Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Nei primi nove mesi dell’anno, il mercato degli investimenti pubblicitari in Italia si attesta a +2,5%, rispetto allo stesso periodo del 2015. Nel mese di settembre la raccolta è in calo del 2,4%. Se si aggiungesse anche la stima sulla porzione di web attualmente non monitorata (principalmente search e social), il mercato chiuderebbe il mese di settembre con un lieve calo dello 0,6% e i primi nove mesi in crescita del 4,3%.
“Secondo le nostre stime” – spiega Alberto Dal Sasso, TAM e AIS Managing Director di Nielsen – “il valore apportato a settembre ammonta a quasi 700 milioni, sostanzialmente in linea con quanto raccolto nello stesso mese del 2015, che si era distinto per un’ottima performance, tanto da imporsi come il miglior mese dell’anno in termini di incremento in valore assoluto. La stagione dei grandi eventi sportivi, dunque, si è definitivamente chiusa con una crescita significativa, in linea con le previsioni, stabilizzandosi dopo l’estate”.
Relativamente ai singoli mezzi, la tv rallenta rispetto a quanto fatto registrare nel resto dell’anno. A settembre cresce dell’1,2%, chiudendo i nove mesi a +7,0%. Sempre in segno negativo la stampa: quotidiani e periodici calano nel singolo mese rispettivamente del 10,1% e del 5,3%, attestandosi nel periodo cumulato a -6% e -3,8%. A causa di un settembre negativo (-4,6%), la radio riduce l’incremento della sua raccolta nel periodo gennaio – settembre (+0,6%), rimanendo comunque in terreno positivo.
La crescita di internet è dovuta principalmente a search e social, sulla base delle stime realizzate da Nielsen. Relativamente al perimetro attualmente monitorato in dettaglio, infatti, il web registra un decremento del 2,2%% nel periodo cumulato e un calo a settembre del 6,3%. Allargando il perimetro all’intero universo del web advertising, i primi nove mesi dell’anno chiudono a +8,1%.
Seppur il mese sia stato negativo per il cinema, il mezzo continua ad assestarsi in terreno positivo nel periodo cumulato, crescendo dell’8,6%. Go tv e Transit risentono ancora della presenza di Expo nel confronto con il periodo corrispondente del 2015, attestandosi nei primi nove mesi rispettivamente a -10,4% e -3,4%. Torna a crescere l’outdoor, segnando un +0,4% nella crescita cumulata.
Per quanto riguarda i settori merceologici, sette continuano ad avere un segno negativo. Per i primi comparti del mercato, si registrano andamenti differenti nel periodo gennaio – settembre: crescono le telecomunicazioni (+9,6%), la distribuzione (+17,2%) e i farmaceutici/sanitari (+10,4%), cui si contrappongono i cali della finanza (-13,7%) e dell’abbigliamento (-6,5%). Tra gli altri che contribuiscono alla crescita, si segnalano le buone performance del mercato delle automobili (+8%), industria/edilizia (+34,6%), turismo/viaggi (+11,2%), tempo libero (+18%), abitazione (+9,1%) e bevande (+7%).
“A fronte di un autunno 2015 particolarmente positivo e dopo le crescite di questa estate – conclude Dal Sasso – avevamo previsto un autunno più cauto. I prossimi mesi da qui a fine anno potrebbero chiudersi in linea con lo stesso periodo o in leggero calo, ma possiamo confermare che il 2016 si conluderà in positivo. Il susseguirsi di eventi come la Brexit, le elezioni presidenziali americane o il Referendum costituzionale, per citarne alcuni, non aiuta gli operatori a investire con tranquillità nell’immediato futuro, la cui stabilità è tutta da interpretare e da costruire soprattutto in ottica 2017”.
Lorenzo Sassoli, presidente di UPA – l’associazione degli investitori pubblicitari – ha commentato: “Constatiamo nove mesi di fila in crescita, che confermano pienamente le nostre previsioni di una chiusura dell’anno sopra il 3%. Ci aspettavamo un rallentamento autunnale, soprattutto per i rilevanti fattori esogeni di incertezza politico-economica internazionale e nazionale, ma questi almeno fino a settembre hanno avuto effetti meno rilevanti, anche se non consentono di fare previsioni, ad oggi, sullo scenario del prossimo anno”.
Via Spot and Web
Amazon dovrebbe annunciare già questa settimana una nuova soluzione di header bidding basata su cloud rivolta principalmente agli editori, secondo quanto è riuscito a scoprire AdAge. L’header bidding è diventato nell’ultimo periodo uno dei più importanti segmenti dell’ad tech, che consente ai publisher di trarre maggiore valore dai propri spazi potendo scegliere tra offerte multiple simultaneamente. Lato advertiser, in generale, permangono invece alcuni punti di domanda legati soprattutto al tema della trasparenza.
