Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il CES di Las Vegas rappresenta sempre un’occasione unica per osservare in pochi giorni tutto quello che esiste e che sarà sul mercato tecnologico consumer nel corso dell’anno successivo. Questo evento è tuttavia ugualmente unico per capire i trend di sviluppo a medio-lungo termine nel mondo ICT a 360° oltre che portare a casa innovazioni “pronte all’uso” e giocare quindi d’anticipo sui tempi naturali di diffusione dell’innovazione stessa. Fondamentale oggi per ogni azienda credere fortemente nella contaminazione delle idee e degli ambiti in cui queste nascono, al fine di creare soluzioni realmente innovative connettendo tutte le peculiarità di ciascuna tecnologia e cercando di aggiungere valore al nostro modo di lavorare.
Ed ecco allora 5 interessanti novità “osservate” al CES 2017.
1. Bot e assistenti Vocali
Una delle evoluzioni più interessanti di quest’anno è legata alle modalità di interazione dei dispositivi di nuova generazione: all’interno di molti prodotti sono stati inseriti intelligenza artificiale e bot vocali per consentirne l’interazione mediante il semplice utilizzo della propria voce.
Al momento le funzionalità sono già ricche e le prove fatte sul campo mostrano come in particolare Amazon Alexa (presente nella maggior parte dei prodotti) sia abbastanza affidabile per il riconoscimento del linguaggio (anche da non madrelingua) e efficace nell’integrazione di prodotti e servizi (in particolare quelli di Amazon, ma non solo).
Le tematiche relative ai BOT sono oggetto di studio e sperimentazione in ogni loro declinazione da molto tempo da parte dell’azienda in cui lavoriamo, Cefriel. Il primo degli obiettivi che ci siamo posti è stato semplificare l’interfaccia di accesso ad ecosistemi digitali complessi (API ecosystem). Primo grande risultato di tali sperimentazioni è stato constatare come la semplicità e la naturalezza dello strumento di interazione via text chat abbia già sdoganato nuovi paradigmi di interazione con i “roBOT” su canali abitualmente frequentati da utenti umani, aprendo ovviamente all’utilizzo di ulteriori meccanismi di interazione ancor più naturali come ad esempio la voce o i gesti. È quindi molto probabile che con il raggiungimento della maturità di queste tecnologie si assisterà davvero a una rivoluzione nel modo con cui interagiamo con i dispositivi di utilizzo comune ed i nuovi e sempre più pervasivi oggetti IoT che ci circonderanno nella vita quotidiana.
2. Internet of things @ home
L’Internet of Things sta diventando mainstream. Quasi tutti gli elettrodomestici che saranno distribuiti nel prossimo periodo saranno connessi a Internet e potranno beneficiare di numerose funzionalità aggiuntive che spaziano dal controllo remoto alla personalizzazione dei servizi, effettuata per mezzo della raccolta e analisi dei dati di utilizzo.
IoT e data analytics sono temi che in Cefriel approfondiamo da tempo, evidenziando tutte le potenzialità di collegamento e interazione tra i due ambiti. Il prossimo passo per migliorare ulteriormente l’IoT sarà infatti probabilmente legato all’utilizzo dei dati raccolti dai dispositivi connessi in rete per creare servizi a valore aggiunto che consentiranno di migliorare la profilazione dell’utente, il funzionamento del dispositivo a fini diagnostici e per ottimizzarne i consumi. Siamo nell’era degli ecosistemi di oggetti connessi e ciascuno di essi produce quantità considerevoli di dati prelevandoli dall’utilizzo quotidiano che ne facciamo (es. wearable) piuttosto che da valori che misurano il contesto di utilizzo (es. sensori IoT di diversa natura). La sfida attuale in questo ambito diventa quindi l’utilizzo di tali dati per creare modelli di business “utili” prima che “sostenibili”.
Quasi in ogni angolo della Fiera qualcuno indossava un visore ed era immerso in una realtà virtuale. Uno scenario che può apparire in parte “inquietante”, ma che denota un trend interessante sulla realtà virtuale per scopi vari: gaming il più evidente, ma anche per intrattenimento e visualizzazione di immagini o video.
In ambito enterprise, invece, la realtà aumentata è la tecnologia che si sta aspettando da parecchio tempo e che, forse, ora può finalmente iniziare a diventare “realtà” vera. Lavoriamo su questo tema realizzando proof of concept degli scenari d’uso più consueti legati soprattutto alle operazioni di manutenzione. Purtroppo le implementazioni degli scenari d’uso più comuni sono ancora strettamente dipendenti dalle specificità tecnologiche dei device utilizzati e questo riduce ovviamente sia la completezza delle soluzioni implementate che l’universalità delle stesse applicazioni in termini di portabilità. Stiamo tuttavia riscontrando un interesse crescente da parte dei produttori nel colmare il gap tra limiti degli strumenti e potenziamento degli stessi sulla base dei feedback degli utilizzatori e degli sviluppatori di soluzioni AR, tanto che nei dispositivi di nuova generazione riscontriamo già alcune modifiche richieste dal mondo enterprise e ci avviciniamo a prodotti che consentiranno di far apprezzare i veri vantaggi della realtà aumentata anche in contesti professionali.
Questo cambio di rotta è in parte limitato a un approccio molto focalizzato alla vendita dei dispositivi hardware piuttosto che alla realizzazione di soluzioni e use case “pronti all’uso”. Tuttavia, alcuni grossi player nell’ambito dell’elettronica e dell’informatica si stanno muovendo verso l’ideazione di ecosistemi completi per favorire lo sviluppo di soluzioni software legate alla realtà aumentata mediante la creazione di framework e piattaforme standard per lo sviluppo e linee guida per la realizzazione delle interfacce utente.
4. Droni
Negli spazi espositivi non sono mancati oggetti volanti di vario tipo, a cui si possono aggiungere alcuni esempi di droni subacquei e prototipi per fare le consegne a domicilio. L’evoluzione dei droni sta proseguendo a ritmi elevati e lo dimostra l’alto numero di differenti soluzioni presentate che copre sia l’ambito consumer che quello enterprise. Infatti, esistono tipologie di droni di tutti i tipi: droni utilizzati per il gaming (es. caccia al drone, o gare tra droni), droni per uso personale (es. fare selfie o brevi video), droni per ambito enterprise, pensati per operazioni di manutenzione (es. alcuni includono già fotocamere termiche), operazioni specifiche (es. distribuire fertilizzante nei terreni agricoli, o dipingere un muro), o per riprese professionali.
Interessante immaginare come i droni possano essere usati per semplificare compiti prima complessi, aumentare il livello di sicurezza e di precisione di alcune operazioni, rendere possibile l’elaborazione e l’acquisizione di informazioni altrimenti non disponibili.
5. Self Driving & Connected Cars
Tra prototipi futuristici e auto già pronte (o quasi) per essere sul mercato, il settore automotive ha presentato parecchie novità tecnologiche che vanno dalla riduzione degli impatti ambientali all’introduzione di intelligenza artificiale e alla connessione delle auto ad internet.
Per quanto riguarda la maturità delle soluzioni, sulla base delle presentazioni delle varie case automobilistiche, si è portati a pensare che entro un paio d’anni anni le auto saranno in grado di parcheggiare completamente da sole e di assistere alla guida in situazioni “semplici”, come il viaggio in autostrada. Per la vera guida assistita ci vorrà invece ancora del tempo: presumibilmente, nell’arco di 4-5 anni, si potranno cominciare a vedere le prime auto completamente connesse che potranno assolvere a tutti gli effetti al ruolo di assistenti virtuali per supportare la guida autonoma.
L’obiettivo per questo tema in particolare è quello di studiare e realizzare degli Smart Ecosystem composti da auto e servizi sulla rete che completano la visione autonoma dell’ambiente da parte delle connected cars a guida autonoma. Seppur in grado di muoversi autonomamente nello spazio, le auto hanno sempre più bisogno di capire l’ambiente e adattarsi ad esso per migliorare non solo il confort di guida, ma anche la sicurezza, l’ottimizzazione dei tempi e la conoscenza di tutti i servizi disponibili sul territorio nell’ottica di integrarsi sempre più con le future Smart Cities.
