Un milione di euro. Questa la cifra per inserire campagne pubblicitarie nelle applicazioni di iPhone e iPod Touch tramite la piattaforma iAd. Certo farsi conoscere attraverso i dispositivi Apple ha un costo elevato, tanto che le cifre chieste da Cupertino hanno creato subbuglio nel mondo del mobile advertising.
Secondo le indiscrezioni riportate da The Wall Street Journal, la compagnia della Mela avrebbe approntato il ‘listino prezzi’ in vista del lancio del nuovo melafonino, che dovrebbe essere svelato a giugno.
Jobs & Co. vogliono così sfruttare il mercato delle app, in continua crescita. Ogni sviluppatore può scegliere se inserire o meno la pubblicità nel proprio programma per iPhone: il 60% dei ricavi degli spot vanno a chi ha creato il software e il restante 40% ad Apple.
E’ una cosa che mi fa divertire un sacco. Aziende strutturate, che investono milioni in analisi e ragionamenti complessi sul target quando arrivano sul web diventato improvvisamente libere da qualsiasi problema strategico.
L’imperativo diventa: facciamo qualcosa, rivolto a qualcuno e vediamo che cosa succede, perché dobbiamo esserci anche noi! Fantastico. Non tutte le aziende arrivano nella realtà a mettere in pratica questo approccio e molte poi mettono a fuoco la situazione precisando meglio obiettivi, target e costi, la tentazione iniziale però è quasi sempre quella descritta.
Perché accade questo?
Il primo fattore, secondo me, sono le barriere all’ingresso nel web, che sono quasi nulle e comunque di fatto irrilevanti, in termini di paragone, per chi già faccia investimenti pubblicitari in altri mezzi. A questo si lega la convinzione che la presenza su Internet sia gratuita, cosa che come sappiamo non è propriamente vera.
In secondo luogo c’è poca conoscenza del mezzo all’interno delle aziende, che si affidano in tutto e per tutto a dei professionisti esterni senza avere gli strumenti per valutare realmente il loro operato e senza riuscire a spiegare realmente gli obiettivi da raggiungere.
Terzo, non è così frequente trovare una percezione realistica degli impatti che ha l’essere online, specie in un social web dialogico e incontrollabile: si pensa ancora ad una vetrina pubblicitaria da mettere in piedi una tantum, senza considerare l’aggiornamento nel tempo, monodirezionale.
Questo mio discorso poi può essere esteso al mobile, al digital signage, alle application per smartphone e via discorrendo, con l’unico freno dei costi d’entrata più alti di queste tecnologie.
Personalmente trovo che, per l’importanza che sempre più avranno le nuove tecnologie, sia ormaiimprescindibile (e utile) la presenza di una figura di riferimento aziendale (con forme e modi commisurati alle dimensioni) che guidi l’utilizzo di questi strumenti. Non può essere una funzione isolata ma deve lavorare insieme al resto dello staff per portare realmente dentro la rete l’impresa, che a sua volta deve essere disponibile a dialogare in modo paritetico con questa figura. Insomma è l’ora della competenza e della fiducia.
Qual è la vostra esperienza in questo senso e che cosa ne pensate?
Il Viral di Doritos e il premio di 250.000 $ In testa alle classifiche dei filmati Viral di Advertising Age c'è questo film di Doritos... che in realtà è la pubblicità ad un'operazione promozionale / User Generated Content.
A trovare un nuovo nome per un prodotto e a farci un video c'è da guadagnare un quarto di milione di dollari. Il tutto raccontato con una tecnica di sovraimpressione tra realtà e sovraimpressione che ricorda certi vecchi cartoni animati ( e fa un po' impressione).
Nelle scorse settimane mi è capitato di leggere una serie di articoli, commentare dei post e guardare dei video che in vario modo hanno ispirato questo mio contributo di oggi.
Mi viene da pensare che il web, in particolare quello di tipo social, sia sempre più orientato ad uno dei concetti che non molto tempo fa sembrava secondario e superato: il luogo.
Anche senza una geolocalizzazione così spinta poi i social network più diffusi, Facebook in primis, sono sempre più utilizzati sui dispositivi mobile, legandosi all’esperienza contestuale dei navigatori. Ancora, risorse ipertestuali come i QR Code o la realtà aumentata poi si possono legare all’esperienza e alla fruizione di un luogo specifico, così come il più “antico” Blue Tooth.
Infine, oltre al puro tema tecnologico, avverto un’attenzione sempre maggiore all’integrazione fra online e offline nei media sociali, un aspetto strategico che alcune realtà (come l’italiana Connecting-Managers) avevano già individuato diversi anni fa. L’aggregazione sociale sul nuovo web spesso sente il bisogno di sfociare in momenti di incontro personale che la tecnologia favorisce (e non impedisce) e allo stesso tempo delle realtà assolutamente locali trovano modo di esprimere la loro aggregazione attraverso il social web.
Esempi di quest’ultima tendenza sono tanto i ClubIn quanto i network iperlocali come Mirano Commnuity Network, forme evolute e interessanti di interazione fra locale e globale.
