Google UK ha lanciato il primo numero di un nuovo magazine chiamato Think Quarterly. Si tratta di una pubblicazione di 64 pagine visibile online a questo indirizzo (lo sfoglio, in Flash, di pagina in pagina, o in versione web, è intuitivo). Il tema del primo numero è "Think Data" e tra gli articoli c'è un'intervista al ceo inglese di Vodafone, Guy Laurence, e un altra a Hans Rosling.
Il capo di Google UK, Matt Brittin, scrive in una sorta di editoriale: «In un mondo di cambiamenti molto veloci, abbiamo bisogno di tempo per riflettere. Think Quarterly è uno spazio di respiro in un mondo indaffarato. Uno spazio per riflettere su quello che sta succedendo».
La rivista è dunque dedicata al business ed è stata anche distribuita, oltre che online, in forma cartacea ai partner inglesi del colosso di Mountain View. Si tratta di un'iniziativa di marketing - almeno così viene presentata - per comunicare con i clienti.
Non so se vi ricordate, sotto Natale vi avevo proposto questo spot ("The Entrance") di Heineken: grandiosa produzione, bella idea, un sacco di lavoro, gran bel risultato. Se non ve lo ricordate ve lo rimetto qui ma poi continuate a leggere.
Nella tradizione della banalità uno spot del genere sarebbe poi stato "declinato" su Facebook con qualche giochino, qualche test basato sulla personalità dei personaggi del film etc.
Però, quando si ha dell'eccellente materiale girato, perché andare a fare robette che possono solo sminuire il progetto? Perchè non usare FB come se fosse YouTube, adottando il concetto di canale di YT all'interno di FB?
Di qui la cosa semplice (se si hanno ore di girato) fatta da Heineken, semplice ma secondo me efficace. Perché c'è un'idea, c'è una storia dietro, E io ci ho perso un sacco di tempo a guardarmi tutti i filmati.
Il che dimostra che l'advertising TV non è ancora morto, per niente. Solo che andrà distribuito diversamente. Magari non in TV.
L’inizio del 2011 ha portato un nuovo rallentamento del mercato pubblicitario. A subire maggiormente il colpo è la carta stampata. In gennaio, secondo i dati Nielsen, i quotidiani hanno perso su base annua il 4,2% degli investimenti pubblicitari, mentre i periodici hanno chiuso in negativo del 5,4%. Tonfo della free press (-59,1%), che paga soprattutto le difficoltà delle testate principali.
Il nuovo momento di stagnazione è riscontrabile anche nella crescita quasi nulla del mercato pubblicitario televisivo (+1,6%) e radiofonico (+0,3%), tra i più in salute nel 2010. Si salva internet, che incrementa gli introiti da spot e banner dell’13,9%, mantenendo il tasso di crescita registrato lo scorso anno. Bene anche la pubblicità via e-mail (+11,6%).
Ho parlato frequentemente di multicanalità, anche la settimana scorsa, evidenziando le grandi opportunità che i nuovi strumenti tecnologici offrono al marketing e alla comunicazione.
Supponiamo di esserci dotati per tempo degli strumenti tecnologici e di essere convinti di procedere ad una strategia multicanale, ci basta? No.
Prima di tutto dobbiamo applicare un corretto approccio POST, valutando se le persone cui ci rivolgiamo usano realmente le tecnologie che stiamo selezionando.
Una volta analizzati gli obiettivi, la strategia e anche la tecnologia manca un punto chiave: quali contenuti mettiamo all’interno di ogni strumento?
La domanda non è oziosa, il successo o l’insuccesso di molti ecosistemi tecnologici infatti è stato decretato in passato dal fatto che ci fossero contenuti con un reale valore aggiunto per i clienti: si pensi al primo wap (fallimentare) contro l’i-mode.
Per costruire un contenuto o un servizio adeguato è dunque necessario conoscere approfonditamente gli strumenti con cui andiamo a lavorare e il loro ecosistema, cosa che non sempre avviene sia per responsabilità aziendali sia per colpe riconducibili agli esperti (reali o presunti di settore).
Infine una nota importante, i contenuti di qualità hanno ovviamente un costo, così come il tempo delle persone dedicate a seguire i nuovi canali, e per questo va superata la percezione di gratuità e di amatorialità di questo mondo.
Se poi confrontate questo valore con i soldi che spendete già oggi per un solo media, magari poco misurabile come la tv, vedrete che il saldo conviene eccome…
Warner Bros. è la prima major cinematografica a sbarcare su Facebook con un servizio di film a noleggio. Per 3 dollari a visione, la casa di produzione permetterà agli utenti di guardare i titoli del proprio catalogo in streaming all’interno del social network.