Un nuovo header bidding
L’header bidding è dominato da attori come Facebook e Google mentre attori come Rubicon Project stanno cercando di rafforzare questo asset. Amazon non è nuovo a questo settore ma la novità è che l’offerta sarà basata su cloud. L’header bidding, a livello tecnico, spiega l’esperto Alessandro Sisti sul suo sito, funziona nel seguente modo: “prima ancora di passare la chiamata all’adserve, un container html nella pagina del publisher invia in parallelo una bid request a tutte le piattaforme SSP degli Adexchange Partner, indicando il time out massimo per chiudere l’asta, entro i limiti di una latenza accettabile per l’utente web”. La nuova proposta di Amazon, invece, non lavorerà attraverso questa modalità: le richieste pubblicitarie, infatti, non verranno più gestite sui browser dei consumatori ma sul cloud attraverso server, con benefici sul caricamento delle pagine.
Amazon non è il primo a puntare sul cloud
Secondo AdAge già altre società hanno tentato un approccio simile all’header bidding, senza successo. Amazon, in questo senso, ha un grande vantaggio: il poter contare su un’offerta cloud ampia, articolata e funzionate da diverso tempo. Ed è stato uno dei pionieri dell’header bidding in veste d’inserzionista: ora sta aggredendo il comparto dall’altra parte della catena, cioè quella dei publisher.
La sfida a Google e ai big dell’ad tech
Come più volte affermato anche dallo stesso Google, il programmatic è una delle aree a maggiore crescita e in cui il gigante pubblicitaria ha un ruolo preminente. Sul campo dell’header bidding, come racconta AdAge, Google è invece più indietro mentre solo da pochi mesi Facebook ha reso noto di essere al lavoro per integrare l’header bidding in Audience Network. E, ora, sta entrando anche Amazon, con una offerta unica che nonostante alcuni elementi ancora poco chiari, promette di porsi come reale alternativa alle soluzioni più note. Aumentando ancora il livello competitivo.
Via DailyOnline
Il numero delle campagne online che include una componente mobile in Europa nel 2016 è pari all’87% del totale. In Italia, la percentuale arriva addirittura a coprire il 96% del totale delle campagne, più di qualunque altro Paese europeo. Sempre nel 2016 in Italia, in termini di incidenza, le impression mobile rappresentano il 60% di tutte le impression misurate.
Comprensione del mobile adv
In Italia la misurazione mobile è stata introdotta all’interno di Nielsen Digital Ad Ratings (DAR) alla fine del 2015. Per investitori, agenzie ed editori è sempre più strategico comprendere quanto le loro campagne mobile siano in grado di raggiungere efficacemente i propri target. Recenti ricerche dimostrano che advertiser e agenzie di tutto il mondo hanno fra i loro obiettivi prioritari una migliore comprensione degli impatti e della capacità del mobile advertising di raggiungere il target desiderato.
Il peso del mobile
“I dati di Nielsen Digital Ad Ratings che identificano la capacità di andare a target delle campagne digitali stanno aiutando i player della pubblicità a misurare il ritorno delle proprie campagne sul web – ha dichiarato Luca Bordin, g.m. Media Sales&Solutions di Nielsen -. Il peso rilevante della componente mobile nelle campagne rivela l’importanza che advertiser e centri media stanno attribuendo a questa forma di comunicazione e alla sua capacità di raggiungere target specifici. La precisione e la granularità delle informazioni fornite da Nielsen DAR sono fondamentali per comprendere le performance anche delle campagne mobile”.
Differenze nel raggiungere il target
I risultati dello studio evidenziano come ci siano differenze fondamentali nella capacità di raggiungere il target da parte dei diversi device. In particolare la percentuale di impression a target sul totale delle impression erogate per i target femminili è costantemente più alta per i posizionamenti mobile rispetto a quelli desktop. Per i target maschili vale esattamente il contrario. A livello europeo, per esempio, il classico target del mondo del largo consumo, ovvero le donne 25-54, è raggiunto mediamente dal 34% delle impression erogate, ma se scendiamo a livello di device emerge che per il desktop la percentuale di impression a target è pari al 33% contro il 41% del mobile. Per gli uomini vale il contrario: 40% è la percentuale media di impression a target che si confronta con il 41% del desktop e il 33% del mobile. In Italia sullo stesso target la situazione è pressoché analoga: il dato medio per le donne 25-54 è pari al 37% (36% desktop e 41% mobile), a fronte di una media per gli uomini del 44% (45% desktop e 34% mobile). La spiegazione di questi risultati non va ricercata tanto nella capacità dei sistemi di planning ed erogazione della pubblicità digitale di mandare le impression a bersaglio, quanto in un diverso approccio di uomini e donne al differente utilizzo dei due device.
