Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il podcasting si è ormai trasformato da media rivoluzionario, che fa notizia, a media tutto sommato "normale", che va per la sua strada sulla sua utenza.
Ormai un gran numero di media tradizionali hanno inserito una certa quantità di contenuti in versione "podcast" (io sono fidelizzato ai documentari audio della BBC che mi ascolto in metropolitana).
Certo, spesso si tratta di un uso un po' strumentale da parte del mezzo, tanto per mettere lì qualcosa e far vedere che si podcasta. Non sono molti i media che usano in maniera strategica il podcast.
In ogni caso quasi sempre si vede il podcast come mezzo per un utenza consumer - tipico caso le guide turistiche.
Interessante è riflettere sulle potenzialità dei podcast per un uso B2B, business to business, come mezzo per un'azienda di fare business su un'altra azienda. Come un nostro tool di mobile marketing.
Non sono molte le aziende che usano questo strumento, a me vengono in mente solo Oracle o BMC Software (se ne conoscete alte segnalatemele)
Certo il mezzo, sul target "business", se il nostro target-ascoltatore è il responsabile acquisti del nostro prodotto, ha dei limiti e delle specificità di utilizzo non da poco. Possiamo pretendere che ascolti il nostro file audio in ufficio? Direi proprio di no. Siamo tutti troppo abituati a leggere, che ad ascoltare ci sembra di perdere tempo.
Possiamo sperare ci ascolti in auto mentre va al lavoro o in cuffia mentre gira in treno o in metropolitana? Forse. Ma dobbiamo essere dannatamente interessanti.
Possiamo sperare ci ascoltino se diamo news di settore; siamo probabilmente morti se speriamo che ascoltino al nostra "pubblicità". Per quello si fa prima a sfogliare una brochure o il sito web.
Forse il taglio che possiamo dare al nostro podcast B2B che più probabilmente potrebbe portarci download e ascolti è quello della formazione. Del Training.
Dare un valore a gratis, fare contenuti educational che possano aiutare il nostro target nel lavoro ( e che siano "relevant" rispetto al nostro prodotto).
Sempre sperando che il target abbia voglia e interesse a formarsi - fuori dalle 4 mura dell'ufficio. Ma lì sta anche a noi rendere interessante il contenuto e stimolare il bisogno nell'audience potenziale.
Potremmo poi affrontare il discorso di realizzare non semplici file audio ma file video per il training ma lì, davvero mi viene il dubbio. Sì, magari in ufficio se li guardano, ma allora parliamo di webinars. Qualcuno davvero si guarderebbe una conferenza sull'ipod video mentre aspetta l'aereo? (Io, molto onestamente, mi guardo una qualche puntata di "Lost")...
D'altra parte è anche vero che io ho imparato non poco spagnolo sfruttando corsi di lingue scaricabili sull'ipod e ascoltando podcast in lingua castigliana. Insomma, come al solito un mercato con un interessante potenziale ma su cui dobbiamo ancora chiarirci le idee?
Il lato meno noto della grande guerra sulla televisione riguarda la sincronizzazione automatica dei canali sul telecomando. Poiché è difficilmente immaginabile che vi siano volonterosi o maniaci interessati a programmarsi manualmente più di 100 canali, è evidente che la questione della programmazione "dall’alto”, automatica e pilotata, del telecomando riveste un valore semplicemente stratosferico. E riguarda già da ora tutto il digitale terrestre, con particolare valenza per le due aree che già sono in area switch off (Sardegna e Valle d’Aosta), per quelle che sono ai nastri di partenza (Veneto, Sicilia, Toscana più le due province di Trento e Bolzano) e poi per tutto il Paese. L’associazione di tutte le emittenti, nazionali, regionali e locali, attraverso il coordinamento di DGTV presieduto da Piero De Chiara (Telecom) è arrivato alla quadratura del cerchio. Dal numero 1 al numero 9 del telecomando le nazionali. Nell’ordine noto, prima Rai, poi Mediaset, poi Telecom. Dal 10 al 15 le locali, tramite il ribaltamento pedissequo delle attuali graduatorie dei Corerat regionali. Dal 15 al cinquanta di nuovo le nazionali. Poi nuovamente le locali. I telecomandi dovranno poter sincronizzare automaticamente il numero delle emittenti attuali moltiplicato per 4/5. Infatti l’occupazione di banda di un canale digitale terrestre è mediamente un quinto dell’occupazione di banda di un singolo canale analogico. La guerra del telecomando, quindi, si concentrerà soprattutto nella fascia che va dalla numerazione 15 alla numerazione 50, dove la classificazione non potrà essere fatta per ascolti ma per gruppi editoriali o per multiplex. Andranno per primi quelli della Rai? E dentro i canali Rai anche i canali che troveranno ospitalità dentro i suoi due multiplex, secondo la direttiva che impone la cessione del 20 % della capacità trasmissiva (e che per la Rai si tradurrà nel 40 % del multiplex B, visto che il mulotiplex A per definizione sarà di puro servizio pubblico e quindi non frazionabile)? Siamo all’inizio delle grandi manovre. Ma il fatto che si stia decidendo di questioni così rilevanti (e che oggi l’indiscreto pubblica in anteprima) ci dice che il digitale terrestre comincia effettivamente a muovere dei passi veri verso l’attuazione.
