Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
L’editoria va (anche) online, a volte con successo. Come nel caso di Lonely Planet, nome storico per le guide di viaggio. La casa australiana, dal 2007 di proprietà di Bbc, ha dichiarato, per il 2009, 20 milioni di dollari di entrate per la sezione web, il doppio rispetto all’anno passato. Sono 500 mila le app per iPhone scaricate (15,99 dollari per ciascun volume), mentre crescono le vendite su Kindle di Amazon (che conta 600 ‘Lonely’ in catalogo). Proprio gli e-reader sembrano essere il nuovo stadio di sviluppo per l’editoria di viaggio, a discapito delle finora fruttuose edizioni cartacee.
Via Quo Media
La posta elettronica potrebbe perdere il primato di mezzo di comunicazione più usato del web. I nuovi contendenti dell’e-mail sono i social network. Questo stando alla ricerca svolta da Nielsen in collaborazione con The Wall Street Journal.
Gli abitanti di Stati Uniti, Australia, Brasile e dei principali paesi europei, tra agosto 2008 e agosto 2009, hanno incrementato l’uso della posta elettronica (+21%, per un totale di 276,9 milioni di persone), ma ancor di più quello di Facebook e affini, cresciuti del 31% a 301,5 milioni di internauti.
Poco spam, possibilità immediata di riconoscere i messaggi importanti grazie al criterio della pregressa concessione di ‘amicizia’. Questi alcuni dei motivi del successo della comunicazione a 140 caratteri di Twitter.
Ma non solo. La velocità, l’immediatezza e il fascino discreto del voyerismo via internet, tutti elementi cardine della struttura dei social network, riscuotono un consenso sempre maggiore tra gli utenti online, a discapito della scrittura più prolissa, lenta e privata richiesta dall’e-mail.
Via Quo Media
Sto finendo in questi giorni la lettura di Gratis di Chris Anderson e il nuovo libro del diretto di Wired Usa mi ha dato degli ottimi spunti per integrare un tema di cui ho già parlato: la massima distribuzione della propria presenza sul web.
Di fatto i navigatori sempre più fruiscono il web con una modalità che non è più quella della navigazione sequenziale all’interno di una serie di siti preferiti, agevolati dai feed rss, i servizi di aggregazione come iGoogle e Netvibes, applicazioni come i widget e le web slice.
immagine tratta da http://laurelpapworth.com
Nel libro di Anderson si parla del fatto che l’economia digitale sta favorendo un nuovo modello economico, basato sul gratis, grazie alla crescita combinata dello spazio su disco, dei processori e della capacità di banda.
Che cosa c’entra tutto ciò con i feed e gli aggregatori? Beh, l’unica cosa ad essere scarsa in tanta abbondanza è il tempo dei gli utenti: potete offrire quanti contenuti volete ma dovete considerare che non tutti verranno a visitare sempre il vostro sito.
Per questo dovete offrire gratuitamente contenuti e, perché no, anche servizi complementari al vostro business e lasciare che possano essere fruiti anche fuori dal vostro sito, a patto che poi alla fine essi riportino da voi.
E’ l’esempio di Google news o anche di The Huffington Post: è vero che vanno a prendersi i contenuti dei giornali senza autorizzazione ma bisogna anche dire che per leggere il contenuto completo si deve aprire il sito originale, con un aumento del traffico.
Dunque non si deve temere che altri possano attingere ai vostri contenuti gratuitamente e senza permesso, a patto che poi questa agregazione riporti gli utenti da voi.
Il contenuto reso esportabile dunque dovrà essere un assaggio chiaro ma non esaustivo, che deve essere completato visitando il sito o un altro servizio web aziendale. Dovrà essere ben visibile nelle pagine aziendali e avrà più efficacia se sarà già accompagnato da bottoni (forniti gratuitamente dai vari servizi) che ne permettono velocemente l’aggiunta e/o lo sharing sulle maggiori piattaforme.
Naturalmente anche il contenuto dovrà essere di qualità e frequentemente aggiornato, per meritarsi un posto di riguardo nella mente e nel browser del cliente, e più material sarà disponibile e maggiore sarà la possibilità di innescare quegli effetti di coda lunga di cui ho già parlato in passato.
In più la possibilità di sfruttare le connessioni degli utenti (nodi di rete e connettori), in particolare per quanto riguarda i legami deboli che superano i limiti tradizionali quali il numero di Dumbar, crea una forma di comunicazione efficace e potente.
