Una ricerca di SensorTower ha provato a consegnare una risposta al mercato, escludendo però le app relative all’universo del gaming per capire quali sono i prodotti ad aver concepito un modello di revenue redditizio. Sebbene molte ricerche indichino un immobilismo verso il download di nuove app e una situazione di dominio ad appannaggio della supercoppia Facebook – Google, è Netflix ad aver incassato di più dai suoi abbonati. Nel 2017, infatti, ha portato a casa 510 milioni di dollari su scala globale, con un incremento del 130% rispetto ai 215 milioni spesi dagli utenti sulla app nell’anno precedente, quando a dominare era Spotify. La app di streaming musicale è al decimo posto nella classifica relativa all’App Store e non compare nella top ten di Google Play. Al secondo posto c’è Tinder, che primeggia su Google Play ma segue la streaming platform da distanza ravvicinata sull’App Store. Chiude il podio Line.
L’editore mobile a generare più revenue? Tencent
È la società asiatica a dominare il mercato mondiale delle revenue mobile attraverso le app, guidando sia la classifica relativa al gaming sia quella relativa al resto delle app. I suoi titoli di punta sono Tencent Video e Honor of Kings.
Al giorno d’oggi il mercato del digital advertising è composto principalmente da tecnologia e mosse strategiche dei player che si pongono l’obiettivo di insidiare il duopolio formato da Facebook e Google. Il 2017 è stato segnato dal consolidamento dei modelli di business, spesso attraverso acquisizioni su terra statunitense ma capaci di riflettersi sul panorama digitale europeo.
Qui sotto un’infografica che mostra alcuni highlights delle M&A del 2017, mese per mese.
Focus sulla media distribution
L’acquisizione di Fox da parte di Disney, che include anche il 60% di Hulu, merita una menzione. La strategia di Disney mira al possesso di una mole più grande di contenuti e nella sua distribuzione. Probabilmente ora la società ha le carte in regola per rivaleggiare con Netflix sulla proposta contenutistica in qualità di OTT. Nel 2018 mi aspetto che il mondo broadcast evolverà verso una versione più ibrida della distribuzione dei contenuti video, in cui gli utenti utilizzeranno device differenti per la visione dei filmati. In questo senso la mossa di Disney si inserisce perfettamente nello scenario previsto. Provate a nominare un altro player che si stia muovendo allo stesso modo… Sì, si pensa che Amazon sia potenzialmente il più grande competitor di Facebook e Google sul campo dell’advertising, con il vantaggio di conoscere già i consumatori che hanno acquistato dalla piattaforma. Amazon produce anche contenuti originali, cosa non apprezzata dal lungimirante Google. Quindi se volete acquistare Amazon Fire TV sappiate che non potrete installare la app di Youtube.
Il mondo del digital contro il duopolio
Dal momento che Google e Facebook stanno manifestando i propri interessi nel diventare i nuovi colossi della produzione media e negli eventi in diretta, i broadcaster e gli operatori hanno lavorato ad acquisizioni di company ad tech per la gestione delle proprie inventory dirette agli utenti di nuova generazione. RTL Group ha acquisito SpotX e ha intenzione di fonderla con Smartclip, assorbita durante l’anno precedente. La stessa cosa ha fatto Comcast, che nei primi mesi del 2017 ha acquistato FreeWheel (precedentemente nota come Sticky Ads).
Gli M&A del mondo della pubblicità sembrano scandire un concetto chiaro: se hai iniziato a lavorare sul lato sell, continuerai a lavorare sul lato sell e proverai a gestire le audience tanto bene quanto ne sarai in grado. Lezione che Rubicon Project ha imparato sulla sua pelle, e infatti dopo aver acquisito Chango nel 2016 per provare a mettere un piede nel buy side ha deciso di rivenderla nel 2017 tornando a operare nel “side” in cui sapevano muoversi meglio.
Previsioni per il 2020
Lo scenario dell’advertising cambierà drasticamente nei prossimi 2 anni. Entro il 2020, metà dei player dell’ad tech rappresentati nel LumaScape subiranno un rebrand, rivedranno drasticamente il loro business model o dichiareranno bancarotta.
I motivi della mia previsione sono supportati da 3 pilastri:
Necessità di trasparenza da parte di chi investe: conseguente eliminazione degli intermediari e probabile adozione della blockchain per la gestione dell’IO e dei contratti per ogni impression
Data management e protection: GDPR ed ePrivacy saranno attivi dal maggio 2018 e saranno pienamente efficaci entro 2 anni. Gli utenti saranno più consapevoli dei loro diritti e di come vengono usati i dati per il loro tracciamento
Ad blocker di default e attenzione degli utenti: progressiva eliminazione delle ads invasive da parte dei browser, meno advertising e più valore determinato dall’attenzione prestata dagli utenti. La blockchain può aiutare a costruire un business model condiviso, in cui l’utente è ricompensato per l’attenzione e l’engagement
Il business model si evolverà di conseguenza:
I publisher digitali hanno ancora bisogno di concentrarsi sui contenuti, su una minore pressione pubblicitaria, sull’aumento del valore dell’advertising attraverso la proposta contenutistica, preferibilmente con video di lunghezza massima di 3 minuti audio off.
Gli operatori e i broadcaster entrano in massa nel business della pubblicità digitale e di conseguenza nello sviluppo dell’addressable tv adv, essenziale per una strategia pubblicitaria cross-channel.
Le DMP si evolveranno in Customer Management Platform, una sorta di CRM potenziato per gestire clienti attuali e potenziali, tracciandoli attraverso device ID graph e sistemi di identity management che integrano tutte le caratteristiche di una strategia di marketing e di advertising.
Le media agency saranno costrette a competere con le società di consulenza (e viceversa) e dovranno rivedere i modelli di business ogni 6 mesi per garantire una trasparenza totale
I provider di ad tech attivi sul lato sell dovranno consolidarsi, le company più piccole (con un turnover minore di 15 milioni di dollari) spariranno o verranno acquisite e archiviate insieme agli ad network medio-piccoli che utilizzano tecnologie di terze parti. Appariranno nuove tech company, la strategia vincente è possedere sia domanda sia offerta e magari anche utilizzare sistemi che sfruttino la blockchain.