Via DailyOnline
Gli investimenti pubblicitari globali sui social media cresceranno del 72% tra il 2016 e il 2019, in aumento da 29 miliardi di dollari a 50 miliardi. A rivelarlo è Zenith con il nuovo report “Advertising Expenditure Forecasts”, pubblicato oggi. L’advertising sui social media varrà il 20% dell’intera spesa internet advertising nel 2019, in crescita dal 16% del 2016. Il social media advertising, dunque, crescerà del 20% all’anno e nel 2019 il suo valore sarà solo dell’1% inferiore a quello della pubblicità sui quotidiani (50,2 miliardi di dollari statunitensi per i social media rispetto ai 50,7 miliardi di dollari per i quotidiani). Dal 2020, poi, i social media avranno un sicuro sopravanzo sui quotidiani in termini di investimento pubblicitario. Le piattaforme social media hanno beneficiato della rapida evoluzione e adozione della tecnologia mobile, ormai utilizzata dai consumatori nella vita di tutti i giorni. Per molti utenti, infatti, i social media sono sia un punto cardine della vita sociale sia la principale fonte di informazioni. All’interno di questo contesto di fruizione, le attività di social media advertising si inseriscono con minimi livelli di intrusività nel flusso del news feed generato dagli utenti e si rivelano molto più efficaci rispetto ai formati banner, che spesso interrompono la fruizione di internet, specialmente sui dispositivi mobile.
Il sorpasso degli online video sulla radio
L’online video advertising sta crescendo a tassi simili a quelli dei social media (18% annuo) e nel 2019 raggiungerà i 35,4 miliardi di dollari a livello mondiale, superando di pochissimo la spesa pubblicitaria raccolta dalla radio (35 miliardi di dollari). L’online video, inoltre, sta beneficiando della diffusione dei dispositivi mobile, così come sta traendo vantaggio dallo sviluppo delle connessioni ad alta velocità e dai miglioramenti dei display portatili. Ormai è una strategia consueta per i brand utilizzare i video online come complemento alla tv ma per la maggior parte delle marche non ha ancora senso sostituire gli spot tv con spot per il web. Entro il 2019, dunque, l’online video advertising varrà meno di un quinto (18%) della spesa pubblicitaria in televisione.
Il 2017 sarà un anno difficile
Zenith prevede una crescita del mercato adv del 4,4% nel 2017, lo stesso tasso di crescita previsto per il 2016. Si tratta di una performance nient’affatto scontata: l’inaspettato risultato del referendum in Regno Unito circa l’uscita dall’Europa e l’esito delle elezioni presidenziali americane, infatti, hanno aumentato l’incertezza politica e fatto crescere il rischio di restrizioni agli scambi internazionali. Il 2017, inoltre, vede un duro confronto con il 2016, anno in cui la spesa è stata elevata in seguito alle elezioni americane, alle olimpiadi estive e ai campionati europei di calcio – eventi che hanno luogo ogni quattro anni.
Crescita costante nella spesa pubblicitaria
Zenith si attende una crescita costante nella spesa pubblicitaria globale per gli anni successivi al 2017, con un 4,4% di aumento atteso nel 2018 e un 4,1% nel 2019. In prospettiva dal passato, la crescita degli investimenti pubblicitari si è mostrata decisamente stabile dal 2010 in poi, con un tasso tra il 4 e il 5% annuo, generalmente alla pari o al di sotto della crescita registrata dal PIL globale. Prima della crisi finanziaria, infatti, l’investimento pubblicitario aveva andamenti più che proporzionali rispetto all’economia generale, mostrando crescite più veloci nei periodi di espansione e contrazioni più brusche nei periodi di recessione, con cambiamenti frequenti nei tassi di crescita anno su anno. Recentemente, invece, il mercato pubblicitario globale sembra essere entrato in una fase di crescita più stabile.