E’ una nuova forma di comunicazione diffusa, dove (secondo il principio della potenza delle connessioni della teoria della complessità) le relazioni e gli interscambi che le persone attuano fra loro portano ad un risultato finale superiore ad un’addizione dei singoli contributi.
Sieti pronti?
Gianluigi Zarantonello
via http://webspecialist.wordpress.com
Finalmente qualcuno ha istituzionalizzato ciò che ho fatto io di mestiere come lancia libera per parecchi anni
Plannair è un gruppo di giovani planner che si sono raggruppati per dare alle agenzie spagnole la possibilità di avere accesso a competenze strategiche senza caricarsi di costi fissi. Insomma un reparto planning in outsourcing.
Dalla mia esperienza spagnola (anche lì facevo quello, almeno per un 50% del tempo) devo dire che laggiù ne hanno un grandissimo bisogno e che in effetti il budget per il pensiero mi sa che è veramente poco...
Comunque complimenti e auguri... che sia l'inizio di una tendenza?
In trent'anni che bazzico questo mondo ho visto via via esternalizzare il media, poi la produzione, poi parte dei servizi generali, parte dei creativi... a quando un'agenzia con solo un amministratore delegato e tutto il resto free lance e strutture esterne? (che ovviamente poi ti scippano il cliente almeno per la parte di loro competenza e ti sfilano quindi ancora un'altra parte di una remunerazione sempre più scarsa per i servizi d'agenzia...)
In allegato il loro powerpoint di presentazione (un planner senza quattro slides di piattaforma non va nemmeno a prendere un caffé).
Ah, una piccola nota... sul loro sito - che con un video promette una presentazione al mondo delle loro attività una ventina di giorni fa - non c'è nulla a parte il suddetto video. Che siano già talmente pieni di clienti da non aver bisogno di comunicare?
Plannair planning low cost - An overview
Cos’è il Widget Marketing? Con il termine Widget si indicano tutte quelle piccole applicazioni, molto leggere, che rimangono costantemente attive sul desktop fornendo svariati servizi di calcolo, news, o intrattenimento. Tra le loro funzioni la più interessante è quella di ricevere in tempo reale ogni sorta di informazione da internet, facendo risparmiare la necessità di visitare diversi siti web.
I Widget funzionano grazie ad un motore che nei sistemi Mac è integrato e prende il nome di Dashboard, mentre per i pc non ne esiste uno compreso nel sistema Windows, ma ne sono disponibili alcuni da scaricare, il più completo e diffuso dei quali è sicuramente Yahoo! Widgets Engine. Cerchiamo di capire perchè i Widget rappresentano il futuro prossimo del branded content. Le motivazioni principali sono sicuramente due: la facile diffusione e la praticità di utilizzo.
La distribuzione di questi programmi è completamente libera e gratuita e tra breve gli stessi Widget che oggi utilizziamo con il computer potranno essere usati con il telefono cellulare: la rivoluzione è arrivata con iPhone di Apple, ma anche Nokia sta sviluppando una tecnologia simile. Ci sono tutti i presupposti per effettuare un salto di qualità dai “tradizionali” siti web interattivi e bypassare i canonici sistemi di navigazione web.
Con l’utilizzo del Widget gli utenti possono stringere un rapporto più stretto con la marca. Il brand, dal canto suo, può scegliere se creare un contenuto che trasmetta puramente il proprio messaggio, oppure creare una sorta di estensione dei valori del marchio.
Possiamo citare due esempi, entrambi dello scorso anno, che rappresentano questi due diversi approcci: * H&M ha creato un Widget puramente legato alla propria catena di moda, che fornisce notizie in tempo reale sulle ultime novità disponibili nei negozi o altre attività promozionali, dedicato quindi esclusivamente agli estimatori del brand. * Adidas, invece, ha scelto di fornire news in tempo reale raccolte da diverse fonti (Yahoo!, Sky, Radio 1) durante i mondiali di calcio in Germania, aggiungendo un pizzico di personalità con servizi esclusivi e speaker d’eccezione come David Beckham: di certo un modo per consolidare il rapporto con i propri consumatori ed eventuali prospect. * Altri esempi: Purina ha creato un servizio meteo al quale gli utenti possono inviare le foto dei propri animali per vederli apparire sullo sfondo; Honda, per la sua Acura RDX, fornisce bollettini del traffico in tempo reale ricreando una delle novità del navigatore installato sulla vettura; Sony Pictures ha utilizzato un Widget per promuovere il film Zathura; il Rijksmuseum di Amsterdam regala immagini e informazioni sui capolavori esposti; ultimo, in ordine di tempo, il Rabbit Widget di Volkswagen che aggiorna in tempo reale su eventi gratuiti tra concerti, mostre, spettacoli e feste nelle principali città statunitensi.