Via Tech Economy
La realtà virtuale (VR) ha deluso, raggiungendo nel 2016 un valore di 2,7 miliardi di euro contro i 3,8 miliardi attesi; meglio le performance della realtà aumentata (AR), ma a salvare il mercato – che ha chiuso l’anno con un valore di 1,2 miliardi contro i 600 milioni attesi – è stato, strano a dirsi, il gioco dei Pokémon Go. Le premesse per il settore della mobile VR/AR non sono certo confortanti, ma gli esperti assicurano: “si tratta della grande novità tecnologica del prossimo futuro”. In base all’Ufficio Studi di P101, fondo di venture capital specializzato in investimenti in società̀ digital e technology driven, entro il 2021 questo mercato varrà ben 108 miliardi di dollari – 83 mld per la realtà aumentata, 25 per quella virtuale – grazie soprattutto ai dispositivi mobile, che nei prosismi mesi si affermeranno come terreno di gioco indiscusso per l’implementazione e la diffusione di queste nuove tecnologie.
SERVONO PREZZI CONTENUTI. Per decollare, però, la realtà aumentata e quella virtuale devono raggiungere il grande pubblico. Ciò che serve, quindi, sono dei dispositivi performanti, ma a un prezzo contenuto (entro 400 dollari). Per questo, evidenzia l’Ufficio Studi di P101, Microsoft pensa a lanciare sul mercato dei dispositivi per la realtà virtuale a 299 dollari, anche se non pensati per il mobile ma per il Pc. Per quanto riguarda la realtà aumentata, l’ipotesi degli esperti di TechCrunch (una delle voci più autorevoli a livello internazionale sul fronte della tecnologia) è che Apple e Samsung lanceranno telefoni abilitati per l’AR nel 2018. Altri importanti produttori di telefoni potrebbero unirsi a loro.
STARTUP IN FERMENTO. Il 2016 è stato l’anno d’eccellenza degli investimenti nelle startup AR/VR, che hanno ricevuto 1,8 miliardi per una crescita del 150% sull’anno precedente – segnale che il mercato guarda a queste tecnologie con grande speranza per il futuro e che i fondi di investimento, come P101, si aspettano grandi novità da questo settore nel medio termine. Queste startup sono già al lavoro su varie applicazioni business per le tecnologie virtual e augmented, non solo su mobile.
OPPORTUNITÀ D’IMPRESA. Alcuni imprenditori, ad esempio, vedono in queste tecnologie l’opportunità di trasformare i negozi fisici al fine di migliorare l'esperienza in-store, o per una visualizzazione più realistica dei prodotti destinati all’e-commerce, o ancora, un software 3d permette di ristrutturare e arredare la casa sfruttando la realtà virtuale e dando quindi agli utenti la possibilità di vedere con i propri occhi la trasformazione dell’appartamento prima ancora che questa avvenga
Via Business People
L’intelligenza artificiale è la capacità delle macchine o dei computer di emulare il pensiero umano o il processo decisionale. Un’area chiave all’interno dell’AI è il machine learning, derivante dai processi di automatizzazione del planning digitale, già anticipato da Zenith nel mese di novembre. Utilizzando algoritmi su misura, una task force di data scientist e specialisti strategici di Zenith ha sviluppato un sofisticato sistema di digital planning, sfruttando la tecnologia machine learning dell’agenzia e consentendo al network di creare un processo di automazione: raccolta dati, attribuzione e pianificazione dei cambiamenti attraverso molteplici touchpoints – il tutto realizzato automaticamente. I 10 trend presentati sono utili per valutare come il machine learning e altre aree dell’AI miglioreranno l’esperienza del consumatore durante il processo d’acquisto e creeranno nuove opportunità di marketing per i brand.
Trend 1 Predicting our needs: l’AI accrescerà l’importanza del ruolo della search nel processo di acquisto dei consumatori La Search incrementa le capacità predittive; riesce infatti a fornire informazioni sempre più precise riguardo al consumer journey dei consumatori, guidando così sia le riflessioni che le conversazioni. Durante il 2017, i motori di ricerca inizieranno ad includere nei propri dati tutte le informazioni sui comportamenti del consumatore, informazioni che la tecnologia dell’intelligenza artificiale utilizzerà per aumentare la capacità predittiva del mezzo. Tutto ciò darà chiare opportunità ai brand di anticipare al meglio le esigenze dei consumatori e di implementare strategie di cross-selling.
Trend 2 Speeds is the New Black: Turbo-charging la consegna dei Trend Content Negli ultimi anni, la quantità di dati a disposizione del mercato è aumentata notevolmente. I brand hanno quindi potuto individuare rapidamente le tendenze e adeguare le proprie strategie di marketing e di comunicazione. Con la crescita costante di dati a disposizione, la pratica del machine learning contribuirà significativamente a semplificare il processo di analisi, permettendo di elaborare gli stessi dati provenienti da fonti diverse per identificare rapidamente i trend e gli schemi sottostanti. Ciò aiuterà i brand ad analizzare le strategia dei brand concorrenti e a cavalcare i nuovi trend. Da un lato gli specialisti del content nelle agenzie saranno in grado di creare gli asset più idonei per raggiungere il consumatore e soprenderlo, dall’altro i brand potranno sviluppare prodotti in grado di soddisfare le ultime esigenze delle diverse categorie di mercato.
Trend 3 Always-on Insights: la raccolta dei dati non-stop attraverso il Passive User Interface Il Passive User Interface raccoglie in modo continuativo i dati comportamentali dai dispositivi digitali dei consumatori e attraverso l’approccio del machine learning sarà in grado di fornire ai brand insight rilevanti che potranno essere utilizzati per personalizzare le esperienze di consumo. Alcune aziende stanno già utilizzando i dati forniti dai PUI; la piattaforma di Spotify, ad esempio, utilizza i dati del tracker per personalizzare le playlist degli utenti. Un uso più diffuso dei dati PUI consentirà ai brand di progettare contenuti e servizi personalizzati e di impostare strategie di prezzo appropriate. I dati del PUI potranno anche essere condivisi dai diversi brand e nelle diverse categorie per creare ulteriori punti di contatto/esperienza per i consumatori.
Trend 4 Cross-Device Storytelling: i progressi del Programmatic nelle conversazioni automatiche La tecnologia del machine learning mette direttamente in contatto i brand con i consumatori e non solo con i loro device. I brand raccolgono molti dati di prima parte, e l’AI permette di comprendere come coinvolgere i consumatori con diversi messaggi in contesti e tempi differenti. I brand potranno quindi automatizzare le loro conversazioni con il target di riferimento utilizzando il cross-device programmatic advertising creando esperienze senza soluzione di continuità con l’obiettivo di accelerare sia l’acquisto che il ri-acquisto.
Trend 5 Shoppable Content: acquistare direttamente dai contenuti per migliorare l’esperienza del consumatore Il 2017 sarà l’anno del “Shoppable Content”: la possibilità di acquistare direttamente da contenuti editoriali e di brand. In pratica “gli algoritmi evolutivi”, tecniche dell’AI ispirate al principio della selezione naturale, potranno scegliere e ottimizzare le informazioni in risposta alla navigazione del consumatore, creando contenuti personalizzati in diretta, con la possibilità di insererirli in carrelli della spesa virtuali. Questi ultimi ricreeranno quindi la funzionalità dei siti e-commerce senza che i consumatori debbano attivare nuovi account o fornire i dati della carta di credito per ogni nuovo sito che visiteranno. Lo “shoppable content” permetterà sia ai brand che agli editori di fidelizzare i consumatori sui loro siti, evitando il passaggio su altri siti per l’acquisto. I brand dovranno pensare e sviluppare i contenuti come una combinazione di testo, immagini e attività interattive in grado di creare un’esperienza di shopping ingaggiante.