Per il momento il servizio è attivo solamente negli Stati Uniti, ma Warner prova a sfruttare la capillare diffusione di Facebook per supplire al sempre più asfittico mercato dei dvd a noleggio. Il social network rimpiazza Blockbuster, a suo modo: gli utenti potranno disporre del film scelto sul proprio account per due giorni, interrompendo e riprendendo la visione a ogni accesso.
Non mancherà la possibilità di commentare le pellicole attraverso post e status, coinvolgendo amici di bacheca.
L’analisi dell’andamento della rete in Italia nell’ultimo anno evidenzia, accanto al consolidamento dei social media (social network come Facebook e siti di video online come YouTube), l’emergere di un nuovo fenomeno: quello dei gruppi d’acquisto, siti come Groupon e Groupalia dove è possibile acquistare beni e servizi a prezzi scontati.
In termini di audience complessiva di internet, il 2010 si chiude con un traguardo importante per il web italiano: il superamento della soglia dei 25 milioni di navigatori attivi a dicembre, il 12.5% in più rispetto allo stesso mese del 2009.
Il ranking delle categorie di siti più visitati vede confermate le prime posizioni: i motori di ricerca con 23 milioni di utenti e una crescita in linea con quella della rete, i portali con 21,8 milioni di visitatori e i social media, che crescono del 16% e superano i 21 milioni. I siti di video e cinema, in quarta posizione, continuano a registrare i più alti tassi di crescita, almeno tra le prime posizioni: +18% nell’anno, che porta ad un bacino di 17,5 milioni di utenti. Seguono web mail, strumenti e servizi per internet, produttori di software, news online, tool di ricerca (come Wikipedia) e in decima posizione i siti dei rivenditori, che nel mese dello shopping natalizio vengono visitati da 14,2 milioni di utenti, il 15% in più rispetto al dicembre 2009.
Tra le altre categorie, quelle che registrano gli incrementi più consistenti nell'anno sono: mappe e informazioni di viaggio (+19%), broadcast media (+23%), sport (+21%), moda e bellezza (+41%), meteo (+27%), musica (+29%), cibo e cucina (+25%) e soprattutto la categoria Coupons/Rewards, che include proprio i gruppi di acquisto, più che raddoppiata nell'ultimo anno (dai 4,3 milioni del dicembre 2009 agli 8,7 attuali).
Quello dei gruppi d’acquisto è un sistema di offerta di coupon relativi a servizi legati soprattutto alla ristorazione, al benessere, allo sport, all’intrattenimento e al turismo che in Italia, come in moltissimi altri Paesi, sta riscuotendo molto successo. Groupon è la prima società ad aver sviluppato questo business e detiene la leadership del mercato, seguita da altre realtà come Groupalia, Glamoo, Letsbonus, Kgb Deals e PoinX.
Il trend nel 2010 evidenzia che il fenomeno in Italia ha avvio nel mese di luglio, quando si registra il primo dato significativo di visitatori sui due principali siti di questa categoria: Groupon rileva 770 mila utenti unici e Groupalia segue con 535 mila utenti. E’ però ad agosto che Groupon guadagna terreno su Groupalia, triplicando la propria utenza e raggiungendo quasi 2 milioni di utenti, contro gli 800 mila di Groupalia. Inizia così un trend di crescita a ritmo serrato che in soli sei mesi porta circa 5 milioni di utenti unici su Groupon e un milione e mezzo su Groupalia.
Per avere un quadro più completo del fenomeno, ai siti web dedicati ai gruppi d’acquisto va aggiunto anche OfferBox, un servizio opt-in che seleziona coupon e offerte speciali e che, grazie ad un’applicazione scaricabile sul proprio pc, li invia direttamente sul desktop. L’applicazione OfferBox registra a dicembre 2,7 milioni di utenti, che portano a 10 milioni di utenti il totale della categoria Coupons/Rewards se si includono le applicazioni internet.
La conferma di essere di fronte ad un nuovo fenomeno arriva anche dall’analisi del passaparola digitale, effettuata con il servizio BuzzMetrics di Nielsen: negli ultimi 6 mesi del 2010 il word of mouth in rete su Groupon ha generato oltre 2 mila messaggi, con dei picchi nel mese di agosto (oltre 320 messaggi), in concomitanza con il boom di visitatori, e in quello di dicembre (oltre 420 messaggi).
Prendo spunto da questa notiza letta su TechCrunch.
In breve: si parla di un'app per FB che notifica immediatamente quando una coppia si scioglie, quando due si lasciano.
