Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
L'era dei brani a 99 centesimi potrebbe essere (già) finita. E' quanto scrive il portale del New York Post, rivelando che la Apple starebbe contrattando con le major della discografia per lanciare una piattaforma che consentirà di fruire di un catalogo di canzoni illimitato mediante il pagamento di un abbonamento mensile.
Mettendo mano al portafoglio (digitale) per una cifra intorno ai 10/15 dollari mensili gli utenti potranno accedere a tutti i file musicali delle case discografiche propense a offrire un servizio di questo tipo. Secondo il New York Post, l'interesse delle major sarebbe alto.
Via Quo Media
Una ricerca dell’agenzia americana Pew ribadisce la leadership del marchio Apple - e della sua immagine - tra quelli del ramo tecnologico. La Mela e i suoi prodotti sono i più trattati, tra quelli di settore, dai media statunitensi.
I numeri del rapporto parlano chiaro: il 15,1% degli articoli dedicati alla high-tech riguarda la compagnia di Cupertino e le sue strategie. Agli antagonisti, molto spesso, non restano che le briciole. Google si aggiudica l’11,4% degli spazi giornalistici di settore, Twitter il 7,1%, Facebook il 4,8%, Microsoft appena il 3%. Tra giugno 2009 e giugno 2010, la stampa, le tv e le radio d’Oltreoceano hanno dedicato il 6,4% degli approfondimenti tecnologici a iPhone 4 (il dispositivo più discusso), mentre iPad ha collezionato il 4,6% dei servizi e Windows 7 solo lo 0,5%. Il 42% degli articoli sulle attività di Steve Jobs & Co. descrivono Apple in toni entusiastici, evidenziandone i caratteri innovativi. Solo il 17% stempera i clamori. E il brand risplende a nove colonne.
Via Quo Media
Il gruppo Ikea punta a raddoppiare nel prossimo triennio gli acquisti di prodotti dai paesi dell'Asia del Sud, fino a un miliardo di euro all'anno e sta facendo pressione affinché il governo indiano modifichi le rigide regole sugli investimenti esteri che bloccano l'apertura dei suoi magazzini. L'Ikea acquista già molti prodotti da circa 80 fornitori locali, come tessuti di cotone, tappeti, plastica, ma vorrebbe aggiungere anche coltelleria, pentole, piatti.
Il gruppo svedese è impaziente di aprire negozi in India, ma i regolamenti del paese impongono la creazione di joint venture con partner locali, limitando al 51% il tetto della partecipazione. Proprio per accelerare i tempi, la scorsa settimana il Ceo Mikael Ohlsson ha incontrato il ministro del Commercio indiano, Anand Sharma avanzando la richiesta di una modifica dei regolamenti perché, come riporta il Wall Street Journal, Ikea preferisce avere il più ampio controllo sulle proprie attività e il suo modello di business non prevede joint venture.
Il governo teme che i grandi magazzini possano danneggiare i piccoli commercianti locali. «Ma in un paese come l'India, con i suoi tassi di crescita (9% annuo) e il processo di urbanizzazione appena avviato - obietta Ohlsson - c'è una enorme richiesta di prodotti per la casa a basso costo. C'è spazio per tutti». Finora il governo non ha preso alcuna iniziativa e le ipotesi di apertura agli investimenti esteri in settori come il commercio al dettaglio, le assicurazioni e la difesa, sono rimaste solo sulla carta.
Ikea ha avuto un'espansione molto rapida sui mercati emergenti. In Cina ha già aperto 10 magazzini e altre aperture sono in programma a Pechino e a Shanghai. Nell'ultimo anno, il fatturato mondiale del gruppo è stato pari a 21,5 miliardi di euro, in 317 magazzini, sparsi in 38 paesi. In India il mercato delle vendite al dettaglio di prodotti di arredamento e attrezzature per la casa viene stimato 380 miliardi di dollari all'anno. Una grande opportunità. Il commercio organizzato rappresenta solo il 5%, il resto sono attività a conduzione familiare.