Siamo sicuramente ancora agli albori del Widget Marketing: i casi esaminati non sono certo eclatanti e non riescono ancora a eguagliare lo sfruttamento di potenzialità del sistema ottenuto da altri Widget non brandizzati, ma si tratta pur sempre di una prima fase di rodaggio che sicuramente porterà a migliorie.
Da questi esempi possiamo intanto capire cosa fare e non fare per ottenere la massima efficacia: * Fornire un servizio o una fonte di intrattenimento (Honda ha registrato più 10.000 download in un mese). * Cercare di essere poco invasivi (purtroppo non basta una grafica decorativa come quella utilizzata da H&M)
Riguardo agli aspetti tecnici, utilizzare i motori standard, ovvero Dashboard e Yahoo! Widgets: sul web popolano altri pseudo-widget che non stanno risquotendo molto successo perchè forzano gli utenti a complicate installazioni di diversi motori (andando contro al principale plus dei Widget, la semplicità).
Non dobbiamo dimenticare che alla base dell’approccio del branded content c’è sì l’intrattenimento del consumatore, ma bastano dei piccoli errori per far sì che egli viva la marca in un modo indesiderato. E’ un peccato che le marche non siano ancora in grado di sfruttare a pieno i benefit di questo nuovo mezzo utile, poco invasivo e durevole, ma siamo sicuri che si tratti solo di una questione di tempo. Irrisoria.
Via Marketing Journal
Mediamarket dichiara guerra alla Playstation. La catena della grande distribuzione specializzata in prodotti hi-tech con le insegne Mediaworld e Saturn ha messo al bando dai suoi scaffali la PspGo, l'ultima console portatile della Sony: 158 grammi di peso, schermo da 3,8 pollici e un costo, non proprio a buon mercato, di 249 euro, contro i 179 euro del Nintendo Dsi e della "sorella" maggiore Psp 3000.
Messa al bando perché la PspGo, disponibile dallo scorso primo ottobre, non sarà venduta nei cento negozi del gruppo Mediamarket che ha deciso di «boicottare» la distribuzione di questa macchina da gioco mignon per protestare contro il nuovo modello di business che il colosso giapponese dell'entertainment sta cercando di portare avanti. Di cosa si tratta?
Nel settore dei videogiochi i negozi realizzano i margini più ghiotti non con la vendita dell'hardware ma con quella dei videogame, del software. Se infatti i profitti che i gruppi della grande distribuzione mettono in cassa con la vendita delle console sono inferiori al 15% («Un margine spesso azzerato dai costi del negozio», come fa sapere un operatore), con il software i guadagni sono superiori al 30 per cento. Questo il punto: con la PspGo i giochi si scaricano direttamente da internet, saltando il canale degli store fisici, un po' come avviene con l'iTunes della Apple per la musica. Una rivoluzione copernicana.
«Con Sony abbiamo cercato di trovare un accordo vantaggioso per entrambi – spiega al Sole 24 Ore Maurizio Motta, direttore generale di Mediamarket – ma per ora non è stato possibile. Ci terrei a precisare che non siamo contro la distribuzione dei giochi online, anzi una delle proposte che stavamo trattando era proprio quella di permettere anche a noi di vendere i giochi della PspGo sul nostro sito di ecommerce, dove già distribuiamo musica e film con i download». Forte del suo potere contrattuale, e dei suoi 2,8 miliardi di euro di ricavi in Italia, Mediamarket punta i piedi su un settore che in Italia vale circa un miliardo e mezzo, anche se lo stesso Motta ci tiene a precisare che comunque «i rapporti con la Sony sono ottimi, tanto che nei nostri punti vendita tutti gli altri modelli di Playstation ovviamente ci sono».
Sony, dal canto suo, racconta un'altra versione dei fatti. «PspGo è il primo esperimento di console supportata esclusivamente da contenuti acquistabili online – racconta Gaetano Ruvolo, general manager di Sony Computer Entertainment Italia – e naturalmente si era tenuto conto del mancato profitto dei retailer sui singoli contenuti nella definizione degli accordi commerciali, compensandolo con un aumento su quello della console. Mediamarket è stato l'unico rivenditore in Italia a non accettare la scontistica offerta, per quanto adeguata al nuovo modello di business. Nonostante questo il resto del mercato ha già assorbito la quantità di prodotti, permettendoci di rispettare i target di vendita previsti per il lancio».