Trend 6 Smart VR: Virtual Reality la nuova opportunità per i brand attraverso gli Smartphone La realtà virtuale si sta spostando dal solitario mondo dei giocatori anche a quello più mainstream dei consumatori che infatti la sperimentano attraverso i loro smartphone, considerati i nuovi driver di questo fenomeno. Facebook e Twitter hanno già un sistema di live-streaming al quale è possibile accedere utilizzando le cuffie collegate ai propri smartphone. L’utilizzo della VR mainstream presenterà per i brand molte opportunità di marketing: ad esempio, i rivenditori avranno la possibilità di modificare le modalità di acquisto presentando ai consumatori i prodotti senza la visita ai punti vendita.
Trend 7 The rise of the chatbots: la comunicazione automatica e diretta tra brand e consumatori Spinte dal machine learning, le chatbots permettono l’interazione automatica tra consumatori e brand tramite un’interfaccia di messaggistica. Le chatbots possono aiutare i consumatori con alcune funzioni tra le quali i pagamenti e la ricezione delle notifiche di consegna/spedizione. Le chatbots aiutano i brand a ridurre i costi del servizio di assistenza per i clienti e ad aprire un dialogo con i consumatori. Un’altra grande opportunità per i brand sarà quella di creare un contatto diretto e personalizzato con i consumatori sulla base degli insights emersi nelle chat.
Trend 8 Emotion Recognition Technology: aiuta i brand a recepire le emozioni dei consumatori La diffusione degli smartphone e la condivisione continua dei propri stati d’animo fa sì che il consumatore abbia sempre con sé un rilevatore di emozioni. Questo permetterà ai brand di collegare gli stati d’animo e i comportamenti dei consumatori a comunicazioni mirate, pertinenti e al momento giusto. Ad esempio, i brand legati ad uno sport o ad una squadra potranno utilizzare questa tecnologia per offrire esperienze personalizzate e ingaggianti nel corso di un evento sportivo.
Trend 9 Dynamic Pricing: gli algoritmi consentono l’automatizzazione dell’adeguamento del prezzo in base alla domanda Grazie all’elaborazione e all’analisi dei dati di vendita, l’algoritmo Dynamic Pricing consentirà alle brand di adeguare il prezzo dei prodotti online considerando il potere di acquisto del consumatore. I prezzi presenti online sui siti e sulle app potranno quindi modificarsi costantemente. Un esempio è quello di Uber che ha introdotto l’algoritmo di Surge Pricing per adeguare automaticamente i prezzi per eccesso negli orari di picco della domanda.
Trend 10 Automated assistance: il servizio robot arriva nei negozi Nel mondo dell’industria i robot sono una realtà ormai da molti anni. Oggi, la tecnologia ha sviluppato una combinazione di sistemi di automazione fisici e digitali per creare robot che lavorino fianco a fianco con gli esseri umani. Le opportunità più evidenti e immediate saranno nella vendita al dettaglio. I robot forniranno informazioni sui prezzi, sulle disponibilità di magazzino e, utilizzando particolari algoritmi, saranno in grado di offrire suggerimenti sui prodotti e sulle promozioni in corso. Oltre alla vendita al dettaglio le opportunità di sviluppo riguarderanno anche l’ospitalità alberghiera, le cure sanitarie e l’aiuto domestico.
Via Spot and Web
Per chi si avvicina per la prima volta all’Enterprise Social Intelligence è molto difficile distinguere tra il processo da seguire e i Tool che lo compongono. Ancor più difficile risulta valutare la qualità dei vari strumenti, dal momento che questa si misura attraverso l’analisi dei risultati che se ne ottengono, operazione per la quale sono necessarie competenze specifiche e il tempo di dedicarvisi per fare raffronti tra strumenti simili. Per questo, nell’analisi ci siamo avvalsi dell’esperienza in materia della dott.ssa Marina Suardi, Leader del Team di Data Science di QuestFactory, società specializzata in Enterprise Social Intelligence.
Sintetizzando, i punti evidenziati dalla dott.ssa Suardi abbiamo cominciato l’analisi di una selezione degli oltre 130 Tool rilevati sul mercato, partendo da quelli ad uso gratuito. In una serie di prossimi post passeremo quindi alla rassegna di quelli più sofisticati, e a pagamento, in grado di assicurare più funzioni e risultati di maggior qualità.
In pratica, i Tool di “Social Media Monitoring”, o “Social Media Listening” servono ad ascoltare ciò che viene detto sulla rete in relazione ad un determinato Brand (marchio), prodotto, servizio, settore o anche in riferimento a specifiche campagne promozionali, eventi o iniziative. A tal fine, le operazioni che svolgono i Listening Tool sono le seguenti:
- Navigano sulla rete, usando anche specifiche API e accordi commerciali con i vari Social Media per accedere ai loro contenuti;
- Indicizzano i siti e ne classificano i contenuti;
- Consentono di scegliere i contenuti da rilevare in base a keyword e filtri, operando analogamente a come si fa normalmente con le ricerche su Google;
- Offrono meccanismi per eliminare dai risultati quelli non attinenti, il rumore e l’eventuale spam.
Vediamo quindi una breve rassegna di Listening Tool e quanto questi rispondono alle caratteristiche e ai principali requisiti che dovrebbero rispettare.
1. Google Alerts
La rassegna dei Tool di ascolto della rete non poteva che cominciare dal più antico e noto di questi strumenti, Google Alert, che fa parte della ricca famiglia di Tool messi a disposizione da Google che, ovviamente, ha tutto l’interesse a facilitare le ricerche sulla rete e il compito di chi vi investe, così da raccogliere dati dai naviganti ed esser molto più efficace nel proporre loro pubblicità mirata.
Google Alerts è di uso semplicissimo e immediato, a patto di avere un account su Gmail. L’ascolto della rete può esser impostato per citazioni (mention), parole chiave, argomenti, considerando che nella scelta si ha massima libertà e che quindi può esser usato anche per monitorare i concorrenti.
Il Tool risulta utilissimo, ad esempio, per fare del Guest Posting, ovvero per pubblicare commenti o contenuti sui Post di personaggi autorevoli che normalmente trattano le materie – prodotti, servizi, tematiche – di proprio interesse. Come si rileva dalla figura, è molto semplice da configurare e attivare: una volta entrati con le propre credenziali, basta inserire quanto di proprio interesse e da quel momento in poi, Google Alert invierà una mail all’interessato ogni volta che ci saranno degli elementi nuovi in relazione a quanto specificato.
Ottimo strumento per iniziare, ma con numerosi limiti: non c’è alcuna indicazione sul tono della citazione, se le citazioni sono tante si rischia di esser inondati di mail, non si può operare in modo sincrono con la rete, visto che le mail vengono inviate di tanto in tanto, non sono selezionabili le fonti da monitorare… Insomma, Google Alert è un eccellente Tool per ricevere indicazioni puntuali, ma non certo per lavorare su grande scala, inserendo filtri e condizioni più o meno sofisticate.
2. Klout
Francamente, trovo che nelle valutazioni che genera, Klout sia piuttosto misterioso. Di fatto, questo tool rileva sulla rete tutto ciò che attiene un determinato autore, monitorandone i contenuti pubblicati e le reazioni suscitate sui principali Social Media: Twitter, Facebook, Linkedin, Blogger e via dicendo. Si tratta di una vista parziale, considerato che gli sfuggono i siti di news, i forum e tante altre fonti. Tuttavia, Klout ha la pretesa di sintetizzare il “peso” dell’autore attribuendogli un punteggio da 0 a 100. Un buon metodo per valutare gli influencer, ma con una visione un po’ distorta dell’insieme della rete, non orientabile in altre direzioni che non gli autori e senza esprimere alcun giudizio sulla positività o negatività delle reazioni generate.
Tant’è che Klout ha alcuni fervidi sostenitori, ma altrettanti detrattori che ne contestano il sistema di attribuzione dei punteggi.
Indipendentemente da ogni altra considerazione, Klout può esser utile per valutare gli Influencer, magari andando ad approfondire su cosa stanno scrivendo e su quale pubblico si indirizzano, bilanciando anche tra il peso individuale e quello della testata o del brand che rappresentano. Ad esempio, per dare un’idea, il punteggio attribuito a Beppe Severgnini è 80 – forte del Corriere della Sera e di un pubblico generalista come i lettori ai quali si rivolge -, Barak Obama è a 99, mentre io mi fermo a 47, cosa per altro comprensibile dal momento che mi occupo solo di pochi argomenti, molto specifici e per un pubblico di nicchia.