Ohlsson ha fatto presente al governo indiano che l'investimento dell'Ikea potrebbe creare decine di migliaia di posti di lavoro, non solo nei punti vendita, ma in tutta la catena di approvvigionamento. Il gruppo svedese intende comunque aumentare gli acquisti da fornitori locali, indipendentemente dalla realizzazione del progetto di apertura dei magazzini che, nel lungo termine, resta comunque l'obiettivo fondamentale. Nel frattempo l'Ikea ha già stanziato 125 milioni di euro nel prossimo quinquennio per sviluppare in India iniziative di tipo economico-sociale in collaborazione con Unicef e Save the Children, come ad esempio ridurre l'impiegno dell'acqua nella coltivazione del cotone, o eliminare il lavoro infantile.
Via ILSOLE24ORE.COM
I grandi nomi dell’editoria mondiale, i tempi di magra, cercano nuovi mercati per rimpolpare i profitti. Il mondo dei tablet sembra interessare in modo particolare Condé Nast, colosso che pubblica, tra gli altri, Vogue, Gq e Wired. Secondo Nicholas Coleridge, managing director per la Gran Bretagna, nel futuro prossimo il 40% degli introiti pubblicitari del gruppo verranno dalla vendita delle applicazioni per iPad et similia.
Coleridge ha dunque annunciato il lancio delle app per il tablet Apple per quanto riguarda Wired e Vogue. Da dicembre, i lettori d’Oltremanica potranno sfogliare le due popolari riviste sui dispositivi mobili di ultima generazione, al prezzo di 3,99 sterline a numero, di poco inferiore al prezzo delle edizioni cartacee.
Via Quo Media
L'evento di oggi al Museo di Arte moderna di San Francisco (in programma alle 18.30 ora italiana e trasmesso in webcast su YouTube) non aggiungerà nulla di più a quanto si è detto e scritto nelle ultime settimane. Google infatti terrà a battesimo, così dicono i portavoce della casa californiana, "un'importante innovazione relativa all'infrastruttura tecnologica alla base del proprio motore di ricerca" e stando a quanto si è appreso annuncerà "Goggles", applicazione di search per immagini. Il menu che stanno preparando per Natale a Mountain View va però ben al di là della specialità con la quale la società californiana ha scalato le vette dell'universo hi-tech.
Tv e musica, infatti, sono le due nuove ambizioni di Google e rappresentano, a giudizio di vari esperti ed analisti, il guanto di sfida totale ad Apple ed al suo ecosistema. Lo store musicale che farà concorrenza ad iTunes - il negozio della Mela cattura circa il 70% delle vendite di brani digitali negli Stati Uniti e vanta oltre 160 milioni di utenti in 23 Paesi - e che si dovrebbe chiamare Google Music Store è in procinto di aprire i battenti prima delle festività natalizie. Le trattative con le major del disco sono quindi febbrili - occorre definire i termini degli accordi di licenza d'uso delle canzoni e dei video protetti dal "lucchetto" digitale Drm (Digital rights management) – e di pari passo si stanno perfezionando le funzionalità operative del servizio. Che secondo i rumors della Rete sarà logicamente aperto a tutti i dispositivi mobili basati su Android – in quest'ottica antagonisti diretti di iPhone e iPad - e sfrutterà le tecnologie alla base del motore di ricerca proprietario.