Già in passato tra le due aziende non era corso buon sangue. Erano i tempi del lancio della Playstation 3, con Mediamarket che ne anticipò la distribuzione di due gioni giorni, il 21 aprile 2007, violando l'embargo deciso dalla Sony.
di Daniele Lepido su ILSOLE24ORE.COM
Oggi parliamo di SEO, e di alcune informazioni fondamentali per il posizionamento del proprio sito web nei motori di ricerca. In particolare dei fattori più importanti da considerare nell’ottimizzazione delle nostre pagine web.
Vediamo quali sono i 5 elementi dal peso specifico maggiore per un ottimo posizionamento:
1. Il primo fattore riguarda l’anchor text di tutti i link in entrata al vostro sito web. Per chi non lo sapesse Google, ma anche tutti i motori di ricerca in generale, usano gli anchor text degli altri siti che ci linkano per capire di cosa tratta il nostro sito, ma soprattutto per capire le keywords con la quale indicizzarci nelle pagine di ricerca. Quindi è sempre meglio avere link in entrata provenienti da anchor text contenti keywords piuttosto che anchor text che riproducono la nostra url.
2. Il secondo elemento riguarda le parole chiave nel tag title. Più sarà unica e di qualità la keyphrase che inseriamo nel nostro title e più saranno di qualità i nostri risultati nei motori di ricerca. Importante dunque assicurarsi che la pagina che si sta ottimizzando abbia nel tag title la parola chiave per noi più importante. Se possibile è meglio includere sola la frase chiave, così questa avrà più peso e maggiore importanza. Va evidenziato che questo fattore riguarda si il tag title della nostra web page ma anche il tag title dei siti che ci linkano. Più le keywords dei siti che ci linkano saranno di qualità e analoghe alle nostre, rispettivamente nei loro title e nelle loro description, e meglio sarà anche per noi che da queste pagine web veniamo linkati.
3. Il terzo fattore è la link popularity, un termine che riecheggia molto nell’ambito SEO e che ha una stretta correlazione con il Page Rank. Con questo termine si indica la quantità e la qualità dei link nella rete che puntano al nostro sito web. Importante in questo caso che i link provengano da siti che hanno per Google un’ottima reputazione e di conseguenza un buon Page Rank. Fondamentale dunque la costruzione di collegamenti che hanno un buon PR Google. Diciamo così più il nostro sito viene citato, più avrà ottimi risultati nelle pagine di risposta Google, ancor più se le citazioni vengono da siti autorevoli.
4. Il quarto elemento di elevata importanza riguarda la diversità dei domini che ci linkano. Se ad esempio abbiamo 100 link dallo stesso dominio avremmo benefici minori rispetto ad averne 100 da 100 siti diversi.
5. Il quinto e ultimo fattore riguarda la parola chiave nel dominio principale, o meglio, nella url del sito. Siti che hanno la parola chiave che si vuole indicizzare nella url hanno risultati migliori e persistenti nel ranking Google rispetto a quelli in cui non è contenuta. Parliamoci chiaro questa non è una regola assoluta, ci sono siti che magari non hanno la keyword nel dominio principale e comunque hanno ottimi risultati, anche migliori magari, ma solo grazie all’esperienza ed alla persistenza nel lavoro di ottimizzazione. Va quindi sottolineato che includere la keyword nella url aiuta sempre.
Via Marketing Journal
Più della metà delle aziende progetta di aumentare la propria spesa in social media nel 2009. Sebbene i dati mostrano un spostamento verso attività di social marketing rapidamente disponibili e poco costose a causa della recessione, ci suggeriscono anche che le attività di marketing rimangono in una fase sperimentale. Di seguito alcuni tratti salienti dalla ricerca, condotta su 145 professionisti globali di marketing interattivo (dei quali il 16% rappresenta l’Europa):
Il 53% delle aziende interattive si aspetta di vedere il proprio budget di marketing dedicato ai social media crescere in risposta alla recessione. I budget dedicati ai social media rimangono minuscoli rispetto al resto destinato al marketing interattivo. I tre quarti delle aziende afferma che la spesa per i social media è all’incirca $100,000 nell’arco di 12 mesi. I social media non compaiono ancora come una specifica voce nei budget di marketing. Il 45% delle aziende afferma che i propri budget per i social media sono stabiliti secondo le esigenze e il 23% afferma di racimolare fondi da ogni fonte disponibile. “I nostri dati mostrano che le aziende intendono investire di più nei social media, ma devono ancora giustificare tali budget,” scrive Jeremiah Owyang, analista di Forrester. “Se si continua a finanziare le social application solo come esperimenti, difficilmente le aziende saranno in grado di fare abbastanza per creare un impatto o per avere una fonte sicura di reddito sicura per il futuro. Un modo per porre questi sforzi in una posizione più solida è concentrarsi sugli obiettivi e sui progressi misurabili…piuttosto che sperimentare solamente per vedere cosa accade.”
