Brutte notizie per i videogiocatori europei. Non soltanto devono aspettare fino al 23 marzo per poter acquistare la nuova Ps3, pagarla 599 euro, la stessa cifra che la pagano negli Usa però in dollari, ma in più potranno giocare solo con un ristretto numero di vecchi giochi. Alla ricerca di una diminuzione dei costi di produzione che permette nel lungo periodo di abbassare i prezzi, Sony ha deciso infatti di eliminare dai modelli europei quelle componenti che permettono in Usa e Giappone di utilizzare fino al 98% dei vecchi giochi.
In Europa, invece, le nuove Playstation utilizzeranno un emulatore software che restringerà di molto il numero dei vecchi titoli utilizzabili. “Invece che concentrarsi sulla retrocompatibilità - afferma una nota di Sony computer entertainment Europe - le risorse aziendali saranno focalizzate sullo sviluppo di nuovi giochi e l'implementazione di nuove funzionalità per la Ps3”.
Sony comunicherà il giorno del lancio della nuova Ps3, previsto per il 23 marzo, la lista dei vecchi giochi compatibili. La notizia contribuisce a peggiorare lo scenario nel quale dovrà muoversi la Ps3 alle prese con risultati di vendita non incoraggianti. Secondo le rilevazioni della Ndp in gennaio negli Stati Uniti Wii di Nintendo è stata la console più venduta nel mercato con 436 mila unità. Al secondo posto con 299 mila unità c'è la Ps2 seguita da Xbox con 294 mila pezzi. Ultima la Playstation 3 con 244 mila unità vendute.
Sul pianeta giovani irrompe la generazione Y, la nuova generazione ''tutta virtuale'': il suo universo è infatti il web, il linguaggio è fatto di nuovi segni e nuove parole all'insegna, quasi esclusivamente, della realtà virtuale. I ragazzi fra i 18 e i 25 anni vivono di sms e di webcam, sono assidui frequentatori delle più famose communities online, come MySpace e SecondLife, non si perdono un video su YouTube, per loro Skype non rappresenta problemi, hanno un blog come diario virtuale e utilizzano curiosi nickname al posto del loro vero nome. E' la 'Y Generation', il target privilegiato dalle più grandi aziende che operano nel settore della comunicazione, della tecnologia, della moda, dell'entertainment. In questo contesto Calvin Klein Profumi, che ha svolto la ricerca, ha fatto del termine Technosexual, icona della Y Generation in quanto nuova frontiera del comunicare piacere e seduzione, un vero e proprio marchio registrato.
Ma chi sono veramente i ragazzi e le ragazze della Generazione Y, definita negli USA ''post-generation''? Sono la generazione che, frutto degli anni Ottanta, ha vissuto in prima persona l'evoluzione dei costumi sociali e familiari (divorzi in aumento nelle famiglie, donne sempre più lavoratrici e meno ''casalinghe'').
La Generazione Y, secondo la ricerca, possiede a tutti gli effetti un considerevole potere d'acquisto, un'approfondita conoscenza dei prodotti nonostante la giovane età e comportamenti d'acquisto molto diversi da quelli dei genitori, dato che si tratta di consumatori più ''infedeli'' della media. Hanno vissuto in maniera assolutamente mediatica la Guerra del Golfo, sono cresciuti a base di telefonini e computer, sono abituati a comunicare con un nuovo linguaggio fatto di segni sintetici che esprimono emozioni, vivono in ambienti metropolitani all'insegna della multietnicità, sono poco inclini all'impegno politico e poco interessati ai grandi temi sociali, spesso il loro mondo ''digitale'' si dipana fra chat, blog, Ipod, DVD, BlackBerry e webcam. Ma non per questo si deve pensare a una generazione apatica o priva di emozioni, quanto piuttosto a giovani che si pongono come ''meri osservatori'' dei fenomeni sociali stessi, a cui si adattano e adeguano.