Il progetto è stato affidato ad Andy Rubin, vice presidente di Google e "cervello" del sistema operativo mobile del colosso californiano (la cui versione 3.0 sarà rilasciata in autunno) e sarebbe proprio una sua precisa scelta quella di abilitare il negozio on line per il download a servizio "cloud based", in abbonamento, attraverso il quale poter riprodurre in modalità streaming i file multimediali direttamente sugli smartphone e sui tablet androidi e non si conoscono ancora i dettagli ufficiali del progetto. connessi in Rete. Che impatto potrà avere la discesa in campo di Google nella musica digitale è ovviamente presto per dirlo; c'è chi fa notare, riconoscendo le enormi potenzialità della regina dei motori di ricerca, che anche Amazon aveva tutte le credenziali per sfondare ma il suo store per la vendita di canzoni ha conquistato poco più del 12% del mercato. Come dire: il successo di "big G" non è scontato e dall'altra parte della barricata c'è una rivale che al momento non sembbra sbagliare un colpo. L'ultimo servizio di social network lanciato da Apple per seguire e condividere con gli amici le novità degli artisti preferiti, Ping Social Music Discovery, è stato utilizzato da oltre un milione di utenti iTunes in meno di 48 ore; la risposta di Google in tal senso potrebbe essere "Google Me, soprattutto se questo fosse strettamente integrato con il nuovo store musicale e con YouTube. In definitiva sfida senza esclusione di colpi, che troverà presto un ulteriore campo di battaglia nel piccolo schermo televisivo.
Tv e servizi on demand, ma la "vera" guerra sarà per la pubblicità La Google tv, la nuova televisione via Web che vede in Sony e Intel due partner eccellenti, sarà disponibile negli Stati Uniti in autunno e nel 2011 anche in Europa. Lo ha confermato di persona all'Ifa di Berlino (ieri) il Ceo Eric Schmidt, dando un po' di sostanza a quello che sarà un passaggio importante nella strategia della casa californiana in campo media: si navigherà in Rete via browser (Chrome) e si accederà a un'ampia gallery di contenuti video, gratuiti e a pagamento. Proprio la possibilità di offrire on demand show Tv e film in prima visione è l'altra faccia dell'offensiva televisiva di Google: la società è infatti in discussione con le grandi firme dell'industria dell'entertainment per predisporre un servizio di "pay per view" in streaming (con costi, si dice, nell'ordine dei cinque dollari per singolo titolo) appoggiato su YouTube. Che sia anche questa una riposta all'ultima trovata di Steve Jobs – la nuova Apple Tv e la possibilità di scaricare spettacoli televisivi e film da iTunes rispettivamente a 99 centesimi (servizio attivo solo negli Usa) e a 4,99 dollari – è fuor di dubbio. Ma Google, su questo fronte, se la dovrà vedere non solo con la società della Mela. All'Ifa Sony ha presentato nei giorni scorsi la nuova piattaforma Qriocity per offrire attraverso tutti i suoi prodotti (Tv Bravia, sistemi di home theatre, lettori Blu Ray, playstation 3) il noleggio on demand, sempre in streaming via Internet, di un'ampia collana di film e programmi Tv. Amazon sarebbe pronta a fare lo stesso, entrando in campo in tempo per Natale con un servizio "Web-based" per l'accesso illimitato a film e programmi in streaming, tramite specifico abbonamento e su pc, televisori con connessione Internet, lettori Blu-ray e la console Xbox 360 di Microsoft. Di questa partita fanno quindi parte anche specialisti dei media digitali come NetFlix e Hulu, assai popolari negli Stati Uniti. Per tutti c'è un obiettivo a cui tendere, ben più sostanzioso del business legato alle vendita e al noleggio di film e show: quello della pubblicità televisiva, una torta che vale su scala mondiale circa 180 miliardi di dollari. Una torta su cui Apple e Google vogliono ovviamente metterci le mani.
di Gianni Rusconi su ILSOLE24ORE.COM
Il sito americano Amazon, tra i più importanti operatori di e-commerce nel mondo, sta sviluppando un servizio in abbonamento per la visione via internet di programmi televisivi e film.
Durante l’estate, la compagnia con base a Seattle ha cercato di allettare società come Nbc, Time Warner, News Corporation e Viacom, offrendo loro la possibilità di una partnership che porterebbe Amazon in competizione con Google, Nteflix e Hulu, che già forniscono show w cinema via web in abbonamento.
Il servizio di Amazon sarà disponibile su browser o dispositivi digitali di ultima generazione, quali televisori connessi a internet, lettori Blu-ray e la console Xbox 360 di Microsoft.