Gli advertiser possiedono i budget e hanno intenzione di spenderli più saggiamente da adesso in poi. Internalizzeranno le risorse o si rivolgeranno a consulenti esterni per la valutazione del ritmo di investimento sul digital advertising, sui vari device e sulle operazioni gestionali.
La mia generazione digitale è abituata a liquidità e cambiamenti, ma non dobbiamo dimenticarci la cosa più importante: l’utente. E alla fine il segreto risiede nel tempo che l’utente è disposto a dedicarvi. Le fusioni e le acquisizioni dei prossimi due anni avverranno solo quando le company interessate a vendere dimostreranno ai loro acquirenti di poter generare engagement e una relazione positiva con l’audience.
Il clima che si respira attorno alla blockchain «è simile a quello che toccò al Tcp-Ip, il protocollo alla base di internet, nato nell’82. In pochi all’epoca furono in grado di prevedere la rivoluzione che questa tecnologia avrebbe generato: il Web come lo conosciamo oggi». Non usa mezzi toni Davide Casaleggio se deve giudicare le potenzialità della “catena dei blocchi”: una tecnologia che «non è “definitiva” e sta subendo una forte evoluzione», ma non c’è dubbio che «il vento sta cambiando», afferma nell’introduzione al rapporto “Blockchain for business” messo a punto da Casaleggio Associati.
Il primo rapporto della società di consulenza per imprese dedicata alla tecnologia che è alla base del bitcoin ne sottolinea il valore già nel sottotitolo: «Come la blockchain rivoluzionerà il modo di operare delle imprese». Stando alle stime presentate nel report, entro il 2025 il 10% del Pil mondiale sarà generato da prodotti e servizi erogati con questa tecnologia.
D’altra parte il mercato ha raggiunto nel 2017 i 339,5 milioni di dollari e per il 2021 si stima che arriverà a 2,3 miliardi, che lievitano a 7,7 se si aggiunge anche il valore delle criptovalute. Nello stesso anno gli investimenti nella tecnologia potrebbero arrivare a 9,7 miliardi di dollari, rispetto ai 945 milioni dell’anno scorso.
Nei primi sei mesi del 2018 i venture capital hanno investito 1,3 miliardi di dollari in startup legate alla blockchain, superando già i 900 milioni dell’intero 2017. In Italia quattro startup, sia pur basando all’estero la raccolta di fondi, hanno ricevuto finanziamenti per 70 milioni tramite Ico, superando la somma totale investita dall’intero sistema del venture capital nello stesso periodo nel nostro Paese.
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I vantaggi della blockchain
I vantaggi sono chiari in termini di risparmi: per il solo settore bancario si stima una riduzione del 30% dei costi infrastruttrali, con un risparmio fino a 12 miliardi di dollari l’anno a livello globale. Ma i benefici non si limitano al taglio dei costi, estendosi a «tracciabilità e trasparenza, incremento di fatturato, riduzione dei rischi, creazione di nuove opportunità di business e possibilità di essere più focalizzati sul cliente».
In Europa solo il 3% delle aziende a oggi ha in corso un progetto e il 10% ha attivato un “pilot”. D’altra parte «le resistenze sono ancora forti e principalmente legate alla definizione del modello di business: il 70% delle aziende diffida per mancanza di un chiaro ritorno sull’investimento, il 67% ritiene che la tecnologia non sia ancora matura, il 64% che non ci sia ancora la giusta regolamentazione per utilizzarla, il 62% è preoccupato per la privacy policy, il 59% per la sicurezza della transazione.
A cosa può servire
A oggi la blockchain viene utilizzata su tre livelli di iniziative commerciali che si basano su diverse funzionalità del sistema. Il primo livello è quello legato alla funzione di registro immodificabile, che «permette nella sostanza di avere un notaio digitale che certifica fatti e dati e che attribuisce loro una data certa», con ambiti di applicazione evidenti nei registri pubblici, ma anche per la tracciabilità della filiera, sia in chiave antifrode, che di sicurezza e qualità.
La seconda funzionalità è quella di token, delle monete digitali che non sono riproducibili. I token più noti sono le criptovalute, a partire dal bitcoin, il cui valore «è legato esclusivamente a quello che le persone attribuiscono loro, nonché al consumo di energia necessario per generarle». Ma i token offrono anche la possibilità di attribuirgli un valore del mondo reale, attraverso la cosiddetta “tokenizzazione del valore”.
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I token possono anche essere utilizzati per premiare le attività svolte dalle persone, in chiave di incentivo e di loyalty. Ma in prospettiva si può immaginare che possano essere utilizzati come «remunerazione per il lavoro vero e proprio». Esistono già esperienze come Steemit, social network dove si viene ricompensati per scrivere o curare un contenuto.
La terza innovazione portata dalla blockchain è lo smart contract, la tipologia dei contratti che si autogestiscono e che si attuano da soli. Si tratta di uno strumento che apre prospettive nuove di applicazione alle microtranmsazioni, a contratti per eventi ridotti o per la gestione delle forniture delle utilities. Ma che pongono le basi per la creazione di “smart marketplace”, mercati distribuiti dove risulta superflua la figura dell’intermediario.
L’ultimo anello per il mondo fisico
In chiave business, la prospettiva della blockchain, secondo il rapporto di Casaleggio Associati, ha bisogno dell’”ultimo anello”, che collega la catena digitale al mondo fisico», permettendo così alle aziende di «gestire il processo e creare una blockchain che possa generare valore nel mondo reale».
In quest’ottica il rapporto individua tre tipologie di sviluppi di grande potenzialità per le aziende: l’Internet delle cose, oggetti e dispositivi connessi che permettono di registrare eventi e di farne accadere; i sistemi per l’utilizzo di criptovalute nel mondo fisico, che ne trasformano il valore virtuale in reale; il valore legale che permette di rendere vincolanti gli smart contract anche nel mondo fisico.
Non mancano certo le criticità che rendono difficile l’espansione di un mondo oggi percepito come poco trasparente: dal consumo di energia elettrica ai tempi eccessivi per le transazioni, dai fattori legati alla privacy a quelli di sicurezza. Il rapporto si concentra in particolare sulle incognite legate alla gestione dei dati personali in un sistema trasparente e aperto: uno degli snodi centrali è proprio legato alla creazione di sistemi di gestione dei propri dati personali, con la prospettiva di riportare sull’individuo il baricentro della proprietà dei dati.