Un altro modo di usare Klout è scegliere un argomento – keyword – e vedere chi viene giudicato come tra i più autorevoli, sebbene non sia possibile inserirvi filtri particolari né operare in lingua italiana.
Nulla di più, ma gratis!
3. Mention
Molto simile al precedente, ma con più funzioni e la possibilità di operare in 42 lingue diverse, Mention consente di monitorare le citazioni del proprio marchio, dei propri prodotti, di argomenti di proprio interesse e molto altro ancora, selezionando le fonti da ascoltare, così come la lingua o le lingue da considerare.
Questo Tool consente di tenere traccia delle citazioni, di fissare degli allarmi, anche in modo condiviso, di gestire le azioni da intraprendere in seguito alle segnalazioni ricevute.
Con la versione gratuita si potranno ricevere degli Alert via mail in corrispondenza di ogni citazione rilevata, ma è anche possibile sottoscrivere dei piani di abbonamento che partono da 29 dollari al mese, superando facilmente anche i 100, per ricevere Report sintetici e strutturati in vari modi in funzione delle necessità dell’azienda. Per valutarne la corrispondenza alla proprie esigenze, si può attivare un piano gratutito di due settimene e quindi decidere se procedere o meno.
In ogni caso, i dati sono sempre di tipo puntuale e non propongono analisi di sentiment, di trend, né la comparazione tra varie fonti e livelli di engagement. In compenso, risulta molto e più funzionale di Klout nel rilevare piccole quantità di segnalazioni da gestire in modo artigianale “una a una”…
4. Social Mention
Indubbiamente, Social Mention è uno dei Tool più completi e sofisticati tra quelli utilizzabili gratuitamente. Ha un’interfaccia essenziale – le stringhe di interrogazione vanno inserire nell’unica riga che appare sulla Home Page in modo simile a quella di Google. Offre un’eccellente copertura dei Social Media, rileva le keyword, gli hashtag, i siti.
E’ anche in grado di valutare il Sentiment, l’Engagement e molti altri parametri utili a chi vuole “ascoltare” la rete per trarne indicazioni di valore, ma per noi ha un grosso limite. L’unica lingua attualmente supportata è l’inglese e lo stesso dicasi per i Social Network “ascoltati”, che tuttavia sono circa un centinaio.
Un aspetto apprezzabile e unico è che analizza i dati relativi a sentimente e influence sulla base di quattro parametri: Strength (Forza), Sentiment, Passion e Reach, calcolato dividendo il numero degli autori unici che citano il marchio per il numero totale delle citazioni.
Sebbene sia di uso intuiitivo ed estremamente semplice, in rete ci sono anche le istruzioni per usarlo sfruttandone le funzioni più avanzate.
Il solo punto che mi lascia perplesso e dubbioso è relativo all’azienda che sta dietro a Social Mention e al suo modello di business. Infatti, se da un lato non si capisce bene da dove traggano i ricavi – non solo il servizio è totalmente gratuito, ma non ne esiste alcuna versione più avanzata “a pagamento”, come accade nella maggior parte dei tool di questo genere – dall’altro non è chiara la consistenza dell’azienda, la sua localizzazione, chi ne sono gli investitori.
Anche su Linkedin, oltre alla descrizione generica dei servizi che offre (a social media search platform that aggregates user generated content from across the universe into a single stream of information), ne compaiono solo 3 collaboratori: il canadese Jon Cianciullo, più un americano basato in Florida ed un tedesco di Berlino. Molto strano per una società che è attiva da parecchi anni e che offre un servizio di indubbio valore…
5. IceRocket
Icerocket ha una storia molto carina dietro le spalle, che val la pena di esser raccontata prima di illustrarne le peculiarità.
Nasce nel 2004 a Dallas grazie ad un finanziamento di Mark Cuban, per eseguire ricerche in tempo reale su Internet via PDA, puntando a diffondersi unicamente per passaparola. Una formula che non ha avuto molto successo, ma che grazie alle tecnologie sviluppate ha attirato le attenzioni del gruppo Meltwater che l’ha acquisita nel 2011.
A sua volta, anche Meltwater ha un’interessante storia da ricordare. L’azienda è nata nel 2001 in Norvegia, a Oslo, e come tutte le società scandinave che hanno una vocazione all’internazionalizzazione nel proprio DNA, è partita con 15.000 dollari, ma sin da subito operando in inglese e puntando al mondo come mercato.
L’obiettivo con il quale è partita era semplificare l’assunzione di decisioni, utilizzando i dati come fattore determinante e Internet come fonte.
Il primo problema con il quale Meltwater si è cimentata è stato creare delle rassegne stampa in modo automatizzato, anticipando così “l’ascolto” delle conversazioni e delle News sulla rete e sui Social Media.
Dal successo conseguito in patria, la rapida espansione in Europa e quindi negli USA sino al grande passo: lo spostamento del quartier generale dell’azienda a San Francisco, integrato da uffici in altri 20 paesi e 41 città del mondo. Da qui la continua espansione del portafoglio prodotti e servizi, oltre che della clientela, con varie acquisizioni tra le quali IceRocket che continua ad offrire i propri servizi di ascolto della rete in forma gratuita, ma considerandoli come complementari all’offerta della capogruppo.
Con queste origini, non può sorprendere che IceRocket sia multi-lingua, multi-geografico e multi-fonti nell’ascolto di Blog, dai quali è partito, allargati quindi a Forum, Social Media Tools, News, immagini… Basta inserire le keyword da monitorare, il peridodo di rilevazione, le fonti da considerare e il Tool ne rileva le citazioni.
Anche in questo caso, però, come nella maggior parte dei tool/servizi gratuiti, i dati vengono proposti in forma tabellare, con pochi elementi di sintesi e analisi.
6) HowSociable
Piuttosto diffuso – 250.000 clienti – HowSociable è disponibile sia in forma gratuita, con alcune limitazioni in quanto a metriche e fonti, sia a pagamento con tre piani di abbonamento mensile, basati sulla quantità di dati da rilevare.
Sul mercato dal 2008, risulta molto semplice da configurare e utilizzare, fornendo alcuni parametri di valutazione, a cominciare da “Magnitude Score” che riflette il livello di attività associato alla keyword osservata nel periodo scelto. L’intervallo va da 0 a 10, con il valore più basso attribuito a quando si hanno bassi livelli di attività.
Si tratta tuttavia di un parametro che riflette le azioni, non il sentiment o l’engagement del pubblico. In ogni caso, nella versione a pagamento, HowSociable mette a disposiizione 36 metriche per valutare la presenza sui Social, ma non consente di utilizzare dei filtri sulle lingue, sulla geografia.In compenso, offre anche dati di carattere storico a partire dal 2008.
Tra i siti coperti ci sono: Twitter Facebook YouTube LinkedIn Google Plus Tumblr yFrog Lockerz Blogger WordPress Foursquare GetGlue Amazon Ebay Apple Etsy Reddit StumbleUpon Digg Hacker News LiveJournal Posterous MySpace Ning 4chan Xing MeetUp SoundCloud DailyMotion Vimeo Flickr Instagram TwitPic PhotoBucket Quora Pinterest. Nella versione gratuita, per la quale occorre comunque registrarsi, i siti coperti sono solo 12, ivi inclusi Tumblr e WordPress ma non Facebook e Twitter, mentre per avere una vista su tutti gli altri occorre sottoscrivere un abbonamento a pagamento.
L’uso migliore di HowSociable è per valutare l’efficacia e la reattività dei vari canali Social rispetto ai propri interessi, senza però poter svolgere alcuna comparazione con concorrenti o altre organizzazioni.
7. Addictomatic
Addictomatic è un eccellente esempio di tool di ascolto di pessima qualità, sulla base dei parametri indicati dalla dott.ssa Suardi e non solo. Ma andiamo con ordine.