Via Lillo Perri
L'uscita delle nuove console non è detto che si traduca per forza in una crescita del mercato. Qualche nube all'orizzonte esiste tanto che Gartner ha provato a individuare i fattori di rischio di questo mercato.
La crescita della potenza delle macchine, sostiene la società di ricerca, permette di realizzare giochi sempre più sofisticati, ma anche molto più costosi per quanto riguarda lo sviluppo. Oggi un titolo tripla A (i più importanti) per le nuove console ha un costo di sviluppo che con una stima un po' ampia oscilla fra i 15 e i venti milioni di dollari. Un costo che se non si traduce in almeno un milione di copie vendute decreta l'insuccesso del titolo.
Il mercato poi ha un forte bisogno di espansione. Oggi il consumatore tipo dei titoli per console è un maschio fra i 16 e i 34 anni interessato a giochi complessi con differenti livelli. Questo segmento però è stato ormai penetrato a fondo dalle console che difficilmente potranno vedere crescere di molto i loro numeri. Per questo bisogna rivolgersi alle donne o ad altri target differenti da quello degli hard gamers.
Le società di videogiochi dovrebbero poi lavorare un po' meglio di Pr. Il problema dei giochi violenti esiste, le polemiche sulla loro influenza sui giovani sono ricorrenti, per questo il settore deve porre maggiore attenzione sui prodotti e sulle relazioni con associazioni e istituzioni.
Di sicuro, i numeri dicono che questa generazione di console si sta muovendo a un passo decisamente più lento rispetto al passato. Secondo le cifre fornite da Gartner nel 2006 sono stati venduti 14,9 milioni di pezzi di vecchie console contro i 13,8 milioni delle nuove.
L'analisi di Gartner ha il limite di restringere il campo alle sole console da tavolo escludendo quelle portatili. Un errore visto che proprio da Psp e Nintendo Ds sono arrivati cifre importanti di vendita per il mercato. In più, in particolare da Nintendo con titoli come Nintendogs (che hanno costi di sviluppo più bassi) è arrivata quella espansione del mercato verso altri target (le ragazzine per esempio) più difficile da realizzare con le console da tavolo. Inoltre, non bisogna sottovalutare il ruolo di Wii che più che sulla potenza della macchina ha puntato sull'innovazione di prodotto che fino a oggi permette a Nintendo di raccogliere ottimi risultati. Forse innovazione e mobilità sono il futuro dei videogiochi.
Luigi Ferro
Torniamo sul trend che abbiamo esaminato nelle settimane scorse: quello delle aziende / marche che invece di usare i contenuti di altri in Televisione, si fanno i propri.Ovvero le aziende che diventano produttrici di content per i mezzi, per bypassare cosi' il fatto che la pubblicita' televisiva diminuisce il suo effetto ( si vedano i post precedenti).Ma c’è chi va già ancora più lontano, lavorando per una TV totalmente brand-owned. Il caso forse più eclatante è quello di BudTV, un emittente televisiva (per ora solo online) multicanale - controllata da Anheuser-Busch, il produttore della nota birra Bud.In partenza dal mese di Febbraio, offre reality, programmi di intrattenimento, sport e contenuto prodotto dagli utenti stessi; si configura come un importante mezzo di comunicazione per la marca ma potrebbe aprirsi anche ad altre aziende interessate a sfruttare pubblicitariamente questo mezzo, orientato su un segmento demografico molto interessante.E’ invece già da qualche tempo attivo nel Regno Unito il canale televisivo privato di Audi – questa volta diffuso su satellite.A differenza di quanto successo alla nascita di Internet, le tradizionali agenzie di pubblicità non sembrano disposte a perdere questo treno. Stressando il rapporto di amore/odio che intercorre tra agenzia di pubblicità e emittente TV.Le Agenzie sembrano proprio determinate a recuperare le revenue a rischio (se declina il classico spot), visto anche che nella storia della Televisione i primi show furono proprio creati dalle agenzie, le uniche in grado di ideare e produrre nuovi contenuti di corta durata senza i lenti meccanismi delle Major cinematografiche – affidando quindi alle reti televisive l’esclusivo compito di trasmettere il programma fatto da cliente ed agenzia (ad esempio, le “soap opera”).Reimpossessatesi dagli anni '60 del tema della creazione, i network televisivi sembrano piuttosto restii a ridarlo in outsourcing non solo ai creatori di format ma a restituirlo anche alle agenzie stesse e agli investitori pubblicitari – ma saranno probabilmente costrette a accettare la tendenza se continueranno i dubbi sulla forza dei tradizionali spot...