E anche il modo in cui sperimentano sesso e amore, per esempio, ne evidenzia una profonda emotività, sebbene quest'ultima rimanga celata in un universo multimediale: è come se l'uno potesse vivere senza l'altro, come in un videogioco, dove realtà quotidiana e dimensione virtuale si alternano senza soluzione emotiva, anche se solo all'apparenza.
Solo negli Stati Uniti il quotidiano 'Usa Today' ha stimato che i giovani della 'Y Gen' sono all'incirca 70 milioni: tutti ragazzi sotto i 30 anni che hanno un rapporto assolutamente confortevole con le tecnologie più avanzate e che rappresentano la forza lavoro e il know-how del nostro immediato domani. Una ricerca della 'Harris Interactive' ha evidenziato che la Generazione Y - solamente negli States - spende 172 miliardi di dollari all'anno, influenzando anche gran parte delle decisioni d'acquisto di un pubblico più adulto, genitori in testa.
Sul fronte italiano in particolare, una ricerca realizzata dall'Istituto B&F per conto di Tequila-Italia (che prende in esame un campione di 400 ragazzi fra i 18 e i 25 anni) ha rilevato che Internet - sa va sans dire - è il mezzo di comunicazione più seguito in questa fascia d'età (95% del campione), seguito da radio (70%), tv classica (64%), l'emittente musicale MTV (29%), Sky (7%).
I siti più visitati, secondo questo studio, sono quelli di musica (43%), seguiti da quelli di sport e calcio (24%), informazione (20%), viaggi e aerei (17%). E fra i brand online? Il più noto - sempre secondo la ricerca - è YouTube (per il 64% degli intervistati), seguito a ruota da MySpace (36%). Quanto agli sms, il 42% dei ragazzi interpellati dice di inviarne da 10 a 19 al giorno, il 40% ne invia da 1 a 9.
Nonostante l’impatto che Internet ha avuto sul consumo dei mezzi, la televisione resta comunque un mezzo diffusissimo e fortemente consumato: negli Stati Uniti l’adulto medio passa 2,5 ore al giorno davanti allo schermo, i bambini in età scolare ci passano 27 ore la settimana e quelli in età prescolare anche di più.
Il problema non è dunque solo la fuga dalla TV - anche se il calo negli US esiste e si sente da un quarto di secolo ( quindi non è solo colpa di Internet). Ma Internet, negli ultimi 10 anni ha fatto la sua parte - ed è uno dei fattori che spiegherebbe un calo del 35% delle audience in prime time.
Il problema che preoccupa gli operatori del settore è quello dell'attenzione prestata alla pubblicità e la sua capacità di influenzare atteggiamenti, comportamenti e acquisti. Così le aziende stanno guardando sempre di più a forme alternative di comunicazione e a mettere le mani sul content. Direttamente.
La maniera più semplice di occupare il contenuto con la propria marca è quella di sponsorizzare o di ricorrere al product placement – pratica che sta notevolmente crescendo negli USA. Quasi l’11% dei minuti di programmazione in prime time contiene ormai qualche tipo di riferimento ad una marca e, in alcuni casi, il tempo occupato dal product placement supera ormai quello dedicato alla pubblicità vera e propria.
Una strada ulteriore è stata aperta attraverso il product integration, ovvero la costruzione di episodi di serial o reality centrati su un prodotto o servizio, di cui abbiamo parlato qualche mese fa.
Proseguendo su questo cammino è risultato naturale agli investitori immaginarsi un passo successivo; impadronirsi di un intera serie, costruendosela su misura dei propri obiettivi di marketing. Costruire programmi per la televisione o film per il cinema (che vengono poi comunque riprogrammati sul media televisivo).
Anche se questa filosofia non è del tutto nuova, quello che è cambiato è l’attenzione data dalle aziende a questo approccio – che sta forse passando da un’applicazione marginale del proprio budget a un asse strategico della comunicazione aziendale.
Negli USA si sta dunque irrobustendo questo approccio al content televisivo, attraverso TV show, film e altri tipi di contenuti offline e online sviluppati dalle aziende stesse e dalle loro agenzie di comunicazione. Tanto che è già nata ed attiva una specifica associazione, la Branded Content Marketing Association, creata allo scopo di raggruppare gli addetti ai lavori e le aziende interessate e di contribuire alla creazione di know how e discussione su questi nuovi temi.