Trend positivo dell’Asia e ripresa nell’Est europeo
Sebbene la crescita della spesa pubblicitaria globale sia costante, la sua distribuzione nel mondo non è uniforme. Gli investimenti pubblicitari, infatti, registrano una contrazione del 4,9% annuo nel Medio Oriente e in Nord Africa a causa dei conflitti e dei bassi prezzi del petrolio, mentre l’America Latina cresce solo dell’1,7% all’anno, vista la recessione in Argentina, Brasile, Ecuador e Venezuela. L’Asia, invece, è il mercato che sta aprendo la strada alla crescita. Nel corso degli ultimi anni, la crescita della Cina ha notevolmente rallentato, ma si attesta ancora al 7% annuo e si dimostra essere il secondo più grande mercato al mondo dopo gli Stati Uniti, apportando investimenti pubblicitari aggiuntivi ogni anno. Zenith si aspetta che la Cina contribuirà per il 25% alla crescita globale nella spesa pubblicitaria tra il 2016 e il 2019. Ci sono altri tre mercati in Asia – India, Indonesia e Filippine – dove l’agenzia prevede una crescita della spesa pubblicitaria a doppia cifra fino al 2019. India, Indonesia e Filippine sono tutti mercati rilevanti, con dimensioni che vanno dai 3,5 miliardi di dollari nel 2016 (le Filippine) ai 7,5 miliardi di dollari (sia per l’India, sia per l’Indonesia). Questi tre mercati nel loro insieme, contribuiranno al 12% della crescita globale nel 2019. La spesa pubblicitaria in diversi mercati dell’Europa orientale – in particolare Russia, Ucraina e Bielorussia – ha sofferto del conflitto in Ucraina, delle conseguenti sanzioni imposte da Russia, Stati Uniti e Unione Europea, oltre che del forte calo nel prezzo del petrolio. Benché in questi tre mercati la spesa pubblicitaria si sia ridotta del 12% nel 2015, si è però evitato il collasso ed è iniziata la ripresa a partire da una base di mercato ridotta. Zenith prevede una crescita dell’8% nel complesso dei tre mercati per quest’anno, seguito da un +9% nel 2017. Questi paesi contribuiranno al 2% per la crescita globale della spesa pubblicitaria fra il 2016 e il 2019.
La situazione italiana
Secondo il nuovo report, l’Italia chiuderà l’anno a +3,1% rispetto al 2015, mentre la crescita nel 2017 e nel 2018 sarà lievemente più contenuta, attestandosi rispettivamente al 2,2% e al 2% (dati a prezzi correnti). Il totale degli investimenti pubblicitari digitali del nostro Paese si attestano a quasi 2 miliardi di euro. Complessivamente a farla da padrone è la tv con il 47,1% del totale mezzi, seguita da: internet al 27,4%; quotidiani all’8,5%; magazine al 6,2%; radio 5,7% e outdoor al 4,9%.
Via DailyOnline
Internet è diventato una componente essenziale della comunicazione tra marketer, advertiser e consumatori. Più nel dettaglio, i siti web sono oggi il primo porto in cui i consumatori cercano informazioni ed eventualmente concludono acquisti di beni e servizi on e anche offline.
Di conseguenza le aziende stanno incrementando la loro presenza in internet e migliorando le operazioni pubblicitarie attraverso cui sia i clienti attuali sia quelli potenziali ricevono annunci promozionali con contenuti rilevanti e significativi. È questo il tema di una indagine svolta da Eurostat sull’utilizzo dell’internet paid advertising sull’area Eu 28, che vede l’Italia ancora una volta indietro nei confronti degli altri big europei.
I risultati principali
• Il 77% delle aziende Eu 28 ha un sito internet e il 25% ha utilizzato servizi pubblicitari nel 2016.
• L’attività di targeting prediletta è stata quella di contextual advertising, che utilizza le informazioni relative alle pagine web visualizzati dagli utenti. Alla base di questo successo c’è la semplicità di implementazione a livello tecnologico.
• Più della metà (53%) dei servizi di accoglienza utilizza la pubblicità online; l’83% di questi si serve del contextual advertising.
• A dispetto di quanto si potrebbe credere, la pubblicità in rete non mira solo a generare vendite sui canali online. Anche l’offline ha un ruolo cruciale nell’attività di pianificazione. Tra il 25% di aziende che fa pubblicità online solo il 7% conclude transazioni in questo ambiente.
I dati Eurostat per l’Italia e alcuni confronti
Il 18% delle imprese in Italia fa pubblicità in rete, meno di una su cinque. La Germania è al 28%, la Spagna al 23%. Valori lontanissimi dalla media del 25% che ci posizionano davanti a Portogallo e Romania, in compagnia della Francia, ma dietro a Bulgaria e Ungheria (19%).
L’utilizzo del contextual advertising è al 76%, poco al di sotto della media del 78%. Curiosamente la Grecia si attesta all’83% mentre al top c’è la Repubblica Ceca (89%). Per quanto riguarda la presenza attraverso siti web l’Italia è al 71% sotto la media del 77%; dati al ribasso anche in ambito social in cui è attivo il 39% delle imprese tricolori a fronte di un 45% nell’Eu 28. I tassi di adozione di behavioural (24%), geo (30%) e altri metodi di targeting (36%) completano il sofferente quadro italiano.