Isocial network hanno caratterizzato l’ultimo decennio, ma le piattaforme di game streaming stanno creando nuovi spazi di socialità, di visibilità per influencer e profitto per le aziende che non possono essere sottovalutati. Si tratta di quei servizi che permettono agli utenti di osservare e interagire in diretta con giocatori di videogame. Strano? Neanche tanto se si pensa che è quello che si faceva negli anni 80 andando nei bar ad attorniare i giocatori dei primi Arcade come Space Invaders e Asteroids. Unreportdi StreamElements e Arsenal.gg ha calcolato che a dicembre sono state trasmesse circa 1,2 miliardi di ore in diretta, +12% rispetto all’anno precedente.
Il leader di mercato, considerando solo gli streaming di giochi, èTwitch, spin-off del glorioso Justin.tv e acquisito da Amazon nel 2014 per 970 milioni di dollari, cui va il 61% delle ore guardate di streaming. Nel 2019 la piattaforma ha perso terreno a favore dei suoi competitor, che si sono fatti più agguerriti. Al secondo posto, a grande distanza e in lieve calo, c’èYouTube Gamingcon il 28%. Al terzo con una fetta dell’8,5% spiccaFacebook Gaming, che ha avuto una crescita considerevole: oltre 5,4 punti di share e +210% di ore di visualizzazione. Quindi più che i giocatori sono aumentate le ore di streaming effettuate e il tempo di permanenza degli spettatori.Mixerdi Microsoft, pur avendo strappato la star Ninja a Twitch, si deve accontentare del 2,6%.
Un fenomeno interessante da tenere sott’occhio è quello dei live streaming che non hanno come oggetto i giochi. Su Twitch la categoria “Just Chatting” o “Quattro chiacchiere” nella quale il creator parla a ruota libera o di argomenti specifici interagendo con gli spettatori, è stata la più vista a dicembre (oltre 80 milioni di ore viste). Per la prima volta ha superato le visualizzazioni delle partite di League of Legends, Fortnite e Counter-Strike. Altra categoria non-gaming in crescita è quella dedicata all’ASMRi video di sussurri e suoni tesi a rilassare l’audience, molto presente anche su YouTube.
Sono sicuro che nel 2020 la guerra tra i protagonisti del game streaming si farà più intensa: YouTube, Facebook e Microsoft continueranno ad insidiare Amazon sia provando ad accaparrarsi influencer con contratti milionari, sia prevedendo nuove forme di remunerazione. Allo stesso tempo vedremo aziende che proveranno a presidiare anche questi spazi, magari facendo leva sulla collaborazione con creator noti.
Giornate lente, scandite da ritmi quasi impercettibili. Uno dei nostri desideri più grandi, imbottigliati in una vita frenetica e senza pause, è stato quello di avere tempo. Nel momento in cui ci è piombata addosso l'incertezza e la paura, anche il tempo libero è sembrato una condanna. In periodi come questi, tuttavia, cambiare le nostre abitudini è importante e doveroso. Molti di noi hanno la possibilità di affidarsi allosmart working, ma non tutti possono farlo.
Gli studenti non si fermano grazie all'eLearning, e tutti ci stiamo abituando a utilizzare ogni mezzo possibile per continuare la nostra vita, restando a casa. Abbiamo la fortuna di avere i modi per farlo, tramite internet e tutti i device, dagli smartphone ai laptop.Un mondo iperconnesso accorcia le distanze, ci siamo sentiti spesso schiavi dell'essere perennemente online, ma situazioni di vita diverse ci fanno vedere le cose da punti di vista nuovi.
Un mondo iperconnesso
Tutti siamo connessi, appena ci abituiamo a qualche aggiornamento, ecco che spunta una novità. Siamo pochi inclini al cambiamento, un po' per paura, un po' per diffidenza, ma ci si mette anche la pigrizia. Quando sappiamo fare qualcosa, mal volentieri adottiamo metodi differenti per farla. Il mondo digitale cambia in fretta e specialmente i modi di usare internet e device.
È da un po' di tempo che sentiamo parlaredi5G, la rete di nuova generazione che andrà a superare l’attuale 4G.Non è solo una questione di velocità di connessione, ma è una rivoluzione dei servizi.A giovarne saranno soprattutto i media e l'intrattenimento.
Potremo giocare online senza problemi, anche incloud gaming, senza la necessità di possedere una consolle. Lo stesso vale per ilcloud computing. Potenziati anche iservizi distreaming, in particolare i video. Contenuti ad altissima risoluzione, fluidi e subito disponibili.I nostri device saranno sempre connessi e disponibili ovunque, ciò significa che non dovremmo più passare dal Wi-Fi alla rete mobile. Parliamo di servizi sempre attivi in città per esempio, come videosorveglianza, auto a guida autonoma per una maggiore sicurezza sulle strade.
L'industria globale dei media guadagnerà, entro il 2028, 765 miliardidi dollaridai nuovi servizi e applicazioni resi possibili dal 5G. Ma come succederà tutto questo?
La nuova era del 5G
Secondo uno studio condotto daOvum, società di consulenza specializzata nella copertura globale di telecomunicazioni, media e tecnologia, il 5G scuoterà il panorama dei contenuti multimediali e dell’intrattenimento, rappresentando un'importante vantaggio competitivo per le aziende.
La rivoluzione del 5G aumenterà i risultati in termini divelocità, copertura globale, media interattivi basati sui gesti, fonti crescenti di entrate ed esperienze gamificate,fornendoci un futuro migliore.
L'impatto trasformativo della tecnologia 5G non solo migliorerà l'esperienza degli utenti di telefonia mobile, ma muterà il modo di concepire e utilizzare i media e l'intrattenimento su molti livelli, con nuovi modelli di business e nuove esperienze interattive.
Video, giochi, musica, pubblicità, AR e VR saranno i veri protagonisti di questi cambiamenti, con contenuti sempre più immersivi e un rapporto col pubblico sempre più stretto.