Gli esempi sul campo iniziano a farsi significativi, espandendo modelli già collaudati, come quello di Procter & Gamble che produce lo show “Home Made Simple” – un programma settimanale che da anni accompagna la vita delle famiglie americane; e che da qualche tempo viene complementato da un ricco sito web. Sempre in casa P&G non si può non citare l’attività di Gillette, che ha ad esempio tradizionalmente prodotto ricchi programmi televisivi come il Gillette World Sport.
Lo sport, è intuitivo, ha una parte rilevante nelle nuove produzioni, per la facilità di questo tema di attirare audience. Nike ha dunque investito nella realizzazione di documentari ad hoc, mentre Pepsi Cola ha scommesso sulla produzione di “First Descent”, un film consacrato allo snowboarding e diffuso nei normali circuiti cinematografici (e successivamente ripreso dalle emittenti televisive). Anzi, l’azienda ha addirittura creato una unità cinematografica – la MD Films (dove la MD sta per Mountain Dew) che ha curato la produzione del lungometraggio, dove il soft drink appare in modo piuttosto discreto.
Pepsi starebbe inoltre considerando la possibilità di ripetere l’esperimento, producendo altri film a supporto di altre marche, centrandosi sui temi classici della sua pubblicità (come la musica) e su altri temi sportivi. E questa attività cinematografica integra attività televisive, come la produzione del Pepsi Max World Challenge, sorta di reality show a puntate, realizzato in occasione dei mondiali di calcio.
Zoppa, la prima start-up Italo-Americana sull’advertising si pèresenta con questo ambizioso pay-off: “join the revolution, advertising goes social”.
Una società invia a Zoopa.com il brief dettagliato sul tipo di video promozionale che intende ricevere e chiunque fosse in grado di montare un video,o di scrivere un concept può inviarlo e partecipare al contest. E’ un concorso "user contro user", in cui tutti i video postati sono condivisi in rete,votabili e commentabili. La ciliegina sulla torta è il compenso economico previsto per i tre vincitori(1000 $ al primo classificato e 500$ ai restanti due) al quale provvede il brand stesso.Attraverso il video, un concorrente esprime l’immagine chepercepisce del brand (anche inconsciamente), o come dovrebbe essere a suo avviso per risultare vincente o comunque invia un feedback che la società deve interpretare ed analizzare attentamente.Non è il primo caso in cui si chiede “ai clienti di creare una pubblicità per loro stessi” ma mentre in passato si trattava di brand che autonomamente promuovevano un concorso loyalty oriented, Zooppa è un soggetto terzo che provvede ad offrire questo servizio alle società e lo comunica non solo ai clienti affezionati ma a tutti i visitatori del sito. Il brand deve solo indicare le linee guida, disporre di 2000 $ per i premi e può usufruire della visibilità del sito(al momento non ancora elevatissima) e della creatività dei concorrenti.
Non sarebbe giusto tralasciare l’aspetto esperienziale dell’iniziativa; creando video, soli o in compagnia,si vivono esperienze,emozioni,si interagisce con altri; la marca in un certo senso instaura un rapporto particolare con i videomakers; li stimola a ragionare sul brand, a vivere un’esperienza ad esso collegata,a mettersi alla prova condividendo on-line il video,ad attendere l’esito di una competizione dal carattere giocoso che prevede comunque un premio pecuniario.
Concludendo,l'idea è sicuramente orìginale ed adatta a coinvolgere un target giovane;per valutare la convenienza dell'investimento, la società che investe 2000 $ dovrà prima documentarsi sulle visite medie che il sito riceve ed al tempo stesso prendere nota del numero medio di user che partecipa al contest.Al primo concorso non hanno partecipato in molti, al secondo potete partecipare anche voi.