Nella figura, ci sono i risultati dell’indagine sulla keyword “Enterprise Social Intelligence”, tema sul quale abbiamo pubblicato vari pezzi su questo sito, riprendendoli poi su Linkedin, Twitter, Facebook. Ora, mentre può esser comprensibile che nell’ascolto il sito www.itware.com non sia incluso, è sorprendente che, contrariamente ad atri tool, non abbia rilevato i tweet ed i retweet su Twitter, uno dei siti indicati come oggetto di attenzione
In secondo luogo, mentre l’ascolto comprende numrosi siti tra i quali Flickr, YouTube, WordPress, Bing News, Delicious, Google, Ask.com, lascia perplessi la scelta di non considerare né Facebook – forse anche a causa della scelta di quest’ultima di non dare più facile accesso ai propri dati – né Linkedin. Cosa della quale ci si rende conto solo in seconda battuta, visto che questi due sono tra i più trafficati al mondo e quindi dovrebbero costituire il principale punto di partenza di ogni Tool di Listening. Ma non è tutto!
Detto della scarsa qualità dei dati e della limitata lista di Social Media monitorati, si aggiungono alla lista delle mancanze la possibilità di definire i periodi di ascolto, di valutare la geografia delle fonti e tutte le altre funzionalità di filtro indispensabili per svolgere una qualsiasi analisi di tipo professionale. Per non considerare vari altri elementi tipo la possibilità di aggregare i dati in report, di valutare il tono dei contenuti, di svolgere dei confronti comparativi.
Gli unici due meriti? E’ gratuito e facile da usarsi, ma considerati i risultati può essere addirittura pericoloso in quanto induce a delle conclusioni che solo apparentemente derivano da dei dati…
8) HootSuite
Come ultimo di questo breve elenco di Listening Tool gratuiti ho tenuto Hootsuite, che forse di tutti è il migliore, ma che di fatto non è un vero e proprio Tool di Ascolto, quanto un insieme di Tool che offrono vari servizi, il primo dei quali è una Dashboard Online nella quale si possono inserire in una visione unica i Social Media con i quali si lavora abitualmente. Da qui, se ne possono derivare numerose informazioni e indicazioni utili ad indirizzare al meglio la propria attività. E come facilmente intuibile, non si tratta di una Suite gratuita, ma di un prodotto/servizio con vari livelli di funzionalità, alla cui base ci sono quelli di tipo gratuito che possono bastare per soddisfare le esigenze iniziali di chi si avvicina a questa attività.
Il punto è che non appena si comincia a lavorare con HootSuite, dal momento che l’appetito vien mangiando, si sarà fortemente tentati di passare alle versioni a pagamento. Così, in questo post ne presentiamo solo la versione gratuita – coerentemente con il titolo del post stesso – mentre ne riprenderemo le funzioni di più alto livello quando in un prossimo articolo tratteremo dei Listening Tool a pagamento.
Nella figura c’è la sintesi del significato di “Social Media Management Dashboard” di HootSuite: attraverso un’unica interfaccia si hanno gli stream dei Social Media di proprio interesse, con l’evidenza dei contenuti pubblicati di recente:
Per attivarla, basta registrarsi, associarvi i propri indirizzi Social ed il gioco è fatto!
Non stiamo parlando di “ascolto”, ma di monitoraggio e gestione della propria presenza sui Social Media: un servizio importante e prezioso per chi opera e investe su questi canali, in quanto consente di risparmiare molto tempo nel controllarli e aggiornarli. Se si hanno più di 3 profili da gestire, si deve passare alla versione Pro, o a quella Enterprise, che hanno rispettivamente un corso di 9 e 75 euro al mese, ma sulle quali in questo post non entriamo.
Un particolare non da poco è che questa è l’unica piattaforma di questo genere ad esser stata tradotta in italiano, così come il servizio di assistenza telefonica.
Una volta caricati gli Account, si potranno inserire i propri post sui vari Social, sempre dall’interfaccia di Hootsuite, eventualmente condividendoli anche all’interno dei gruppi di propria appartenenza e scelta. La pubblicazione dei post può inoltre esser programmata nel tempo, per cogliere i momenti migliori in funzione delle singole piattaforme.
A questo punto, sfruttando le funzioni di ascolto di HooSuite che sono le stesse della versione a pagamento, se ne possono ricavare alcuni grafici molto semplici quali l’analisi della crescita del numero di follower su Twitter o dei contenuti che vengono maggiormente commentati/rimbalzati dal proprio pubblico. In sintesi, i grafici della versione gratuita sono 3:
- Panoramica profilo Twitter: una panoramica del profilo Twitter che include la crescita dei follower nel corso del tempo, le menzioni tramite parole chiave e i link più popolari in formato Ow.ly, il compressore di indirizzi usato per default da Twitter.
- Panoramica pagina Facebook: una panoramica della pagina Facebook che include i Mi Piace e i feedback sui post del giorno.
- Sommario Click Ow.ly: le statistiche dei click su tutti i link di Ow.ly Twitter sui quali qualcuno ha cliccato. Include i click totali in base al giorno, alla regioni e i click più popolari.
Per tutti gli altri Report di ascolto occorre passare alla versione Pro o a quella Enterprise.
Via Spot and Web
Quali sono le nuove app e start-up più gettonate dagli internauti? Secondo un’interessante web analysis, realizzata da SPOT AND WEB con la metodologia WOA (Web Opinion Analysis) attraverso un monitoraggio dei più importanti social network, su un campione di 500 individui tra i 25 e i 60 anni, in collaborazione con un pool di psicologi coordinati dalla dottoressa Serenella Salomoni, psicologa di Padova, l’italiana Vicker è al primo posto nella speciale top ten delle app preferite. Lo studio prende in considerazione in primis l’offerta dell’app/start-up in questione, ma anche il suo alto potenziale e la ricaduta sociale. La diffusione e il numero degli utenti non sono contemplati in questa ricerca.
Ma passiamo alla classifica: prima posizione quindi, secondo il 18,5% delle preferenze, per la bella realtà di casa nostra Vicker , la novità realizzata da Matteo Cracco e Luca Menti che ha come obiettivo quello di permettere a chiunque di richiedere qualsiasi servizio direttamente da un’App e un portale, collegandosi con lavoratori verificati e assicurati. Lo scopo è creare centinaia di migliaia di opportunità lavorative per chiunque abbia volontà e competenze e voglia guadagnare o arrotondare, sia esso privato o professionista, con una buona ricaduta anche sulla disoccupazione.
Al secondo posto, con il 16,5% dei voti, Blablacar , community francese che permette alle persone che devono affrontare un viaggio in macchina di condividere la tratta con altre persone che potranno così risparmiare ma anche ottimizzare, ottenendo anche come ottimo risultato l’utilizzo di una minore quantità di automobili.
Ultimo gradino del podio per l’americana Sidewalk Labs 14,5%, start-up acquistata da Google, che vuole migliorare l’infrastruttura urbana attraverso la tecnologia e facendo interagire le città con l’internet delle cose, migliorando l’efficienza dei trasporti, il costo della vita e l’utilizzo dell’energia.
Torniamo in Italia con Scloby , 12%, torinese, autentica innovatrice del concetto di registratore di cassa, con la sua app e la stampante speciale per gli esercizi che garantisce l’invio di scontrini e fatture direttamente su smartphone e tablet di dipendenti e clienti.
In quinta piazza c’è Internet.org 10,5%, consorzio tra Facebook e altre 6 grandi aziende mondiali in ambito tecnologico, che punta a portare in tutto il mondo internet, non limitandolo solo ai Paesi più sviluppati. Il loro obiettivo è di inventare nuovi modi per connettere ogni persona sulla terra a Internet, incrementando l’efficienza e facilitando lo sviluppo di nuovi modelli di business per la fornitura di accessi ad internet.
Ancora Italia, con Wanderio 8%), piattaforma romana di nascita, fondata da Matteo Colò, Luca Rossi e Disheng Qiuche nel 2011, che permette di trovare il mezzo di trasporto (voli, treni, bus, navette, ecc..) per andare ovunque e rapidamente.