Via Quo Media
Il servizio del motore di ricerca che doveva rivoluzionare le mail sarà soppresso. La lista dei flop di Mountain View si allunga, in attesa del nuovo social network
Doveva rivoluzionare la comunicazione online ed è invece finito nel cestino come una qualunque mail indesiderata. Il progetto Google Wave 1, lanciato dal motore di ricerca nel maggio del 2009, non verrà più sviluppato. Con un breve comunicato sul blog ufficiale, la compagnia di Mountain View ha annunciato l'interruzione dei lavori su Wave. La motivazione è semplice ed era da tempo sotto l'occhio di tutti: quasi nessuno usa "l'onda" di Google.
I pochi estimatori del servizio dovranno accontentarsi di utilizzarlo fino a tutto il 2010. Dopo questa data parti di Wave verranno integrate con altre applicazioni di Google che ancora non sono note: le ceneri alimenteranno insomma altri progetti, una parte del codice sorgente è stata resa pubblica per gli sviluppatori interessati, ma il servizio come è fruibile adesso scomparirà.
Il perché di una disfatta. Una volta decretata la morte di Wave è tempo di trovare i responsabili e la caccia al colpevole è in queste ore l'attività principale dei siti e dei blog specializzati di mezzo mondo. Gli errori dal momento del lancio in poi sono stati in effetti numerosi. Innanzitutto la presentazione di Wave ha creato un'attesa senza precedenti per un servizio web e la decisione di limitare l'accesso a sole centomila persone (un'inezia pensando che Gmail è usata più di 150 milioni di utenti) ha creato fenomeni di isteria collettiva. I rarissimi inviti a Google Wave, almeno in una prima fase, sono stati il desiderio di milioni di persone, tanto che qualcuno li ha pure messi all'asta su eBay.
Purtroppo una volta riusciti ad entrare sul Wave molti utenti sono rimasti spiazzati dal programma che prometteva di fare troppe cose senza sostituire però strumenti ormai tradizionali come la mail, la chat o i social network. Wave era insomma uno strumento in più di cui non si sentiva troppo la necessità e troppo isolato rispetto al resto dello streaming di un utente. Mentre il proprio mondo digitale andava avanti su Facebook o sulla mail, Wave rimaneva in un angolo ad aspettare.
L'ultimo tentativo di salvare il prodotto è stato fatto a maggio, quando la necessità di ricevere un invito per entrare su Wave è stata eliminata. Troppo tardi: in quel momento l'interesse era ormai scomparso del tutto e dopo solo due mesi e mezzo è stata messa la parola fine all'intero progetto. Le "vecchie" mail restano, Wave scompare.
Gli altri flop. La fine di Wave si va ad aggiungere alla lista dei prodotti terminati di casa Google: una lista che negli ultimi tempi si è fatta piuttosto lunga e rischia di crescere ancora. L'ultimo in ordine di tempo è stato il Nexus One, il primo cellulare venduto direttamente da Google sul suo sito, che doveva rivoluzionare l'intermediazione tra consumatori e compagnie telefoniche (soprattutto negli States) e dopo sei mesi è stato terminato per le poche vendite.
Le cose per Google non sono andate meglio quando il motore di ricerca ha provato a seguire la strada dei concorrenti in altri settori. Nel tentativo di creare un suo Twitter, nel 2007 Google acquistò il servizio di microblogging Jaiku, salvo poi chiuderlo nel 2009, proprio mentre l'uccellino blu rivale iniziava a macinare numeri milionari. Nel 2008 era stata la volta di Lively, il mondo tridimensionale nato sulla scia del boom di Second Life e soci, che permetteva di chattare usando un proprio avatar. Lanciato a luglio del 2008, il servizio venne definitivamente cancellato a dicembre dello stesso anno.
A questa sequenza bisognerebbe poi aggiungere i servizi che sono ancora vivi ma che non sembrano godere di buona salute. L'esempio non può che essere Google Buzz, il semi-social network lanciato a febbraio ed integrato in automatico su Gmail. Un servizio che ha prima creato diversi problemi legati alla privacy ma che ora in tanti sembrano aver dimenticato. Secondo Mountain View ci sarebbero 40 milioni di utilizzatori di Buzz, eppure il servizio non sembra così partecipato. La lista dei prodotti non tanto convincenti si potrebbe allungare con Knol, la simil Wikipedia, oppure Orkut, il social network made in Google che ha riscosso successo solo in Brasile e India, restando sconosciuto nei paesi occidentali.