L’abstract del report “Social Media Playtime Is Over” è disponibile qui.
Via Marketing Journal
Ottobre è un mese importante per Microsoft. Infatti, insieme al lancio del nuovo sistema operativo per i PC, Windows 7, atteso per il 22 ottobre, il 6 ottobre verrà ufficializzato il lancio di Windows Phone 6.5, il sistema operativo per i cellulari.
Ma le novità non finiscono qui: infatti, per i cellulari di nuova generazione è prevista la creazione del MarketPlace, un negozio virtuale dove scaricare le applicazioni per il telefono, gratuite e a pagamento e prima della fine dell'anno verrà attivato anche per i modelli dotati di sistema operativo precedente. Microsoft, nel frattempo, è impegnata nel supporto degli sviluppatori che potranno realizzare applicazioni che possono essere vendute in ogni paese del mondo, creando anche eventi con le principali università italiane. Inoltre, per la prima volta, Microsoft venderà direttamente il proprio software per PC attraverso internet.
E' già attivo il sito dove si possono acquistare i tools di sviluppo per i programmatori e i programmi per la produttività in ufficio. Il pagamento, attraverso carta di credito, anche ricaricabile, permette l'immediato scaricamento dell'applicazione, eliminando i tempi di consegna. Si può masterizzare il file scaricato, salvarlo su una chiavetta e, chiaramente, richiedere l'invio di una copia su DVD (in questo caso, si pagherà la spedizione).
Due le particolarità. La prima è che l'utente potrà scaricare per 3 volte il prodotto acquistato nell'arco di un anno, per cui è ipotizzabile che Microsoft stia iniziando ad attrezzarsi a forme di noleggio delle applicazioni, come annunciato per Office 2010. La seconda è che Windows 7 sarà disponibile in digitale, probabilmente, dalla mezzanotte e un minuto del 22 Ottobre, prima quindi dei negozi tradizionali. di Gigi Beltrame su ILSOLE24ORE.COM
Secondo dati rilasciati dall'ente no-profit Conference Board, continua a crescere la fruizione di contenuti televisivi attraverso il computer. E non stiamo parlando (solo) di corti autoprodotti, filmetti virali etc: qui si parla proprio della TV "vera", ridiffusa dai network e simili online. Insomma, in un certo senso un mantenere immutato il modello di fruizione, cambiando però lo schermo... con la marginale differenza che qui si tratta di consumo on demand e non inflittivo / palinsestato.
Quindi ci si inizia a interrogare sulla fine dell'"Appointment TV", verso una TV sempre più su richiesta - con tutte le conseguenze sulla programmazione e sopratutto sulla pianificazione pubblicitaria, unica vera risorsa che tiene in piedi i network televisivi.
Vedere quello che vuoi, ma sopratutto quando vuoi. E non perdersi le puntate... con l'onerosa conseguenza di dover attendere il (costoso) DVD qualche mese dopo per scoprire che diavolo era successo nell'episodio mancante.
Qualche numero: ormai il 25% dei focolari americani guarda la TV (anche) online (+20% vs 2008). E un 20% dichiara che la TV online ha fatto calare il proprio consumo di TV tradizionale.
Il dato più tosto è il quadruplicare su base annua degli utenti di Hulu (che ridiffonde contenuti di ABC, Fox, NBC...), che è ormai il terzo opunto d'accesso televisivo online, rosicchiando terreno a YouTube, buon secondo. Al primo posto? semplice, le "solite TV"- è infatti da notare che due terzi abbondanti dei video-internet-utenti accedono ai contenuti attraverso il sito dell'emittente televisiva - non cercano dunque contenuti "alternativi" ma proprio la televisione di tutta una vita...
I contenuti più gettonati sono le news - con un 43% dei videoutenti, seguiti da reality , sitcoms e sport. Di nuovo nulla di nuovo di fronte allo schermo...e un PC che sta diventando elettrodomestico quasi quanto la solita TV a schermo più o meno piatto o bombato?
Due terzi degli utenti guarda i contenuti in streaming, un 41% va di download gratuito. Ma quasi tutti la TV la guardano da casa... solo 1 su 10 dall'ufficio (la produttività ringrazia).
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