Da Roma andiamo in Sicilia per Green Rail 6,5%), il progetto di Giovanni Lisi e altri suoi collaboratori conterranei. Alla base c’è un nuovo concept di traversa ferroviaria innovativa ed ecosostenibile che contribuisce alla riduzione dei costi di manutenzione, abbattendo inoltre le vibrazioni e la rumorosità.
Di nuovo a Roma per la bella Qurami 5%, l’app che fa la fila al posto tuo e ti permette di non dover rimanere fermo ad aspettare il tuo turno.
Nona posizione per The honest company 3%, start-up americana fondata nel 2014 che ha tra i suoi co-founder anche la celebre attrice Jessica Alba. Si occupa di prodotti di consumo etici e non tossici, realizza e distribuisce solo cose controllate e di una qualità che rispetti l’essere umano e la sua salute.
Chiudiamo con GP Renewable 2%, realtà leccese del giovane Gianluigi Parrotto, rilevata dal colosso americano Air Group. L’intuizione è stata quella di creare una turbina eolica di dimensioni ridotte alla portata di tutti per produrre energia rinnovabile comodamente sul proprio tetto di casa.
Via Spot and Web
Il settore Food-Tech è in costante crescita: nel 2015 gli investimenti a livello globale hanno raggiunto la quota di 6,8 miliardi di dollari. I maggiori Paesi ad effettuare investimenti ed acquisizioni in questo settore sono stati USA, Cina, Germania, India e Regno Unito mentre l’Europa ha investito circa 1 miliardo di dollari.
Questi alcuni dei dati emersi dall’ultimo rapporto di Rosenheim Advisors, che avvalora e conferma un trend positivo anche nel nostro Paese, con i segmenti relativi alla possibilità di effettuare ordini e consegne online che rappresentano una parte significativa del consolidamento globale nel corso degli ultimi anni.
L’ecosistema Food Tech & Media continua a essere protagonista di rapidi cambiamenti, creando significative opportunità di mercato anche per nuovi operatori: le startup di settore hanno attirato ben 5,7 miliardi di dollari nel 2015, con un incremento del 152% rispetto all’anno precedente.
LA SITUAZIONE ITALIANA
Dalla ricerca di ristoranti, alla vendita di prodotti locali, passando per le etichette intelligenti, il mercato del food-tech sembra aprire scenari che vanno ben oltre il solo segmento della consegna di cibo a domicilio. Secondo alcuni dati recenti il volume d’affari che coniuga cibo e tecnologia sfiora i 135 miliardi di euro e il trend è in crescita. In termini di investimenti, in Italia, nel 2015 si è assistito a due importanti round di finanziamento e un exit: Foodscovery e WineoWine, che hanno raccolto 800mila euro dai rispettivi investitori, mentre Foodinho – startup di food delivery – è stata acquisita dalla spagnola Glovo. A giugno a Milano ha debuttato Foodinho, che seleziona alcuni dei migliori ristoranti della città e consegna tramite fattorini in bici; a settembre è stata la volta di Foodora, supportata da Rocket Internet che ha lanciato la startup contemporaneamente in 21 città in 14 Paesi diversi e infine Deliveroo, startup londinese, che ha iniziato a consegnare nel capoluogo lombardo a inizio novembre.
SVILUPPI FUTURI ED INIZIATIVE D’INTERESSE
Il 2016 vedrà un ampliamento e probabilmente un consolidamento in Italia delle piattaforme di food delivery che puntano a coprire completamente i vari segmenti di mercato (dalla pizzeria ai ristoranti stellati) e i vari modelli (dal semplice markeplace alla justeat o foodpanda alla piattaforma logistica integrata alla Foodora). Se la prima ondata di innovazione ha digitalizzato l’incontro tra domanda e offerta (marketplace) e la seconda ha aggiunto la piattaforma logistica per aggredire nuove fasce di mercato premium, si stanno affacciando all’estero nuovi modelli che puntano ad una ulteriore integrazione verticale aggiungendo anche la produzione dei cibi stessi. A leggere i dati, il volume d’affari del mercato della consegna di cibo a domicilio si aggirerebbe intorno ai 400 milioni di euro in Italia (fonte Sole24 Ore), ma è tutto il comparto food technology a far ipotizzare scenari interessanti.
Le opportunità di mercato future potrebbero convergere verso modelli innovativi principalmente legati a soluzioni iper-locali, che danno l’opportunità ai clienti di avere accesso a tutta la varietà dei prodotti enogastronomici italiani. Inoltre indubbiamente il modello delle restaurant appsi affermerà sempre di più sul mercato grazie alla capacità di integrare le diverse modalità di consegna del cibo con le abitudini alimentari degli utenti.
In questo scenario la creazione di un Food Accelerator in partnership tra H Farm e Cisco permetterà di raggiungere ampiamente lo scopo di selezionare e soprattutto investire sulle startup che sviluppano soluzioni innovative e tecnologiche per il settore agro-alimentare. Le attività dell’acceleratore sono partite con il lancio di una call for ideas dedicata al settore food e, in particolare, alle seguenti aree: e-commerce e food delivery; sostenibilità, supply chain e logistica; tracciabilità, nutrizione e biologico; agricoltura di precisione. Tra le candidature verranno selezionate 5 tra le più promettenti startup a livello internazionale che prenderanno parte al programma della durata di ben 4 mesi. Ogni team riceverà servizi di tutoring e mentoring mirati allo sviluppo e alla crescita del proprio progetto, vitto e alloggio, oltre a un primo finanziamento di 20.000 euro.
Food Accelerator è il secondo Industry Accelerator che punta ad un nuovo modello di programma di accelerazione che vede come elemento distintivo il coinvolgimento di 5 aziende leader di settore nel supportare le startup durante il percorso.
Altra iniziativa interessante è Value for Food in partnership tra UniCredit, Cisco Systems Italy e Penelope, azienda leader in tecnologia e know-how per il digitale nell’AgriFood. Scopo del progetto è quello di finanziare e realizzare programmi di evoluzione tecnologica delle aziende agroalimentari, che sappiano coniugare le esigenze di comunicazione e marketing territoriale, di efficientamento e automazione dei processi di filiera, di dematerializzazione e digitalizzazione degli asset informatici. L’iniziativa mira a predisporre un’offerta di servizi alle aziende agricole – dalla formazione alle piattaforme digitali – sostenuta da un programma di finanziamento che diventa uno strumento per la valorizzazione del proprio marchio e dell’immagine del Made in Italy.
Via Tech Economy
La strategia per la banda ultralarga è il primo tassello di un progetto più ampio che ingloba gli obiettivi dell’Agenda digitale europea. Dopo un pit-stop di vari mesi il mercato della banda ultra-larga nel nostro Paese sembra riprendere il proprio percorso.
LA STRATEGIA NAZIONALE
In Europa l’Italia si colloca tra gli ultimi 6 Paesi nella graduatoria per diffusione della banda larga, sebbene negli ultimi anni il nostro Paese abbia fatto registrare un incremento medio annuo più elevato della media UE28 (+4 punti percentuali) riducendo un po’ il divario. L’obiettivo ambizioso del nostro Paese entro i prossimi tre anni è quello però di dare connessione veloce, a 100 Megabit, al 75% degli italiani. Del resto non ci sono troppe alternative per provare a colmare il divario digitale con il resto d’Europa che ha già attualmente raggiunto tale percentuale di copertura. In Italia invece la copertura è del 50% circa della popolazione in merito alla fibra ottica con TIM come operatore principale seguito da Fastweb. Si tratta per lo più di connessioni FTTC (Fiber To The Cabinet) ovvero quelle connessioni a banda larga in cui la rete in fibra ottica dell’ISP (Internet Service Provider) arriva fino alla centralina di zona più vicina al luogo di fornitura del servizio di connessione alla rete, ad esclusione di realtà come Milano o Bologna e altre poche che dispongono nelle aree più strategiche della città di FTTH (Fiber To The Home) di gestione di Fastweb, Tim o Metroweb.