Lancia si tuffa nel mondo delle community. Dopo aver presentato il nuovo logo, i vertici del celebre marchio di casa Fiat hanno proposto ieri, in un incontro con la stampa a Roma, le strategie di comunicazione per raggiungere il target dell’ambita fascia 18-35 anni.
“Abbiamo concepito un piano di ricostruzione del brand – ha spiegato l’amministratore delegato Olivier Francois – che ha bisogno di un percorso di comunicazione. Per noi la coerenza nel tempo è fondamentale per la forza del marchio. La nostra Ypsilon, però, deve diventare l’icona della nuova generazione, quella che una recente ricerca ha curiosamente chiamato Y Generation”. Chiave per centrare l’obiettivo il lancio di due versioni ultratecnologiche delle medio-piccole Lancia, ovvero Ypsilon e Musa, nel tentativo di coniugare l’esperienza delle community in rete e dell’immagine in movimento con l’uso dell’automobile.
A fare da grancassa, inevitabilmente, saranno gli spot televisivi, confezionati da Vincenzo Vigo, direttore creativo di Armando Testa, insieme a Ricky Tognazzi, regista, che stanno dando sostanza e glamour al personaggio interpretato già in diverse occasioni da Alessandro Gassman.
Una campagna a forte impatto, basata sulla recitazione e sulla verve comica, ma aderente rigorosamente alla filosofia del ‘lancio sostenibile’. Non a caso, Lancia ha speso in comunicazione pubblicitaria 37 milioni di euro nel 2006, ovvero un terzo di Fiat e poco più della metà di Alfa Romeo. “Spendiamo meno dei nostri concorrenti – ha ammesso Francois – Il nostro obiettivo è che questa differenza non si veda”. Dopo lo spot della recentissima Musa Sky, uscito qualche giorno fa con la nuova partner di Gassman, Beatrice Borromeo, Tognazzi ha già messo in cascina un altro episodio, dedicato questa volta alla rete dei servizi Lancia. E la collaborazione è destinata a proseguire: sono previsti ancora un altro paio di film entro la fine del 2007.
Via Pubblicità Italia
Altro sempreverde dell'area del branded content sviluppato in casa è quello dei contenuti per le famiglie – area in cui si muovono ad esempio Burger King (con la produzione di un film) e OfficeMax. Questa importante catena di cartolerie e forniture per l’ufficio ha giocato la carta del content come attività di marketing per cogliere le opportunità dell’importantissimo momento del “ritorno a scuola”.
Per poter sfruttare questo importante momento di vendite del mercato, OfficeMax ha creato – in collaborazione con l’emittente ABC Family e DDB Chicago – uno show televisivo chiamato “Schooled”, condotto dall’ex cantante dei Dream Street Jesse McCartney.
Il contenuto del programma è stato poi versionato in un DVD speciale, disponibile solo nei punti vendita della catena, e contenente video in anteprima del nuovo album del cantante.
Riconoscendo poi l’importanza dell’online e del fenomeno YouTube, il contenuto è stato ulteriormente rielaborato e reso disponibile online su Google Video in vari formati, tra cui una edizione di 21 minuti. L’operazione sembra aver portato dei discreti risultati – con oltre un milione di famiglie a guardare il programma ( di una sola puntata) ed oltre sei milioni di visioni del materiale posto online, piazzando il clip tra i più visti sul sito.
Anche Unilever, a supporto del proprio deodorante Axe, ha investito sulla realizzazione di uno “special”, in questo caso un programma di un’ora messo in onda su MTV negli Stati Uniti e in Canada.