Nata per poter immediatamente tacchinare l'uomo o la donna che da tempo ci turba i sonni (ma che era irraggiungibile in quanto impegnato e fedele), questa app apre le porte ad un futuro alternativo.
Le conseguenze in termini di marketing sono straordinarie. Bisognerebbe linkare a questo evento un'immediata campagna di marketting diretto per siti di appuntamenti, o quantomeno resettare le priorità dei banner che queste persone vedono.
Siamo in piena profilazione, ci autoprofiliamo modificando il nostro status, i nostri parametri su Facebook... giusto che gli inserzionisti ne approfittino e ci raggiungano con consigli per gli acquisti pensati su misura, no?
Scherzi a parte, mi aspetto di vedere in futuro tutta una serie di attività di marketing "su misura" basate proprio su sistemi analoghi di profilazione/autoprofilazione sui Social. Avrebbe molto senso, se fatto con garbo e con rispetto...
Apparizione a sorpresa, con standing ovation, del numero uno di Apple Steve Jobs all'evento di San Francisco, dedicato al lancio dell'iPad 2. Nonostante la malattia, che a gennaio lo ha costretto a lasciare la guida dell'azienda nelle mani del direttore operativo Tim Cook, Jobs non ha voluto mancare alla presentazione della seconda versione del tablet in una fase in cui la concorrenza comincia a farsi agguerrita.
Una tradizione rispettata, dato che il numero uno ha sempre presenziato ai lanci dei nuovi prodotti Apple. Il primo argomento toccato da Steve Jobs, che ha ringraziato il pubblico per l'accoglienza, è stato il servizio iBooks. Poi la magica tavoletta: «L'iPad 2 ha un design completamente nuovo: più leggero, il doppio più veloce, un terzo più sottile della prima versione», ha detto Jobs, con i consueti jeans e maglione girocollo nero, apparso molto magro, ma non più di quanto lo era nelle foto degli ultimi mesi.
Due videocamere, una frontale e una dietro l'apparecchio, uno spessore di 8,8 millimetri, il 33% in meno, e anche più leggero: sono le caratteristiche principali del nuovo iPad. Elemento chiave del nuovo design le due versioni, bianca e nera, che saranno disponibili dal primo giorno del lancio, previsto per l'11 marzo prossimo negli Stati Uniti, il 25 dello stesso mese in 26 paesi del mondo, Italia compresa.
«Il 2011 sarà l'anno dell'iPad2», ha detto Jobs dal palco dello Yerba Buena di San Francisco. Il boss di Apple ha quindi illustrato le particolarità del nuovo prodotto. «Se ci fossimo seduti sugli allori avremmo probabilmente concesso quote di mercato. Invece siamo qui con un design completamente rivisto». Il nuovo iPad è dunque più leggero, più sottile, più potente grazie al chip A5. «Quando lo consegneremo?», ha chiesto ancora enfaticamente Jobs. «In aprile, a maggio, in giugno? No. L'11 marzo negli Stati Uniti, in altri sei paesi a partire dal 25 marzo».
Il nuovo iPad, che è anche dotato di una sofisticata copertura magnetica a protezione dello schermo, costerà come le versione precedente: quella da 16GB, 499 dollari nella versione solo WiFi e 629 in quella con anche la connessione 3G; quella da 32GB, 599 dollari e 729 per arrivare a quella da 64GB che partirà da 699 dollari per arrivare a 829 dollari massimo.
L'iPad di nuova generazione entra in scena in un momento in cui a tenere banco in materia di tablet ci sono anche i costi di questi dispositivi. Un analista di Forrester Research si è sbilanciato, come altri esponenti della comunità tecnologica Usa, nell'affermare che Apple è pronta a ridurre i prezzi di vendita dell'attuale tavoletta per marcare ulteriormente le distanze con la concorrenza e spianare la strada al nuovo arrivato. A Barcellona, nel corso dell'ultimo Mobile World Congress, era già emerso chiaramente come i prodotti in rampa di lancio nelle prossime settimane a firma di Samsung, Motorola, Research in Motion e altri non saranno a buon mercato. Anzi, costeranno mediamente di più dell'iPad.
Il vantaggio competitivo della casa della Mela La conferma ufficiale di questa tendenza è in questa sequenza di cifre. Il tablet della Mela è posizionato sui listini americani a partire da 499 dollari per la versione base e arriva a 829 dollari per quella più pregiata con 64 Gbyte di memoria e connettività Wi-Fi e 3G. Lo Xoom Android di Motorola, che molti hanno etichettato come il vero rivale della tavoletta di Steve Jobs, si potrà comprare senza alcun vincolo di contratto con 799 dollari oppure con 599, legandosi in questo ultimo caso per due anni a uno dei piani tariffari proposti da Verizon Wireless. L'iPad più simile per capacità tecniche a questo prodotto, e cioè il modello 3G con memoria flash da 32 GByte, è in commercio a 729 dollari, 70 in meno di quanti ne servano per lo Xoom.