Sony guarda al mondo virtuale di Second Life. L’azienda vuole trasformare i milioni di fan della sua Playstation 3 in avatar, vale a dire nel doppio virtuale del gioco in Rete. Il progetto a cui sta lavorando prevede un mondo tridimensionale come quello di Second Life in cui milioni di giocatori potranno confrontarsi, chattare, ascoltare musica e creare nuovi giochi. Il nome in codice del primo mondo virtuale per PS3 è PlayStation Home.
Il progetto è quello di un mondo tridimensionale integrato, accessibile gratuitamente da tutti gli utenti PlayStation 3 e progettato per dare vita a una comunità online di milioni di videogiocatori in tutto il mondo. La nuova formula sarà integrata nella Cross Media Bar, ovvero nel menu di PlayStation 3, potrà essere scaricato sulla console e permetterà di accedere gratuitamente al mondo online, con l'unica condizione di essere collegati in rete.
Fenomeno mediatico o anche di business? Il dibattito su Second Life è aperto e viene ravvivato dalle notizie quasi quotidiane sul mondo virtuale creato dalla Linden Lab di Philip Rosedal nel 1999. Quello che è certo è che a differenza di altre esperienze simili presenti in rete, Second Life non è un gioco. Qui non ci sono territori da conquistare, nemici da sconfiggere, gilde da organizzare, così come il luogo non è popolato di nani elfi o mostri.
Certo, i partecipanti possono scegliersi l'avatar (il personaggio che li rappresenta in rete) preferito il che dà libero sfogo alla fantasia, ma spesso su Second Life si incontrano figure normali probabilmente fisicamente migliori del personaggio reale che che li guida di fronte al monitor. Nel mondo virtuale ci si può divertire andando in discoteca o chiacchierando con gli amici, ma si può anche lavorare impiantando una propria attività. Perché lì i soldi circolano. Si chiamano Linden dollar e al cambio ce ne vogliono circa 260 per un dollaro.
I residenti sono 4.448.481 (World of Warcraft ha oltre otto milioni di iscritti) un numero in continua crescita ma che è molto più alto rispetto ai frequentatori abituali. Sull'home page del sito, infatti, viene sempre riportato il dato delle persone online in quel momento. A seconda degli orari oscilla fra le venti e le trentamila persone cifre che in qualche caso mettono in crisi i server del sito. Se infatti molte persone si concentrano in una discoteca (sono le aree più frequentate) capita che l'immagine inizia ad andare a scatti. Il teletrasporto permette ai residenti di andare da un luogo all'altro.
Su Sl sono presenti 4.417 isole sulle quali è possibile costruire la propria casa. L'ha fatto anche il ministro Di Pietro in cerca di nuove forme di comunicazione e società come Gabetti, Adidas o Sony. L'investimento ovviamente varia a seconda del quantitativo di terra che viene acquistato. I prezzi del terreno vanno da un lotto minimo di 512 mq (l'affitto costa cinque dollari al mese) fino ai 195 dollari mensili per 65.000 mq. Scimmiottando il mondo reale anche su Second Life ci sono le zone di lusso e quelle un po' meno a la page. Per abitare sull'isola Federal o Sistina, due luoghi molto di moda, si pagano 39 Linden dollar al metro quadro. Alla fine grazie a queste e altre attività economiche Second Life ha un Pil che, secondo le stime di Fortune potrebbe essere superiore ai cinquecento milioni di dollari.
Cifre forse esagerate, mentre molto più reali sono i numeri di Anshe Chung Studios che entrata in Second Life nel 2004 è diventata l'azienda leader nello sviluppo e nella vendita di immobili virtuali e oggi fattura diversi milioni di dollari con una crescita del 10% mensile. Ma non bisogna farsi illusioni. Secondo e.files, il giornale di Bocconi Lab, in febbraio, più di 25.000 residenti hanno avuto un flusso di Linden dollar positivo, ma nel 53% dei casi si tratta dell'equivalente di meno di 10 dollari americani e nel 79% meno di 50. Alla fine gli straricchi, con un flusso positivo per più di 5.000 dollari sono solo 116 (su 4 milioni di residenti).