Coerentemente con il posizionamento del deodorante, il tema del programma era basato sulla seduzione – o meglio, sugli ostacoli da superare, presentando una galleria di personaggi, quei “Gamekillers” che ogni teenager teme di incontrare – quel genere di persone in grado di mandare immediatamente in fumo qualsiasi manovra di seduzione grazie al loro inopportuno intervento.
La banca Morgan Chase ha invece scelto il formato della mini serie televisiva (dei 30"...), a supporto della propria carta di credito, realizzando il “minidrama” Change of Plans andato in onda ad Ottobre sull’emittente TNT. La parte finale della serie era però disponibile solo online, con l’obiettivo di portare l’audience a interagire maggiormente con la comunicazione del prodotto. Il materiale diffuso in televisione è stato poi, ancora una volta, riutilizzato per operazioni di comunicazione digitale online.
La lista degli esempi può continuare citando Old El Paso, produttore di cibo pronto messicano che – con l’obiettivo di familiarizzare maggiormente il pubblico con i propri prodotti e rendere appealing la cucina messicana - ha sviluppato la serie televisiva in sei episodi “An Italian In Mexico”, condotta da uno chef (italiano) e diffusa nel Regno Unito.
Il content è stato già ridistribuito ad altre 51 nazioni, è in cantiere una seconda serie di 13 episodi e si sta lavorando sul versioning del contenuto in forme quali i libri e i DVD.
Nonostante l’impatto che Internet ha avuto sul consumo dei mezzi, la televisione resta comunque un mezzo diffusissimo e fortemente consumato: negli Stati Uniti l’adulto medio passa 2,5 ore al giorno davanti allo schermo, i bambini in età scolare ci passano 27 ore la settimana e quelli in età prescolare anche di più.
Il problema non è dunque solo la fuga dalla TV - anche se il calo negli US esiste e si sente da un quarto di secolo ( quindi non è solo colpa di Internet). Ma Internet, negli ultimi 10 anni ha fatto la sua parte - ed è uno dei fattori che spiegherebbe un calo del 35% delle audience in prime time.
Il problema che preoccupa gli operatori del settore è quello dell'attenzione prestata alla pubblicità e la sua capacità di influenzare atteggiamenti, comportamenti e acquisti. Così le aziende stanno guardando sempre di più a forme alternative di comunicazione e a mettere le mani sul content. Direttamente.
La maniera più semplice di occupare il contenuto con la propria marca è quella di sponsorizzare o di ricorrere al product placement – pratica che sta notevolmente crescendo negli USA. Quasi l’11% dei minuti di programmazione in prime time contiene ormai qualche tipo di riferimento ad una marca e, in alcuni casi, il tempo occupato dal product placement supera ormai quello dedicato alla pubblicità vera e propria.
Una strada ulteriore è stata aperta attraverso il product integration, ovvero la costruzione di episodi di serial o reality centrati su un prodotto o servizio, di cui abbiamo parlato qualche mese fa.
Proseguendo su questo cammino è risultato naturale agli investitori immaginarsi un passo successivo; impadronirsi di un intera serie, costruendosela su misura dei propri obiettivi di marketing. Costruire programmi per la televisione o film per il cinema (che vengono poi comunque riprogrammati sul media televisivo).
Anche se questa filosofia non è del tutto nuova, quello che è cambiato è l’attenzione data dalle aziende a questo approccio – che sta forse passando da un’applicazione marginale del proprio budget a un asse strategico della comunicazione aziendale.
Negli USA si sta dunque irrobustendo questo approccio al content televisivo, attraverso TV show, film e altri tipi di contenuti offline e online sviluppati dalle aziende stesse e dalle loro agenzie di comunicazione. Tanto che è già nata ed attiva una specifica associazione, la Branded Content Marketing Association, creata allo scopo di raggruppare gli addetti ai lavori e le aziende interessate e di contribuire alla creazione di know how e discussione su questi nuovi temi.
Gli esempi sul campo iniziano a farsi significativi, espandendo modelli già collaudati, come quello di Procter & Gamble che produce lo show “Home Made Simple” – un programma settimanale che da anni accompagna la vita delle famiglie americane; e che da qualche tempo viene complementato da un ricco sito web. Sempre in casa P&G non si può non citare l’attività di Gillette, che ha ad esempio tradizionalmente prodotto ricchi programmi televisivi come il Gillette World Sport.
