Il servizio del motore di ricerca che doveva rivoluzionare le mail sarà soppresso. La lista dei flop di Mountain View si allunga, in attesa del nuovo social network
Doveva rivoluzionare la comunicazione online ed è invece finito nel cestino come una qualunque mail indesiderata. Il progetto Google Wave 1, lanciato dal motore di ricerca nel maggio del 2009, non verrà più sviluppato. Con un breve comunicato sul blog ufficiale, la compagnia di Mountain View ha annunciato l'interruzione dei lavori su Wave. La motivazione è semplice ed era da tempo sotto l'occhio di tutti: quasi nessuno usa "l'onda" di Google.
I pochi estimatori del servizio dovranno accontentarsi di utilizzarlo fino a tutto il 2010. Dopo questa data parti di Wave verranno integrate con altre applicazioni di Google che ancora non sono note: le ceneri alimenteranno insomma altri progetti, una parte del codice sorgente è stata resa pubblica per gli sviluppatori interessati, ma il servizio come è fruibile adesso scomparirà.
Il perché di una disfatta. Una volta decretata la morte di Wave è tempo di trovare i responsabili e la caccia al colpevole è in queste ore l'attività principale dei siti e dei blog specializzati di mezzo mondo. Gli errori dal momento del lancio in poi sono stati in effetti numerosi. Innanzitutto la presentazione di Wave ha creato un'attesa senza precedenti per un servizio web e la decisione di limitare l'accesso a sole centomila persone (un'inezia pensando che Gmail è usata più di 150 milioni di utenti) ha creato fenomeni di isteria collettiva. I rarissimi inviti a Google Wave, almeno in una prima fase, sono stati il desiderio di milioni di persone, tanto che qualcuno li ha pure messi all'asta su eBay.
Purtroppo una volta riusciti ad entrare sul Wave molti utenti sono rimasti spiazzati dal programma che prometteva di fare troppe cose senza sostituire però strumenti ormai tradizionali come la mail, la chat o i social network. Wave era insomma uno strumento in più di cui non si sentiva troppo la necessità e troppo isolato rispetto al resto dello streaming di un utente. Mentre il proprio mondo digitale andava avanti su Facebook o sulla mail, Wave rimaneva in un angolo ad aspettare.
L'ultimo tentativo di salvare il prodotto è stato fatto a maggio, quando la necessità di ricevere un invito per entrare su Wave è stata eliminata. Troppo tardi: in quel momento l'interesse era ormai scomparso del tutto e dopo solo due mesi e mezzo è stata messa la parola fine all'intero progetto. Le "vecchie" mail restano, Wave scompare.
Gli altri flop. La fine di Wave si va ad aggiungere alla lista dei prodotti terminati di casa Google: una lista che negli ultimi tempi si è fatta piuttosto lunga e rischia di crescere ancora. L'ultimo in ordine di tempo è stato il Nexus One, il primo cellulare venduto direttamente da Google sul suo sito, che doveva rivoluzionare l'intermediazione tra consumatori e compagnie telefoniche (soprattutto negli States) e dopo sei mesi è stato terminato per le poche vendite.
Le cose per Google non sono andate meglio quando il motore di ricerca ha provato a seguire la strada dei concorrenti in altri settori. Nel tentativo di creare un suo Twitter, nel 2007 Google acquistò il servizio di microblogging Jaiku, salvo poi chiuderlo nel 2009, proprio mentre l'uccellino blu rivale iniziava a macinare numeri milionari. Nel 2008 era stata la volta di Lively, il mondo tridimensionale nato sulla scia del boom di Second Life e soci, che permetteva di chattare usando un proprio avatar. Lanciato a luglio del 2008, il servizio venne definitivamente cancellato a dicembre dello stesso anno.
A questa sequenza bisognerebbe poi aggiungere i servizi che sono ancora vivi ma che non sembrano godere di buona salute. L'esempio non può che essere Google Buzz, il semi-social network lanciato a febbraio ed integrato in automatico su Gmail. Un servizio che ha prima creato diversi problemi legati alla privacy ma che ora in tanti sembrano aver dimenticato. Secondo Mountain View ci sarebbero 40 milioni di utilizzatori di Buzz, eppure il servizio non sembra così partecipato. La lista dei prodotti non tanto convincenti si potrebbe allungare con Knol, la simil Wikipedia, oppure Orkut, il social network made in Google che ha riscosso successo solo in Brasile e India, restando sconosciuto nei paesi occidentali.
E' naturale che solo una società che sperimenta molto fa tanti errori, e poi Google può in questi giorni "consolarsi" grazie al successo del suo sistema operativo per cellulari Android che sta segnando tassi di crescita record negli States e nel mondo. Senza contare poi i numeri della pubblicità e del fatturato che continuano a crescere trimestre dopo trimestre.
Il futuro. Archiviata la vicenda Wave, la prossima sfida per Google è quella con l'altra colonna del web mondiale: Facebook. Anche se di comunicazioni ufficiali non ce ne sono, le voci su un social network (Google Me) che dovrebbe competere direttamente col libro delle facce sono insistenti. La storia del motore di ricerca in termini di socialità, come dimostrano Buzz e Orkut, non è delle più felici. Ma un altro fallimento in questo campo potrebbe costare molto più caro della fine di Wave.
di Mauro Munafò su Repubblica.it