Come cambiano i contenuti col 5G per media e intrattenimento
Ovum suggerisce che le aziende sperimenteranno varivantaggi tecnicidel 5G, la velocità dei dati sarà 100 volte maggiore, con latenza dieci volte inferiore e connessioni significativamente più affidabili.
Per esempio, un film in HD impiegava diversi minuti per scaricare a velocità 4G, ma con l'avvento delle reti 5G, gli utenti potranno potenzialmente scaricare lo stesso film in pochi secondi.Questo comporterà una fruizione maggiore dei contenuti, essendo ancora più accessibili, e una domanda maggiore dei prodotti sul mercato. I creatori e fruitori dei contenuti tradizionali, dovranno preparasi a una vera e propria corsa contro il tempo, creando più materiali per soddisfare la crescente domanda.
Si prevede, infatti, che i prodotti video rappresenteranno il 90% del traffico dati 5G.Passeremo da un consumo mensile di circa 10 GB agli oltre 80 GB nel 2028.
Ma non solo, la rete wireless di prossima generazione consentirà svariate innovazioni digitali, dall'informatizzazione degli oggetti fisici all'intelligenza artificiale, inaugurando un nuovo mondoper facilitare l'ingresso di nuovi media e di concepire l'intrattenimento.
Come cambierà il mondo dell'intrattenimento
La realtà aumentata creerà un nuovo modo di connettersi aicontenuti multimediali, attraversooggetti e personaggi virtuali, e la creazione di elementi tridimensionali. A beneficiare del 5G saranno soprattutto le applicazioni di realtà aumentata e virtuale.
Per quanto riguarda il settore televisivo, il mercato offre diverse modalità di consumo. Oltre ai soliti video on demand,streaming, download, pay per view che fanno già parte, da anni, della tv tradizionale, si aggiungerannoaltre tipologie di offertaa pagamento: la bassa latenza permetterà download rapidissimi e un’eccellente qualità di livestreaming.
Sempre dallo studio condotto si evince che negli Stati Uniti quasi il 9% delle famiglie che utilizzano la banda larga passerà al 5G entro il 2028, generando ricavi per9 miliardi di dollari.
Il 5G rafforzerà il mercato della pubblicità digitale
Il 5G avrà un ruolo fondamentale anche nel passaggio dalla pubblicità tradizionale alle esperienze immersive sui social e sui media. Video, banner, posizionamento in-game su 5G e altri formati di pubblicità visiva appariranno in ambienti VR e AR. Per non parlare della possibilità di nuove applicazioni che oggi non esistono ancora, ma che potranno svilupparsi con il consolidarsi della nuova rete.
Esperienze ultra sensoriali
Leinterfacce aptichecollegate al 5G saranno in grado di fornire una nuova dimensione sensoriale alle esperienze dei media.Ad esempio, il calore e la pressione potrebbero essere raggruppate in un potenziamento delle armi in un gioco d'azione, e i film potrebbero essere ripubblicati con un nuovo livello di sensazioni.
I giochi AR, VR e cloudcombinati cresceranno del 2.400% nei prossimi anni per raggiungere un fatturato annuo di47,7 miliardi di dollari nel 2028.
Si prevede che l'uso del 5G avrà un'impennata tra il 2023/2025, quando le capacità hardware e di rete aiuteranno a realizzare esperienze VR vicine alla realtà: campo visivo orizzontale a 210° su scala umana, risoluzione di visualizzazione/proiezione ad alta densità di pixel, dimensioni minime della batteria e interazione altamente reattiva.
La rivoluzione del gaming
Un altro settore in grande espansione è quello deivideogiochi, a cui il 5G darà ulteriore slancio. Il numero di videogiocatori nel mondo, secondo le stime più recenti, ammonta a2,3 miliardi di persone. Oggi la tendenza di mercato è orientata verso lo sviluppo di piattaforme digitali con nuove modalità per la fruizione dei contenuti videoludici, tra cui streaming e cloud gaming.
Ciò permetteai giocatori di avere accesso ai videogiochi in qualsiasi momento e ovunque, garantendo la possibilità di effettuare aggiornamenti senza dover per forza acquistare o possedere hardware costosi.
Il game streaming può essere offerto tramite un servizio in abbonamento oppure tramite l’acquisto di giochi on demand. In Italia sono circa 16,3 milioni i videogiocatori, mentre gli appassionati dieSportche seguono eventi più volte a settimana sono più di 1,2 milioni. Basti pensare che il traffico dati per il gaming nell’ultimo anno è aumentato del 125%.
Metaverse, in italiano “metaverso”, per chi non lo sapesse è un mondo virtuale, per lo più ancora ipotetico, al quale si può accedere da una particolare tecnologia direaltà virtuale (VR) e realtà aumentata (AR). L’idea è quella di creare una sorta di Internet di livello superiore, sovrapposto al mondo fisico. Le persone collegate al metaverso fanno parte del mondo fisico, come tutti gli altri, ma possono vedere e interagire con cose che gli altri non vedono, perché appartengono a un mondo virtuale.
Poiché si tratta ancora solo di un’idea, non esiste un’unica definizione del metaverso sulla quale siano tutti concordi. Quel che sembra certo è che il metaverso potrebbe stare alla realtà virtuale come gli attuali smartphone stanno ai primi, rozzi, modelli di cellulari degli anni ’90.
Invece di utilizzare un computer, nel metaverso basterebbe usare un auricolare (o un visore) per entrare in un mondo virtuale che collega tutti i tipi di ambienti digitali.
Indice degli argomenti
Da dove proviene il concetto di metaverso
A differenza dell’attuale realtà virtuale, utilizzata principalmente per i giochi, questo nuovo mondo virtuale potrebbe essere utilizzato praticamente per qualsiasi cosa: lavoro, concerti, viaggi, cinema. O semplicemente, come surrogato dell’uscire di casa per incontrare altre persone. Come? Con un avatar 3D, una rappresentazione digitale noi stessi.
Se ne parla molto in questo periodo, per via delledichiarazioni rilasciate da Mark Zuckerberg: “Siamo all’inizio di un nuovo capitolo per Internet, ed è anche un nuovo capitolo per la nostra azienda”, ha detto il fondatore e CEO di Facebookil 28 ottobre 2021, annunciando il metaverse e Meta, il nuovo nome di Facebook. Un termine che deriva dalla parola greca che significa “oltre”.