Lo sport, è intuitivo, ha una parte rilevante nelle nuove produzioni, per la facilità di questo tema di attirare audience. Nike ha dunque investito nella realizzazione di documentari ad hoc, mentre Pepsi Cola ha scommesso sulla produzione di “First Descent”, un film consacrato allo snowboarding e diffuso nei normali circuiti cinematografici (e successivamente ripreso dalle emittenti televisive). Anzi, l’azienda ha addirittura creato una unità cinematografica – la MD Films (dove la MD sta per Mountain Dew) che ha curato la produzione del lungometraggio, dove il soft drink appare in modo piuttosto discreto.
Pepsi starebbe inoltre considerando la possibilità di ripetere l’esperimento, producendo altri film a supporto di altre marche, centrandosi sui temi classici della sua pubblicità (come la musica) e su altri temi sportivi. E questa attività cinematografica integra attività televisive, come la produzione del Pepsi Max World Challenge, sorta di reality show a puntate, realizzato in occasione dei mondiali di calcio.
Sul pianeta giovani irrompe la generazione Y, la nuova generazione ''tutta virtuale'': il suo universo è infatti il web, il linguaggio è fatto di nuovi segni e nuove parole all'insegna, quasi esclusivamente, della realtà virtuale. I ragazzi fra i 18 e i 25 anni vivono di sms e di webcam, sono assidui frequentatori delle più famose communities online, come MySpace e SecondLife, non si perdono un video su YouTube, per loro Skype non rappresenta problemi, hanno un blog come diario virtuale e utilizzano curiosi nickname al posto del loro vero nome. E' la 'Y Generation', il target privilegiato dalle più grandi aziende che operano nel settore della comunicazione, della tecnologia, della moda, dell'entertainment. In questo contesto Calvin Klein Profumi, che ha svolto la ricerca, ha fatto del termine Technosexual, icona della Y Generation in quanto nuova frontiera del comunicare piacere e seduzione, un vero e proprio marchio registrato.
Ma chi sono veramente i ragazzi e le ragazze della Generazione Y, definita negli USA ''post-generation''? Sono la generazione che, frutto degli anni Ottanta, ha vissuto in prima persona l'evoluzione dei costumi sociali e familiari (divorzi in aumento nelle famiglie, donne sempre più lavoratrici e meno ''casalinghe'').
La Generazione Y, secondo la ricerca, possiede a tutti gli effetti un considerevole potere d'acquisto, un'approfondita conoscenza dei prodotti nonostante la giovane età e comportamenti d'acquisto molto diversi da quelli dei genitori, dato che si tratta di consumatori più ''infedeli'' della media. Hanno vissuto in maniera assolutamente mediatica la Guerra del Golfo, sono cresciuti a base di telefonini e computer, sono abituati a comunicare con un nuovo linguaggio fatto di segni sintetici che esprimono emozioni, vivono in ambienti metropolitani all'insegna della multietnicità, sono poco inclini all'impegno politico e poco interessati ai grandi temi sociali, spesso il loro mondo ''digitale'' si dipana fra chat, blog, Ipod, DVD, BlackBerry e webcam. Ma non per questo si deve pensare a una generazione apatica o priva di emozioni, quanto piuttosto a giovani che si pongono come ''meri osservatori'' dei fenomeni sociali stessi, a cui si adattano e adeguano.
E anche il modo in cui sperimentano sesso e amore, per esempio, ne evidenzia una profonda emotività, sebbene quest'ultima rimanga celata in un universo multimediale: è come se l'uno potesse vivere senza l'altro, come in un videogioco, dove realtà quotidiana e dimensione virtuale si alternano senza soluzione emotiva, anche se solo all'apparenza.
Solo negli Stati Uniti il quotidiano 'Usa Today' ha stimato che i giovani della 'Y Gen' sono all'incirca 70 milioni: tutti ragazzi sotto i 30 anni che hanno un rapporto assolutamente confortevole con le tecnologie più avanzate e che rappresentano la forza lavoro e il know-how del nostro immediato domani. Una ricerca della 'Harris Interactive' ha evidenziato che la Generazione Y - solamente negli States - spende 172 miliardi di dollari all'anno, influenzando anche gran parte delle decisioni d'acquisto di un pubblico più adulto, genitori in testa.
Sul fronte italiano in particolare, una ricerca realizzata dall'Istituto B&F per conto di Tequila-Italia (che prende in esame un campione di 400 ragazzi fra i 18 e i 25 anni) ha rilevato che Internet - sa va sans dire - è il mezzo di comunicazione più seguito in questa fascia d'età (95% del campione), seguito da radio (70%), tv classica (64%), l'emittente musicale MTV (29%), Sky (7%).