Altro sempreverde dell'area del branded content sviluppato in casa è quello dei contenuti per le famiglie – area in cui si muovono ad esempio Burger King (con la produzione di un film) e OfficeMax. Questa importante catena di cartolerie e forniture per l’ufficio ha giocato la carta del content come attività di marketing per cogliere le opportunità dell’importantissimo momento del “ritorno a scuola”.
Per poter sfruttare questo importante momento di vendite del mercato, OfficeMax ha creato – in collaborazione con l’emittente ABC Family e DDB Chicago – uno show televisivo chiamato “Schooled”, condotto dall’ex cantante dei Dream Street Jesse McCartney.
Il contenuto del programma è stato poi versionato in un DVD speciale, disponibile solo nei punti vendita della catena, e contenente video in anteprima del nuovo album del cantante.
Riconoscendo poi l’importanza dell’online e del fenomeno YouTube, il contenuto è stato ulteriormente rielaborato e reso disponibile online su Google Video in vari formati, tra cui una edizione di 21 minuti. L’operazione sembra aver portato dei discreti risultati – con oltre un milione di famiglie a guardare il programma ( di una sola puntata) ed oltre sei milioni di visioni del materiale posto online, piazzando il clip tra i più visti sul sito.
Anche Unilever, a supporto del proprio deodorante Axe, ha investito sulla realizzazione di uno “special”, in questo caso un programma di un’ora messo in onda su MTV negli Stati Uniti e in Canada.
Coerentemente con il posizionamento del deodorante, il tema del programma era basato sulla seduzione – o meglio, sugli ostacoli da superare, presentando una galleria di personaggi, quei “Gamekillers” che ogni teenager teme di incontrare – quel genere di persone in grado di mandare immediatamente in fumo qualsiasi manovra di seduzione grazie al loro inopportuno intervento.
La banca Morgan Chase ha invece scelto il formato della mini serie televisiva (dei 30"...), a supporto della propria carta di credito, realizzando il “minidrama” Change of Plans andato in onda ad Ottobre sull’emittente TNT. La parte finale della serie era però disponibile solo online, con l’obiettivo di portare l’audience a interagire maggiormente con la comunicazione del prodotto. Il materiale diffuso in televisione è stato poi, ancora una volta, riutilizzato per operazioni di comunicazione digitale online.
La lista degli esempi può continuare citando Old El Paso, produttore di cibo pronto messicano che – con l’obiettivo di familiarizzare maggiormente il pubblico con i propri prodotti e rendere appealing la cucina messicana - ha sviluppato la serie televisiva in sei episodi “An Italian In Mexico”, condotta da uno chef (italiano) e diffusa nel Regno Unito.
Il content è stato già ridistribuito ad altre 51 nazioni, è in cantiere una seconda serie di 13 episodi e si sta lavorando sul versioning del contenuto in forme quali i libri e i DVD.
A causa dell’eccessivo affollamento delle passerelle milanesi di Febbraio Roberta di Camerino, all’età di 86 anni, ha deciso di sfilare su Internet, rivolgendosi agli oltre 100 milioni di utenti di YouTube sparsi per il mondo.
Lo short movie appositamente realizzato per il sito di video sharing è stato creato dall’agenzia web Second Life Italy e presenta immagini storiche legate alla carriera della stilista, compresa la carrellata di celebrità che ha indossato le sue creazioni, da da Grace Kelly a Liz Taylor e Madonna ed è visibile anche sulla pagina di MySpace della stilista.
Roberta di Camerino, che è l’anima di un marchio internazionale con un valore al dettaglio di oltre 400 milioni di dollari, ha motivato la scelta sottolineando il proprio interesse a comunicare con una platea il più ampia possibile. Internet consente inoltre di gestire in maniera efficace le relazioni con rivenditori e licenziatari, in particolare nei Paesi emergenti come Russia, India e la Penisola Araba, che sono i territori al centro delle strategie di espansione della griffe. Oggi l’Asia rappresenta attualmente il 60% del fatturate del marchio, seguita da Italia (20%) e Stati Uniti (10%).