GLI INVESTIMENTI PREVISTI
Il Governo italiano si sta muovendo in due direzioni: la prima è quella delle cosiddette aree “a fallimento di mercato” per le quali un percorso strategico è stato previsto con lo stanziamento di 3,5 milioni di euro per la costruzione di una rete in fibra ottica di proprietà pubblica. A questo fine il Governo ha stretto un accordo con le singole Regioni per disporre dei fondi in modo coordinato e implementare i bandi di gara. L’altra parte di intervento riguarda invece le cosiddette “aree ricche”, protagoniste della corsa verso i 100 Megabit e dove i principali gestori telco (telecomunicazioni) sostengono di essere pronti a spendere nei prossimi quattro anni oltre 5 miliardi di euro. Per monitorare i passi in avanti che l’Italia sta compiendo è stato realizzato da parte del Ministero dello Sviluppo Economico un sito che consentirà ai cittadini di conoscere e verificare il livello di copertura a 30 e a 100 mbps di ogni regione, comune, strada e quartiere, sia per le aree bianche, quelle a fallimento di mercato, sia per le aree nere, dove intervengono i privati. Una mappa, che si sovrappone a quella di Google, permette la visualizzazione dello stato dei lavori in una determinata regione, comune e persino strada. Al contempo lo scorso 13 giugno è stato dato il via libera al primo bando per la realizzazione della rete nelle aree bianche, quelle cioè a fallimento di mercato. Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale sono partite le procedure per gli interventi nelle prime sei regioni (Abruzzo, Molise, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto) con le quali si sono chiusi specifici accordi di programma e relative convenzioni operative per l’utilizzo dei fondi FESR e FEASR: 6,5 milioni i cittadini interessati dagli interventi previsti in questo primo bando, più di 3,5 milioni le unità immobiliari e 3mila i comuni. Entro la fine dell’estate saranno pubblicati anche i bandi per tutte le restanti regioni.
GLI IMPATTI ECONOMICI SUI SETTORI PRODUTTIVI
In letteratura sono diversi gli studi e le ricerche internazionali che hanno stabilito una correlazione positiva tra la penetrazione nell’uso del digitale e gli investimenti nelle infrastrutture, compresa la connessione via mobile, e lo sviluppo economico. I risultati hanno evidenziato effetti significativi e concreti sulla crescita economica. Sono stati elaborati differenti metodi per stimare questi impatti sulla crescita economica quali ad esempio analisi degli investimenti, monitoraggio dei risultati raggiungi, casi studio e buone pratiche. In Australia il Centre for International Economics ha condotto uno studio sugli impatti economici della banda larga sull’economia australiana su 53 settori produttivi localizzati in 8 regioni e ha stimato che il maggior impatto sul mercato che avrebbe prodotto un cospicuo capitale in investimenti sarebbe stato relativo al mercato immobiliare e al settore edile nel breve periodo proprio in relazione al soddisfacimento della domanda di banda sia ultralarga sia mobile nelle nuove costruzioni residenziali. I settori produttivi meno interessati dallo sviluppo delle infrastrutture digitali sarebbero stati invece il settore agricolo e la produzione di idrocarburi con un’incidenza infatti sul mercato minore dell’1%.
Analogamente uno studio italiano sulle evidenze degli investimenti nelle reti ultrabroadband ha stimato un impatto positivo su tutti i comparti di mercato ma i maggiori benefici sono stati stimati per il settore immobiliare, il manufatturiero, l’intermediazione finanziaria, i servizi alle imprese, trasporti e comunicazioni ovvero quei settori che già utilizzano servizi Ict come input in maniera massiccia. Istruzione e sanità invece sono tra i settori meno impattati dalla implementazione della banda larga insieme ai servizi sociali, poiché essendo settori ad alta intensità di lavoro sembra trovino meno vantaggioso l’aumento di offerta di servizi banda ultra-larga e la conseguente riduzione dei prezzi di tali servizi.
LO STUDIO ITALIANO E GLI IMPATTI SULL’OCCUPAZIONE
Un gruppo di ricerca dell’Università Sapienza di Roma, coordinato da Maurizio Franzini, nel rapporto Assessing the sectoral effects of ICT investments: the case of broadband networks ha stimato gli effetti sull’occupazione e sul prodotto interno lordo (PIL) degli investimenti in infrastrutture di retea banda ultra-larga nel medio e lungo periodo riferiti al nostro Paese. Lo studio ha elaborato le stime attraverso la creazione di un modello di simulazione calibrato sulla base dei dati reali di produzione degli ultimi 20 anni (definito a livello di singolo settore produttivo) in grado di stimare l’effetto diretto e indiretto di un investimento infrastrutturale del valore di 12 miliardi di euro che è “la dimensione ritenuta necessaria, nell’ambito della strategia italiana banda ultralarga, per dotare l’85% della popolazione italiana di una connessione a 100Mbit/s”, come dichiarato nel report. Tre sono gli scenari simulati: 5, 8 e 12 miliardi di euro tenendo conto però che per raggiungere il massimo potenziale serviranno almeno 6-7 anni, pari al time-to-build necessario alla generazione della domanda dei servizi connessi.
In merito all’occupazione l’effetto degli investimenti è positivo nel suo insieme, ma il valore aggiunto e il differenziale di questo valore variano in relazione ai diversi settori. In alcuni settori, infatti, l’investimento determina un aumento della produttività e conseguentemente dell’offerta superiore all’aumento della domanda, realizzando quindi una riduzione dell’occupazione. Questa situazione si verifica soprattutto nei settori che fanno largo uso dei servizi Ict come input quali costruzioni, trasporti e servizi alle imprese. La variazione di valore aggiunto (quindi in relazione al PIL) in questi casi è superiore a un punto percentuale e gli effetti sono incrementali al crescere degli investimenti stessi. Gli effetti più positivi si registrano nel settore alberghiero e ristorazione e manifatturiero.
Lo studio evidenzia anche alcune criticità in merito agli aspetti occupazionali e il comparto a più elevata potenzialità di crescita in termini di business, identificato come “dei computer e servizi relativi”, dalle stime risulterebbe essere quello a subire il maggior impatto negativo, con una perdita di ben 6 punti percentuali. Stime fortemente negative sono state evidenziate per il settore della Pubblica Amministrazione e previdenza sociale.
GLI OBIETTIVI DA RAGGIUNGERE
L’accesso alle connessioni veloci (maggiori di 30 Mbps) secondo i dati della Commissione Europea (2014) ha raggiunto attualmente solo il 21% registrando una delle peggiori performance tra i Paesi membri poiché la media europea di penetrazione si attesta al 62%. Nel nostro Paese tra il 2010 e il 2015 è aumentata notevolmente la quota di famiglie che dispone di un accesso a Internet da casa (da 52,4 % a 66,2%) sebbene un terzo delle famiglie non abbia ancora accesso a Internet, con un trend però discendente rispetto agli anni passati. Il contributo più rilevante alla diffusione della banda larga è stato fornito dalle tecnologie mobili poiché è rimasta stabile la quota di famiglie che accedono al web esclusivamente mediante banda larga fissa (1 su 3) mentre crescono le quote di famiglie con solo banda larga mobile da 6,6% a 18,6% o che dispongono di entrambe le modalità di accesso da 1,4% a 11,5%.
La maggior parte delle imprese non utilizza invece connessioni veloci e la velocità massima di connessione in banda larga fissa aumenta solo al crescere della dimensione delle imprese: il 40,1% delle grandi imprese utilizza connessioni fisse a velocità pari o superiore a 30 Mbit/s, contro il 12,3% delle piccole (11,9% nel 2014). Secondo le analisi dello studio italiano il gap tecnologico da colmare è enorme, ed i piani di investimento privati non appaiono da soli coerenti con l’obiettivo di ridurre o quanto meno provare a colmare tale divario. Le azioni necessarie per conseguire gli obiettivi dichiarati dal Governo per la strategia di sviluppo delle infrastrutture e della banda larga saranno quindi sostenute da un ammontare di risorse pubbliche pari a 6 miliardi di euro, dei quali 2 di questi finanziati da fondi regionali europei, e per il restante con fondi europei di sviluppo.
Gli obiettivi italiani sulla banda larga sono di servire l’85% della popolazione con una connessione a 100 Mbps entro il 2020 e di assicurare al restante 15% una velocità di download almeno di 30 Mbps.