“D’ora in poi, saremo metaverse-first, non Facebook-first. Ciò significa che nel tempo non avrai bisogno di un account Facebook per utilizzare i nostri altri servizi”, ha scritto Zuckerberg nella lettera ai founders.
Il concetto di metaverso, però, non è nuovo: il termine è stato coniato dallo scrittore Neal Stephenson nel 1992, nel suo romanzo di fantascienza del Snow Crash, ambientato in un futuro prossimo in cui il mondo virtuale e il mondo fisico sono indissolubilmente interconnessi.
Nella fantasia di Stephenson, il metaverso è immaginato come una immensa sfera nera di 65.536 km di circonferenza, tagliata in due all’altezza dell’equatore da una strada percorribile anche su una monorotaia, che ha 256 stazioni, ognuna a 256 km di distanza. Su questa sfera ogni persona può realizzare in 3D ciò che desidera: negozi, uffici, locali pubblici e altro, il tutto visitabile dagli altri utenti.
Facebook e il metaverso: 10mila assunzioni nei prossimi anni
C’è un grandissimo entusiasmo per il metaverso tra gli investitori e le big tech. Facebook ha fatto della costruzione del metaverso una delle sue priorità; tanto che recentemente ha investito 50 milioni di dollari nel finanziamento di gruppi senza scopo di lucro per aiutare a “costruire il metaverso in modo responsabile”, anche se esprime la convinzione che questa idea impiegherà 10-15 anni per avverarsi. Intanto, ha già annunciato che per sviluppare il metaverso assumerà 10mila persone in Europa. L’intenzione, comunque, è di arrivare a investire 10 miliardi di dollari nel metaverso.
Zuckerberg e altri imprenditori miliardari della Silicon Valley sembrano convinti che il metaverso sia ormai un traguardo vicino. In una recente intervista apparsa su The Verge, il fondatore di Facebook lo descrive come “il successore di Internet mobile“, una sorta di “Internet incarnato, in cui invece di visualizzare solo i contenuti, ci sei dentro”.
L’estate scorsa, in Facebook è stato creato un nuovo team appositamente dedicato allo sviluppo del metaverso. Il team fa parte della divisione di realtà virtuale Reality Labs, guidata da Andrew ‘Boz’ Bosworth, l’autore delle cuffie Oculus, ed è composto da specialisti di Instagram, Facebook Gaming (videogiochi) e della stessa Oculus.
Un cambio di passo nella strategia dell’azienda, pronta a investire sempre di più nelle tecnologie AR e VR in grado di offrirle la possibilità di controllare la propria piattaforma hardware.
Si tratta di un concetto che richiama, in qualche maniera, quello degli NFT (Non Fungible Token), legati alla blockchain, che nell’ultimo anno hanno conquistato il mondo dell’arte, con i loro certificati di possesso di beni non tangibili. Pur facendo le debite differenze (le bit tech come Facebook tendono a essere dei centralizzatori, mentre la blockchain e le criptovalute sono opera dei decentralizzatori) entrambi immaginano il progresso tecnologico più o meno negli stessi termini: qualcosa per sfuggire alla realtà.
Il metaverso non piace a tutti
Ad esempio, aFrances Haugen, l’ex product manager di Facebook che a ottobre ha rivelato che Facebookdà priorità al profitto rispetto alla sicurezza degliutenti e programma i suoi algoritmi per promuovere contenuti divisivi. La Haugen è preoccupata per la capacità di Meta di controllare ciò che viene pubblicato nel mondo virtuale. In una intervista alla CBS ha dichiarato che gli stessi problemi che ha denunciato si potrebbero ripetere nella realtà virtuale del metaverse. “Facebook non ha effettivamente pensato alla sicurezza fin dalla progettazione”, ha detto.
Secondo la Haugen, piattaforme come TikTok, dove una piccola parte dei contenuti genera la maggior parte delle visualizzazioni, sono più facili da moderare rispetto al modello più distribuito di Facebook. Negli spazi virtuali in cui Meta scommette in grande, moderare i contenuti, rimuovere la disinformazione e tracciare i trasgressori sarà una sfida, perché le interazioni non vengono registrate.
Quali sviluppi per la realtà virtuale
Una realtà virtuale, dunque. Qualcosa di non certamente nuovo. La sua nascita, infatti, risale agli anni ’80, a opera dello scienziato informatico Jaron Lanier, con la sua azienda VPL Research, acronimo di Virtual Programming Languages. A oltre trent’anni di distanza, però, la realtà virtuale (VR) e aumentata (AR) di qualsiasi tipo non si sono affermate come si prevedeva. Oculus VR, il visore per la realtà virtuale realizzato dalla omonima società acquisita da Facebook nel 2014, è rimasto niente più che un gadget, perlomeno a livello consumer. La realtà virtuale sembrava dover essere il futuro tecno-utopico. Ma, come ha recentemente notato Paul Skallas, l’autore della piattaforma per newsletter Substack, “Nel 2000 ti dicevano che la realtà virtuale era sul punto di esplodere, che avrebbe cambiato tutto. È il 2020: dov’è?”.
La realtà virtuale – e insieme l’AR – si sono imbattute in un grosso scoglio: la consuetudine delle persone a relazionarsi fisicamente. Anziché nella quotidianità, quindi, VR e AR si sono affermate maggiormente nell’industria.
Quali società potrebbero essere interessate
Facebook ha investito molto nella realtà virtuale attraverso i suoi visori Oculus, rendendoli più economici dei rivali, forse anche in perdita secondo alcuni analisti. Sta anche creando app VR per i social e per il lavoro, comprese app che interagiscono con il mondo reale. Nelle intenzioni del colosso tech, però, il metaverso “non sarà costruito da un giorno all’altro da una singola azienda”.
Quali altre aziende potrebbero essere interessate? Epic Games, che produce Fortnite, gioco multipiattaforma free to play, potrebbe essere una di quelle. I giochi multiplayer online condividono i mondi interattivi da decenni; non sono il metaverso, ma hanno diverse idee in comune. Negli ultimi anni, Fortnite ha ampliato il suo prodotto, ospitando concerti, eventi del brand e altro ancora all’interno del proprio mondo digitale. Ciò ha mostrato a molti ciò che è possibile fare con la realtà virtuale e ha messo sotto i riflettori la visione del metaverso.