I siti più visitati, secondo questo studio, sono quelli di musica (43%), seguiti da quelli di sport e calcio (24%), informazione (20%), viaggi e aerei (17%). E fra i brand online? Il più noto - sempre secondo la ricerca - è YouTube (per il 64% degli intervistati), seguito a ruota da MySpace (36%). Quanto agli sms, il 42% dei ragazzi interpellati dice di inviarne da 10 a 19 al giorno, il 40% ne invia da 1 a 9.
Via Ign
Sono 32 e sono stati eletti campioni di innovazione da oltre 10.000 famiglie di consumatori. Non si tratta di personalità accademiche o di del mondo dello spettacolo, ma di prodotti di largo consumo, votati per performance, qualità e prezzo.A decretarne il successo è stato il il Gran Premio Marketing e Innovazione 2007, presente in Francia da 20 anni e giunto in Italia alla seconda edizione. I prodotti eleggibili sono tutti quelli normalmente presenti nelle corsie di un supermercato, mentre la giura è rappresentata da un campione di 10.500 famiglie interpellato dalla società di ricerche Tns Infratest.Tra i parametri considerati fondamentali perché un prodotto possa essere considerato innovativo spiccano le performance ma anche il rapporto tra qualità e prezzo e il rispetto per l’ambiente.I prodotti vincitori possono fregiarsi del marchio “Prodotto dell’anno”, che secondo le stime degli organizzatori può portare ad aumento medio delle vendite su base annua pari al 10%. Il fatturato dei 20 prodotti eletti nel 2006 ha raggiunto nella GDO nel 2006 97,27 milioni di euro e gli stessi hanno fatto in media il 4% del totale del fatturato delle categorie di riferimento (con punte del 10%).Questo è l’elenco dei prodotti vincitori dell’edizione 2007, divisi per categoria merceologica.accessori pulizia casa: Swiffer New Systemalimenti conservati: Manzotinalimenti infanzia: Pensierini Buitonibagno/doccia: Doccia schiuma Latte d’oliva e Burro di Karitébazar leggero: Duracell Power Pixbevande calde: Carmencitabibite: L’Aranciata Sanpellegrino PET 50 clcosmetici: Rossetto New Watershine Diamondscura casa: Ajax Professional Sgrassatore UltraAjax Professional Double Powercura viso: Oil of Olaz Total Effect 7xdentifrici: Mentadent C-Fresh Dentifriciodetersivi bucato: Lip Woolite Mixcolordolci: Buitoni Impasto pronto per Biscotti con gocce di cioccolatoformaggi: Gim Cremagelati: Maxibon Popsigiene capelli: Shampoo Palmolive Naturalsigiene orale: Mentadent Chewing Gumigiene personale: Infasil Deo Nutrienteinsetticidi: Vape Open Airlavaggio stoviglie: Svelto Microgranulipet care: Purina ONE – ricette umide in busta 85gpiatti pronti conservati: Cotti a Vapore Valfruttapuericultura: J’s Baby Shampoo Lavandarasatura femminile: Silk Epil Excelsalumi: Fior di Freschezzasalviettine detergenti casa: Swiffer Legno&Parquetsmacchiatori: Ace Magic Pensnack e merende: Sfogliatissimaspazzolini: Oral-B Pulsarsurgelati: Crocchette Patasnellaultra fresco: Yomo Frutta e Verdurauomo: Men Expert linea viso.
Sarà Uma Thurman la nuova star del corto Pirelli dal titolo ‘Mission Zero’ girato da Kathryn Bigelow, regista di Strange Days e Point Break, ideato da Leo Burnett e prodotto da The Family. Il nuovo cortometraggio targato Pirelli sarà online dal 12 febbraio su www.pirelli.com.
Il direttore creativo è Sergio Rodriguez, la copy Sofia Ambrosini e l’art director Stefano Volpi. Direttore della fotografia è Janusz Kaminski (premio Oscar per Salvate il soldato Ryan e Schindler’s List). Il film è stato girato per le strade di Los Angeles.
A bordo di una fiammante Lamborghini Gallardo gommata PZero, la protagonista sfuggirà con una guida sicura e audace per le strade di Los Angeles a dei misteriosi killer che, all’improvviso e senza alcuna ragione apparente, la vogliono uccidere.
Il film ha richiesto dieci giorni di lavorazione e tre mesi di post produzione a Los Angeles.
Via Pubblicità Italia
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