Tutti i nuovi device mobili, a partire dall’iPad, non faranno secondo me che aumentare la dialettica fra chi si muove nello spazio fisico e contestualizzato e i navigatori che seguono questa persona in rete, ovunque essi siano. Ci sarà da capire al più presto quale potrà essere il modo migliore di utilizzo per le aziende.
Di Altri Autori (del 29/04/2010 @ 08:17:30, in Brand, linkato 1939 volte)
Google c’è. Facebook anche. Queste due delle più importanti sentenze di BRANDZTM Top 100 Most Valuable Global Brands, graduatoria che annualmente valuta il valore economico dei più importanti marchi mondiali.
L’indagine realizzata annualmente da Millward Brown Optimor, società del gruppo WPP specializzata nella misurazione del valore di marca, in collaborazione con il Financial Times, ha destinato il podio a Google, Ibm e Apple, evidenziando l’importanza del brand come fattore di vantaggio competitivo imprescindibile in tempo di crisi. Debuttante in classifica, in virtù di un brand he vale oltre 5,5 miliardi di dollari, Facebook, a testimonianza dell’importanza che i social media hanno assunto nel settore hi-tech.
A livello complessivo, la classifica evidenzia che i brand forti dimostrano maggiori capacità di recupero e tenuta anche in momenti di difficoltà e calo generalizzato dei principali indicatori finanziari. Nel 2010 il valore aggregato dei 100 brand in classifica è di oltre 2 mila miliardi di dollari: il 4% in più rispetto al 2009 e ben il 40% in confronto al 2006.
Per il quarto anno consecutivo il vertice della classifica è guidato da Google con un valore di marca che, cresciuto del 14%, si attesta a quasi 114,3 miliardi di dollari. IBM guadagna la medaglia d’argento a scapito di Microsoft che perde due posizioni ed è quarta, grazie a un valore di quasi 86,4 miliardi di dollari e a una crescita del 30%.
Segue Apple, che entra nei primi tre posti, sostituendosi a Coca Cola, ora quinta, con un brand che vale quasi 83,2 miliardi di dollari (+32%). Non è inoltre secondario sottolineare come Apple e IBM detengano anche il primato della crescita assoluta più significativa, con un incremento rispettivamente di circa 20 e 19,8 miliardi di dollari.
Tra i primi 100 brand al mondo si confermano anche due italiani: Gucci, solo nelle origini, con un valore di marca di quasi 7,6 miliardi di dollari (97° posto), e Tim, con un valore di circa 7,3 miliardi di dollari (100° posto).
“In passato e specialmente in tempi di crisi, molte aziende hanno deciso di ricorrere ad una riduzione dei budget destinati al marketing. – dichiara Joanna Seddon, Ceo di Millward Brown Optimor – Un nuovo trend è invece emerso sulla scia della recessione poichè un numero crescente di aziende, nel far fronte ad una congiuntura delicata, hanno compreso l’importanza di mantenere o addirittura incrementare i budget a supporto delle attività legate al Brand”.
Tra le novità dell’’edizione 2010 di BRANDZTM Top 100 si segnala l’introduzione di una nuova categoria di analisi – Oil Companies – e il debutto di 11 brand – BP, ExxonMobil, Shell, ICICI, PetroChina, Telcel, Petrobras, Baidu, U.S. Bancorp, Samsung e Sony – mentre, sul fronte degli esclusi eccellenti, si rileva l’uscita dal ranking di IKEA, Nivea, Yahoo e Canon.
Di Altri Autori (del 28/04/2010 @ 07:14:36, in Mobile, linkato 1848 volte)
La pubblicità britannica via dispositivi mobili è cresciuta del 32% nel corso del 2009, per un giro d’affari di quasi 38 milioni di sterline.
Si legge nel secondo rapporto annuale stilato da Internet Bureau Advertising e da Pricewaterhouse Cooper’s, a guidare il settore sono spot e banner legati alla categoria media e spettacoli (che hanno catalizzato il 61,5% degli investimenti), seguiti a distanza dai marchi di telefonia (con il 14,7%).
Si chiama iAd e si pone come la prossima rivoluzione di Apple sul mercato della tecnologia e nel campo dell'advertising Mobile. Si tratterebbe, infatti, di un network pubblicitario innovativo basato su iPhone ed iPad che potrebbe rappresentare una grande opportunità di revenue per l’azienda e una novità importante nel settore del Mobile Advertising. La caratteristica innovativa del servizio è che sarà possibile proporre agli utenti annunci pubblicitari, sotto forma di banner integrati nelle applicazioni, mirati e selezionati in base all’utilizzo dei device, alle applicazioni installate, alla loro localizzazione e ai dati personali.
Non si tratta esattamente di una sorpresa: in fondo il Mobile Advertising non è che la logica conseguenza delle strategie intraprese negli ultimi due anni da Apple sul fronte Mobile. Soprattutto, il lancio di una iniziativa specifica sul fronte advertising collocherebbe nel giusto tassello l’acquisizione del gennaio scorso di QuattroWireless, azienda di pubblicità su piattaforme Mobile, al fine di "sottrarre mercato" a Google che, a sua volta, ha da poco acquistato il più grande network pubblicitario mobile, AdMob.