La decisione di utilizzare internet ha anche evidenti vantaggi in termini di costi,se si considera che una sfilata importante può arrivare a costare oltre 500.000 Euro e ad incidere sul prezzo di vendita per circa il 20%. Oltre al risparmio la stilista ha precisato di contare sull’effetto mediatico con l’opportuinità di consolidare la propria penetrazione nel target under 30.
L’azienda sta valutando altre promozioni e iniziative per i prossimi mesi,ma sempre con una speciale attenzione per le iniziative che coinvolgono il web, con lo scopo di confermare il positivo trend di crescita che nel 2006 a livello internazionale è stato ci circa il 30%.
Tra le altre case di moda che hanno sfruttato internet per mostrare le proprie creazioni spiccano Giorgio Armani, che ha recentemente trasmesso la sua sfilata su MSN e Gucci Cruise che già l’anno scorso ha presentato on-line la collezione per donna di Frida Giannini.
Di fronte alla crescente diffidenza dei consumatori nei confronti della classica pubblicità, aziende all’avanguardia hanno pensato che un giusto modo per promuoversi fosse intrattenere il consumatore facendolo divertire in modo tale che egli, trascorrendo piacevolmente il suo tempo con la marca, avesse di essa un’idea positiva. Questo è ciò che noi chiamiamo Brand Entertainment. Recenti sono tre attività di notevole valore.
The Passenger, real advergame “The Passenger” (www.the-passenger.com) è un advergame, lanciato per promuovere il nuovo Nokia Multimedia Car Kit CK-20W, che non si limita a fare un semplice product placement del prodotto all’interno del gioco, ma che anzi, fa sì che questo oggetto diventi necessario per lo svolgimento della storia. Ambientato in una Parigi notturna, una donna misteriosa, The Femme Fatale, deve recarsi in breve tempo presso tre indirizzi di Parigi, dove troverà The Mistery Man, e servirà talento nella guida per portarla a destinazione. L’utente che si accinge al gioco diventa co-protagonista della storia, e sarà The Driver, colui che dovrà guidare l’autovettura attraverso le strade parigine. Durante il gioco si dovranno utilizzare le funzioni del Nokia Multimedia Car Kit CK-20W - comunicazione, navigazione e musica -, trovandosi nel giusto contesto, ossia all’interno dell’auto, ma divertendosi allo stesso momento. La sensazione di realtà è anche data dal fatto che tutte le scene sono composte da video reali, non solo i filmati che concludo ogni schema, ma anche il percorso guida. Curiosità, all’interno di questo real advergame, è data dalla presenza evidente del marchio BMW Mini. Il cruscotto è sempre ben evidente durante il gioco e durante i video che inoltrano allo schema successivo si vede la carrozzeria. Risulta evidente che fosse necessaria la presenza di un’auto, ma sorge spontanea la domanda: double product placement o comarketing?
CDX, interactive-video adventure. CDX (www.cdx-thegame.com) è un advergame nato per promuovere la serie Ancient Rome: The Rise and Fall of an Empire. BBC ha realizzato un gioco che contiene enigmi che possono essere risolti solo vedendo la serie tv Ancient Rome, partecipando al gioco in UK. Un pugnale sacrificale forgiato alla nascita dell’Impero Romano è la chiave di una cospirazione antica e sanguinaria che minaccia di scoppiare nel mondo attuale. Ambientato a Tunisi nel 21° secolo, vede come protagonista Adam Foster, un uomo che dopo un incidente che gli ha causato un’amnesia non ricorda nulla del suo passato. Lo scopo è trovare chi ha il pugnale e fermarlo. Interessante è il rapporto tra i mezzi che interagiscono in questo processo: la tv e il web. Una serie televisiva, Ancient Rome: The Rise and Fall of an Empire, cerca di intrattenere anche sul web creando un advergame, CDX, che rimanda a sua volta alla serie.