Contextual, behavioural e geo targeting
Il predominio del contextual advertising e l’uso di tecnologie embeddate su siti e app attraverso cui è possibile selezionare gli annunci basati sul contenuto delle pagine visitate dai navigatori web è scritto a chiare lettere. Il contextual advertising è la modalità utilizzata dal 78% delle imprese con una ripartizione simile tra big e PMI. La tecnica del contextual advertising può sfruttare anche specifiche keyword delle ultime ricerche di un device, generando una correlazione positiva tra la pubblicità e gli interessi delle persone.
Anche il behavioural targeting è un metodo utilizzato da diverse inserzionisti. Basato sulle attività di browsing passate degli utenti collezionate tramite cookies, il sistema per raccogliere le tracce digitali è un’importante risorsa per raccogliere informazioni su interessi, preferenze e attività di shopping e quindi intraprendere la profilazione dell’audience per target. Il behavioural targeting, nel 2016, è stato adottato dal 27% delle attività.
Quindi lo studio segnala anche i servizi di geolocalizzazione, che raccolgono informazioni come l’indirizzo IP e il network wi-fi. Informazioni sull’individuo tra cui la nazione in cui vive, la città e la regione, sono preziose per la successiva fase di targeting. A rivolgersi al geo-targeting nelle attività di pianificazione è il 30% delle società Eu 28, con una leggera prevalenza delle grandi aziende.
La categoria che non copre le soluzioni sopra menzionate raccoglie altre pratiche di targettizzazione e l’ha usata il 35% delle aziende. In questo caso le informazioni sono ricavate da annunci statici su siti tematici o generalisti e d’informazione.
L’uso di funzionalità avanzate nei siti e i social media hanno consentito alle aziende non solo di abbracciare una nuova generazione di piattaforme di comunicazione ma anche di estendere la reach delle operazioni pubblicitarie. Oggi 1 impresa su 4 fa pubblicità online e poco meno di 4 su 5 hanno un sito web. L’avere un sito web, poi, è un requisito “quasi “ fondamentale per fare advertising. Il 45% delle società è, infine, presente sui social media. L’Italia soffre, l’Europa prova a crescere.
Via DailyOnline
Google is going to let advertisers target YouTube ads based on people's search histories, giving brands a whole new perspective into the consumer mindset.
On Friday, Google announced updates to its YouTube offering for advertisers, including a promise of new measurement tools to help marketers understand their campaigns. But it was the introduction of search data into the targeting of YouTube video spots that most intrigued advertisers.
Brands could start to consider pushing video ads to YouTube viewers who recently searched for a retail product, travel destination or movie show time.
"There has been targeting on YouTube based on what videos people watch there," said one top advertising exec, speaking on condition of anonymity because of a close relationship with Google. "Now, for anyone logged in, their search history can be applied to targeting on YouTube. There's some interesting possibilities there, and it greatly expands the audience advertisers could reach."
Google's search data is considered among the most powerful information for guiding advertising, but Google has kept it under tight wraps, careful when applying it toward ads outside the search experience.
Google faces extra scrutiny from regulators and privacy advocates when it comes to collecting consumer data and applying it to its ad products.
For years, the company kept a wall between search and other ad products, but increased competition from Facebook has made that commitment impractical.
Google declined to comment for this story, but did post a blog statement on Friday.
Google users can turn off ads personalization in their settings.
"As more viewership on YouTube shifts to mobile, we're making it easier for advertisers to deliver more relevant, useful ads across screens," Diya Jolly, YouTube's director of product management, said in the blog post. "Now, information from activity associated with users' Google accounts (such as demographic information and past searches) may be used to influence the ads those users see on YouTube."
Mr. Jolly described how someone searching for a winter coat could then see an ad in YouTube from a retailer.
Google said that more than 50% of YouTube video is viewed on mobile devices.
Google also revealed that it was working on a "cloud-based measurement solution" over the next year, to give advertisers more information into how their campaigns perform but balancing that with consumer privacy.
The measurement development appears to be a nod to the advertising uproar over the past few months, in which brands have begun to question the accuracy of the numbers coming out of the platforms like YouTube and Facebook.
"With this new solution, advertisers will have access to more detailed insights from their YouTube campaigns across devices, so they can better understand the impact of their campaigns on their highest-value customers," Mr. Jolly's blog post said. "For instance, a car manufacturer could get a rich understanding of how YouTube ads across devices influenced a specific audience (like previous SUV buyers)."
via Advertising Age
Concentrazione, specificità dei formati e mobile. Sono questi gli elementi critici del mercato del digital advertising individuati da Marta Valsecchi, direttore Osservatori Internet Media e mobile strategy degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano in un articolo pubblicato su LinkedIn. L’anno scorso, infatti, il comparto pubblicitario online è sì cresciuto, ma a una sola cifra, al ribasso rispetto alle iniziali aspettative e con percentuali inferiori se confrontate al resto d’Europa e del mondo.