Via Tech Economy
Il crescente utilizzo di tecnologie intelligenti (Smart Technologies) nei luoghi di lavoro fa bene alle aziende. Lo dicono i dati di Avanade che evidenziano l’aumento dei ricavi che, secondo le previsioni dei leader del settore business e It, cresceranno del 33% entro i prossimi cinque anni (del 38% secondo i manager italiani che hanno partecipato alla ricerca). Inoltre, le aziende stanno prevedendo di aggiornare professionalmente la propria forza lavoro attuale, con la creazione di nuove figure professionali e una riorganizzazione della struttura interna, dal momento che nel futuro è attesa una riqualificazione del 20%, nella media globale degli intervistati (il 25% secondo i manager italiani), degli attuali ruoli aziendali. Secondo Avanade, il 63%delle aziende nella media globale (addirittura il 79% in Italia) ha già fatto importanti investimenti in smart technologies ed inizia ad ottenerne benefici, tra i quali emergono l’incremento dei ricavi, il miglioramento della customer experience e un innalzamento del livello di soddisfazione dei propri dipendenti. A spingere in questa direzione è anche la considerazione che il 92% dei manager a livello globale (in Italia addirittura il 96%) crede che sarà più facile attrarre e trattenere i migliori talenti grazie all’aumento dell’utilizzo di smart technologies nell’ambiente di lavoro. CAPACITA'. Il 73% degli intervistati a livello globale (in Italia il 69%) afferma, tuttavia, che le aziende avranno bisogno di assumere dipendenti più qualificati per prendere decisioni sempre più complesse. Le abilità più apprezzate in un vero e proprio digital workplace, secondo la media dei decision maker intervistati a livello globale, saranno: capacità di problem solving (61%), capacità di raccogliere e analizzare i dati (59%), pensiero critico (51%) e spirito di collaborazione(51%). Per i dirigenti italiani questa classifica è leggermente diversa, con la capacità di raccogliere e analizzare i dati a primeggiare con il 63%, seguita dal problem solving con il 54%, e dal pensiero critico e lo spirito di collaborazione con “appena” il 44% . CLIENTI. Infine, circa il 60%della media dei manager intervistati a livello globale (il 63% per quanto riguarda i manager italiani) crede chele smart technologies avranno un ruolo chiave nelle attività di supporto alla customer experience. Sempre il 60% della media globale pensa che le smart technologies avranno la capacità di identificare le opportunità di vendita (67% per gli italiani intervistati), e il 49% pensa che saranno capaci di individuare i clienti a rischio (appena il 38% per i business leader italiani). Via Business People
Secondo Gartner nei mercati maturi entro il 2018 una persona su due pagherà con i dispositivi mobile e i wearable. I portafogli elettronici legati a specifici brand tuttavia non avranno fortuna, a vantaggio dei servizi cloud based universali
Secondo Gartner, il 50 percento dei consumatori nei mercati maturi userà smartphone e dispositivi wearable per i pagamenti in mobilità. Questa la previsione per il 2018 che riguarda Giappone, Nord America e altri Paesi dell’Europa Occidentale. Amanda Sabi, analista presso Gartner va oltre: “L’innovazione portata dalle app e i servizi di telefonia mobile stanno rivoluzionando i modelli di business e il modo in cui le persone usano la tecnologia per produttività e piacere”. Torna il tema della centralità del cliente che deve essere ‘conosciuto’ non solo come “record” di un database, altrimenti si rischia di fallire.
Gartner tenta una classificazione dei pagamenti mobile: pagamenti con smartphone e indossabili, portafogli mobile offerti già oggi dai retailer (ma non in Italia), come Starbucks, e infine sistemi di pagamento mobile offerti da banche o dagli istituti di carte di credito tramite servizi specifici.
Gartner – I pagamenti con smartphone e wearable sono trend ineluttabile, ma vinceranno i modelli di servizio cloud-based non legati ai brand dei device Secondo Gartner i sistemi di pagamento mobile tramite la tecnologia NFC non avranno un futuro brillante nel breve/medio termine per mancanza di partnership realmente globali tra i retailer e le organizzazioni finanziarie, e anche per sfiducia da parte dei clienti. Secondo Annette Jump, research director di Gartner, infatti: “Qualsiasi sistema di pagamento mobile legato a uno specifico device avrà un’adozione limitata, e possibilità di fare bene solo di fronte a una base di market share veramente dominante, invece una soluzione cloud-based avrà migliori chance perché intrinsecamente la base di utilizzatori è più estesa, se non universale, sia per quanto riguarda le possibilità di utilizzo da parte dei clienti, sia per chi vende”. Gartner rileva inoltre che in ogni caso i sistemi di pagamento mobile e l’adozione di portafogli mobile richiedono Paese per Paese un impegno ad investire in accordi e infrastrutture.
Quando si parla inoltre di tecnologie ‘personali’ ecco due trend che le cifre raccontano molto bene.
Nel 2018 il 75 percento del contenuto TV-Style sarà guardato attraverso servizi basati su applicazioni nei mercati maturi, con uno shifting dal modello di pay-tv alle sottoscrizioni di Video On Demand – cioè servizi come Netflix e Hulu Plus – in cui è l’utente a configurarsi completamente il palinsesto. In Italia vediamo bene in atto questa trasformazione anche da parte di Sky, che è già riuscita a predisporre questa modalità per alcuni canali (i film, per esempio). Gartner conferma che è questa la strada giusta, per gli operatori delle Pay-TV per fronteggiare l’invasione delle App. Entro il 2019, il 20 percento degli utenti nei mercati maturi sottoscriverà esclusivamente piani dati e intenderà servirsene indipendentemente dal device utilizzato e da dove viene utilizzato, pretendendo o aspettandosi un’esperienza di connettività continua anche fuori dal proprio ufficio e dalle mura domestiche, quindi con la connettività offerta dal provider anche in strada. Vi sono però disparità significative nel consumo di banda larga nei mercati emergenti e in quelli maturi. nei mercati emergenti la connettività alle reti cellulari è decisamente tendenza più marcata, rispetto ai mercati maturi.
Via TechWEEKeurope
All’evento F8 dedicato all’ecosistema di sviluppo che ruota attorno a Facebook , David Marcus, incaricato in Facebook dei servizi di messaggistica , ha presentato un progetto che mira a trasformare Messenger in una piattaforma di scambi finanziari. Si tratta della seconda tappa di avvicinamento al settore dei pagamenti di Facebook .
Il social media aveva già annunciato il suo progetto che permette agli utenti di scambiarsi denaro tra amici. Marcus era uscito da Paypal proprio per preparare la strategia finanziaria di Messenger. I pagamenti rappresentano già il 7 percento di fatturato del gruppo. I professionisti con Business on Messenger potranno fare ordini ai loro fornitori,ricevere alert sulle spedizioni o entrare in contatto con i servizi per la clientela. Il tutto senza passare per le email tradizionali. Resta ancora da risolvere come pagare le fatture. Per Facebook si tratta di rendere Messenger uno spazio in cui comunicare con le imprese oltre che con le persone
Ma con Gmail Google non sta ferma. Secondo una informazione di Re/Code il gigante americano punta la progetto battezzato Pony Express che permetterà di pagare fatture attraverso la messaggistica. Per fare questo gli utenti dovranno sottoscrivere un account legato a Google Wallet, il sistema di pagamento di Google. Per Google o Facebook il potenziale è enorme. Gmail è utilizzata da 425 milioni di persone nel mondo. Quanto a Facebook gli utenti di Messenger sono 600 milioni. Un portfolio clienti immenso. Qualche esperto ha parlato di un fenomeno di “uberizzazione” del settore bancario da parte delle società di messaggistica. In realtà l’obiettivo è più complesso e punta al mix di e-commerce e pagamenti da un unica interfaccia.
I giganti dell’hi-tech cercano di andare in profondità nell’economia mondiale e i sistemi di scambio di denaro o di pagamento sono un elemento fondamentale per farlo. Così le soluzioni sono numerose , resta da convincere il parco degli utenti.
Via TechWEEKeurope
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