Altri giochi si stanno avvicinando a un’idea del metaverso. Roblox, ad esempio, è una piattaforma per migliaia di singoli giochi collegati all’ecosistema più ampio.
Unity, una piattaforma di sviluppo 3D, sta investendo in “gemelli digitali“, copie digitali del mondo reale, e la società di hardware grafico Nvidia sta realizzando il suo Omniverse, che viene descritto come “una piattaforma per connettere mondi virtuali 3D”.
Metaverso, non solo videogame
Il metaverso è quindi solo una forma evoluta e sofisticata di videogame? No, anche se le idee su cosa potrebbe essere sono molte e diverse, la maggior parte di esse vede al centro l’interazione umana e sociale.
Ancora Facebook ha sperimentato un’app per riunioni VR chiamata Workplace e uno spazio sociale chiamato Horizons, che utilizzano entrambi sistemi di avatar. Il posto di lavoro del futuro di Facebook prefigura riunioni in realtà virtuale in cui le persone utilizzino dei personal computer.
Un’altra app VR, VRChat, è interamente incentrata sull’incontrarsi online e chattare, senza alcun obiettivo o scopo diverso dall’esplorazione degli ambienti e dall’incontro con le persone.
Altre applicazioni aspettano solo di essere scoperte.
Allo stesso modo, quando faremo shopping online proveremo i vestiti in una realtà digitale, ossia virtuale, prima di ordinare quelli che ci arriveranno nel mondo reale.
Appare ormai chiaro che stiamo assistendo alla nascita del “metaverse marketing”, come lo ha definito la rivista Forbes.
Metaverso e luxury
Varie realtà del fashion e del luxury stanno cominciando adinvestire nella realtà virtuale. Balenciaga vende “skin” su Fortnite, Gucci ha messo in vendita una borsa solo virtuale, Dolce&Gabbana ha ottenuto 5,7 milioni dalla vendita di 9 Non-Fungible-Token, Nikeha deciso di vendere scarpe “virtuali”.Secondo Morgan Stanley, per il settore moda e lusso, gli introiti derivanti dalla realtà virtuale potrebbero ammontare, entro il 2030, a 50 miliardi di dollari (circa 44 miliardi di euro). È normale che le multinazionali del settore si stiano attrezzando in questo senso.
Metaverso: quale sarà il futuro?
Il metaverso si propone di offrire una versione ordinata e razionalizzata del mondo, per sua natura caotico. Siamo ancora alle prime fasi; l’evoluzione del metaverso sarà disputata tra i colossi della tecnologia nel prossimo decennio, o forse anche di più. Ma ad oggi è difficile prevederne gli sviluppi e capire quanto inciderà nelle sue concrete applicazioni l’eventuale preferenza delle persone per la realtà fisica rispetto a quella virtuale.
Brent Mittelstadt, un ricercatore senior in etica dei dati presso l’OxfordInternetInstitute, ritiene che il potenziale impatto sociale del metaverso sia tutt’altro che certo. “Se diventasse dirompente, ad esempio conducendo le persone ad andare ad appuntamenti virtuali anziché incontrarsi, sarebbe molto difficile dire quale effetto avrebbe sulla natura delle relazioni, nello stesso modo in cui era difficile prevedere l’impatto che i social media avrebbero avuto quando se ne parlava solo come un’idea”.
Mittelstadt vede nel metaverso principalmente un modo per Facebook per fare più soldi. “Se riesce a farti passare molto tempo lì, sta raggiungendo il suo obiettivo di raccogliere più dati e monetizzarli. Avrebbe più fonti di dati di quelle attualmente esistenti che vengono combinate e incanalate attraverso questa cosa che è il metaverso”.
È sempre difficile fare previsioni quando si parla di tecnologie, e anche i migliori possono sbagliare. Come accadde a Paul Krugman, economista, premio Nobel ed editorialista del New York Times, che nel 1998 affermava: “Entro il 2005, diventerà chiaro che l’impatto di Internet sull’economia non sarà stato maggiore di quello del fax”.
Non resta che attendere per vedere quale sorte spetterà al metaverso che sta suscitando tanto interesse.
Facebook offre molte funzionalità e opportunità agli inserzionisti per far crescere il proprio business, ma prima di conoscere e capire perché le aziende dovrebbero fareFacebook advertising, quando possa loro convenire rispetto ad altri canali pubblicitari, gli strumenti da usare per realizzarle e come misurare il ritorno sull’investimento, iniziamo con il chiarire cosa si intende esattamente quando si parla di Facebook advertising.
Gli annunci di Facebook non sono altro che post a pagamento pubblicati sulla piattaforma e visibili al pubblico che rientra nel target scelto in fase di progettazione della campagna pubblicitaria realizzati con lo scopo di promuovere un prodotto oppure un servizio che viene offerto dall’azienda.
Tali annunci potranno essere visibili su:
Feed degli utenti
Storie
Messenger
Marketplace
Altro
Mentre tra i diversi formati che l’annuncio potrà avere troveremo:
Immagine o carosello
Video
Foto a 360°
Video a 360°
Inserzioni carosello su Stories
Esperienza interattiva
Messenger
Perché fare pubblicità su FB
Con una base di utenti attivi su Facebook in continua a crescita, questa piattaforma rappresenta un potente canale pubblicitario perché consente di mostrare i propri annunci a2,17 miliardi di persone, quasi il 30% della popolazione al mondo; un numero che è di recente cresciuto, come è possibile vedere dal grafico sottostante, complice anche la pandemia vissuta.
Dati più recenti ci mostrano inoltre, come la crescita di Facebook non si sia fermata neanche dopo il periodo che per via della pandemia che ha costretto molte persone chiuse in casa potrebbe rendere “falsati” i dati, come ci mostra il grafico sottostante con i dati elaborati da We are social e Hootsuite.
Inoltre stando ai dati delloState of Marketing Trends Report 2022condotto da Hubspot, nel 2022 Facebook risulterebbe il canale che consente di realizzare un miglior ritorno sull'investimento oltre ad essere il migliore rispetto al coinvolgimento nella top 5 delle piattaforme social
Sebbene questi numeri siano già impressionanti, le motivazioni che spingono ogni anno molte aziende ad affidarsi a Facebook come canale di diffusione dei propri annunci pubblicitari sono anche altre, come ad esempio la possibilità di targetizzazione.