Secondo Valsecchi ciò è dovuto principalmente alla tv: eventi sportivi e un abbassamento dei prezzi degli spot tv hanno impattato negativamente sul digitale. Per tornare ai tre fattori al centro dell’articolo, la concentrazione “è sempre più stringente”. In Italia, infatti, Facebook e Google hanno in mano il 68% del mercato online a fronte di un calo registrato “dagli operatori associati a FCP-Assointernet”. Quindi Valsecchi ha affrontato il tema dei formati, suddivisi in cinque categorie: display, search, classified, email e native. Ognuna di queste presenta caratteristiche e dinamiche proprie, ma è la display a fare la parte del leone, assorbendo il 57% degli investimenti (36% banner e 21% video); al secondo posto il search rimane stabile al 32% mentre il classified completa il podio al 9% mentre email e native fanno numeri ancora molto piccoli.
Valsecchi conclude parlando del mobile, vero e proprio traino del segmento grazie a una performance in ascesa del 54%, ma la sua quota è ancora lontana dai valori di traffico: solo il 30% degli investimenti contro “un tempo medio speso sul canale decisamente superiore a quello su Pc”. Di questo tema si parlerà il prossimo 9 febbraio, in occasione del Convegno dell’Osservatorio Mobile B2c Strategy.
Via DailyOnline
L’ultima cosa che un brand vuole fare è sparare una campagna costosa verso le persone sbagliate e non interessate al loro prodotto o servizio. Una situazione molto comune in realtà, basti pensare alle classiche attività display, per non parlare della tv o della stampa, dove la targetizzazione avviene solo per genere di siti, o giornali o programmi televisivi.
Così, mentre la tecnologia pubblicitaria ha dato ai brand una moltitudine di strumenti con cui lavorare, la chiave per sviluppare una campagna in modo corretto, è sapere come definire il pubblico di destinazione e come mettere le mani nei dati.
Contextual targeting
Come detto prima, il metodo più elementare è la segmentazione del pubblico in base al contesto. Il vantaggio del targeting contestuale è che gli annunci sono di solito abbinati più o meno all’ambiente circostante ed è di facile creazione. Ci sono diversi livelli di targeting contestuale, ognuno con i suoi usi e i suoi vantaggi specifici.
La categoria targeting generale: al livello più alto, gli annunci possono essere mirati in base alla categoria del sito o dell’applicazione. L’Interactive Advertising Bureau (IAB) ha delineato una lunga lista di categorie e sottocategorie a cui gli editori fanno riferimento per avere uno standard comune.
Dominio del sito web: una campagna può essere finalizzata a un particolare dominio o applicazione. Mentre la portata di questo tipo di targeting è relativamente limitata, può essere utile per indirizzare i visitatori a siti con una stretta connessione con il prodotto o servizio.
Il targeting contestuale in base al contenuto della singola pagina o sottocategoria del sito: questo metodo è più preciso, ma elimina il vantaggio della facilità e rapidità nel pianificare le campagne.
Molto spesso il contenuto targeting contestuale è fatto attraverso parole chiave sia per il contenuto del testo sia per i contenuti multimediali. L’esempio più evidente di parola chiave per il targeting contestuale è AdWords di Google. Quasi tutte le piattaforme (DSP) consentono agli inserzionisti di inserire un elenco di parole chiave e il contenuto della pagina di destinazione o di parti di pagine a cui far riferimento per le campagne.
Meteo e altri eventi esterni
Il targeting basato sugli eventi come il clima e i grandi appuntamenti sportivi, può essere molto efficace. Una società che vende pizza al supermercato già pronta, potrebbe lanciare una campagna promozionale nel fine settimana per gli appassionati di calcio o di sport in generale. Un servizio di riparazione auto potrebbe scegliere di far visualizzare gli annunci subito dopo condizioni climatiche avverse come la pioggia o la neve. E un’azienda farmaceutica potrebbe far partire una campagna quando i livelli di polline aumentano nell’aria.
Behavioral targeting
I metodi descritti sopra portano vantaggi significativi, ma quando si tratta di raggiungere i clienti a un livello più personale, sviluppando una campagna basata sul comportamento passato di ogni singolo consumatore e non più sulla massa, con un approccio uno a uno (e sempre più spesso sul comportamento futuro) è la vera svolta per il marketing. Nessun altro metodo fornisce soluzioni migliori verso gli interessi dei clienti, simpatie e antipatie, personalità e altre cose che possono o non possono renderli preziosi. Naturalmente, il targeting comportamentale richiede che la maggior parte dei dati e degli strumenti di gestione siano fra i più avanzati per eseguire il lavoro correttamente.