E' naturale che solo una società che sperimenta molto fa tanti errori, e poi Google può in questi giorni "consolarsi" grazie al successo del suo sistema operativo per cellulari Android che sta segnando tassi di crescita record negli States e nel mondo. Senza contare poi i numeri della pubblicità e del fatturato che continuano a crescere trimestre dopo trimestre.
Il futuro. Archiviata la vicenda Wave, la prossima sfida per Google è quella con l'altra colonna del web mondiale: Facebook. Anche se di comunicazioni ufficiali non ce ne sono, le voci su un social network (Google Me) che dovrebbe competere direttamente col libro delle facce sono insistenti. La storia del motore di ricerca in termini di socialità, come dimostrano Buzz e Orkut, non è delle più felici. Ma un altro fallimento in questo campo potrebbe costare molto più caro della fine di Wave.
di Mauro Munafò su Repubblica.it
Google prosegue nella sua strategia del "mattoncino", ovvero nel proporre una serie di tecnologie caratterizzate da una forte sinergia tra di loro, tanto da creare una piattaforma comune e polivalente. In questi giorni, per esempio, è in corso la Google I/O, cioè l'evento annuale dedicato agli sviluppatori. In due giorni sono stati almeno tre gli annunci che vanno a confermare come il colosso di Mountain View stia lavorando a un progetto unico ma suddiviso in più blocchi.
Stiamo parlando di Android 2.2, della Google Tv e del Chrome Web App Store, il negozio virtuale di applicazioni che sarà varato nel corso dell'anno e che consente di aggiungere widget al browser. In particolare quest'ultimo segnala come la maturazione di Chrome OS, il sistema operativo per computer derivato dal software di navigazione Web, stia procedendo. Sì, perché il Web App Store è più a uso e consumo dell'OS che del browser: sulla falsariga degli application store per telefonino, consentirà di estendere le funzioni del programma principale. L'obiettivo principale è di arricchire Chrome al fine di renderlo competitivo rispetto ai browser concorrenti (Google è interessatissima a diventare una spina nel fianco di Firefox e Microsoft), proporre un sistema operativo (Chrome OS) che operi con la stessa semplicità di utilizzo di un iPad e potenziare la sincronizzazione con Android. E qui si inserisce Froyo, cioè la release 2.2 del sistema operativo per smartphone, che offre nuovi strumenti di sviluppo, prestazioni superiori e un Market migliorato.
Presentato al Google I/O, sarà disponibile "a breve" (intanto è in procinto di essere pubblicato il kit di sviluppo per i developer) e presenterà novità anche dal punto di vista grafico. Per esempio, sul desktop compariranno le nuvolette accanto ai widget per fornire istruzioni e informazioni utili su questi programi. Android 2.2 migliora sul fronte della sicurezza e del supporto a Microsoft Exchange, andando quindi nella direzione delle esigenze nelle aziende, mentre in fatto di multimedia garantisce una gestione migliore della fotocamera e dei giochi. Il browser, derivato da Chrome, promette di essere più veloce ed efficiente di quello attuale in virtù anche del supporto per il motore V8 per i Javascript. Di serie ci sarà anche la possibilità di condividere la connessione Umts/Hspa sfruttando il reparto Wi-Fi. A far dialogare smartphone, pc e tablet ci pensa il televisore. All'I/O è stata annunciata l'attesa Google TV, nata dal consorzio tra il gigante californiano, Sony e Intel.