FareFacebook advertisingsignifica infatti avere la possibilità di filtrare gli utenti che visualizzano un determinato contenuto pubblicitario, mostrando così il post promozionale solo al segmento di pubblico più in linea con i propri obiettivi.
Tra i filtri di selezione che è possibile impostare durante la fase di creazione della campagna per far visualizzare l’annuncio a una determinata fetta di pubblico con specifiche caratteristiche, troviamo infatti:
Demografia
Posizione
Interessi
Altre informazioni sul profilo
Differenze tra Facebook e la rete di Google
Facebook e la Rete Display di Google possono essere considerate le più grandi reti pubblicitarie online del mondo se si pensa cheFacebook ha più di 2 miliardi di utentisul proprio sito eGoogle esegue oltre 40.000 ricerche al secondo.
Google è la piattaforma pubblicitaria a pagamento per clic (PPC) più popolare dove l’inserzionista ha la possibilità di fare campagne a pagamento scegliendo tra:
campagne di ricercache si basano su determinate parole chiave che l’utente potrebbe cercare;
campagne display, dove gli annunci vengono visualizzati sul motore di ricerca e sui siti partner come Youtube e moltissimi altri.
Solitamente, l’annuncio sarà composto da semplice testo, anche se ci sono in alcuni casi anche opzioni di aggiunta di immagini e nella pratica ciò che verrà fatto con il proprio annuncio sarà mostrarlo ad utenti che stanno cercando sul motore di ricerca prodotti o servizi similari.
Considerando cheGoogle ha circa il 95% degli utenti dei motori di ricerca,possiamo essere certi che pubblicizzando su Google l’annuncio sarà visibile a una base di utenti veramente molto ampia.
Elemento essenziale però, sarà la pertinenza dell’annuncio rispetto alle parole chiave, la qualità dell’annuncio e il budget a disposizione.
Al contrario di Google invece, facendoFacebook Advertisinggli annunci verranno mostrati unicamente agli iscritti della piattaforma e per più volte; in questo caso non sarà possibile sfruttare le parole chiave come è possibile fare con le campagne di ricerca di Google per intercettare il pubblico interessato, sarà però possibile restringere il pubblico potenziale che visualizzerà il proprio annuncio selezionando dei criteri precisi creandopubblici personalizzatida usare nelle proprie campagne.
In entrambi i casi è quindi possibile vedere come ci siano molteplici gradi di ottimizzazione possibili da compiere.
Volendo infine fare un confronto tra facebook e Google, oltre a quanto visto fino ad ora, possiamo portare all’attenzione due ulteriori elementi per cui le due piattaforme si differenziano in particolar modo:
la copertura: nonostante Google abbia una maggiore copertura, consentendo dunque di mostrare gli annunci a più persone nel mondo, Facebook offre la possibilità di mostrare più volte gli annunci alle stesse persone;
i tassi di adozione/crescita degli inserzionisti:nonostante la crescita di Facebook sia buona, i suoi numeri di utenti sono inferiori rispetto alla crescita della base di utenti di Google.
Quando scegliere Facebook e quando Google
Riassumendo, utilizzandoGoogle ADSabbiamo visto come la Rete Display consenta di entrare in contatto con i clienti su oltre un milione di siti web in tutto il mondo permettendo di mostrare i tuoi annunci alle persone che visitano i loro siti o blog di notizie preferiti, mentre la Rete di Ricerca, attraverso l’uso di parole chiave specifiche, consente di intercettare gli utenti che cercano prodotti o servizi similari sul motore di ricerca.
UtilizzandoFacebook advertisinginvece, è possibile mostrare i propri annunci a molti utenti per più volte, raggiungendo quella fetta di utenti potenzialmente più interessati al proprio prodotto o servizio, poiché sul pubblico di destinazione è possibile fare una scelta chiara per filtrare il più possibile i visualizzatori degli annunci.
Su facebook inoltre è possibile creare un funnel che porti attraverso più step alla conversione desiderata.
Principale differenza quindi tra le due piattaforma è quella di andare a rispondere con i propri annunci a due tipologie di domande:
la domanda latente: facilmente intercettabile su facebook per veicolarla verso il prodotto o servizio offerto;
la domanda consapevole: logica che governa le campagne ricerca di Google in cui si va ad intercettare un pubblico già alla ricerca di un dato prodotto o servizio.
Come decidere dunque quando scegliere Facebook e quando Google?
La decisione dipenderà dagliobiettiviche si persegue attraverso l’attivazione delle campagne pubblicitarie.
Se si desideraintercettare gli utenti che cercano prodotti o servizisimilari ai propri attraverso l’uso di parole chiave specifiche, Google sarà la scelta senza dubbio migliore; mentre se si punta specialmente afar visualizzare più volte il proprio annuncioad una fetta di pubblico potenzialmente interessato e ad accrescere il proprio seguito sui social, ma anche ad arrivare alla conversione seguendo un funnel preciso, Facebook Advertising sarà invece la scelta adatta.
In ogni caso, c’è comunque da sottolineare che non per forza una scelta escluderà l’altra.
Budget permettendo infatti, anche entrambi potrebbero essere la scelta giusta, lavorando seguendo una strategia che punti su più fronti, dove si utilizziGoogle ADS per essere scoperti e Facebook Advertising per il follow-up.
Quali sono gli strumenti che Facebook mette a disposizione
Facebook permette ai propri utenti di farcrescere il proprio businessin quattro modi principali:
facendo brand awareness;
fidelizzando i clienti;
promuovendo i prodotti o servizi;
facendo ricerca di personale.
A questo scopo, Facebook mette a disposizione diversi strumenti e la maggior parte di questi sono gratuiti.