Nel mondo dell'advertising l’avvento di iAd rappresenterebbe un ulteriore passo verso lo scontro con Google, perché se il progetto andasse a buon fine le parti dovrebbero spartirsi la torta in base alle quote di mercato detenute dai dispositivi Android da una parte, ediPhone ed iPad dall'altra.Per Apple si tratta senza ombra di dubbio di una importante occasione per monetizzare il travolgente successo in primis dell’iPhone e a seguire quello potenziale dell’ iPad, ufficialmente in commercio dal 3 aprile e che conta già vendite esorbitanti.
Durante la settimana scorsa si è parlato molto dei nuovi social plugin di Facebook che permettono di integrare i siti web con il più famoso social nework del mondo, le funzioni sono numerose e molto interessanti, vi rimando per i dettagli a Young Digital Lab e a Vinco’s Blog per una trattazione dettagliata.
Dal punto di vista di Facebook l’approccio strategico è impeccabile: forti della loro dimensione e, mi permetto di dire, anche della continua attenzione mediatica, Zuckenberg & Co. hanno messo a disposizione dell’intero web un kit facile da integrare, familiare agli utenti negli aspetti di comunicazione e molto trendy per chi vuole rendere il proprio sito davvero social. In cambio Facebook si garantisce traffico e, soprattutto, la creazione di un proprio ecosistema (iPhone docet) dal quale trarre numerosi benefici, primo fra tutti una mole enorme di informazioni sui gusti degli utenti, entrando nel vero business di Google e, probabailmente, anche di Twitter.
Credo però che vada ricordato un aspetto che tende a sfuggire ai più: è il nostro webmarketing che deve trarre beneficio da Facebook e non viceversa.
Ne ho già parlato in passato, si tratta del dilemma dei social media, meglio inventare ogni volta la ruota o consegnare ad altri i propri clienti? E’ corretto infatti evidenziare, ad esempio, che i nostri fan su Facebook sono utenti di Facebook e non nostri e che se domani il social network dovesse chiudere noi di queste persone non avremo più traccia. D’altra parte però non si può nemmeno pensare di creare un proprio social network, un proprio YouTube e così via quando fuori ci sono già, più popolati e qualitativamente migliori dei nostri.
Il mio invito dunque è quello di usare tutti i social media che siano coerenti con la vostra strategia webma di non farne un sostituto del vostro sito, al quale tutti questi canali devono riportare più navigatori possibili da far registrare e fidelizzare per azioni future.
In questo senso i social plugin di Facebook sono sicuramente meno rischiosi in quanto vi obbligano quantomeno ad avere una web page e vi permettono di promuoverla senza fatica, fate attenzione però a non appiattirvi solo su questi strumenti e coltivate le relazioni con i vostri clienti e prospect online in tutti i modi possibili.
Pierre Omidyar, fondatore di eBay, si prepara a lanciare un servizio online di news a pagamento. Il presidente del più popolare sito d’aste della rete sta sperimentando nelle Hawaii il suo progetto di una comunità web di lettori disposti a pagare 19,99 dollari al mese per leggere e discutere notizie locali, con un impatto diretto sulla popolazione-utenza, e dunque secondo Omidyar più appetibili.
In questi ultimi anni i social network si sono diffusi in maniera estesa e repentina modificando importanti concetti come quelli di privacy e pubblicità. Secondo quanto sostenuto da importanti testate giornalistiche come quelle del Financial Times e del New York Times, la piattaforma realizzata da Mark Zuckerberg sarebbe in procinto di lanciare il nuovo pulsante Like che i diversi siti Internet avranno la possibilità di integrare tra le loro pagine per dare la possibilità agli utenti di esprimere il proprio apprezzamento per il web site o il marchio dell’azienda. Secondo gli esperti, attraverso tale operazione Facebook non solo estenderà ulteriormente il proprio dominio in rete, ma permetterà di raccogliere informazioni preziose sugli utenti al fine di utilizzarle per offrire una pubblicità mirata. L’ultima ipotesi è stata immediatamente confutata dalla società di Palo Alto che ha spiegato che nessun dato verrà mai raccolto ed analizzato. Quello della tutela privacy sul Web è ad oggi uno degli argomenti più gettonati.
L’ultima modifica delle impostazioni della privacy infatti non sembrerebbero essere state particolarmente gradite agli utenti e, dopo quanto accaduto con Google Buzz, il leader delle reti sociali ha bisogno di fare molta attenzione. Tuttavia la sua espansione è innegabile tanto che risulta il sito web più visitato addirittura di Google, il motore di ricerca più utilizzato al mondo che recentemente, insieme a Microsoft, Yahoo e MySpace ha annunciato uno standard tecnologico per l’integrazione tra social network e altri siti web.
Secondo esperti nel settore della comunicazione digitale, l’obiettivo è quello di identificare l’utente proprio attraverso le piattaforme alle quali è iscritto e fornendo quindi la possibilità di condividere ogni operazione svolta su Internet.