First-Party Data Targeting
I CRM sono abbastanza diffusi, ma ancora adesso molte aziende non ne fanno uso, oppure li utilizzano in ambiente chiusi, non rendendosi bene conto che quello che hanno in mano, a volte, vale più dei prodotti in vendita. Dei dati di prima parte certificati e classificati con una DMP possono essere rivenduti come dati di seconda parte e rappresentare per molte aziende addirittura la prima voce di profitto.
Targeting demografico
Il targeting demografico (in base alla posizione, genere o lingua) può sembrare un modo meno glamour di raggiungere un pubblico di valore, ma è, in realtà, non meno prezioso rispetto ad altri metodi. Combinate con dati comportamentali, per esempio, le azioni intese a determinati gruppi demografici possono dare molti risultati. Senza contare che un annuncio può essere del tutto inutile se visualizzato nella nazione o lingua sbagliata.
Sesso/Età & Targeting
Molti prodotti e servizi sono realizzati appositamente per uomini o donne, persone anziane o Millennials. Quindi, età e sesso sono parametri importanti quando si tratta di targeting.
Come si fa?
Per gli utenti normali, in base al comportamento e agli argomenti visualizzati.
Tuttavia, per gli inserzionisti che utilizzano piattaforme specifiche come Facebook o Instagram, le cose sono molto più semplici in quanto gli utenti forniscono tali dati al momento della registrazione.
Altri segmenti demografici
Il targeting può anche essere effettuato sulla base di altre condizioni come: sposato / single / sposati con figli, tutte informazioni che sono utili per gli inserzionisti.
Geolocation
La geolocalizzazione è una delle condizioni di targeting più dinamiche (dal momento che può cambiare in modo casuale, e spesso lo fa, nel mondo di oggi grazie alle connessioni da cellulare o wi-fi) ed è una delle informazioni più preziose per le aziende.
Il targeting per geolocalizzazione può avvenire in vari modi, tra cui:
- Geolocalizzazione basata su IP: l’indirizzo IP di un utente di internet vi darà un’idea generale della sua posizione ed è utilizzato con grande efficacia per stabilire il paese e la città.
- Hyperlocation (con applicazioni mobili): per la geolocalizzazione basate su GPS.
- Hyperlocation basata su Geofencing per perfezionare l’esatto punto di posizione in luoghi molto specifici (fino a pochi metri in alcuni casi).
Gli annunci pubblicitari per alcuni prodotti possono essere visualizzati in base ai dati noti sui dintorni come il reddito medio delle famiglie.
Device Targeting
Insieme con la geolocalizzazione, il device targeting è particolarmente utile per le campagne mobili. Ciò ha implicazioni evidenti per la pubblicazione di annunci locali, annunci contestuali o coupon promozionali anche per i negozi, ristoranti, hotel, meccanico, gommista etc. nelle immediate vicinanze dell’utente. Questi sono fra i principali metodi di targetizzazione comuni a tutti, ma ogni industry ne ha di propri da sfruttare per ottenere dei grandi risultati dalle campagne in programmatic advertising.
Via DailyOnline
Il mercato degli investimenti pubblicitari chiude il 2016 in crescita dell’1,7% rispetto al 2015. Nel singolo mese di dicembre la raccolta cresce dell’1,2%. Se si aggiungesse anche la stima sulla porzione di web attualmente non monitorata (principalmente search e social), il mercato chiuderebbe il mese di dicembre a +3% e il periodo consolidato in crescita del 3,4%, come previsto.
“Da più parti si era parlato di una crescita intorno al 3%, grazie anche a un autunno che, nonostante le incertezze provenienti da più ambienti, si è dimostrato in linea con le crescite mesi precedenti. Il terzo trimestre consecutivo di crescita dà segnali di consolidamento e di stabilità per il futuro” – spiega Alberto Dal Sasso, TAM e AIS Managing Director di Nielsen.
Relativamente ai singoli mezzi, la tv cresce del 4% a dicembre, chiudendo l’anno a +5,4%. Sempre negativa la stampa: quotidiani e periodici nel singolo mese si attestano rispettivamente a -8,4% e – 9,3%, calando nel 2016 del 6,7% e del 4%. Conferma l’andamento positivo la radio: la crescita di dicembre (+15%) porta la raccolta complessiva dell’anno a +2,3%.