Gli analisti che hanno fatto le pulci ai due prodotti sono dell'idea di giustificare la differenza di prezzo all'utente finale per un semplice motivo: il tablet di Motorola, quanto a materie prime, costa di più dell'iPad e, stando alle informazioni in possesso di UBM TechInsights e IHS iSuppli, la differenza si aggira in circa 40 dollari (278/359 contro 235/320 a seconda dei diversi parametri considerati). Certo il tablet di Motorola può vantare funzionalità superiori rispetto a quello di Apple, dal processore "dual core" alla doppia fotocamera senza dimenticare lo schermo da 10,1 pollici, ma se - come sembra - la società di Cupertino lancerà l'iPad 2 mantenendo invariata l'esistente scaletta di prezzi ecco evidenziarsi un evidente nuovo vantaggio competitivo per la casa della Mela.
La sfida dei concorrenti, far capire al mercato che non c'è solo l'iPad La prima sfida da vincere per i concorrenti, molti dei quali saliti sul carro di Google, è di fatto la seguente: far capire al mercato, e quindi all'utenza, che non c'è solo l'iPad e che non necessariamente le tavolette alternative all'iPad debbano costare di meno. Ci sono, per contro degli esempi in tale direzione e due esempi, relativi al mercato europeo, lo dimostrano. Il tablet professionale di Fujitsu, lo Stylistic Q550 con display da 10,1 pollici e sistema operativo Windows 7 Professional, sarà venduto infatti a 699 euro; l'Olipad di Olivetti, di identico form factor del precedente ma basato su Android, verrà commercializzato, sia sul mercato consumer che su quello aziendale, a 399 euro. Ma stiamo parlando di player di seconda fascia, non di vendor che si contenderanno le fette più importanti di una torta, potenzialmente molto grande, cui ambisce per esempio un big dei pc come Acer. Che sul piatto dell'offerta ha messo tavolette "low cost" (la famiglia Iconia) ma non sembra oggi nella condizione di fare il botto di vendite come invece successo due anni fa con i netbook.
Un mercato da 15 milioni di pezzi Samsung, Motorola, Research in Motion e le tante aziende del mondo pc che hanno deciso di entrare in questo settore devono sicuramente confrontarsi con una rivale che può esibire, se non un prodotto migliore (ma molti rimangono di questo avviso), numeri impressionanti. L'iPad, in meno di un anno di vita e con 14,8 milioni di unità vendute nel mondo, è diventato uno dei prodotti "top seller" di Apple, superando un'icona come l'iPod. È inoltre uno dei "fastest business" più importanti e a tutto dicembre ha portato poco meno di 10 miliardi di dollari nelle casse della compagnia, con una stima (elaborata da Sanford C. Bernstein & Co) di entrate superiori ai 16 miliardi per l'intero esercizio fiscale 2011. L'iPad 2 ancora non si è visto ma promette di fare anche meglio del suo predecessore, di cui sono stati venduti oltre 300mila esemplari nel corso del suo primo giorno di vita sul mercato e un milione entro i primi 28. Se le previsioni di qualcuno, probabilmente esagerate, che vedono la domanda di tablet poter toccare quota 200 milioni di unità nel 2014, dovessero invece rivelarsi corrette, nell'arena dei tablet ci sarebbe posto per tutti o quasi. Ma sarà veramente questa la dimensione possibile di un mercato che nel 2010 è stato di circa 15 milioni di pezzi, e cioè meno del 5% delle vendite complessive di personal computer?
Cresce in Europa il fatturato delle vendite di prodotti via internet. Nel 2010, il mercato web ha raccolto 81 miliardi di euro, segnando un saldo positivo del 18% rispetto al 2009. E le previsioni per il 2011 sono ancora rosee, con introiti attesi a 92 miliardi di euro e un tasso di crescita del 13%.
Il 57% degli europei adulti ha fatto shopping su internet negli ultimi dodici mesi, spendendo in media 517 euro. Secondo Forrester, che raccoglie i dati del settore, le vendite online cresceranno del 10% di anno in anno sino al 2015, permettendo al Vecchio Continente di rimanere al passo con gli Stati Uniti.