Vediamone alcuni:
Post: immagini, video, sondaggi;
Storie: immagini e brevi video visibili per un tempo limitato;
Posta: per raccoglie tutte le comunicazioni in un unico posto;
Messenger: un modo per raggiungere le persone su vasta scala e interagire con loro individualmente;
Commenti: per rispondere ai tuoi followers;
Gruppi: uno spazio per comunicare con un gruppo selezionato di persone interessate ai tuoi prodotti e servizi;
Dati statistici: un modo per vedere gli Insights della Pagina, ma anche il Centro inserzioni dove vedere i risultati della tua inserzione su Facebook;
Prenotazioni: una modalità per aumentare le prenotazioni, aumentare l'interazione e risparmiare tempo;
Eventi per aumentare la copertura in modo gratuito rispetto ad un evento in programma;
Offerte di lavoro: una funzionalità che aiuta a trovare e assumere le persone giuste;
Vetrine: un mezzo riservato alle pagine aziendali per pubblicare i prodotti che vuoi vendere e per connetterti con più clienti su Facebook. È così possibile diffondere i prodotti in modo ampio, la procedura di acquisto e presentare il brand;
Facebook Live: un’occasione per fare delle dirette da mobile o pc;
Facebook Dating: uno spazio di incontri;
Facebook Rooms: stanze virtuali per fare dirette con le persone invitate;
Pubblicità: unica funzionalità non gratuita che permette di pubblicizzare i tuoi annunci in modo mirato verso un pubblico selezionato.
Per la gestione invece di tutte le attività sulle pagine, Facebook mette a disposizioneCreator Studioutile per:
la creazione dei contenuti;
la programmazione dei contenuti;
il l monitoraggio delle performance dei contenuti pubblicati sui social;
la visione di messaggi, notifiche etc.;
le attività di testing dei contenuti;
l’accesso agli strumenti per monetizzare.
10 consigli pratici per impostare una campagna
Per fareFacebook advertisinge impostare una campagna è importante prima di tutto operare in maniera professionale.Per farlo è dunque importante sia per i proprietari delle pagine su Facebook che per le agenzie a cui è affidato il compito di gestione delle pagine o della creazione delle campagne pubblicitarie, aprire e impostare correttamente ilBusiness Manager.
Questo strumento messo a disposizione da Facebook è utile per diversi aspetti tra cui l’assegnazione della proprietà di una pagina, l’assegnazione dei diversi ruoli dati a partner o dipendenti per diverse risorse che possono essere la condivisione di post, l’analisi dei dati, la creazione di inserzioni o un controllo completo sull’account. Una volta eseguite tutte le impostazioni di base, si può passare alla creazione della campagna.
Ecco allora 10 step che riassumono gli elementi fondamentali a cui porre attenzione durante la creazione di un’inserzione:
apri e imposta correttamente il business manager;
apri o richiedi l’autorizzazione all’uso dell’account pubblicitario da usare per gli addebiti delle spese pubblicitarie;
scegli il tipo di obiettivo da raggiungere attraverso gli annunci che può essere notorietà, visualizzazioni sul sito, mi piace alla pagina, visualizzazioni di video, installazione di app e molto altro;
scegli il tipo di formato da usare per i propri annunci (immagine, video, carosello di video o di immagini, anteprima della pagina etc.);
verifica in base al contenuto scelto che questo rispetti le norme di facebook, per evitare la sospensione degli annunci o peggio;
seleziona un pubblico target a cui si vorranno mostrare gli annunci scegliendo diversi criteri come aspetti demografici, lavoro, interessi, comportamenti etc.;
imposta una modalità secondo cui decidere visualizzazioni e costo degli annunci, che può essere per impressioni o per asta e inserire sempre un budget massimo di spesa;
imposta una data di inizio e fine degli annunci per non rischiare costi eccessivi;
scegli dove si desidera che sia mostrato l’annuncio tra feed di facebook, feed di instagram, sezione esplora di facebook o di instagram, messenger, whatsapp.
fai degli A/B test per scegliere quali tra le due tipologie di annunci offrono i migliori risultati così da ottimizzare annuncio e spesa pubblicitaria.
Trucchi e idee per essere efficaci e spendere meno
L’ultimo suggerimento appena dato è certamente quello più importante per ottimizzare i risultati e il budget a disposizione, in quanto consente di vedere quale tipologia di post riesce ad ottenere i risultati migliori così da non spendere il budget inutilmente per una tipologia di post che non dà buoni risultati e non converte come desiderato.
Per fare ciò è fondamentale capire che le campagne una volta impostate non vanno abbandonate ma è essenziale fare test, valutare i risultati guardando sempre gli insight ed essere pronti sempre a fare tutte le modifiche utili ad ottimizzare gli annunci.
Tenendo però presente che le impostazioni in fase di creazione delle campagne sono fondamentali per decretare il successo o meno della stessa.
Un altro elemento a cui prestare molta attenzione per ottimizzare le campagne è quello di scegliere ilmiglior formato in base agli obiettivi.
Ecco allora formati e obiettivi per cui ciascuno è consigliato:
foto: adatto per aumentare la notorietà del brand e il traffico online;
messenger:perfetto per mantenere una relazione con il cliente;
raccolte: il miglior modo per far conoscere i propri prodotti.
Come misurare il ritorno delle campagne
Per misurare il ritorno delle campagne facendoFacebook Advertisingbisognerà calcolare il ROI, ovvero il ritorno sull’investimento ela formula per calcolare il ROI è: (ricavi-costi/costi)*100.
Questo calcolo mostrerà quale è stato il profitto generato dal budget investito. Bisogna però tenere conto che le attività di Facebook advertising possono tradursi attraverso due modi.
Ci potranno essererisultati finanziari, che potranno essere verificati attraverso maggiori entrate o in una riduzione dei costi; ma ancherisultati non finanziaricome ad esempio azioni del tipo: nuovi fan, interazioni con la pagina etc.
Per poter misurare il ritorno delle campagne suFacebook è dunque fondamentale seguire questi step:
Avere l’obiettivo di conversione della campagna ben chiaro;
Tracciare le conversioni della campagna;
Assegnare un valore monetario alla conversione;
Calcolare i ricavi ottenuti;
Determinare i costi totali;
Analizzare i risultati.
Detto ciò è importante comprendere anche come i costi per fare Facebook Advertising possano essere diversi in base al tipo di mercato di riferimento.Alcuni mercati infatti, se sono più concorrenziali saranno più costosi e viceversa, come mostra il grafico sottostante.