
Nella ricerca di un prodotto da acquistare, un giovane consumatore valuta con grande attenzione i materiali utilizzati e i processi produttivi, così come considera ormai una frontiera necessaria la realizzazione di una “casa intelligente”, dove domotica e internet delle cose sono ormai un’esigenza.


Via Business People
 
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