L’incremento di internet è dovuto principalmente a search e social, sulla base delle stime realizzate da Nielsen. Relativamente al perimetro attualmente monitorato in dettaglio, infatti, il web cala del 2,3% nel periodo cumulato e dell’1,2% nel singolo mese di dicembre. Allargando il perimetro all’intero universo del web advertising, la raccolta del 2016 chiude a +7,5%.
Positiva la performance del cinema a dicembre e nei 12 mesi (+6,9%). Il transit torna in positivo a dicembre, ma rimane negativo il periodo cumulato (-2,6%). L’ottimo andamento della GoTv a dicembre porta a +3,4% il confronto con il 2015. L’outdoor chiude l’anno a -4,3%.
“Guardando all’andamento complessivo dell’anno – aggiunge Dal Sasso – si nota che la crescita è stata trainata da un maggior investimento medio su tutti i mezzi, da parte di un numero minore di aziende rispetto al 2015. Dopo tre anni di “rosso”, tornano in positivo alcuni settori fondamentali per il mercato come le automobili e la telefonia, che storicamente sono stati motore di crescita nel periodo d’oro della pubblicità. Dall’altro lato si assiste a una comprensibile frenata da parte della finanza, motivata anche dal momento non florido del comparto bancario”.
Per quanto riguarda i settori merceologici nel dettaglio, solo 6 arrivano a fine 2016 con un segno negativo. Per i primi comparti del mercato, si registrano andamenti differenti nei 12 mesi: crescono le telecomunicazioni (+4,8%), la distribuzione (+11,2%) e i farmaceutici/sanitari (+7,7%), cui si contrappongono i cali della finanza (-14%) e dell’abbigliamento (-5,9%). Tra gli altri che contribuiscono alla crescita, si segnalano le buone performance del mercato delle automobili (+5,9%), industria/edilizia (+38,4%), tempo libero (+16,9%) e abitazione (+6,3%).
“Il 2017 – conclude Dal Sasso – inizia con una buona spinta. Anche se privo di grandi eventi mediatici, l’anno beneficerà di un 2016 che ha visto il consolidamento degli investimenti da parte di aziende abituate a comunicare e che continueranno a farlo. Probabilmente saranno sacrificati i piccoli budget, ma in periodi di incertezza è una dinamica di mercato preferibile per una industry che sta affrontando un grande cambiamento in termini di innovazione tecnologica e organizzativa”.
“Avevamo previsto una crescita del mercato a fine 2016 poco sopra il 3%, ma siamo andati oltre. Il dato del 3,6%, appena reso noto da Nielsen, fa sì che il 2016 sia l’anno di conferma di una crescita che sembra consolidarsi”, ha commentato Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente di UPA – l’associazione di riferimento degli investitori pubblicitari.
“Per quanto riguarda il 2017 non possiamo che confermare le nostre previsioni, ossia che sarà il terzo anno consecutivo a chiudere in positivo, sopra il 2%, e ciò rimarca, nonostante si tratti di un anno dispari senza eventi importanti e con diverse incognite politico-economiche, la voglia di crescere del mercato della comunicazione”.
Via Spot and Web
Google ha preso sul serio la questione brand safety su YouTube. La società, infatti, ha reso noto che solo i canali con più di diecimila iscritti potranno essere abilitati alla vendita della pubblicità. Si tratta solo dell’ultimo di una serie di annunci, come quello relativo alla partnership con comScore, da parte del gigante di Mountain View. Il clima è abbastanza turbolento e la più grande concessionaria non può permettersi di fare altri passi falsi, non tanto per quanto riguarda il business, che non viene scalfito da questo boicottaggio, quanto per l’impegno assunto dalla società per costruire una pubblicità migliore, sancito con la costituzione della Coalition for Better Ads, insieme a Facebook, IAB e P&G. ornando all’annuncio di Big G ha anche detto che qualsiasi creator supererà i diecimila iscritti, dovrà superare un processo di revisione per cominciare a vendere pubblicità. I creators dovranno dunque essere accettati dallo YouTube Partner Program, un’iniziativa nata nel 2007 per dare ai produttori di video e ai canali una fonte di monetizzazione e alimentare così la piattaforma. La novità non mira solo a proteggere i brand o l’immagine di Google, ma vuole anche andare a certificare i creators affidabili, i cui contenuti sono merce preziosa per gli inserzionisti in questi tempi di carenza di fiducia e di poca trasparenza. “Vogliamo che i creators di tutte le dimensioni possano sfruttare le opportunità di YouTube, e crediamo che questo nuovo processo di applicazione contribuirà agli stessi di continua a generare ricavi”, ha scritto Ariel Bardin, VP of Product Management di YouTube.Via DailyOnline
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