L'apparecchio avrà un hardware con processore Atom, scheda grafica, audio affidato a un Dsp e dispositivi esterni, alcuni dei quali forniti da Logitech, che prevedono anche un lettore per Blu-ray. Il tutto affidato a un sistema operativo con browser Chrome e piattaforma derivata da Android. A cosa serve? Sul blog di presentazione del progetto, si evince che l'obiettivo è di fornire un nuovo modo di fare advertising e marketing, oltre che di espandere il Market di Android a una nuova generazione di dispositivi. La connessione costante al Web prevista di serie per la Google Tv, perché da Internet preleva non solo i contenuti video da proporre, consentirà di indirizzare canali e pubblicità. Questo apparecchio confida nel racchiudere in un unico device funzioni moteplici, si affiderà a Flash 10.1 per la distribuzione dei contenuti ed è esplicito l'invito agli sviluppatori che si affrettino a ottimizzare i siti per questo nuova incarnazione dell'Internet da salotto.
Una rivoluzione? Difficile dirlo. Certo, Erich Schimdt, Ceo di Google, nel presentare la sua idea di Tv ha usato toni celebrativi. D'altro canto si tratta di un progetto che segue una tendenza, cioè quella di portare il Web sul televisore di casa, e che va a rafforzare l'obiettivo ultimo di Google: creare un sistema di advertising ubiquo.
di Luca Figini su ILSOLE24ORE.COM
Secondo i tradizionali rumours che accompagnano l'uscita dell'ultima creatura di Cupertino, l'iPad, la Apple sarebbe in procinto di lanciare una piattaforma di mobile advertising che gestisca il business legato ai suoi gioiellini mobili.
IAd, così dovrebbe chiamarsi la piattaforma, dovrebbe debuttare il 7 aprile e rappresenta la concretizzazione dell'acquisizione di Quattro risalente al gennaio scorso. Apple si è assicurata le prestazioni della società attiva nel mobile adv per 275 milioni di dollari.
Via Quo Media
Dopo alcuni mesi di silenzio tornano le voci in merito al "vecchio" PSP-Phone di Sony, ne abbiamo parlato la prima volta qui oltre due anni fa. Qualche giorno fa i rumor intorno alle nuove creazioni del colosso nipponico, non ce ne sarebbe una soltanto, si sono riaccesi ed accanto al telefono console, ci sarebbe anche un tablet che funge da e-book reader, computer e videogioco.
Non solo: Sony, come fanno praticamente tutti gli altri ormai, starebbe pensando a un nuovo store onlline in cui vendere le applicazioni per i suoi nuovi device. Sfida aperta al punto di riferimento in questo settore, ovviamente stiamo parlando di Apple, che con iPhone e iPad è ancora l’indiscutibile punto di riferimento quando si parla di hardware e applicazioni dedicate.
Tutto questo è stato riportato dal Wall Street Journal, naturalmente non c’è ancora nulla di confermato, che vorrebbe le novità giapponesi in arrivo per l’anno in corso, pronte a contrastare l’imminente iPad, in arrivo il prossimo mese, e il nuovo iPhone 4G, previsto per Giugno. Due, anzi 3 con l’App Store e iTunes più in generale, clienti tra i peggiori in circolazione.
Innanzitutto il negozio online, in cui si venderebbero applicazioni per il telefono, approntato da Sony Ericsson, com’è presumibile, ma con un intervento più marcato da parte di Sony, a curare la predominante parte ludica, sulla falsa riga di PSP, uno dei punti di riferimento delle console portatili. Titoli vecchi e nuovi a disposizione non solo dei prodotti imminenti ma destinati, per quanto possibile, anche i nuovi smartphone che Sony Ericsson presenterà sul mercato: Symbian, Windows Mobile o Android che siano.
Il secondo hardware previsto, dopo il telefono, sarebbe un tablet, segmento in cui dopo l’arrivo di Apple, anche se il mercato non era del tutto a digiuno, è prevista una serie di arrivi illustri cui Sony sembra non avere intenzione di sottrarsi. Ancora una volta una battaglia, già ricca di player, che si combatterà sul lato del hardware e del software a supporto, sempre meno marginale e sempre più determinante ad aumentare le vendite dei terminali: il 2010 sarà un anno fondamentale in questo senso.
di Massimiliano Bucciol su Cellulari ad Hoc
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