A guidare l’espansione dell’e-commerce sono soprattutto i prodotti elettronici, che già oggi costituiscono il 25% di tutti i prodotti venduti via web.
Corrono le valutazioni dei social media. E i grandi investitori fanno a gara per accaparrarsi una fetta delle società più calde. Dopo Goldman Sachs con Facebook, adesso è il turno di Jp Morgan: la banca meglio uscita dalla crisi finanziaria ha messo gli occhi su Twitter, re del microblogging. Un nuovo fondo «digitale» lanciato dalla banca – il Digital Growth Fund – sta trattando l'acquisto di una quota di minoranza nel gigante dei messaggi da 140 caratteri: forse il 10%, a cifre che valutano l'azienda circa 4,5 miliardi di dollari. Non basta: avrebbe già fatto incetta di titoli sul mercato grigio, dove sono scambiate le azioni delle società non quotate. La sfida dell'iPad: superare se stesso per stare al vertice (di Antonio Dini)
Twitter è tra i protagonisti dell'impennata dei valori dei «marchi» internet di nuova generazione, nati negli ultimi cinque anni e non ancora sbarcati in Borsa. Nelle scorse settimane era trapelato che alcuni investitori sarebbero stati disposti a valutare il gruppo ben di più, fino a otto o dieci miliardi. Ma non è il solo social media a tenere banco: la valutazione di cinque delle più ambite stelle online odierne ha superato i 120 miliardi, sollevando lo spettro di bolle speculative.
Tutto comincia con Facebook: guardando gli scambi sui mercati grigi, è lievitato fino a 84 miliardi. Questo dopo che l'investimento targato Goldman pochi mesi or sono l'aveva già spinto a 50 miliardi. Il newtork per professionisti LinkedIn, da parte sua, ha sfiorato i quattro miliardi. Groupon, colosso dello shopping scontato che ha aperto i battenti nel 2008, è arrivato a 15 miliardi una volta respinte le avances da sei miliardi di Google. Mentre Zynga, popolare creatore di giochi sociali online, oscilla tra i sette i nove miliardi.
Molti di questi protagonisti possono far valere una crescita esponenziale delle loro attività accanto alle valutazioni. Groupon ha moltiplicato il giro d'affari a 760 milioni di dollari nell'ultimo anno, ben 23 volte i 33 milioni del 2009. E ha 60 milioni di utenti in 42 paesi del mondo. L'interrogativo è se questa crescita sia sostenibile, traducibile in crescenti guadagni e sufficiente a giustificare valutazioni multimiliardarie.
Twitter, nato nel 2006, è un ulteriore esempio di questo dilemma. La sua marcia è innegabile: con più di 200 milioni di utenti, è stato citato anche tra i grandi facilitatori di proteste e trasformazioni in Medio Oriente. Quest'anno dovrebbe riportare 150 milioni di entrate, grazie alla pubblicità partita dallo scorso aprile. Le valutazioni hanno tuttavia spiccato il volo oltre ogni previsione: un miliardo ancora nel 2009, 3,7 miliardi a fine 2010, tra i 4,5 e i dieci oggi. C'è chi non teme gli effetti sui mercati e sull'economia di una bolla: le ragioni più citate sono l'esiguo numero e l'estrazione d'elite degli investitori che, al contrario del passato, scommettono sui social media. E la concentrazione delle «puntate» su pochi leader del settore, che avrebbero maggiori chance.
Ma restano le perplessità sul futuro. Il rischio è che le grandi operazioni attorno a Twitter e altri marchi abbiano eccessive finalità finanziarie e troppo poco industriali. Ne è convinto il professor Giuliano Noci, vicedirettore del Mip, la business school del Politecnico di Milano: «Siamo davanti a logiche eccessive e valutazioni che ricordano una certa esuberanza irrazionale, come la definì all'inizio degli anni duemila l'allora governatore della Federal Reserve, Alan Greenspan».
Il valore per utente di Twitter sulla base del deal Jp Morgan sarebbe di 23 dollari, il doppio di quanto Aol ha pagato l'Huffington Post, «che ha fonti di revenue più chiare». Senza contare che l'operazione Jp Morgan-Twitter, sostiene Noci, potrebbe avere la sola ottica della speculazione e puntare alla rivendita delle quote a Microsoft e Google, indietro nel segmento dei social network». Intanto la sete di scommesse degli investitori non accenna a placarsi. Il fondo «digitale» di Jp Morgan ha raccolto 1,2 miliardi, il doppio delle attese. E dopo Twitter ha nel mirino Zynga.
di Daniele Lepido, Marco Valsania e Antonio Dini su IlSole24ORE.com