Hammer & Coop, viral series “Hammer & Coop” (www.hammerandcoop.com) è una miniserie di Mini USA composto da 6 episodi, viral video, visionabili e diffusi esclusivamente online. I protagonisti si ispirano al celebre telefilm “Supercar”: Jim Turtledove che lotta contro il megalomane Sven Hartjan e al suo fianco una Mini Cooper S parlante che riesce a trarlo in salvo dalle situazioni pericolose. Diretti dal regista Todd Phillips (Old School, Starsky & Hutch), gli episodi sono dei piccoli telefilm che si distaccano dal linguaggio tipico della pubblicità ed entrano con diritto nel mondo dell’intrattenimento. La campagna promette viralità: la propria presenza in Second Life, trailer e video su YouTube (www.youtube.com/hammerandcoop), un profilo su MySpace e contenuti disponibili su podcasts e cellulari.
Nei primi due esempi è evidente l’interattività dell’utente che diventa protagonista, poichè agisce in prima persona nel gioco, con la simulazione di una corsa in auto e con la strategia nello scoprire indizi. Il brand dà la possibilità di giocare e diventa più “simpatico” per il pubblico, perchè offre un modo per divertirsi, inoltre ha la possibilità di mostare l’oggetto che vuole pubblicizzare senza annoiare. Nell’ultimo esempio invece si è spettatori e si ha il puro brand entertainment: una vetrina che cerca di coinvolgere lo spettatore facendogli assaporare lo spirito del brand. E’ di certo la scelta più rischiosa, ma chi osa nel modo giusto, dando al pubblico una vera esperienza col mondo del marchio, viene premiato con una migliore percezione da parte dei consumatori. Nei casi qui citati, la pubblicità non è all’interno di un contenitore, vuoi che sia un advergame o un telefilm, bensì è il contenitore stesso. In questo modo la pubblicità non interrompe disturbando il consumatore, anzi, diventa il motivo stesso per cui siano altre cose a passare in secondo piano.
Lancia si tuffa nel mondo delle community. Dopo aver presentato il nuovo logo, i vertici del celebre marchio di casa Fiat hanno proposto ieri, in un incontro con la stampa a Roma, le strategie di comunicazione per raggiungere il target dell’ambita fascia 18-35 anni.
“Abbiamo concepito un piano di ricostruzione del brand – ha spiegato l’amministratore delegato Olivier Francois – che ha bisogno di un percorso di comunicazione. Per noi la coerenza nel tempo è fondamentale per la forza del marchio. La nostra Ypsilon, però, deve diventare l’icona della nuova generazione, quella che una recente ricerca ha curiosamente chiamato Y Generation”. Chiave per centrare l’obiettivo il lancio di due versioni ultratecnologiche delle medio-piccole Lancia, ovvero Ypsilon e Musa, nel tentativo di coniugare l’esperienza delle community in rete e dell’immagine in movimento con l’uso dell’automobile.
A fare da grancassa, inevitabilmente, saranno gli spot televisivi, confezionati da Vincenzo Vigo, direttore creativo di Armando Testa, insieme a Ricky Tognazzi, regista, che stanno dando sostanza e glamour al personaggio interpretato già in diverse occasioni da Alessandro Gassman.
Una campagna a forte impatto, basata sulla recitazione e sulla verve comica, ma aderente rigorosamente alla filosofia del ‘lancio sostenibile’. Non a caso, Lancia ha speso in comunicazione pubblicitaria 37 milioni di euro nel 2006, ovvero un terzo di Fiat e poco più della metà di Alfa Romeo. “Spendiamo meno dei nostri concorrenti – ha ammesso Francois – Il nostro obiettivo è che questa differenza non si veda”. Dopo lo spot della recentissima Musa Sky, uscito qualche giorno fa con la nuova partner di Gassman, Beatrice Borromeo, Tognazzi ha già messo in cascina un altro episodio, dedicato questa volta alla rete dei servizi Lancia. E la collaborazione è destinata a proseguire: sono previsti ancora un altro paio di film entro la fine del 2007.